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Dignità (in movimento) e diritti, territorialità e sovranità, tra istanze di tutela e nuovi orizzonti Brevi considerazioni.

Capitolo III La tutela e le Cort

1. Dignità (in movimento) e diritti, territorialità e sovranità, tra istanze di tutela e nuovi orizzonti Brevi considerazioni.

Il novecento rappresenta un periodo relativa stabilità di quei confini, di matrice ottocentesca, rappresentanti linee di demarcazione dello Stato, ideali o fisiche, che gli Stati riconoscono e rispettano, reciprocamente. Tuttavia, proprio nel corso del secolo scorso non mancano episodi di ripensamento basti pensare allo smembramento dell’Unione sovietica o dell’ex Jugoslavia.

Nell’era dello sviluppo del progresso tecnologico, inoltre, appare con evidenza come sia intervenuto un più o meno ampio superamento del "confini", reali o virtuali, delle specifiche realtà statali. Il confine culturale da sempre refrattario a condizionamenti trae nuova linfa dalla circolazione delle persone e delle idee e dunque della cultura, ivi compresa quella giuridica, anche attraverso strumenti informatici, le necessità legate alla globalizzazione dell’economia estendono l’influenza, anche politica, degli Stati al di fuori delle loro frontiere. Le più e meno recenti evoluzioni tecnologiche, quali i satelliti o i droni, hanno contribuito al ridimensionamento dell'idea stessa di confine territoriale, virtualmente la rete rende possibile a tutti di arrivare ovunque. Si moltiplicano freneticamente le occasioni di contatto che innescano meccanismi di competizione e relative criticità. Il tradizionale confine territoriale vive dunque un momento di particolare delicatezza cui i sistemi giuridici tentano di offrire ausilio.

Il descritto contesto, tuttavia, sembra arenarsi in tema di mobilità umana laddove non è ancora sempre possibile varcare fisicamente la frontiera territoriale del proprio Paese, che comporta l’ingresso in altro Stato, con la certezza di non veder smarrito un seppur minimo bagaglio di diritti.

Il tradizionale binomio Stato/cittadino, declinato in termini di appartenenza- esclusione, non sembra capace di rispondere alle esigenze imposte dal mondo contemporaneo. Il cittadino e lo straniero condividono la stessa natura, quella di individui, non si vede dunque per quale motivo l'appartenenza ad uno piuttosto che ad un altro Stato debba compromettere il riconoscimento di un nucleo, seppur minimo, di diritti e principi sulla base di un anacronistico criterio di appartenenza formale. Seguendo la dignità come filo conduttore della trama dei diritti dell’uomo si giunge a riconoscere l’esistenza di diritti inviolabili dell’individuo in quanto persona, che trovano

Maccioni Vanessa, La dignità dello straniero: gli approcci del diritto internazionale, europeo e nazionale, tra legislazione e giurisprudenza. Tesi di dottorato in Diritto ed economia dei sistemi produttivi XXVI ciclo –

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negli ordinamenti statali la forma più progredita e penetrante di tutela. Normalmente è dunque compito dello Stato riconoscere e proteggere i diritti e la dignità della persona nell’ambito della sua giurisdizione.

Il concetto di giurisdizione, insieme a quello di responsabilità, ha subito tuttavia una interpretazione evolutiva ad opera di contesti internazionali. La Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare, prevede ex art. 1 della CEDU che «Le Alte Parti contraenti riconoscono ad ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo I». L'esercizio di giurisdizione cui la persona deve essere sottoposta, è condizione necessaria per riconoscere la responsabilità in capo ad uno Stato contraente per atti od omissioni ad esso imputabili e relativi alla violazione di diritti e libertà sanciti dalla Convenzione, pertanto, nella sua esegesi giurisprudenziale la Corte ha dovuto ricostruire il concetto attraverso il superamento dell’elemento territoriale, in senso stretto, come criterio chiave per desumere la presenza o l’assenza dell’esercizio della giurisdizione e la relativa imputabilità e responsabilità dello Stato528. Il principio di territorialità che presidia la giurisdizione permette di presumerla nel territorio dello Stato, ivi compresi spazio aereo sovrastante e mare territoriale, è stato eccezionalmente superato in presenza di particolari condizioni529. In tal modo l’esercizio della giurisdizione viene separato dalla sovranità territoriale e ricondotto all’ipotesi di un controllo effettivo dello Stato al di fuori del proprio territorio530. In tal modo la Corte giunge a ricostruire un obbligo per lo Stato contraente di riconoscere all'individuo i diritti e le libertà previsti dalla Convenzione, salvo essere imputabile delle eventuali violazioni, ogni qual volta eserciti de jure e de facto controllo e autorità su un individuo531.

In ambito CEDU pertanto la giurisdizione va oltre il dato meramente territoriale così come la responsabilità dello Stato. Essa sorge infatti non solo per effetto del compimento diretto di condotte vietate dalla Convenzione ma anche per il rischio del loro verificarsi, a seguito per esempio di una espulsione che esponga violazione del

528 S. Miller, Revisiting Extraterritorial Jurisdiction: A Territorial Justification for Extraterritorial Jurisdiction under The European Convention, in European Journal of International Law, EJIL, 2009,

1223 ss.

529 Loizidou c. Turchia, ricorso n. 15318/89, sentenza della Corte EDU del 23 marzo 1995, par. 62. 530 G. Gaja, Art. 1, Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo, in S. Bartole, B. Conforti, G. Raimondi, (cur), Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo delle libertà fondamentali, Padova, CEDAM, 2001, 28.

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divieto assoluto contenuto nell’art. 3 della Convenzione, nel territorio e sotto la giurisdizione di un Pese terzo. In questa seconda ipotesi non solo lo Stato risponde della violazione ma la tutela viene anticipata al rischio e scissa quindi anche dell’effettivo verificarsi della condotta. Nell’ambito dello giurisprudenza della Corte simili soluzioni sono legate alle specifiche circostanze del caso concreto e sorrette da un esame rigoroso. All’inizio del XXI secolo, in ambito internazionale532, è emersa una ulteriore ipotesi nota come responsabilità di proteggere. Si tratta di un concetto ampio che ribadisce la responsabilità di ogni Stato di proteggere il proprio popolo da gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, come genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità, e prevede l’utilizzo da parte sia dello Stato che della Comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite, di misure diplomatiche, umanitarie, o comunque di natura pacifica, senza tuttavia escludere quelle di carattere militare, al fine di fornire ausilio allo Stato nell’adempimento di tale responsabilità o laddove esso fallisca in tale compito. Tale ricostruzione si inserisce nell’interessante dibattito che contrappone il divieto di ingerenza all’intervento umanitario, che, tuttavia, non è possibile affrontare in questa sede.

Ciò che si vuole sottolineare è semplicemente come i tradizionali concetti di territorio, sovranità e popolo, siano costantemente oggetto di analisi e considerazioni legate in qualche modo ad ipotesi connesse con un nucleo di diritti imprescindibili della persona, sia come singola unità sia come parte di un gruppo533.

Il divieto di tortura e trattamenti disumani o degradanti, il genocidio, i crimini contro l’umanità vengono dunque in rilievo come altrettanto obblighi o limiti per l’esercizio dei poteri degli Stati.

Le risposte alle violazioni di un nucleo di diritti, spesso identificato come jus

cogens, che si atteggia come assoluto, universale e a giurisdizione universale sembra

richiamare quella dignità inerente alla persona in quanto tale che a partire dalla

532 A/RES/60/1, Resolution adopted by the General Assembly on 16 September 2005, 60/1. 2005 World

Summit Outcome, parr. 138-139, disponibile al sito

http://www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=A/RES/60/1. Cfr. P. Gargiulo, Dall’intervento umanitario

alla responsabilità di proteggere: riflessioni sull’uso della forza e la tutela dei diritti umani, La Comunità

Internazionale, 4/2007, pp. 639-669.

533 Basilico A. E., Giurisdizione «prevalentemente territoriale» e universalità dei diritti: note a partire da una sentenza della supreme court inglese, www.associazionedeicostituzionalisti.it, AIC, rivista n.

3/2011, 05/07/2011; Massa Pinto I., Sussidiarietà e fraternità alla prova: due declinazioni sintomatiche

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Dichiarazione universale del 1948 pervade il ragionamento giuridico sui diritti dell’uomo e trova riproposizione e riaffermazione ogni qual volta la centralità della persona sia messa in discussione. Così, ed esempio, dopo il secondo conflitto mondiale o a seguito degli orrori commessi in Jugoslavia prima e Ruanda poi.

Al di là della diversa effettività di tutela, tale ricostruzione sembra comunque rilevante nella ricostruzione dell’ordine dei valori alla base di principi e previsioni normative che appartengono alla comunità umana espressa nei diversi livelli nazionali, sovranazionali ed internazionali.

La tutela minima della persona, e dunque anche dello straniero, presidiata a livello internazionale si arricchisce di contenuti a livello nazionale laddove assume contenuti più specifici nel raffronto tra diritti della persona e diritti del cittadino534. Sembra infatti ormai pacifico che la Costituzione italiana riconosca anche agli stranieri tutti i diritti e le libertà in essa contenute, residuando come unica eccezione quella relativa ai diritti elettorali535, peraltro ulteriormente limitata dalle possibilità partecipative connesse alla cittadinanza europea, almeno a livello locale.

Il fenomeno della mobilità alla base dell’estraneità in quanto diritto fondamentale deve essere inquadrato in tale cornice.

La centralità dell'individuo, ancora una volta, dovrebbe rappresentare il perno, ed il fine, di una risposta concreta ed effettiva ad una situazione non nuova ma che si presenta con caratteristiche di ampiezza e rapidità maggiori. Sebbene il fenomeno si presti a produrre gli effetti più dirompenti in ambiti nazionali, la risposta, specie quella di lungo periodo, si presta a coinvolgere le articolazioni sovranazionali ed internazionali. Il tradizionale strumento dell’accordo, specie multilaterale, può rivelarsi idoneo, seppure con tutte le criticità di una negoziazione allargata, al superamento di risposte altrimenti frazionate in singoli accordi bilaterali. Il percorso è in ogni caso non semplice poiché dovrà comprendere non solo considerazioni o riaffermazioni del principio della dignità umana ma altresì strumenti posti a garanzia dell’effettività di tale principio e superare altresì le criticità connesse alle disuguaglianze di matrice politica,

534 Silvestri G., Lo Stato di diritto nel XXI secolo, www.associazionedeicostituzionalisti.it, AIC, rivista n.° 2/2011, 26 maggio 2011, p. 7 e ss.

535 Scuto F., I diritti fondamentali della persona quali limiti al contrasto all'immigrazione irregolare, Milano, Giuffrè, 2012; D. Sardo, Il dibattito sul riconoscimento del diritto di voto agli stranieri residenti,

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economica, sociale e culturale che sono alla base, come pull-push factors, della mobilità.

Rinunciare a rendere effettiva la dignità della persona significherebbe continuare un percorso imperniato su considerazioni economiche che, nella migliore delle ipotesi, trasforma e riduce l’individuo a fattore produttivo utile o necessario, e perseverare nell’ambito di un modello economico che si rivela sempre più insostenibile. In realtà si tratta di trovare la volontà politica di ricondurre ad unità diritti civili ed economici, ripercorrendo quell’indivisibilità già proclamata nella Dichiarazione, e di tradurla in norme vincolanti dotate del supporto di meccanismi di tutela efficaci, appropriati e verificabili volti a garantire l’effettività della tutela. Il moderno diritto delle nazioni andrebbe aggiornato, tenendo conto delle modifiche intervenute nelle relazioni internazionali, come non più (o non solo) relazioni esclusive fra Stati ma, sempre più, relazioni tra individui.

Il livello regionale europeo, potrebbe prestarsi, per condivisione di principi ed interessi, oltre che per l’esistenza di forme sovranazionali di sostegno, a fornire il banco di prova di simili negoziazioni traendone diversi benefici dal più immediato tamponamento di eventuali situazioni emergenziali, alla sperimentazione di un modello politico-economico esportabile, nel lungo periodo, fino alla scrittura di una nuova pagina di storia.

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2. La tutela della dignità e dei diritti tra diritto ed economia. Una