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Dimostrazioni della teoria economica

PARTE II: applicazione delle teorie di finanza comportamentale all’allocazione del risparmio previdenziale

Capitolo 6: anomalie nella scelta del tipo di erogazione

6.1 Capitale o rendita?

6.1.1 Dimostrazioni della teoria economica

La possibilità di ottenere il risparmio accumulato sottoforma di rendita nasce come ipotetica soluzione al rischio di longevità; a causa di quest’ultimo, infatti, gli individui devono cercare di equilibrare il rischio di un consumo eccessivo, che quindi può determinare una riduzione dei consumi in età avanzata, con il rischio di un consumo conservativo, dal quale, contrariamente, potrebbe derivare un livello di consumo minore rispetto a quanto ci si potrebbe permettere. Ecco che quindi l’opzione della

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rendita, sostituendo l’erogazione di un'unica somma di denaro con una serie di pagamenti ricorrenti fin tanto che il risparmiatore è in vita, elimina il precedentemente descritto rischio di longevità. Considerando anche solo la finalità con cui l’erogazione in rendita è stata istituita, appare chiara la sua rilevanza, ma, soprattutto, la connessa possibilità di migliorare il benessere dei risparmiatori e il denaro disponibile per il consumo (Brown, J.R.; 2007). L’esempio fornito dall’autore aiuta a comprendere meglio l’origine della convenienza per la rendita. Si immagini di investire 1$ in un asset con un tasso di rendimento dell’8% senza rendita: nel periodo successivo il rendimento sarà pari a 1.08 37. Diversamente, investendo 1$ in rendita, con lo stesso tasso di rendimento, e considerando una probabilità di non sopravvivenza al periodo successivo pari al 3%, il beneficiario sarà in grado di ottenere un pagamento pari a 1.102 38. La ben visibile differenza di rendimenti è solitamente identificata col termine “premio di mortalità”, a indicare la ricchezza alla quale si è disposti a rinunciare dopo la morte (Brown, J.R.; 2007).

Quello appena descritto non è l’unico fattore che determina la convenienza della rendita rispetto ad un’erogazione interamente sottoforma di capitale; ad esso si aggiunge la regola dello “spendi ciò che guadagni” 39. Secondo questo schema di pensiero, le spese degli individui devono calibrarsi in base alle loro disponibilità finanziarie. Nel momento in cui un membro del nucleo famigliare cessa l’attività lavorativa, entrando quindi nella fase del pensionamento, l’applicazione della suddetta regola non è più possibile. A questo punto, scegliendo di non ricevere la propria pensione complementare in forma di rendita, gli individui devono essere in grado di calcolare un tasso di prelievo, e quindi spesa, coerente nel tempo. È facilmente intuibile la difficoltà insita in questo compito, al punto tale che molto spesso i risparmiatori organizzano in modo errato i consumi futuri, alternando situazioni di spese eccessive ad altre di spese molto scarse. Alla difficoltà di calcolo e organizzativa, si aggiunge la già citata mancanza di autocontrollo che caratterizza buona parte degli agenti economici: questa loro caratteristica potrebbe causare l’insorgere di problemi nell’attenersi ai piani realizzati. Diversamente, optando per una prestazione sottoforma di rendita, i risparmiatori riuscirebbero a risolvere il problema di calcolo e realizzazione di un piano di prelievo e spese coerente nel tempo, ma anche quello dell’autocontrollo (Benartzi, S., Previtero, A., Thaler, R.H.; 2011). Molteplici gli autori che, nel corso degli anni, si sono dedicati allo studio del tema in questione; tra i primi a rivelare la convenienza economica derivate della rendita ci fu Yaari nel 1965. Le ipotesi alla base della dimostrazione dell’autore erano molto restrittive. Più precisamente, l’idea era quella che gli individui massimizzassero l’utilità attesa così come previsto dalla funzione di Von Neumann

37Derivante da 1*1.08

38 Derivante da (1*1.08) / (1-0.03)

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Morgenstern, non si preoccupassero di garantire un’eredità ai restanti in vita, che le rendite acquistabili fossero eque dal punto di vista attuariale e, infine, che l’unica fonte di incertezza derivasse dalla durata residua della loro vita. La conclusione alla quale giunse sulla base di questi presupposti fu che alcuni individui avrebbero dovuto richiedere l’erogazione di tutti i loro risparmi in forma di rendita (Yaari, M.; 1965).

Successivamente, riprendendo gli studi di Yaari del 1965 ma attenuando alcune ipotesi, Davidoff, Brown e Diamond giunsero nel 2005 a risultati simili. Nella loro analisi, gli autori si servirono del confronto tra i rendimenti ottenibili da un certificato di deposito, con un tasso di interesse r, e quelli ricavabili da un titolo che paga, annualmente, un interesse più alto, condizionale però alla vita. Inoltre, l’analisi venne effettuata distintamente nel caso di mercati completi e incompleti. In presenza di mercati completi è possibile realizzare un guadagno vendendo le proprie obbligazioni e sostituendole con una rendita se sono verificate le seguenti condizioni:

1. In seguito ad una decisione di portafoglio non si possono effettuare ulteriori modifiche 2. Non ci sono motivi di lascito

3. È disponibile l’acquisto di rendite che permettono di ottenere un guadagno superiore a quello derivabile dalle obbligazioni già detenute.

Il corollario del teorema appena enunciato è quindi la convenienza a convertire in rendita l’intero patrimonio accumulato. Di conseguenza, l’erogazione della totalità dei propri risparmi in rendita estende a molteplici periodi la presenza di incertezza, di premi di rendita non equi ma positivi, e quindi convenienti, e infine l’utilità dipendente dal periodo temporale di riferimento, che, non obbligatoriamente, deve rispettare i postulati dell’utilità attesa. La situazione si modifica notevolmente quando i mercati risultano essere incompleti. In questo caso, la convenienza dell’intera erogazione sottoforma di rendita può venir meno a causa della divergenza tra livello di consumo ottimale e flusso di reddito garantito dalla rendita. Nonostante ciò, resta comunque vantaggiosa la conversione in rendita almeno di una parte dei propri risparmi (Davidoff, T., Brown, J.R., Diamond, P.A.; 2005).

Per concludere, è utile confrontare il rendimento ottenibile dall’applicazione di quattro diverse strategie. La prima strategia proposta è quella della rendita totale: acquistando una rendita con un premio iniziale pari a 100,000$, un uomo di 65 anni otterrebbe un rendimento pari a 7,704$ annui. La seconda strategia è la cosiddetta “self-annuitization”. In questo caso, l’individuo investe una somma iniziale pari a 100,000$ in un asset che non prevedere l’erogazione in rendita e guadagna al tasso di mercato, consumando però gli stessi 7,704$ annui che la modalità di rendita gli avrebbe permesso di ricavare. Non essendo in presenza di rendita, non è possibile sfruttare i benefici del premio di mortalità: di conseguenza, al raggiungimento circa degli 85 anni, l’agente economico avrà

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esaurito i propri risparmi, rendendo così la strategia insostenibile. Un’altra delle strategie attuabili è quella che prevede l’ammortamento dell’investimento iniziale, effettuato sempre al tasso di mercato, negli anni successivi. Nel caso riportato dall’autore, l’investimento iniziale si mantiene pari a 100,00$ e viene ammortizzato in 35 anni, così da permettere al risparmiatore di raggiungere, eventualmente, i 100 con risorse finanziarie a sufficienza. La suddetta strategia, non solo è in grado di generare un rendimento del 25% inferiore rispetto a quello prodotto dalla prima, ma determina anche l’insorgere del già citato rischio di longevità: infatti, nel caso in cui il risparmiatore dovesse sopravvivere oltre i 100 anni previsti inizialmente, si troverebbe senza le risorse necessarie. Diversamente, avendo selezionato la rendita, questo rischio sarebbe del tutto inesistente. Infine, l’ultimo metodo applicabile è conosciuto col nome di “1/LE”, dove con LE si intende l’aspettativa di vita (life expectancy). Questa strategia, più sofisticata rispetto alle precedenti, prevede che il risparmiatore consumi una parte della ricchezza restante, proporzionalmente alla sua aspettativa di vita residua. Anche in questo caso, l’aspetto negativo risiede nel ricavo di un flusso di reddito inferiore rispetto a quello garantito da una rendita: si stima che i rendimenti ottenibili dall’1/LE non superino mai il 94% di quelli ricavabili da una rendita (Brown, J.R.; 2007).

Considerando quanto appena illustrato, è evidente, ancora una volta, la convenienza a selezionare la rendita rispetto ad altre modalità di erogazione; simili conclusioni si possono trarre dall’osservazione della Fig.15, la quale espone il confronto grafico tra le quattro alternative sopra descritte (Brown, J.R.; 2007).

Figura 15: rendimenti di diverse strategie di payout (Brown, J.R.; 2007)