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LE DINAMICHE DI CONSUMO DI SUOLO IN CAMPANIA NEL PERIODO 1960/2000

E I NUOVI STRUMENTI DI GOVERNO

DEL TERRITORIO

ANTONIO DI GENNARO*, AGOSTINO DI LORENZO**& FRANCESCO P. INNAMORATO * *Risorsa s.r.l., Napoli

** Regione Campania. Assessorato al Governo del Territorio

La superficie complessiva delle città della Campania è decuplicata dall’Unità ad oggi, passando da 10.000 a 100.000 ettari (Fig. 1). Il processo di urbanizzazione del territorio regionale si divide in due fasi distinte, con il punto di discontinuità che si colloca grosso modo alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo.

Figura 1 – Carta storica delle superfici urbanizzate nel periodo 1861-2000 nella fascia costiera della Campania

Nella prima fase, dal 1861 al 1961, l’espansione della città asseconda la crescita demografica, in qualche modo si adatta ad essa; così, al progressivo raddoppio della popolazione corrisponde quello delle aree urbanizzate. Nella fase successiva, invece, i due processi si disgiungono: l’espansione urbana impenna, proprio mentre la curva demografica rallenta, si appiattisce. Il

tato è che le superfici urbanizzate sono più che quadruplicate nell’ultimo quarantennio (+321%), mentre la popolazione è cresciuta solo del 21% (Fig. 2).

Figura 2 – Incremento delle superfici urbanizzate e della popolazione in Campania nel periodo 1861-2000 (1861=100)

Le cause di questo fenomeno sono riconducibili ai cambiamenti della struttura demografica, con l’aumento del numero delle famiglie e la diminuzione della loro composizione media; come anche all’incremento della domanda pro-capite di suolo per abitazioni, infrastrutture, servizi, attrez-zature, legato alla crescita complessiva del tenore di vita del paese (EEA, 2003).

In Campania la strutturale debolezza delle funzioni pubbliche di controllo e governo del territorio, unitamente all’influenza della illegalità organizzata, ha determinato una divaricazione ulteriore della forbice tra demografia e sviluppo urbano, legata all’influenza di una produzione edilizia abusiva che assegna alla regione un poco invidiabile primato (Legambiente, 2004).

Il risultato è la saldatura di un centinaio di nuclei urbani della fascia costiera, con la formazione, in pochi decenni, sulle terre nere della pianura vulcanica, di un’unica, sterminata conurbazione lunga 100 chilometri, che da Caserta giunge sino alla piana del Sele; una interminabile incrostazione urbana che occupa il 15% del territorio regionale, nella quale vivono come possono quattro milioni di persone, i tre quarti quasi della popolazione della Campania (De Lucia & Frisch, 2008).

Nei paesaggi della pianura vulcanica di Campania felix si è così passati da un’assetto a matrice rurale prevalente, con lo schema insediativo ed infrastrutturale di impianto sette-ottocentesco di fatto immerso, disperso in una matrice rurale ad elevata continuità, ad un’assetto di frangia periurbana, dove lo spazio rurale è frammentato in isole e chiazze sempre meno interconnesse, impoverite ed imbruttite, altamente esposte al degrado, alle interferenze ed alle pressioni delle attività urbane adiacenti.

Per contrastare le dinamiche di declino territoriale, la Regione Campania ha di recente approvato un Piano territoriale che introduce finalmente uno statuto del territorio regionale, con regole strin-genti di tutela dello spazio rurale, della “non città” (Di Lorenzo & di Gennaro, 2008). All’interno del piano regionale, il territorio rurale – sarebbe a dire il ricco e variegato patrimonio di ecosistemi naturali, boschi, pascoli e aree agricole - non è più considerato come area bianca, riserva inesau-ribile di spazio per la crescita urbana. Piuttosto, esso è riconosciuto come ecosistema multifun-zionale, che fornisce quotidianamente alla collettività un flusso di servizi essenziali: sicurezza idro-geologica, acqua da bere, aria pulita, alimenti di qualità, biodiversità, paesaggio, occasioni di vita all’aria aperta (CCE, 1988, 2000). Il territorio rurale è dunque istituzionalmente riconosciuto come ecosistema di supporto della vita (Odum & Barret, 1987): un bene comune che deve essere gelo-samente difeso da comportamenti criminali che avvelenano e degradano irreversibilmente le sue matrici costitutive, i suoli e le acque, mettendo a rischio il diritto costituzionale alla salute. 82

Figura 3 – Veduta della Piana del Sarno dal valico di Chiunzi, sullo sfondo: il Vesuvio (Foto Di Gennaro)

Le misure di tutela strutturale e funzionale dello spazio rurale contenute nel piano territoriale regionale rispondono a due esigenze.

La prima è, naturalmente, quella di tutelare ciò che rimane del territorio rurale della Campania, complessivamente inteso come patrimonio comune, dal cui stato di salute dipende la qualità di vita dei cittadini e l’intera economia regionale.

La seconda, ugualmente importante, riguarda invece le aree urbane: perché è solo attraverso la tutela dei vuoti – gli spazi rurali aperti del territorio regionale, le aree rurali – che è possi-bile pensare di restituire forma e qualità ai pieni, sarebbe a dire gli spazi urbanizzati. Si tratta del solo modo a nostra disposizione per riqualificare la sterminata conurbazione campana senza consumare nuove terre, nuovi ecosistemi, nuovi paesaggi.

La strategia per il territorio rurale contenuta nel piano regionale si basa su tre criteri princi-pali, mutuati dallo Schema di sviluppo spaziale europeo, il documento comunitario di riferimento in materia di pianificazione territoriale (EC, 1999). Il primo è che i piani delle province e dei comuni devono privilegiare per le nuove edificazioni il riuso di aree già urbanizzate, sottoutilizzate, dismesse, degradate, evitando ulteriori e ingiustificati consumi di suolo. In secondo luogo, per frenare la frammentazione dello spazio rurale e la dispersione insediativa, le nuove edificazioni devono loca-lizzarsi in continuità con l’urbanizzazione esistente, e comunque in posizione marginale rispetto agli spazi rurali. In ultimo, l’edificabilità del territorio rurale è strettamente funzionale all’attività dell’azienda agricola, così come comprovata da un piano di sviluppo aziendale (Scano, 2006). Questa strategia non è presente solo nel piano territoriale, ma è condivisa dagli altri strumenti di programmazione, a partire dal Documento strategico regionale che regola l’utilizzo dei fondi

comunitari 2007-2013. Ancora, il Piano di sviluppo rurale e il Piano forestale costituiscono gli altri due pilastri della strategia per il territorio rurale regionale: tra l’altro, essi destinano risorse significative alle misure che possono essere impiegate per la stabilizzazione e riqualificazione del margine città-campagna, come il sostegno dell’agricoltura urbana e periurbana, la promozione delle filiere agroalimentari corte; il recupero e l’uso alternativo delle aree rurali degradate e conta-minate con incentivi per la forestazione, le colture no-food e energetiche, la creazione di zone cuscinetto.

Bibliografia

Commissione della Comunità Europea, 1988. Il futuro del mondo rurale. COM/88/501 def., Bruxelles.

Commissione della Comunità Europea, 2000. Riforma della Pac: sviluppo rurale. Bruxelles Di Lorenzo A.& di Gennaro A., 2008. Una campagna per il futuro. La strategia per lo spazio rurale nel Piano Territoriale della Campania. CLEAN Edizioni.

European Commission, 1999. ESDP. European Spatial Development Perspective. Toward balanced and sustainable development of the territory of the European Union. Committee on Spatial Deve-lopment, 1999, Bruxelles.

Legambiente, 2004. Rapporto ecomafia 2004. Il caso Campania. L’illegalità ambientale in Italia e il ruolo della criminalità organizzata. Napoli.

Odum E. P. & Barrett G. W., 1987. Fondamenti di ecologia. Piccin, 372-373.

Scano L., 2006. Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo nella legislazione regio-nale. In M. C. Gibelli & E. Salzano (a cura di), No Sprawl. Perché è necessario controllare la dispersione urbana e il consumo del suolo, Alinea, 153-165.

EVOLUZIONE DEL CONSUMO DI SUOLO