• Non ci sono risultati.

57 sfogarti, perché comunque secondo me, una strategia è anche questa Sfogare nel senso d

Nel documento I sentimenti dell’operatore (pagine 57-59)

buttare fuori, perché poi questo lavoro ti riempie, prendi, ricevi un sacco di cose e ad un certo punto devi smaltirle. Nella tua vita privata hai una serie di strategie, di hobby, di cose che ti aiutano a stare bene, a scaricarle in questo senso, ma hai bisogno anche di parlare, di buttare fuori. A volte hai solo bisogno di dire “oggi è stata proprio una giornata del cavolo, perché mi ha detto quella frase che mi ha fatto arrabbiare e sono rimasta arrabbiata tutto il giorno”. A me piace perché è veramente uno spazio che è mio. Dove posso dire le cose senza magari dover pensare a come le prendi tu, che influenza avranno, …dove posso dirle e basta.

I: Sì, capisco...

O: Mi è venuto in mente un altro segnale... Quando una persona non mi suscita più niente. L’esempio di un’ospite in particolare è molto concreto: io so che lei ha un’angoscia dentro e quando mi fermo e sto con lei, non dico che la sento io, però un po’ la sento e probabilmente è un milligrammo di quello che sente lei. Questo mi porta a fare anche una serie di interventi, cioè io sono una che la porta va a controllargliela. Vado una volta perché non entro nella sua ossessione. Però mi dico “se questo può darle un minuto di serenità, questo lo posso fare. Per me non c’è un motivo per non farlo, entro certi limiti. Quando non mi suscita più niente, è il mio segnale che con lei sono arrivata al limite. Quando lei è lì che controlla la porta, che mi dice che sta male… ma dev’essere che mi dico “sì lo so che stai male, me lo dici tutti i giorni”. Questo è il mio segnale di uscita dai giochi. Non ce la faccio più, non ce la faccio più con lei. Lei è una persona molto forte, con lei lo sento parecchio. Con altri meno, ma con lei è proprio... palese.

I: Sì, non avevo mai pensato a questo segnale.

O: Quando io non riesco più ad essere in empatia è un segnale. Che è una versione un po’ migliorata di quello che ti dicevo prima, cioè quando non riesco ad ascoltarti perché in realtà ho la testa altrove, perché non sono qui con te in questo momento… perché siamo fatti di carne e di ossa e non è che tutti i giorni siamo accoglienti, siamo in grado di ascoltare in modo attivo… io personalmente non ci riesco.

I: Perfetto, grazie mille!

O: Spero di esserti stata d’aiuto.

I: Certo, hai detto delle cose molto interessanti! Grazie ancora. O: Di niente.

58

8.2 Intervista Nr. 2

Operatrice intervistata: Infermiera, 61 anni Studi: Scuola infermieri in cure generali

Esperienze lavorative nel sociale: 12 anni di cure a domicilio in cui si è occupata di pazienti psichiatrici e somatici. Da 4 anni lavora in Villa Ortensia.

Intervistatrice: Ciao, io sto facendo un lavoro di tesi che si focalizza sulla cura dei propri sentimenti da parte dell’operatore e un po’ sul contrasto che c’è tra ragione e sentimento nella pratica del lavoro educativo. Perciò vorrei chiederti, tu cosa pensi del fatto di provare delle emozioni nel lavoro che fai qui in Villa Ortensia?

Operatrice: Come prima cosa, nel lavoro che faccio qui, come in tutti i rapporti umani, l’empatia è una cosa molto importante per me. Se non hai empatia non potrai mai fare questo lavoro ed è già una prima cosa.

I: Secondo te, perché è così importante l’empatia?

O: Perché bisogna riuscire ad entrare nel dolore dell’altra persona per riuscire a capire un po’ quello che sente.

I: Capire quello che sente a cosa ti serve?

O: A rispondere alla domanda… Sai l’empatia manda una vibrazione alla persona, non è una cosa intellettuale. È una cosa che sente la persona che hai di fronte. Anche se non dici niente, anche soltanto l’ascolto… La maggior parte delle volte la persona ti ringrazia, perché ti sei preso il tempo di ascoltare. Non sempre sicuramente, perché dipende, se c’è una crisi o cose così… Ma spesso, anche nella mia vita privata, le persone mi vengono a trovare quando hanno dei problemi perché sono molto discreta e ascolto, non giudico mai. Quando stai male, già avere qualcuno che ti ascolta, che ti capisce, che prova un’empatia, è molto importante.

I: Quindi le emozioni sono una risorsa, una cosa positiva per il tuo lavoro, ho capito bene? O: Per me le emozioni sono una cosa diversa dall’empatia. L’empatia è entrare nel dolore dell’altro per capire, l’emozione è già uno scombussolamento di te. Sì, qualche volta… siamo umani per fortuna! È successo spesso quando lavoravo a domicilio di uscire dalla casa delle persone e mettermi a piangere nella macchina perché non ne potevo più, ma davanti alla persona devi gestire al massimo, perché se no diventa un po’ complicato perché siamo esseri umani, ma abbiamo anche la nostra professionalità.

I: Pensi che questo si scontra con la professionalità?

O: non è che si scontra, ma devi trovare l’equilibrio giusto. È una questione di saper gestire l’entrare dentro, ma anche sapersi proteggere, avere una protezione.

I: Come fai a proteggerti?

O: Questo dipende dalle persone. Io per esempio faccio anche una ricerca spirituale nella mia vita, ma è molto diverso forse da una persona che può reagire diversamente. Per esempio io metto una luce tutta intorno a me per proteggermi, per ricevere solo le cose positive e non lasciarmi aggredire troppo dalle cose negative. Mi rendo conto che molto dipende da... se sono in forma va benissimo, posso sopportare tante cose, ma se io sono un po’ fragile è difficile. Perché assorbi troppo, fai troppo la spugna.

59

Nel documento I sentimenti dell’operatore (pagine 57-59)