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Le dimissioni del padre simbolico

LYONEL TROUILLOT O IL PARRICIDIO

III. 3 Le dimissioni del padre simbolico

L’eliminazione fisica del padre sembra la naturale conseguenza di una sua crisi a livello simbolico che già si percepiva in Rue des pas perdus del 1996. Qui, tre voci narranti – un taxista, una vecchia tenutaria di bordello e un intellettuale – raccontano i terribili accadimenti di una notte di violenza in cui le armate del grande dittatore Décédé Vivant-Eternellement (Duvalier) si erano scontrate con i seguaci dell’aspirante leader detto il “Profeta”38. Una notte “sans centre ni fin” che avrebbe segnato per sempre le loro vite. La testimonianza che più ci interessa è quella dell’intellettuale, un impiegato delle poste che trascorre questa notte insieme alla collega Laurence, di cui è innamorato, a casa dell’amico Gérard, uno dei suoi due padri putativi:

[…] mon ancient maître de mathématiques, l’homme qui m’avait appris à aimer la vie dans ses manifestations les plus banales et me donnait encore, quand je le visitais, l’espérance de comprendre. (p. 24)

Durante la dittatura della famiglia Duvalier, Gérard aveva condiviso la sorte di molti altri dissidenti politici, imprigionati, torturati e costretti all’esilio:

barbara uccisione a colpi di machete di migliaia di haitiani in fuga lungo il fiume Massacre, confine naturale fra i due stati. Su questo terribile evento non fu mai aperta un’inchiesta: Haiti ottenne solo un risarcimento in denaro e le scuse ufficiali del governo dominicano. La strage ordinata da Trujillo viene evocata in molti romanzi di autori haitiani e non solo: Compère Géneral Soleil (1937) di Jacques Stephen Alexis, e, più di recente, The Farming of Bones (1998) di Edwige Danticat, L’Autre face de la mer (1998) di Louis-Philippe Dalembert, fino a La fiesta del Chivo (2000) del peruviano Mario Vargas Llosa.

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K. Gyssels, op. cit.

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Alla fine degli anni settanta ad Haiti nasce un gruppo di oppositori di Duvalier di matrice cattolica, i ti- legliz, “les petits de l’Eglise”, promotori di un Vangelo liberatore. Dopo la visita del Papa nel 1984, la loro lotta per la giustizia e per i diritti trova sempre più consensi arruolando tra i militanti preti e predicatori. Dalle loro file proveniva Jean-Bertrand Aristide, le “prêtre-président”, considerato un profeta, il quale, tra fughe all’estero e occupazioni militari degli Usa, ha governato il paese per circa un decennio dal 1990 fino alla sua deposizione nel 2003. Cfr. Christophe Wargny, Haïti n’existe pas, Paris, Editions Autrement, 2004.

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Un peu comme tout le monde, il avait fait de la prison sous le règne du grand dictateur Décédé Vivant-Eternellement, puis il avait passé le grand test de l’exil. Mais il ne parlait jamais de lui-même. Il n’y avait dans son langage ni les complaintes du martyr ni les certitudes du héros. (p. 43)

Ora invece si limita ad osservare gli eventi, al sicuro nell’isolamento della sua casa posta sulle alture lontano dal centro della città. Da qui, al pari di un oracolo, mette in guardia il protagonista dando prova di talento visionario, interpretando in chiave funesta improbabili segni celesti:

L’esthète qui m’avait longtemps servi d’ami, de père, de maître, l’homme d’esprit auquel je devais le peu que je savais de Mozart et de la Papouasie s’était transformé en une sorte de marchand de mythes, un oracle de la décadence, il n’exerçait plus sa liberté retrovée après l’enfermement des groupuscules de gauche que dans sa déconcertante faculté de voir le diable à midi grâce à l’étude approfondie des arts divinatoires. Dieu d’Israël. Rois du Congo. Négritude œdipienne. Amalgames. Sortilèges. Voyance et clairvoyance. Délires prémonitoires. Je ne m’étais jamais interrogé sur le degré de probabilité qu’il accordait lui-même à ses confuses prédictions. (p. 44)

Disilluso e duramente provato dal duvalierismo, aveva finito per trasformarsi in un affabulatore da due soldi, un essere a metà tra il fiabesco e l’inquietante:

Petit à petit, il s’était mué en conteur pour adultes désœuvrés, moitié Père Noël, moitié coque-mitaine. (p. 45)

L’altro padre putativo del protagonista è André, non a caso definito “petit père des peuples”. Attivista convinto, mosso da nobili ideali di giustizia sociale, probabilmente anche lui, come altri che lo avevano preceduto, avrebbe finito per ripeterne le malefatte una volta al potere:

André était un homme de fois, de la race des moines qui guerroient contre l’impureté du système social et des sentiments, sans repos ni arrière-pensées. Il avait depuis longtemps tracé la ligne juste qu’il convenait à l’humanité de suivre et prononçait contre le monde des condamnations verbales sans appel. Verbales, pour le moment seulement, tu verras, quand nous aurons pris le pouvoir… Tout le monde savait qu’il appartenait au haut état-major du Prophète. (p. 25)

La sua concezione populista della politica lo rendeva troppo pericolosamente simile ai dittatori del passato, tanto da inquietare il protagonista, che si rifiuta di partecipare alle marce da lui organizzate in favore del “Profeta”:

Quand André m’invitait à marcher derrière le Prophète, je disais non simplement, sans tenter de lui expliquer. Comme les bataillons du grand dictateur Décédé Vivant-Eternellement, il se satisfaisait de la logique des grands ensembles. Il lui fallait des équipiers, des moniteurs et des disciples. Les autres n’étaient que des ennemis. La donne de la nation: un grand besoin d’ennemis. (p. 78).

Gérard e André sembrano incarnare due tipologie di intellettuali agli antipodi, che hanno trovato il loro modo di sopravvivere nel dopo-Duvalier. Deluso da entrambi, come vedremo, il protagonista opterà per una scelta differente. Sull’evoluzione della figura dell’intellettuale nella letteratura haitiana si è pronunciata Marie-José N’Zengou- Tayo39. L’autrice prende ad esempio due romanzi di Lyonel Trouillot, Les fous de Saint- Antoine (1989) e Rue des pas perdus (1996), per evidenziare come sia cambiata l’immagine dell’intellettuale rispetto ai romanzi delle origini. In due autori politicamente impegnati come Roumain e Alexis vi era la messa in scena di personaggi illuminati, attivi sul fronte politico e pronti ad ergersi a guida per il loro popolo. Trouillot ne documenta il cambiamento, nell’era post-Duvalier, attraverso la rappresentazione di intellettuali che hanno smarrito la loro funzione di guida e, dovendo scegliere tra l’isolamento, che concederebbe loro unicamente la funzione narrativa degli eventi, e l’attivismo, che li spingerebbe a farsi portavoce del primo “Profeta” prodigo di promesse ma pronto a diventare l’ennesimo dittatore una volta al potere, scelgono di rimanere politicamente inattivi, rivendicando il diritto di non prendere posizione. La violenza che ritorna in maniera ciclica ha causato una visione pessimista circa le reali possibilità di cambiamento del paese, al punto che gli intellettuali sembrano più orientati a ricostruirsi come individui, compiendo scelte personali che non sempre prevedono un coinvolgimento politico40. Se Roumain e Alexis, direttamente o attraverso i loro alter ego letterari (ad esempio Pierre Roumel in Compère Général Soleil), hanno rappresentato delle figure paterne per la loro generazione, gli intellettuali messi in scena da Trouillot, sfiduciati di fronte ai ripetuti disastri politici, sembrano aver abdicato da

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M.-J. N’Zengou-Tayo, “The End of the Committed Intellectual: The case of Lyonel Trouillot” in Marie-Agnès Sourieau e Kathleen M. Balutansky (a cura di), Ecrire en pays assiégé, cit., pp. 323-341.

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Sulla degradazione della figura dell’intellettuale nell’era post-Duvalier possiamo citare le parole di Yanick Lahens nel suo racconto La petite corruption, contenuta nell’omonima raccolta: “La révolution du père et du fils avait accouché des monstruosités, et nos rêves avaient été à la mesure de ces monstruosités. Aujourd’hui, derrière les micros des radios, les libres penseurs d’antan sont devenus des indicateurs de police, et des militants de jadis se livrent à des affaires, à des trafics relevant pour la plupart du Code Pénal”. Y. Lahens, “La petite corruption”, in La petite corruption, Port-au-Prince, Éditions Mémoires, 1999, p. 51.

110 una paternità simbolica, rinunciando al loro ruolo di guide ed esempi per i loro contemporanei.

L’intellettuale protagonista di Rue des pas perdus riflette su come ad Haiti la vita dei singoli sia scandita da eventi funesti a livello collettivo, al punto che diventa difficile riuscire a concepirsi come individui:

[…] quels qu’aient pu être nos projets, nos espérances, nos illusions, les grands repères de nos vies avaient toujours été de semblables horreurs. Naître l’année du sacrifice des vingt-sept vierges enterrées vivantes sous le calvaire des Neuf-Miracles par le grand dictateur Décédé Vivant-Eternellement ou l’année de l’exécution d’une vingtaine d’officiers du haut état-major. Tomber amoureux pour la première fois l’année de la fermeture des écoles pour combattre la prolifération des doctrines subversives. Mourir l’année des dix- sept invasions ratées, suivies chacune par des vagues de répression. De dictateur en dictateur. De prophète en prophète. Qui avait jamais eu le temps de devenir un individu! La république te suit partout, elle couche dans ton lit, chasse tes rêves. Dans ce merdier, quelle serait jamais la part du je?

(pp. 77-78)

Approfittando dell’oscurità che avvolge le vie cittadine a causa di un black-out, egli prova a riconsiderare l’immagine del suo paese, sdoganandola dai clichés negativi, dagli errori di valutazione, da quel “bovarismo collettivo” triste causa della catastrofe attuale:

Cette cécité circonstanciée nous servait aussi d’aide-mémoire, de miroir maléfique au fond duquel sombraient nos défaites quotidiennes, nos échecs collectifs. Elle rectifiait nos erreurs de placement, corrigeait, pour l’histoire, nos fausses perspectives, nous révélait à nous-mêmes sans rimmel ni mirage. Une nation pouvait donc vivre sans héroïsme ni héritage, distraitement pauvre et malheureuse, dans l’infectieuse outrecuidance de la misère apprivoisée. (pp. 24-25)

Messi da parte i due padri putativi, a farsi carico dell’iniziazione tardiva del protagonista è proprio quella famosa notte di morte. Fino a quel momento, la sua storia con Laurence era stata vissuta a livello infantile, senza alcuna consapevolezza. Ora, le terribili notizie che giungono loro attraverso Gérard li fanno sentire improvvisamente adulti (“Nous avons vieillis en une nuit”. p. 57):

Les deux enfants ne jouaient pas, surpris par la gravité des événements. […] La mort qui courait dans les rues nous rapprochait autant qu’elle nous menaçait. […] Bientôt il nous faudrait aménager un territoire à notre partenariat d’adulte […]. (p. 55)

Ici la terreur se perpétue, change de camp, de cible, de vitesse. Avec des périodes d’accalmie qui font rêver de sa fin. Et puis elle nous revient en force. (p. 105)

e impreparati ad affrontare questa notte di “haines triomphantes”, lui e Laurence rispondono con “une révolte privée”, una notte d’amore “pour opposer à la mort le défi d’une contre-histoire” (p. 111). Proprio come la notte d’amore che Thérèse trascorre con i gemelli Garnier, che la mette fuori portata rispetto a un destino di infelicità che sembrava inevitabile. La notte d’amore appena trascorsa spinge il protagonista a pensare al passato, immaginando per sé un’infanzia diversa, senza coprifuoco, stivali militari, uccisioni, sparizioni. Tuttavia, egli è consapevole che il ricordo di quella terribile notte non li avrebbe più abbandonati:

D’une quelconque manière, nous avions conduit la nuit jusqu’à nous. Elle nous avait suivis. Peut-être était-elle en nous, depuis toujours.

(p. 124)

Nel 2004, anno dell’anniversario dell’indipendenza haitiana, hanno visto la luce molte opere celebrative dell’evento41 che intendevano fare il punto della situazione haitiana duecento anni dopo la nascita della prima repubblica nera al mondo. Uscito anch’esso nel 2004, l’ultimo romanzo di Trouillot che analizzeremo brevemente, Bicentenaire, va in controtendenza: a dispetto del titolo, non vi è alcun riferimento a quel passato glorioso più volte celebrato. Prosegue, come nelle opere precedenti, la messa in scena di due tipologie di personaggi: quelli che continuano a vivere con la mente rivolta al passato, destinati a soccombere, e quelli di “rottura”, che trovano il coraggio di spezzare il legame col passato, decidendo di vivere il presente, per i quali c’è qualche speranza per il futuro: “Dans Bicentenaire il y a une grande absence, celle qui est évoquée précisement dans le titre. […] Un des lieux communs présents dans les romans haïtiens est l’évocation des origines, de la guerre de libération et d’indépendance. Or, Bicentenaire n’en dit rien. Cette libération est avant tout une absence, un grand silence. L’essentiel tient dans le present42”. Ed è il presente il tempo verbale preferito da Trouillot che qui racconta le ultime ore di vita del giovane Lucien,

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Oltre al saggio di Wargny, possiamo segnalare il già citato Wiener Kerns Fleurimond, Haïti: 1804- 2004. Le Bicentenaire d’une Révolution oubliée, che ripercorre le principali tappe della storia haitiana celebrando in maniera quasi agiografica le figure dei padri fondatori Toussaint Louverture e Jean-Jacques Dessalines.

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Y. Chemla, Bicentenaire de Lyonel Trouillot, “Africultures”, testo disponibile on-line sul sito http://www.africultures.com//popup_article.asp?no=3563&print=1

112 uscito di casa un mattino d’estate per unirsi alla marcia studentesca indetta per festeggiare il bicentenario e protestare pacificamente contro l’attuale governo. La manifestazione viene brutalmente repressa dalla polizia che, aiutata da bande di balordi arruolati tra i giovani più violenti, di cui fa parte il fratello minore di Lucien, Ézéchiel, non esita a sparare sulla folla causando diverse vittime, tra cui lo stesso Lucien. Quest’ultimo incarna l’haitiano perennemente lacerato da conflitti e contraddizioni:

Il a conscience de s’être toujours trouvé entre deux choses ou deux personnes. Entre Ernestine et le petit. Entre Port-au-Prince et le Plateau central. (p. 81)

Orfano di padre, trasferitosi in città insieme al fratello minore e rimasto privo di punti di riferimento, Lucien cerca di orientarsi nella vita cittadina aggrappandosi alle sue uniche certezze: la madre Ernestine, ormai cieca e rimasta al villaggio, della quale riecheggiano nella sua mente gli insegnamenti e le raccomandazioni e con cui intrattiene un dialogo a distanza; l’Etrangère, una giornalista che lo aveva intervistato per un reportage sulle condizioni di vita degli studenti haitiani e che non riesce a togliersi dalla testa, e l’amore per il mare. Per mantenersi impartisce lezioni private al figlio di un medico facoltoso, più interessato ai videogame che all’apprendimento della grammatica francese. La vicenda si snoda durante le prime ore di un mattino di dicembre, ma le riflessioni di Lucien, le rievocazioni dell’infanzia e le sue fantasie contribuiscono a dilatare il tempo della narrazione.

Lucien e il fratello sono molto diversi tra loro. “Querelleur” fin da bambino, Ézéchiel odia i libri e ha tagliato i ponti con la madre. Cresciuto nei bassifondi di Port-au-Prince, fa uso di droga e tiene una pistola sotto il cuscino, anche se dorme succhiadondosi il pollice. Lucien e la madre lo chiamano “le petit”, ma il suo nome di battaglia è “Little Joe”. Le vite dei due fratelli sono in un certo senso speculari: Lucien pensa continuamente al passato, alla sua infanzia e si costruisce un presente fatto di sogni e fantasie; Ézéchiel, al contrario, si disinteressa completamente alle sue origini e vive perfettamente calato nel presente, anche se si tratta di un presente di violenza. Lo scopriamo in queste parole che Lucien immagina di rivolgere alla madre:

Tellement le petit ça fait longtemps que sa tête, son corps, ses rêves et son absence de rêves t’ont laissée accrochée dignement à ta lointaine histoire, clouée comme une relique aux branches desséchés de ton arbre généalogique. (p. 14)

Ézéchiel crede fermamente nella possibilità di cambiare il mondo attraverso la violenza e, col suo motto “chacun pour soi et sauve qui peut”, diviene l’eroe negativo del romanzo. Lucien, che riconosce una certa validità alla filosofia del fratello (“l’étudiant reconnaissait une sagesse à la violence du petit” p. 44), si accontenta invece di guadagnare un po’ di denaro grazie alle lezioni che gli consente di pagare l’affitto, comprare le sigarette e qualche regalo per la madre. Lucien non concepisce per sé un futuro: egli vive in un presente cristallizzato sulle parole di Ernestine e sull’immagine dell’Etrangère che gli ritorna di continuo alla mente:

Je ne veux pas de femme, Ernestine Saint-Hilaire, de même que toi tu n’as jamais pris un homme pour partager ta part des choses. Je ne veux pas d’amours qui durent. Je veux juste garder l’image de l’Etrangère debout dans sa robe droite […] (p. 72)

La difficoltà di accettare un presente tanto orribile nonché l’ennesima sconfitta come popolo, genera personaggi continuamente rivolti verso un passato che, paragonato al presente, risulta alla fine accettabile. Nella sua discesa dalle colline verso il centro della città, Lucien fa tappa all’”Epicerie du vrai Port-au-Princien”, il cui proprietario è un vecchio nostalgico di una Port-au-Prince del passato che ormai non esiste più:

L’étudiant regardait le visage du vieux chabin […] en se demandant pourquoi le passé finissait toujours par devenir plus beau que le présent. Le passé trouve toujours moyen de tirer sa revanche. Personne sur cette terre ne peut avoir la force de subir deux défaites en même temps. Il est tellement facile de changer le passé. Comment se résigner à l’idée que de début à la fin tout, tout le temps, fut au pire! Et qui pourrait reprocher à un vieux type en fin de parcours de s’accrocher par petites doses à des bonheurs-rétrospectives! (p. 32)

Lucien commenta poi che “chacun vit dans son ailleurs” (p. 34), e sente di avere quasi la stessa età del vecchio, dal momento che “son paradis aussi est un lieu de mémoire” (p. 37). Raggiunto il corteo, egli comincia ad avvertire intorno a sé la paura per il pericolo imminente; tuttavia, ogni partecipante è consapevole di dover correre dei rischi perché in gioco c’è il futuro del paese. Nella mente di Lucien risuonano le parole della madre che vorrebbero farlo desistere:

Ernestine Saint-Hilaire, moi Noire, je vous le dis, vous êtes partis à Port-au- Prince, mais ne vous mêlez pas des querelles de la ville! (p. 66)

114 Ciononostane, egli continua a marciare sentendo di dover dare una direzione alla sua vita per uscire dall’immobilismo che lo contraddistingue a dispetto della sua giovane età:

Ernestine Saint-Hilaire, je ne sais pas pourquoi je marche. Même quand je crois le savoir, je ne le sais pas vraiment. Mais je sais qu’il me faut lutter contre l’immobile en moi. Marcher. Pour me réconcilier avec le mouvement. (p. 66)

Circondato da persone che hanno scelto di vivere nel passato (come l’ “épicier”) o solo nel presente (come Ézéchiel), da altre che perseguono esclusivamente il loro interesse privato disinteressandosi agli altri (come il medico che durante la manifestazione è nel bel mezzo di una partita a poker e che divide il mondo tra i suoi affari e quelli degli altri, odiando la strada perché rappresenta un contatto forzato con l’Altro), Lucien, che marcia con gli altri studenti ma non sa cantare all’unisono, sembra in cerca del giusto equilibrio nel rapporto tra passato e presente, tra individuo e collettività:

La mémoire, on en a toujours trop ou pas assez. Quels gestes ont précédé les miens? Et combien d’hommes venus des terres de l’intérieur ont aimé la mer avant moi? Et qu’est-ce que c’est qu’un pays où chaque individu se croit le cœur du monde, le seul être suprême, la fin et le commencement? (p. 100)

E inoltre tra l’amore per la madre e la nostalgia della sua figura, e l’impulso di allontanarsene, di “marciare” per trovare la sua strada. Egli si stupisce quando, dopo una carica della polizia che tenta di disperdere i manifestanti, un uomo non più giovane cerca di ricompattare gli studenti esortandoli a non cedere, poichè la causa per cui combattono è giusta:

Un homme d’âge mûr. Presque vieux. Qui prend en main l’espoir, la volonté, le courage. Et les étudiants se sont étonnés du calme de cet homme, de sa