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PARTE II: applicazione delle teorie di finanza comportamentale all’allocazione del risparmio previdenziale

Capitolo 6: anomalie nella scelta del tipo di erogazione

6.2 L’influenza dei bias comportamentali

6.2.1 Effetto framing

Come illustrato nei precedenti capitoli, l’effetto framing si manifesta quando gli individui sono influenzati dalla modalità con la quale vengono descritte situazioni e problemi. Si distingue, inoltre, il framing positivo, ovvero quello che tende a mettere in evidenza le conseguenze positive derivanti da un certo comportamento, da quello negativo, che, diversamente, enfatizza i risultati negativi

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provenienti dalla mancata adozione dell’atteggiamento indicato. Il framing negativo sembra avere un maggior impatto negli agenti economici tanto più elevata è l’incertezza e la complessità del problema che questi devono risolvere (Alemanni, B., Cervellati, E.M., Rocca, S., Rocco, G.; 2013). Considerata la difficoltà del problema in questione, ovvero della scelta tra erogazione della pensione complementare sottoforma di capitale piuttosto che rendita, ma soprattutto la mancata possibilità di imparare dalle esperienze passate, non è sorprendente la manifestazione dell’effetto framing anche in ambito previdenziale (Benartzi, S., Previtero, A., Thaler, R.H.; 2011).

Gli studi condotti in questo ambito sono molteplici; di grande importanza quello di Agnew, Anderson, Gerlach e Szykman dal quale emerse l’influenza di un framing negativo piuttosto che positivo nella scelta della rendita, ponendo attenzione anche alle eventuali perdite di denaro connesse alle due modalità di erogazione. Ai partecipanti fu offerta la possibilità di utilizzare 60$ per acquistare una rendita o, alternativamente, investirli in un portafoglio composto da azioni e titoli privi di rischio. Il guadagno di ogni agente era quindi connesso alla tipologia di scelta effettuata e alla simulazione della durata residua di vita. Uno dei tratti caratteristici della suddetta analisi è la modalità con la quale ai partecipanti vengono date le informazioni utili alla scelta: essi, infatti, furono divisi in tre gruppi. Al primo gruppo vennero messi in evidenza le possibili controversie legate alla scelta dell’investimento, proponendo la rendita come una soluzione a quelle problematiche (frame pro-rendita). Al secondo gruppo le informazioni vennero fornite in modo esattamente opposto, vale a dire enfatizzando gli aspetti negativi derivanti dall’acquisto di una rendita e come l’opzione capitale sarebbe in grado di risolverle (frame pro-capitale). All’ultimo gruppo le due alterative furono presentate in modo del tutto neutrale (frame neutro). Si ricorda, inoltre, che i risultati del test svolto vennero analizzati tenendo in considerazione il sesso dei partecipanti ma anche i diversi livelli di avversione al rischio e cultura finanziaria. Per quanto riguarda le donne, il frame pro-capitale delle informazioni è risultato avere un impatto molto rilevante: rispetto al frame neutrale, la probabilità che si opti per la rendita è minore del 16%. Diversamente, il frame pro-rendita, vista la mancata significatività statistica dei risultati, sembra non influenzare le decisioni delle donne. Tale evidenza è probabilmente frutto dell’innata predisposizione femminile alle rendite. Per quanto riguarda il livello di cultura finanziaria, differentemente da quanto si potrebbe immaginare, è stata osservata una relazione negativa con la domanda di rendite; anche in questo caso, la spiegazione ad un simile comportamento è da ricercarsi nelle assunzioni alla base della finanza comportamentale, in questo caso l’eccessiva fiducia degli individui nelle loro capacità di compiere ottime scelte di investimento e la maggiore familiarità con gli investimenti. Per quanto riguarda gli individui di sesso maschile, l’influenza dell’ ultimo fattore citato è in linea con ciò che accade nel campo femminile. Diversamente, essi risentono sia del frame pro-capitale sia di quello pro-rendita. È infatti emerso che, nel caso del frame pro-capitale, gli

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individui selezionano la rendita con una probabilità del 14% inferiore rispetto a quanto accade col frame neutrale. Quando invece il frame con il quale sono fornite le informazioni enfatizza gli aspetti positivi della rendita, quest’ultima viene selezionata con il 20% di probabilità in più se paragonata alle scelte prese in presenza di frame neutrale. In conclusione, gli agenti economici di entrambi i sessi hanno rivelato, nella scelta tra rendita e capitale, la presenza dell’effetto framing, in particolare di quello negativo, ovvero delle descrizioni che enfatizzano le possibili conseguenze negative derivanti da una rendita (Agnew, J.R., Anderson, L.R., Gerlach, J.R., Szykman, L.R.; 2008).

Sebbene da un altro punto di vista, anche Brown, Kling, Mullainathan e Wrobel si dedicano all’analisi delle preferenze tra rendita e capitale: in questo caso, l’attenzione viene posta sulle differenze tra il frame di consumo e quello di investimento. Come si può facilmente intuire, il frame di consumo è orientato al risultato finale, ossia alla quantità di denaro che l’individuo può spendere; contrariamente, il frame di investimento pone l’attenzione sui risultati intermedi, e, quindi, sul rischio sopportato e sui rendimenti ottenuti nel corso del tempo. In relazione alla prospettiva dalla quale si affronta il problema decisionale, la rendita può apparire più o meno rischiosa. Applicando il frame di consumo, la rendita verrà percepita come una forma di assicurazione; contrariamente, nel caso di frame di investimento, questa sarà considerata più rischiosa di un’obbligazione in quanto il suo rendimento dipende da una variabile casuale44. Anche in questo caso i partecipanti vengono suddivisi in gruppi, ad entrambi dei quali viene richiesta una scelta tra rendite di diverso tipo e prodotti di investimento; le differenze risiedono quindi nelle modalità con le quali sono fornite le informazioni. Ad alcuni partecipanti le informazioni sono fornite attraverso un frame di investimento, facendo quindi ricorso ai rendimenti e utili ottenibili, a termini quali “investire” e “guadagnare” e al valore iniziale dell’investimento. Per tutti gli altri fu utilizzato il frame di consumo, ovvero stimando quanto ogni prodotto selezionato avrebbe permesso all’acquirente di consumare, inserendo termini come “spesa” e “pagamento”, descrivendo il tempo in termini di età e non di anni, come invece accadeva con il precedente frame. L’analisi dei dati portò a risultati sorprendenti. Applicando un frame di consumo, più della metà dei partecipanti mostrò una preferenza per la rendita. In particolare, quando la rendita prevedeva il pagamento di 650$ al mese e, per i mesi successivi al decesso, il conferimento dei pagamenti in beneficienza, fu il 72% dei partecipanti a selezionare la rendita; la percentuale di scelta della rendita sale al 76% se l’offerta alternativa consiste in 500$ mensili per 35 anni e al 77% quando invece l’alternativa prevede 650$ mensili per 20 anni. Del tutto opposti i risultati ottenuti dall’utilizzo di un frame di investimento. In questo caso, solo il 21% dei partecipanti scelse la rendita vitalizia, ovvero i 650$ mensili, rispetto all’investimento di 100,000$ al tasso del 4% mensile; il 48% e il 40%

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degli investitori preferì la rendita annuale ad un investimento che permetteva di guadagnare rispettivamente 650$ mensili per 20 anni e 500$ mensili per 35 anni. Relativamente ai motivi di lascito, citati nel caso di un frame di consumo, quando i pagamenti residui al momento del decesso sono destinati ai propri figli, il numero di agenti economici che seleziona la rendita si riduce drasticamente, ma rimane comunque superiore al 50%. Riassumendo quanto enunciato fin ora, qualora venga utilizzato un frame di consumo la maggior parte degli individui preferisce la rendita ad altri strumenti di investimento, diversamente, applicando un frame di investimento, la maggioranza degli investitori non opta per la rendita. È quindi evidente che il frame utilizzato esercita un’influenza rilevante nella decisione finale degli investitori. A questo punto, sorge spontaneo chiedersi come mai, consci della convenienza economica della rendita e dell’impatto che un frame di consumo può avere, i fornitori di rendite non utilizzano questo frame nel fornire le informazioni. Una possibile risposta proviene dalle caratteristiche del frame di investimento che, essendo focalizzato su obbiettivi di breve termine, risulta di più facile comprensione da parte dei partecipanti ai mercati finanziari ma, soprattutto, dei più giovani. Altre spiegazioni sono da ricondursi alla sfera della convenienza economica dell’azienda (Brown, J.R., Kling, J.R., Mullainathan, S., Wrobel, M.V.; 2008).

Partendo dallo studio sopra analizzato di Brown, Kling, Mullainathan e Wrobel, Benartzi, Previtero e Thaler decidono di analizzare le conseguenze dei diversi framing utilizzati nei piani tradizionali45 e in quelli bilanciati. Generalmente, agli aderenti ai piani tradizionali, viene garantito un reddito specifico in base agli anni di servizio e al salario percepito: in questo caso, “pensione” e “rendita” sono sinonimi per alcuni anni. Diversamente, il funzionamento dei piani bilanciati richiama quello dei 401 (k). Infatti, il valore della posizione si incrementa costantemente grazie al versamento periodico dei contributi e agli interessi attivi maturati. Date le loro caratteristiche, questa tipologia di piani può essere considerata una commistione tra quelli a contribuzione definita e quelli a prestazione definita. Se, da un lato, la traslazione del rischio di investimento sul datore di lavoro, e quindi la garanzia di un tasso di rendimento fisso, li rende conformi ai piani tradizionali, dall’altro, come accade nei piani a contribuzione definita, ogni aderente ha un proprio account e una propria posizione. Nello studio condotto dagli autori, è stato ipotizzato che i piani a prestazione definita impieghino un frame di consumo e promuovano le rendite, in quanto sono soliti informare gli iscritti dei guadagni conseguiti mensilmente o annualmente. Al contrario, per i piani bilanciati, il frame proposto è quello di investimento e si cerca di disincentivare la scelta della rendita, visto il calcolo del saldo contabile46.

45Da qui in avanti con il termine piani tradizionali si farà riferimento ai cosiddetti piani a prestazione definita.

46Così come nello studio di Brown, Kling, Mullainathan e Wrobel (2008), anche in questo caso l’analisi dell’impatto dell’effetto

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Dai dati è emerso che la rendita è stata selezionata dal 53% dei partecipanti ai piani tradizionali; nel caso di piani bilanciati questa è stata preferita all’erogazione di un’unica somma di capitale solamente dal 41% degli iscritti. È facilmente intuibile che l’utilizzo di un frame di consumo, tipico dei piani tradizionali, contribuisce a incentivare la selezione della rendita. Inoltre, rettificando i risultati ottenuti per considerare anche altri fattori demografici, tra i quali età, genere e patrimonio, si nota un incremento delle discrepanze nella scelta della rendita tra le due tipologie di piano. Come già emerso dalle analisi di Brown, Kling, Mullainathan e Wrobel le donne sono maggiormente propense ad optare per la rendita; a ciò si aggiunge l’effetto benefico dell’età: si stima che l’avanzamento di età di un anno sia in grado di incrementare il tasso di selezione della rendita di circa il 2% (Benartzi, S., Previtero, A., Thaler, R.H.; 2011). È quindi possibile concludere che i risultati ottenuti sono in linea con quanto sostenuto da Brown, Kling, Mullainathan e Wrobel: conseguentemente, il presente studio fornisce un ulteriore prova a favore della presenza dell’effetto framing nella scelta tra erogazione pensionistica in forma di rendita o capitale.