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IL RITORNO AL PADRE: DANS LA MAISON DU PÈRE DI YANICK LAHENS

Un’altra testimonianza letteraria femminile, dopo quella di Marie Chauvet, sul complesso tema del padre, ci viene fornita da Yanick Lahens. Nata a Port-au-Prince nel 1953, ha vissuto per molti anni sotto il regime dei Duvalier, terminato nel 1986. Ha trascorso una decina d’anni a Parigi dove ha completato gli studi e poi ha fatto ritorno ad Haiti dove vive tuttora dividendosi fra l’attività di insegnante e quella di scrittrice. La sua opera di romanziera e critica è legata all’impegno civile e politico. È autrice di un importante saggio sulla letteratura haitiana del XX secolo dal titolo L’exil: entre l’ancrage et la fuite1, e di raccolte di novelle, tra cui ricordiamo Tante Résia et les Dieux2 e La petite corruption3, i cui temi principali sono il desiderio femminile di libertà, l’impegno politico della gioventù haitiana, la storia del paese, la violenza legata alla politica; Dans la maison du père4 è il suo primo romanzo. La protagonista- narratrice è Alice Bienaimé, una giovane haitiana appartenente ad una famiglia della piccola borghesia di Port-au Prince, che racconta la sua infanzia e adolescenza trascorsa nella Haiti degli anni Quaranta: le prime esperienze scolastiche, la scoperta della sessualità, l’amore per la danza che la porterà a lasciare l’isola all’età di vent’anni. Oltre che una forma di espressione artistica, la danza diventa qui metafora di vita e fonte di iniziazione, oltre che motivo di conflitto tra padre e figlia.

Il romanzo si apre con l’immagine di Alice tredicenne che balla con la madre nel salone di casa sulle note di un grammofono, sotto lo sguardo rassicurante del padre e dello zio. Poi, continuando a danzare, si trasferisce sul prato davanti a casa. Ad un tratto, come attraversata da una forza misteriosa, si toglie le scarpe e inizia a danzare sul ritmo di un tamburo immaginario. I suoi movimenti si fanno più selvaggi, primordiali. Alice è come posseduta da una danza tribale. Il padre, di fronte a questa trasformazione, si alza improvvisamente dalla poltrona, la raggiunge sul prato e la schiaffeggia. Questo

1

Port-au-Prince, Éditions Deschamps, 1990.

2

Paris, l’Harmattan, 1994.

3

Port-au-Prince, Éditions Mémoire, 1999 ; Montréal, Mémoire d’encrier, 2003.

4

120 episodio rappresenta il momento centrale di tutto il romanzo; lo schiaffo del padre sancisce la seconda nascita di Alice, è il gesto fondatore che determinerà il corso della sua esistenza:

En avant de cette image il n’y a pas de commencement. L’image est centrale. Elle est le mitan de ma vie. Elle résume l’avant et éclaire déjà l’après. Mes amitiées, mes amours, mes attentes et mes chagrins, tout va se dérouler dans sa lumière ou sous son ombre. Mon père, ma mère, mon oncle, Man Bo, nous serons tous scellés, emportés par cet événement comme dans un seul mouvement de notre sang. Moi plus que les autres. Je suis née de cette image. Elle m’a mise au monde une seconde fois et je l’ai enfantée à mon tour. Quand elle disparaîtra de ma vie je mourrai de faim. Je mourrai aussi de ne plus la nourrir. Ce sera ma mort vraie. La seule dont je voudrais que l’on se souvienne. (p. 14)

Alice vivrà tutta la vita come una danza nel ricordo del padre, più bruciante dello schiaffo da lui ricevuto:

Plus tard, je danserai ma vie tandis que le souvenir de mon père deviendra plus brûlant que la douleur sur ma joue. (p. 15)

Fin dall’inizio ci vengono presentati coloro che in un modo o nell’altro segneranno profondamente la sua vita: prima il padre, “ce héros magnifique et lointain”, e poi la madre, custode e protettrice della sua infanzia. Tra questi due poli, caratterizzati da assenza ed eccesso di tenerezza, si inserisce lo zio Héraclès al quale Alice si aggrappa “comme à une planche de salut”. Poi è la volta di Lise Martin Boural, l’initiatrice, che la introdurrà alla danza vudù, e di Edgard, il suo primo amore. Al centro di tutti questi personaggi c’è Man Bo, la vecchia domestica che per Alice sarà come una seconda madre.

La madre naturale di Alice è figura legata all’infanzia e all’apprendimento del linguaggio. Da lei Alice impara a dare un nome a tutte le cose e a decifrare le lettere dell’alfabeto, ma soprattutto eredita l’amore per la danza. Durante l’adolescenza di Alice, le due donne smettono di comunicare, come se non avessero più niente da dirsi. Alice e la madre incarnano due modi diversi di vivere il femminile: dolce e remissiva, quest’ultima aveva sacrificato l’amore per la musica e la danza per dedicarsi esclusivamente alla famiglia fino a diventare una moglie e madre perfetta così come richiesto dalla società borghese a cui appartenevano i Bienaimé. Alice invece, più

passionale e istintiva, non esiterà ad andare contro il volere del padre per realizzare il suo sogno di diventare una ballerina.

A vigilare sull’adolescenza di Alice sarà Man Bo, che viveva in un alloggio sul retro della casa padronale. L’anziana domestica, che prega i loas e racconta vecchie storie, rappresenta il legame con l’Africa. Donna dalla “tendesse rude”, che ha il coraggio di parlare di cose inconfessabili, segrete, insegna ad Alice la divisione dei ruoli tra uomini e donne. Il giardino posto sul retro della casa è il suo regno incontrastato e per la bambina rappresenta un luogo speciale:

Touffu et bruissant d’odeurs, ce jardin était pour mes sept ans aussi sauvage que l’Amazonie ou que n’importe quelle forêt d’Afrique. Et longtemps je crus que là reposait le cœur du monde. (p. 32)

Qui Alice entra in contatto con la sua parte più istintiva: per prima cosa è spinta a togliersi le scarpe e a camminare scalza sulla terra morbida, con l’impressione di mettere radici come un albero. Il giardino rappresenta il rapporto diretto con la natura, il contatto fisico con la terra, che trasmette alla ragazza una sensazione di libertà. Al contrario del giardino sul davanti della casa, con le sue file ordinate di gerani, i suoi cespugli squadrati e i vasi simmetrici:

La cour arrière, c’était l’envers du jardin à l’entrée de la maison: allée d’hibiscus, parterres symétriques de géraniums, anthuriums en pots, philodendrons majesteux et arbustes équarris. J’y faisait à peu près tout ce qui me plaisait sans les contraintes et les lois de façade de la maison. La cour arrière c’était l’envers du monde de mes sept ans. Un monde préservé, sans contraire, ouvert à tous les vents. L’envers du monde c’était peut-être déjà cela à mes yeux, rien que cela: pouvoir faire ce que l’on aime et exister par soi-même. (p. 33)

L’approccio con la scuola è invece traumatico. Le sue istitutrici, le signorine Védin, erano solite insultare e usare le punizioni corporali. È qui che Alice si forgia il carattere.

La vita di Alice si costruisce sull’inanellarsi di vari eventi iniziatici. Anche la storia haitiana, filtrata dallo sguardo della protagonista bambina, viene rivisitata attraverso tappe fondanti sia a livello collettivo che a livello individuale. Uno dei momenti chiave è rappresentato da una data precisa, il 21 agosto 1934, giorno in cui gli

122 Stati Uniti lasciano l’isola dopo diciannove anni di occupazione. Alice all’epoca ha cinque anni e di quel giorno ha il ricordo dell’attesa febbrile, dell’emozione percepita nelle migliaia di persone che si erano riversate per le vie della capitale sotto il sole cocente; ma soprattutto è un giorno legato al padre che la porta con sé a vedere i festeggiamenti. Alice conserva il ricordo della commozione che traspariva negli occhi lucidi e nella voce tremante dell’uomo che la teneva per mano e che le aveva sussurrato: “tu est en train de devenir ma reine” (p. 17). Per Joëlle Vitello questa data rappresenta un momento fondante per la coscienza di Alice ma anche per tutto il paese. A livello collettivo, la partenza dei marines viene vissuta come l’inizio di una nuova era in cui poter decidere liberamente del proprio destino. Vengono inoltre evocati i fatti del 1946 legati alla vita culturale del paese e alla voglia di cambiamento che si respirava nelle opere rivoluzionarie di Jacques Stephen Alexis e René Depestre. È l’anno in cui gli intellettuali haitiani sono in fermento per la visita di poeti e scrittori come Nicolas Guillen, Alejo Carpentier, Jean-Paul Sartre e Aimé Césaire. Il 1946 è un anno importante anche nella vita personale di Alice: “Symboliquement, pour Alice, c’est à ce moment que se produit sa propre révolution intime, dans l’amour et la découverte des quartiers populaires du bas de la ville en compagnie du peintre Edgard, l’amoureux. 1946 est donc avec le départ des troupes américaines, un moment charnière du récit comme de l’histoire intellectuelle d’Haïti5”.

Come abbiamo detto, lo schiaffo del padre costituisce uno spartiacque nella vita di Alice. L’immagine del padre che rimane impressa nella sua memoria è quella di un uomo di spalle che si allontana, dopo aver passato molti anni a spegnere gli entusiasmi della figlia. Discendente di agricoltori, si era allontanato dalla sua famiglia d’origine fino a diventare un borghese che rinnegava il legame con l’Africa. L’istruzione per lui era stata un modo per uscire dalla povertà. Per questo va su tutte le furie quando vede la figlia abbandonarsi selvaggiamente a una danza tribale:

Debout derrière les persiennes, je regarderai souvent mon père de dos […] disparaître au coin de la rue. Il passera des anneés à vouloir atténuer ma joie répandue à grands flots, à me vouloir tranquille et cernée comme un lac. À dater de ce jour, nous serons l’un en face de l’autre comme deux chasseurs à l’affût. Moi dépistant sa colère et lui traquant l’insolence de ma joie. Mon père était jusque-là mon héros magnifique et lointain. Il devint, ce jour-là,

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J. Vitello, “«De l’autre côté de mes murs»: le désir de l’engagement dans l’écriture de Yanick Lahens”, in M.-A. Sourieau, K. M. Balutansky (a cura di), op. cit., p. 180.

faillible, mortel mais toujours hors d’atteinte comme une contrée perdue. Longtemps après, il traversera mes sommeils d’exilée, mes rêves de noyée en agitant des lucioles. Plus tard, je voudrai souvent oublier, tromper la vigilance du temps, réveiller à nouveau l’enfance et me laisser rattraper par elle. Mais en vain! (p. 102)

Alice nutre il sogno infantile di sposare il padre, per questo la scopriamo gelosa della “dame à ombrelle”, una signora da lui corteggiata sotto gli occhi della moglie, la quale nascondeva la gelosia dietro un sorriso velato di tristezza. Alice invece sente una forte rivalità nei confronti di questa donna:

Une autre femme me ravissait celui qui m’avait murmuré un matin d’août que j’étais sa reine, celui que je ne regardais qu’en levant les yeux comme pour les étoiles. (p. 106)

L’altra figura paterna che influenza profondamente la vita di Alice è lo zio Héraclès. Fratello del padre e più giovane di lui, è il primo ad incoraggiare la sua passione per le danze tradizionali vudù. È lui, infatti, che, all’insaputa dei genitori, l’accompagna alle lezioni tenute in gran segreto da Lise Martin Boural. Da vero mentore, riconosce il talento di Alice e fa in modo che questo possa realizzarsi. Come sostiene Hillman, il mentore è colui che per primo si accorge della nostra vocazione e ci aiuta a riconoscerla e ad alimentarla, ma non necessariamente ci fornisce protezione come farebbe un padre:

Il mentore fornisce il sapere tecnico insieme al folklore, all’atmosfera di una tradizione. In quanto tenuti a soddisfare i bisogni primari, i genitori non possono essere anche mentori. Il ruolo e i doveri sono diversi. Il compito del genitore, ridotto al minimo, consiste nel darti un tetto e abbastanza da mangiare, nello svegliarti la mattina e mandarti a scuola; […] Libero da tali compiti, il mentore, invece, ne ha uno solo: riconoscere l’invisibile fardello che porti e avere una fantasia su di esso che corrisponda all’immagine del cuore. Uno degli errori più dolorosi che tendiamo a commettere è quello di pretendere dal genitore la visione, la benedizione e gli insegnamenti rigorosi del mentore, o, viceversa, di aspettarsi dal mentore accoglimento e comprensione per la nostra esistenza umana6.

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J. Hillman, op. cit., pp. 208-209. In questo saggio l’autore espone un’affascinante teoria sull’origine del talento, della vocazione insita negli uomini fin dalla nascita, che egli chiama appunto daimon. Attraverso l’esplorazione del mito e portando ad esempio la vita di personaggi famosi della storia e della cultura, vengono descritti i modi in cui, fin dalla prima infanzia, si manifesta la vocazione che non è solo frutto della genetica (ciò che egli chiama “superstizione parentale”).

124 Sconvolta dalla passione per la danza vudù, Alice viene proiettata in un mondo a lei sconosciuto in cui si sente sola e senza riparo, incapace di tornare indietro:

Or je venais de franchir de nouveaux caps. Oncle Héraclès avait définitivement précipité le cours de ma vie, brouillant les cartes, me laissant seule et sans abri, plantée au milieu des vents. (p. 93)

Si tratta di una tappa necessaria affinché la sua vocazione possa rivelarsi. Rispettando il volere del padre, Alice non sarebbe mai giunta a questa consapevolezza. Lo zio non teme di inimicarsi il fratello pur di vedere realizzato il talento della nipote:

Oncle Héraclès débordait d’enthousiasme et me regardait en riant presque. Ce rire était à l’opposé de la peur des autres. Et ce n’est que plus tard, bien plus tard que je compris la peur que pouvaient inspirer et ces danses et le tambour. Ils rappelaient trop l’Afrique et le corps et pour ceux d’entre nous qui, dans cette île, regardions ailleurs, le corps comme l’Afrique faisaient peur. L’Afrique, ce ventre chaud et turbulent du monde. (p. 94)

Oltre a farsi artefice della sua realizzazione artistica, lo zio la sprona ad andare incontro alla vita senza paura, ad apprezzarne tutti gli aspetti e ad accettarne i rischi:

Il m’enseigne, et je le crois, qu’il faut savoir entendre l’appel des hommes, des femmes et des choses, que la vie est pleine d’images brillantes, que c’est un incendie à allumer au risque de s’y brûler. (p. 15)

Intellettuale politicamente impegnato che, insieme ad altri come lui, voleva cambiare il mondo, lo zio è caratterizzato da una certa foga che lo accompagna e che è contagiosa, tanto da sconvolgere piacevolmente la routine della famiglia Bienaimé:

[…] toujours il y eut en lui ce feu latent, cette fougue qui faisaient sa présence presque soffocante. Nous aimions tous secrètement cette agitation dans laquelle il nous jetait parfois, cette agitation qui précisément nous coupait le souffle. Nous aimions finalement qu’il nous privât un peu d’air, nous obligeant à respirer plus difficilement. Ma mère souriait souvent à l’entendre et avait l’air de s’émouvoir de tant de jeunesse. (p. 50)

Se il padre, più contemplativo, ama raccontare alla figlia la storia dei Greci e dei Romani e la composizione delle costellazioni, lo zio, uomo d’azione, aveva una predilezione per le rivolte di schiavi, l’epopea dell’Indipendenza con l’evocazione dei

grandi condottieri, viaggi in luoghi lontani dalle sonorità magiche, senza risparmiarle gli aspetti dolorosi della vita:

Quand nous étions seuls lui et moi, il me racontait tout. Toutes ces choses dont on pense d’ordinaire préserver les enfants: l’injustice, la solitude, les hommes et les femmes, la vieillesse, l’âge adulte, la faim qui fait délirer, les extravagances et la beauté du monde. (p. 81)

Alice percepisce la preoccupazione del padre e dello zio di fronte agli avvenimenti politici di quegli anni, con il tentativo fallito di uccisione del presidente Lescot, gli scioperi e il coprifuoco. I due uomini hanno reazioni diverse di fronte a questi fatti che avrebbero preparato l’ascesa di Duvalier. Il padre, intellettuale e libero pensatore è preoccupato per il fratello che appartiene alla schiera di coloro che avrebbero voluto cambiare il mondo. Disilluso sulla sorte del paese, egli è pronto ad accettare il suo destino. Lo zio invece, più ribelle, nutriva grandi speranze, in seguito brutalmente disattese tanto da gettarlo in un “crépuscule intérieur”:

Je n’ai sans doute jamais mieux aimé oncle Heraclès qu’en ces jours où je le vis incertain de lui-même, en proie soudain au doute, rongeant son frein. Mon père, quant à lui, regarda placidement la main ouverte du destin soupeser nos vie. (p. 125)

Lo zio lascerà Haiti nel 1949, andrà a vivere in Finlandia e si sforzerà di dimenticare il suo paese.

L’altro mentore di Alice, nonché suo primo amore, è Edgard, un giovane pittore appartenente alla cerchia degli amici dello zio. Di umili origini, abbandonato dal padre e povero, egli incarna perfettamente il fascino dell’artista maledetto:

Durant cinq années, Edgard fut un mentor qui me fascina. Je le croyais aussi mystérieux qu’une parole rapportée par le vent. Il menait cette existence inquiète qu’une fugace lueur irradiait quelquefois. Ses angoisses avaient cette élégance bleu nuit d’un ciel de décembre sous les tropiques. [...] Chez Edgard la peinture comblait le manque du père, tous les manques, toutes les absences jusqu’à l’absence de Dieu. [...] Edgard est un grand palmier royal qui veillera sur ma vie jusqu’à la fin. (pp. 121-122)

Edgar la conduce in un quartiere degradato dalla città dove Alice rimane sconvolta e affascinata dal brulichio di rumori, odori nauseabondi, vicoli tortuosi e sovraffollati,

126 dove tutti parlano e ridono a voce alta. Questo luogo, in cui le persone vivono a stretto contatto e condividono la stessa miseria è come un ventre in cui Edgar si muove con disinvoltura perché rappresenta la sua casa e gli permette di entrare in contatto con l’elemento materno. Egli ha in sé la rabbia di chi sa di avere un credito col destino, che lo porterà a scegliere la rivoluzione:

Quand je pose à Edgard ma première question sur ces rues, il me répond que sur cette chose-là il n’y a rien à dire: «C’est ici et nulle part ailleurs que la ville digère ces milliers d’âmes qu’elle dévore chaque jour. Tu es dans son ventre. Et ici la force est aussi grande que la faim». Il y a dans ses mots une colère endormie, celle qui fait qu’il voudra demander des comptes au monde et qu’il aimera la révolution. La révolution était pour lui la seule façon d’assumer enfin sa mère. (p. 127)

I luoghi in cui Edgar l’accompagna svolgono la stessa funzione del giardino di Man Bo: rappresentano zone inesplorate del suo essere, la parte segreta e misteriosa che Alice non sapeva neppure di possedere. Anche lei porterà avanti la sua personale rivoluzione per trovare la propria strada lontano dai divieti paterni. In finale di romanzo scopriamo che Edgard lascerà Haiti per Cuba nel 1962 con l’inasprirsi del regime di Duvalier; poi la sua vita si svolgerà tra l’Europa e l’America e si concluderà in maniera dissoluta. Joëlle Vitello si sofferma sulle varie iniziazioni di Alice ad opera di numerose figure tutelari:

[…] Man Bo est la deuxième mère d’Alice, celle qui l’initie à la culture populaire dont elle est séparé par ses parents – d’où la gifle fondatrice de tous les tabous imposés à Alice et l’origine de toutes ses trasgressions – lorsque Anténor Bienaimé voit sa fille danser un rythme vodou. Nourrie à deux mondes, d’un côté le rationalisme, l’intellectualisme, de l’autre, les histoires de Man Bo, l’initiation aux danses vodou traditionnelles, l’initiation aux cérémonies. […] Ces initiations se font à l’insu de la famille. La danse est ce qui permet à Alice de réconcilier les parties dissociées de sa culture. C’est à la fois grâce à l’éducation reçue de ses parents et de Man Bo qu’elle peut développer sa propre féminité et ses propres atouts. L’oncle Heraclès et