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La direttiva sui reati contro l’ambiente

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 127-130)

III Capitolo La prova pratica

IV. La direttiva sui reati contro l’ambiente

49 Di tale avviso: Plantamura V., Una nuova frontiera europea per il diritto penale, in Dir. Pen. e Proc., n. 7, 2009, pag. 917. La Corte non ha “calcato la mano”, per il rischio di produrre fenomeni di rigetto da parte degli Stati membri. Non pare che vi sia peraltro un valido aggancio normativo o un principio generale dal quale poter far discendere questa competenza a metà del legislatore comunitario che può prescrivere le fattispecie ma non indicare le relative pene.

“La proporzione (comunitaria) infatti, si applica sempre nelle materie di competenza esclusiva della

Comunità, che in quelle di competenza concorrente, nel senso che in ogni caso il legislatore comunitario deve prevedere misure giuridiche proporzionate rispetto al raggiungimento dei fini e dunque non esclude che tale legislatore possa indicare le pene, mentre esclude che possa indicare pene sproporzionate. La sussidiarietà comunitaria invece, che si applica solo nel caso di competenza concorrente del legislatore comunitario e di quelli nazionali, implica che il legislatore comunitario medesimo sia chiamato ad intervenire solo nel caso dell’insufficienza del ricorso alle singole normative nazionali e dunque, accertata tale insufficienza, ed espresso, invece un giudizio prognostico favorevole al ricorso alla legislazione sovranazionale, non si vede perchè, oltre a descrivere le fattispecie, lo stesso legislatore non possa anche, in applicazione, e non in violazione, del principio in questione, indicare le relative comminatorie edittali”.

La direttiva sui reati ambientali50 segna il sofferto punto di arrivo delle evoluzioni degli ultimi anni riguardanti il ravvicinamento delle legislazioni nazionali ad opera delle fonti, prevalentemente giurisdizionali, di diritto comunitario e segna altresì un determinante punto di arrivo dell’utilizzo degli strumenti di diritto comunitario anche nel campo del diritto penale.

Infatti, la direttiva può ben fungere come un paradigma da declinare anche per i futuri interventi dell’Unione in ambito penale, con particolare riguardo alle linee guida, già sopra enumerate, dettate dalla Corte di Giustizia.

Il provvedimento in oggetto è stato terreno di sintesi tra le spinte espansionistiche provenienti dalla Commissione e quelle conservatrici del Consiglio, nonché luogo di mediazione tra i diversi modelli di incriminazione degli ordinamenti nazionali, fornendo un minimo comune denominatore di tutela di fonte sovranazionale51. Si è così configurato un sistema multilivello ove i legislatori nazionali sono condizionati nel loro potere discrezionale dalle indicazioni formalizzate dalle Istituzioni comunitarie52.

Dal punto di vista funzionale, l’obiettivo della direttiva è quello di ottenere che gli Stati membri introducano nel diritto penale disposizioni che possano garantire un adeguato livello di tutela ambientale.

Il testo è inequivocabile: “La Comunità è preoccupata per l’aumento dei reati

ambientali e per le loro conseguenze, che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui vengono commessi. Questi reati rappresentano una minaccia per l’ambiente ed esigono pertanto una risposta adeguata. L’esperienza

50 Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente in Gazz. Uff. L. 328/28.

51 Siracusa L., La competenza comunitaria in ambito penale al primo banco di prova: la direttiva

europea sulla tutela penale dell’ambiente, in Riv. Trim. dir. pen. ec., 2008, pag. 865; Karamat A.., La politica dell’Unione europea in relazione alle sanzioni ambientali - Proposte per una direttiva sulla tutela dell’ambiente attraverso il diritto penale, in Riv. giur. amb., 2008, pag. 16.

52 Vi è chi ritiene che sia da prediligere un metodo di armonizzazione che lasci agli Stati la libertà di scegliere la natura delle sanzioni da applicare a tutela dei beni meritevoli di protezione a livello comunitario. Sotis C., Il diritto senza codice - Uno studio sul sistema penale europeo vigente, Milano, 2007. Analogamente denuncia il rischio di un’eccessiva compressione della potestà discrezionale sulla meritevolezza e sulla necessità di pena: Viganò F., Norme comunitarie e riserva di legge statale in

materia penale: i termini di una relazione sempre più problematica, in Quaderni Costituzionali, 2006,

pag. 366. Valutano, invece, i vantaggi di un processo di armonizzazione operato per mezzo di direttive: Bernardi A., L’armonizzazione delle sanzioni in Europa: linee ricostruttive, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2008, pag. 93; Vervaele J.A.E., L’applicazione del diritto comunitario: la separazione di beni tra primo e

terzo pilastro, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1996, pag. 507. Gli Stati rimangono comunque liberi di

mantenere in vigore o adottare misure più stringenti finalizzate ad un’efficace tutela dell’ambiente, sempre se compatibili con il Trattato Ce.

dimostra che i sistemi sanzionatori vigenti non sono sufficienti a garantire la piena osservanza della normativa in materia di tutela dell’ambiente. Tale osservanza può e dovrebbe essere rafforzata mediante la disponibilità di sanzioni penali, che sono indice di una riprovazione sociale di natura qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative ai meccanismi risarcitori di diritto civile. Pertanto tali condotte

dovrebbero essere perseguibili penalmente in tutto il territorio della Comunità.”53

La direttiva presenta rilevanti elementi di novità, in primis appunto per gli obblighi formali di penalizzazione imposti, nell’ambito del primo pilastro e che, dunque, potrebbero, in fase di recepimento entrare in contrasto con i principi di riserva di legge e tassatività nonchè con le caratteristiche proprie di ciascun sistema nazionale.

Inoltre è altrettanto innovativa nell’introdurre norme minime a livello sanzionatorio: da una prima versione in cui venivano indicate tre distinte forbici edittali all’interno delle quali lo Stato membro poteva scegliere la pena detentiva, ora viene previsto che gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che i reati siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive54.

Anche la tecnica di incriminazione presenta elementi di novità, risultando fondata sul requisito dell’illiceità, relativa alla violazione della normativa comunitaria extrapenale o dei provvedimenti adottati in attuazione della stessa dagli Stati membri e su quello della potenzialità offensiva, quale la causazione di morte o lesioni gravi alle persone o di danni rilevanti all’ambiente.

Una scelta incentrata sull’incriminazione di condotte concretamente lesive è applicazione concreta del principio di sussidiarietà e proporzione a cui si deve informare tutta la legislazione comunitaria, intervenendo in chiave funzionalista solo con le misure necessarie per colmare le lacune di tutela degli ordinamenti nazionali.55

53 Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente in Gazz. Uff. Un. eur. L. 328/28 ss. II, III e VII considerando.

54 L’effettività consiste nella concretezza e speditezza nell’irrogazione, la proporzionalità tra la corrispondenza con il fatto-reato commesso e la dissuasività come finalizzazione allo scopo deterrente. 55 Una tale soluzione consente che lo standard di tutela richiesto dal diritto comunitario sia uno standard minimo e che non si trasformi invece in una richiesta di tutela penale generale diretta a sanzionare anche condotte astrattamente pericolose, limitando la discrezionalità del legislatore nazionale. In tal senso, Siracusa L., La competenza comunitaria, cit., pag. 879.

Ne sia esempio l’ordinamento italiano56 che si trova costretto ad introdurre fattispecie ambientali di danno, accanto a quelle prevalenti di pericolo astratto, introducendo una graduazione proporzionale della risposta sanzionatoria in ordine alla gravità dell’offesa.

La scelta di introdurre illeciti commessi con dolo, o quantomeno per grave negligenza, apre la strada alla prospettiva di armonizzazione riguardo alla responsabilità delle persone giuridiche per i reati ambientali, inserendo disposizioni che sanzionino gli enti per il cui tramite siano commessi gli illeciti in essa contemplati.

Solo in sede attuativa si potranno rinvenire i problemi di compatibilità con i vincoli di incriminazione comunitaria, che potranno trovare, anche in punto di pena, un correttivo nel sindacato di proporzionalità operato dalla Corte di Giustizia.57

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 127-130)