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Capitolo 1- Le fonti e le caratteristiche dell’amministrazione condivisa

4.3 Interesse generale

Se non fosse nota la lenta strada che ha portato alla riforma e al riordino delle normative preesistenti, nonché alla loro attuazione, in un certo senso, si potrebbe affermare che il CTS sia la naturale attuazione delle disposizioni costituzionali in merito alla solidarietà, all’impegno civico e sussidiario.

Quanto appena affermato trova riscontro se si fa un passo indietro: si deve considerare che la normativa regola l’azione volontaria e l’autonoma iniziativa della cittadinanza.

Quindi, diversamente da quel che si potrebbe pensare, il Codice del Terzo settore non assume le vesti di locomotiva per il coinvolgimento della cittadinanza in azioni di utilità collettiva, ma è piuttosto un binario entro il quale il tram dell’attivazione dei cittadini si articola in modo da non scontrarsi o creare disordini con altri mezzi, pur circolando sulla stessa strada.

È riconosciuta quindi ormai la caratteristica fondamentale degli enti del terzo settore, ossia quella del perseguimento di finalità civiche e solidaristiche, anche ricordate come si è visto prima, tramite l’art. 1 CTS, nel quale vengono citati gli articoli 2, 3, 4 e 118 Cost (oltre al 9 e 18).

È bene specificare però, che non tutte le attività svolte dagli enti non profit rientrano nella categoria “interesse generale” richiesta dal CTS per assumere la qualifica di Terzo settore.

All’art. 5 CTS vengono infatti individuate ed elencate quelle attività che, in quanto di interesse generale, devono essere attuate in via principale e prioritaria da un ente del Terzo settore per essere riconosciuto come tale. Tale elenco è tassativo ma, per certi versi, lascia aperta la possibilità di inserire nuove attività tramite disposizioni come quella alla lettera w) : “promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco […]”.64

Tali attività, inoltre, dovranno essere svolte in conformità con la normativa vigente in materia, in maniera né autonoma né creativa e nemmeno insubordinata65 (considerando il fatto che, per la loro ampia varietà, le attività di interesse generale potrebbero afferire a normativa regionale come

indicati sopra, quali la forma giuridica, l’assenza di scopo di lucro, la prevalenza di attività di interesse generale per fini civici, solidaristici e di utilità sociale. L. Bobba, Riforma in movimento, 1° rapporto sullo stato e le prospettive della legislazione sul terzo settore in Italia, Terzjus report 2021.

64 N. Gennari, Le attività di interesse generale e le attività diverse, Instant book, CSVnet Lombardia, 2020.

65 L. Bobba, Riforma in movimento, 1° rapporto sullo stato e le prospettive della legislazione sul terzo settore in Italia, Terzjus report 2021.

38 nazionale e quindi si deve in primo luogo armonizzarsi al livello e prescrizione adatta), pena la perdita del titolo TS.66

Sempre nell’articolo 5 CTS vengono quindi elencate le attività che, per loro natura, sono potenzialmente portatrici di benefici in termini sociali e solidaristici per la collettività, e quindi entro le quali un ETS dovrebbe muoversi, scegliendone “uno o più”. Inoltre, definire le attività “di interesse generale” e quindi riformulare il precedente “attività di utilità sociale” da una maggiore impronta sociale e di vicinanza alle esigenze della collettività tutta67. È un concetto preso dall’art.

118 co. 4 Cost, quindi ancora una volta si riprende l’accezione orizzontale di sussidiarietà.

Si può affermare che il ragionamento sia stato fatto a priori: diversamente da quanto potrebbe capitare in altri ambiti, in questo caso si deve concentrare l’attenzione su ciò che realmente può promuovere lo sviluppo della società o dare un sostegno concreto. Allora lì, e solo lì (come vuole l’esaustività dell’articolo), c’è l’interesse generale, e quindi un ente del terzo settore può, e dovrebbe, impegnarsi. Sul versante opposto rispetto a questo indirizzo, l’alternativa sarebbe stata, ad esempio, quella di fare un’indagine sulle attività svolte dal non profit e da quelle decidere quali sono di interesse generale, ammettendo anche la possibilità di comprenderle tutte. Questo non avrebbe portato a cambiamenti sostanziali né a riordino della situazione precedente. Inoltre, in questo caso, non esisterebbero le attività diverse68 dalle attività di interesse generale previste dal CTS, ossia quelle che possono essere svolte, ma in via residuale dagli enti del terzo settore.

In conclusione, poi, il codice chiede che le attività di interesse generale svolte, vengano incluse ed espresse nello statuto dell’ente, che nel caso dovrà essere adeguato alle disposizioni normative per assumere la qualità di TS. Nello statuto, quindi, dovrà essere indicata la lettera di riferimento dell’articolo 5 CTS che riporta l’attività prevalente dell’ente, e poi dovrà anche essere dettagliatamente descritta tale attività nel testo, in modo da non creare né fraintendimenti né escamotage nella realtà.

A questo punto, ci si può concentrare su una breve analisi di ciò che è considerato di interesse generale, in modo da comprendere anche ciò che ha mosso la riforma e il codice, ossia quelle attività che, per la loro importanza, hanno richiesto una disciplina ad hoc che ne promuova lo sviluppo, e con essere quello dell’intera società. In questa accezione le attività di interesse generale assumono valore, altrimenti sarebbero solamente un elenco di attività pari alle altre, la cui regolamentazione si aggiunge al già denso panorama normativo in materia.

66 Art 5 CTS.

67 www.cantiereterzosettore.it.

68 Art. 6 CTS.

39 La parola chiave quindi è lo sviluppo, il progresso.

In altre parole, ciò che si può trovare nell’elenco dell’articolo 5 CTS, non è nulla di futuristico né alieno. Non si chiede agli enti del terzo settore, laddove vogliano ottenere questa qualifica, di organizzarsi per cercare la gallina dalle uova d’oro (se l’interesse generale fosse riuscire a migliorare la condizione di benessere e socio-economica della società) o di trovare la cura per l’Alzheimer (per l’interesse generale salute).

A questi enti si chiede di condurre le attività che, probabilmente da secoli, sono proprie della rete di sostegno sociale italiana, ma apportandovi alcune modifiche innovative dal punto di vista pratico. Così, alle attività socio-assistenziali (let. a,b. Art 5 CTS), si aggiungono quelle per la promozione alla sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente, oggi più che mai importanti.

Una nota ulteriore all’importanza data allo sviluppo in questo particolare ambito, si può leggere alla lettera h) “ricerca scientifica di particolare interesse sociale”. In questo modo è la norma stessa a promuovere lo sviluppo, l’innovazione e la ricerca stessa. È come se si affermasse che non si è arrivati al traguardo, questa normativa è (dovrebbe essere) l’inizio di un processo, di un percorso di innovazione che, attraverso gli strumenti esposti nel CTS, di cui si parlerà più avanti, e tenendo saldi i principi costituzionali di cui sopra, si potrà migliorare la condizione del tessuto sociale italiano. Laddove mercato e stato, da soli, non possono arrivare.

In sostanza, quindi, il Codice del terzo settore chiede che si attui un cambiamento di prospettiva, un’evoluzione dei principi da molti sempre osservati, quindi come si è detto prima, mantiene lo scopo solidale, civico e di utilità sociale, ma in un’ottica attuale69, per certi versi moderna e in grado, quanto meno in via teorica, di dare una risposta alle odierne esigenze della comunità, superando quindi la tradizionale (scorretta) visione socio-residuale-assistenziale del settore non profit70.

La soluzione sta quindi nel bilanciare sussidiarietà (art. 118 co.4 Cost) e solidarietà (art 2 Cost.) in modo tale che, nel rispetto di entrambi i principi, l’ente del terzo settore possa responsabilmente

69 A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Laterza, 2020.

70 “Il legislatore si fa visionario di un nuovo grande ruolo di potenziale, e in parte già attuale, soggetto trainante della buona economia nel nostro Paese e naturale depositario della gestione condivisa dei beni comuni. Individua, in altre parole, gli ETS come attori generatori di uno sviluppo equo e sostenibile dal punto di vista sociale, economico, ambientale e in tutte quelle dimensioni di benessere individuale e collettivo che misurano la reale ricchezza di un Paese e di una società. In sostanza, si legittima un processo di uscita da una nicchia, anche culturale, che aveva caratterizzato gli anni della crescita e dell’affermazione del terzo settore nel panorama italiano: un protagonismo che esce allo scoperto e chiede anche a tali soggetti di fare la propria parte in modo attivo e propositivo per trasformare ciò che è scritto nella legge in una solida realtà”. cit.., A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Laterza, 2020; G. Arena, Sussidiarietà orizzontale e enti del terzo settore, in I rapporti tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore dopo la sentenza della corte costituzionale n. 131 del 2020, in A. Fici, L. Gallo e F. Giglioni (a cura di), Quaderni Terzjus, www.terzjus.it.

40 adempiere ai propri obblighi dal punto di vista sociale, promuovendo una forma di sviluppo del tessuto sociale, senza però che esso venga investito di un’autorità ad esso non dovuta (ad esempio a causa di uno scarico di responsabilità da parte delle pubbliche amministrazioni, nel caso esse applicassero il principio di sussidiarietà orizzontale in accezione negativa) oppure, al contrario, rimanga intrappolato nella ormai sorpassata idea di erogatore passivo di servizi per la persona.