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71 O: Direi accettare di sentire tutta una serie di emozioni, nominarle, dirselo, riconoscerlo e

Nel documento I sentimenti dell’operatore (pagine 71-73)

riconoscere quindi un po’ i propri limiti.

I: Come si fa ad accorgersi di essere troppo o troppo poco coinvolti? Ci sono dei segnali? O: Anche qui mi piace pensare un po’ all’equilibrio. Attualmente, negli ultimi anni, non mi capita di essere troppo o troppo poco coinvolto, non mi capita di vivere le polarità. Vivo la globalità dell’esperienza del coinvolgimento emotivo che ha varie sfaccettature. Se devo rispondere in maniera un po’ dicotomica direi che se si è troppo coinvolti ci si rende conto che si fatica a prendere delle decisioni che siano coerenti, ci si porta il lavoro a casa, ci si pensa in continuazione, lo si sogna tanto, si viene a lavoro angosciati. Questi sono tutti indicatori di un eccessivo coinvolgimento. Poco coinvolgimento invece... un po’ di aridità, ci si accorge forse di fare il proprio lavoro un po’ in maniera meccanica.

I: Ti è già capitato di avere paura di smarrirti nei tuoi sentimenti?

O: Poco, sinceramente. Dovrei fare davvero un po’ di lavoro di recupero archeologico nel passato, forse nei primi anni di lavoro, penso si mi possa essere capitato qualcosa del genere, ma oramai credo di no… e non dico così perché sono un educatore consumato e navigato, ma perché ho maturato e sviluppato processi di consapevolezza che mi hanno portato a non aver paura di smarrire la strada nel sentimento… anche perché forse smarrirla nella ragione, per certi aspetti, può essere anche più pericoloso!

I: È vero, non ci avevo pensato. Per concludere… Ti è già capitato di cercare di scappare da ciò che provavi?

O: Sì, un’infinità di volte, all’inizio soprattutto. Anche nel breve racconto di prima del caso particolarmente difficile, non è stato semplice riconoscere le emozioni anche forti violente che provavo. Questo è capitato anche altre volte, a volte si scappa un po’, soprattutto nei primi anni dove questa consapevolezza era sicuramente minore, erano minori i percorsi che avevo fatto di crescita personale e professionale.

I: Questo mi rassicura un po’! (sorriso) Grazie di tutto! O: Spero che possa esserti utile quanto ti ho detto...

I: Certo che lo sarà. Ti manderò la trascrizione il prima possibile di modo che tu possa approvarla e dal quel momento la registrazione sarà distrutta.

O: Va bene, per qualsiasi ulteriore chiarimento contatami pure. I: Grazie ancora.

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Intervista nr.5

Dati: in attesa

I (intervistatrice): Sto facendo un lavoro di tesi che si focalizza sulla cura dei propri sentimenti da parte dell’operatore e un po’ sul contrato che c’è tra la ragione il sentimento nel lavoro educativo. Ti faccio man mano un po’ di queste domande (foglio con traccia), ma vediamo come va la discussione.

O (operatrice intervistata): Va bene.

I: Volevo sapere: cosa ne pensi del fatto di essere coinvolti emotivamente nella relazione educativa con gli ospiti qua in Villa Ortensia?

O: Penso che il coinvolgimento emotivo sia indispensabile, perché lavoriamo con delle persone e quindi ci mettiamo a confronto con le loro emozioni e anche con le nostre. Il coinvolgimento emotivo dunque è sempre indispensabile, men che meno nel nostro lavoro. Anche perché, oltre che attraverso l’osservazione, è anche attraverso le emozioni e la conoscenza della persona e delle sue emozioni che capiamo come sta, perciò dobbiamo poterlo sentire.

I: pensi che ci siano delle situazioni in cui queste emozioni possono anche essere un ostacolo?

O: Sì. Quando non le gestiamo. Quando noi non riusciamo a gestire le emozioni dell’altro e quelle che l’altro suscita in noi. Sono due cose diverse, perché delle volte loro emozioni sono molto forti e noi riusciamo comunque a ricordarci che ci sono io e c’è l’altro. Altre volte invece l’emozione dell’altro è così forte che se al momento non hai abbastanza… non so se è una questione di allenamento perché non è che ci si abitua o ci si istruisce alle emozioni, però a volte le loro emozioni arrivano con più forza della nostra razionalità e allora penso che potrebbe esserci un coinvolgimento eccessivo. Quindi anche per noi non è producente. Bisogna sempre riuscire a gestire le proprie emozioni e quelle dell’altro.

I: pensi che ci siano dei segnali che ti facciano capire di essere troppo coinvolta

O: Sì penso che ci siano. Troppo coinvolta è quando, io dico sempre, “porti a casa” le storie, o porti a casa ancora lo strascico delle emozioni o di un vissuto forte. Va bene riflettere, bisogna sempre rivedere. Penso che ci capiti di rivederci durante il lavoro o durante il nostro agire, però quando non hai più la capacità di riuscire a “staccare bene” e ti porta magari un malessere... Perché quando è benessere non ce ne accorgiamo, siamo euforici abbiamo avuto un bel momento con un ospite è positivo, ma non ci fai caso. Invece quando porti a casa magari delle situazioni difficili, è buono capire che cosa è perché ha suscitato così tanto in te una cosa e magari e giusto condividere piuttosto che… oppure invece “correre ai ripari” nel senso di dirti: fermati un attimo questa cosa ti sta prendendo un po’ troppo. Quindi capire perché l’altro ti sta coinvolgendo così tanto.

I: Quali sono i rischi secondo te quando questo succede?

O: Di perdere di vista quello che è il progetto di vita. Di perdere di vista quella che la gestione della globalità della persona, perché al momento sei più preoccupato a pensare a come ti senti tu e quindi diventa secondario. Perché quando tu hai avuto un evento forte e magari sei rimasto molto male per qualcosa o hai una preoccupazione molto grande, quando ti ripresenti il giorno dopo sei già premunito, arrivi pronto a qualcosa e quindi non lasci veramente spazio a essere libero, di essere pronto ad accogliere l’altro per come è la sua giornata, arrivi un po’ prevenuto, da una parte.

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