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Diritto di recesso e risoluzione di un contratto

4. Il contratto in Italia: caratteristiche e conseguenze della “vecchia” disciplina

4.6 Diritto di recesso e risoluzione di un contratto

Come già anticipato poche righe sopra, il Codice del turismo divide il diritto di recesso in due casi principali67: recesso per mutamento dei presupposti e recesso per

giusta causa.

Il recesso per mutamento dei presupposti si può manifestare in tre occasioni: revisione del prezzo superiore al 10%, modifiche significative delle condizioni

67 R. Santagata, “Diritto del turismo”, nella collana Il sistema giuridico italiano, 3^ edizione, ed. UTET,

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contrattuali e cancellazione del pacchetto da parte dell’organizzatore prima della partenza. In questi casi, il turista può recedere dal contratto entro 7 giorni lavorativi con la restituzione delle somme che egli ha già versato e senza ulteriori pagamenti. In alternativa, il turista può ricevere da parte dell’organizzatore un pacchetto alternativo, di qualità superiore o equivalente, oppure di qualità inferiore, previo restituzione della differenza tra il costo del pacchetto iniziale e il costo del pacchetto alternativo.

Inoltre, in caso di disagio o danno derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di un servizio turistico, l’organizzatore è tenuto al risarcimento nei confronti del turista; in caso di cancellazione del pacchetto, tale diritto però non può essere esercitato in due occasioni:

• se non viene raggiunto il numero minimo di partecipanti, a patto che l’indicazione della necessità del raggiungimento di un numero minimo sia riportata tra le informazioni di cui rendere edotto il turista (ex art. 38, comma 1°, lett. g, c.tur.); • se si presenta una giustificata causa di forza maggiore, fatta eccezione per i casi di overbooking, che rientrano tra i difetti di organizzazione imputabili al tour operator (ex art. 42, comma 3°, c.tur.).

In questi casi, dunque la situazione appare abbastanza semplice; più problematici sono invece i casi in cui il recesso è giustificato da una giusta causa.

Da un lato, il recesso per giusta causa può intendersi come diritto del turista qualora avvenga un evento a lui non imputabile che non gli consente di partire, come ad esempio una malattia; dall’altro, è inteso come il diritto di entrambe le parti qualora si presentasse una circostanza inevitabile e straordinaria, non prevedibile al momento della stipulazione del contratto, e il cui avvenimento, se fosse avvenuto prima, avrebbe costituito un valido motivo per non concludere il contratto, come ad esempio un attentato terroristico o una calamità naturale.

Da sottolineare è il fatto che il Codice del turismo menziona solo il recesso per giusta causa del turista, e non anche dell’organizzatore, nell’ottica di una tutela per la parte ritenuta più debole. Il diritto di recesso per giusta causa attribuito al turista è menzionato dall’art. 36, c.tur., in cui vengono elencati tutti gli elementi che devono rientrare nel contratto, e nello specifico l’interesse del caso si concentra alla lettera d):

d) importo, comunque non superiore al venticinque per cento del prezzo, da versarsi all’atto della prenotazione, nonché il termine per il pagamento del saldo; il suddetto importo è versato a titolo di caparra ma gli effetti di cui

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all’articolo 1385[68] del codice civile non si producono qualora il recesso

dipenda da fatto sopraggiunto non imputabile, ovvero sia giustificato dal grave inadempimento della controparte; […]

Non è specificato alcun termine secondo cui il turista può esercitare questo diritto, scelta probabilmente dettata dalla necessità di non limitare la tutela del viaggiatore. Sembra dunque da riconoscere al turista che eserciti il diritto di recesso per impossibilità sopravvenuta di pretendere la restituzione della somma già versata, fatto salvo il diritto dell’organizzatore di esigere le spese già sostenute (art. 1671, c.c.69).

Al fine di recuperare quanto già speso, le agenzie di viaggio e gli organizzatori inseriscono nei contratti delle clausole di recesso ad nutum70, a cui conseguono delle caparre penitenziali (art. 1386, c.c.71) di importo sempre maggio man mano che si avvicina la data della partenza. Questa prassi sembrerebbe essere confermata dal riferirsi del sopracitato art. 36 alla sola caparra confirmatoria, e non anche quella penitenziale. Infatti, le clausole penali devono essere approvate per iscritto dal viaggiatore, secondo quanto disciplinato dall’art. 1341, c.c. Giova ricordare comunque che l’organizzatore deve comunicare al turista qualora decidesse di sottoscrivere un’assicurazione a copertura delle spese derivanti dall’annullamento del contratto, ai sensi dell’art. 37, comma 2°, lett.

e). Questa impostazione sembra però far gravare sul solo turista il rischio di un evento

che lo costringa a rinunciare alla vacanza: perciò, è intervenuta la Cassazione a sottolineare che il contratto di viaggio si estingue per entrambe le parti esonerandole così dalle rispettive obbligazioni (art. 1463, c.c.) nel caso di un’impossibilità sopravvenuta a godere della prestazione. Il motivo di tale decisione è da ricercare nella conseguente estinzione della causa concreta di relax e vacanza. Al turista spetta solamente il dovere di

68 L’art. 1385, c.c., a cui si fa riferimento nel citato articolo del Codice del turismo, concerne la disciplina

della caparra confirmatoria: una volta eseguita la prestazione infatti, la caparra va restituita alla controparte oppure va scalata dall’importo totale del servizio prestato. In caso di inadempimento del turista, ovvero della parte che ha dato la caparra, l’organizzatore può recedere dal contratto trattenendo la caparra; viceversa, nel caso di inadempimento dell’organizzatore, il turista può recedere ed esigere il doppio della caparra. Se invece richiede la risoluzione, e non il recesso, il caso è regolato da norme generali.

69 L’art. 1671, c.c., reca la disciplina del recesso unilaterale dal contratto, in cui specifica che il committente

può recedere dal contratto, anche se ne è iniziata l’esecuzione delle prestazioni in esso dedotte, purché all’appaltatore vengano restituite le somme che ha già speso per i servizi accordati.

70 Il recesso ad nutum è la scelta di una parte di terminare un rapporto giuridico senza che l’altra parte possa

opporsi.

(fonte della definizione: http://www.treccani.it/vocabolario/ad-nutum/ )

71 L’art. 1386, c.c., riguarda proprio la caparra penitenziale: se nel contratto fosse previsto il diritto di

recesso per una o per entrambe le parti, la caparra funziona solo quale penale del recesso; il recedente perde allora la caparra data oppure deve restituire il doppio di quella che ha ricevuto.

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informare immediatamente l’organizzatore dell’impossibilità di partire: in questo modo il rischio passa in capo al professionista. Egli potrà offrire nuovamente il suddetto pacchetto nel mercato come pacchetto last minute, limitando così gli effetti negativi. È chiaro che i pacchetti turistici acquistati in rete sono sottoposti alla stessa disciplina (art. 32, comma 2°, par. 1, c.tur.): in questo caso però, il professionista può decidere di escludere il diritto di recesso, in virtù ad esempio dell’acquisto last minute, comunicandolo comunque in modo esplicito al turista.

Infine, il diritto di recesso è concesso anche all’organizzatore o all’intermediario, ma soltanto nel caso in cui il numero minimo di partecipanti non sia raggiunto (art. 42, comma 3°, c.tur.), ed anche in tale occasione il turista è comunque tutelato tramite la previsione di un risarcimento o di un pacchetto alternativo. In conclusione, è previsto dall’art. 1456, comma 1°, c.c., che il professionista possa recedere qualora il turista non pagasse il saldo entro un dato termine (cosiddetta “clausola risolutiva espressa”).