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Il recepimento della direttiva e le integrazioni con le precedenti normative

5. Il recepimento della direttiva

5.1 Il recepimento della direttiva e le integrazioni con le precedenti normative

Come già specificato, la direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 1° Gennaio 2018 e dovrà trovare attuazione nei 6 mesi successivi. Vi sono ancora delle brevi premesse da fare in merito alle novità introdotte dalla direttiva, con particolare riferimento al nostro ordinamento.

Innanzitutto va sottolineato che la nuova disciplina europea ha ristretto il suo ambito di applicazione a tal punto da dover utilizzare il termine “viaggiatore” in luogo di “consumatore”73, ad indicare che essa riguarda solamente un determinato tipo di

73 G. De Cristofaro, “La nuova disciplina europea dei contratti di viaggio (dir. 2015/2302/UE) e le

prospettive del suo recepimento in Italia”, in Aa. Vv., La Nuova Disciplina Europea dei contratti di Viaggio, a cura di A. Finessi, ed. Jovene, 2017, p. 1 e ss.

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consumatori. Inoltre, a differenza di tutte le direttive che regolano altri tipi di contratti (ad esempio, la dir. 99/44/CE sulle vendite mobiliari, dir. 2014/17/UE sui contratti di credito, ecc.), la direttiva 2015/2302/UE affronta la maggior parte, se non addirittura tutti, gli aspetti della fattispecie di contratto: per questo viene paragonata74 con il nostro Codice civile, che al Titolo III del Libro IV, disciplina i singoli contratti tipici. Per citare Giovanni De Cristofaro75:

la dir. 2015/2302/UE detta una regolamentazione organica, compiuta e

(almeno tendenzialmente) esaustiva dei contratti aventi ad oggetto la fornitura di servizi di viaggio combinati, rispetto alla quale i precetti generali del diritto nazionale delle obbligazioni e dei contratti, che pure sono inevitabilmente destinati a trovare applicazione a tali contratti ad integrazione della disciplina di fonte europea […], appaiono destinati a rivestire un ruolo autenticamente secondario e residuale, stante la relativa esiguità dello spazio ad essi lasciato dalla analitica e ampia disciplina europea.

Infine, merita menzione anche il fatto che, assieme alla direttiva, per disciplinare la materia dei contratti con oggetto prestazioni turistiche devono anche tenersi conto sia le disposizioni nazionali in materia di diritto contrattuale generale sia disposizioni di matrice europea: va comunque fatta distinzione tra quelle disposizioni che riguardano solo determinati tipi di contratto, ovvero che riconoscano il viaggiatore come consumatore in senso stretto (cioè persona fisica che ha stipulato un contratto per un motivo diverso da quello professionale o imprenditoriale), e altre disposizioni che invece si applicano a tutti i contratti, a prescindere dal fatto che il viaggiatore risponda alle caratteristiche di consumatore.

Se, da un lato, la disciplina della direttiva 2015/2302/UE si differenzia da tutte le altre discipline consumeristiche per la ricchezza delle disposizioni, dall’altro lato vi è anche un netto distacco dalla direttiva 90/314/CEE, che ha abrogato e sostituito, che porta la nuova direttiva ad avvicinarsi ad altre vigenti direttive consumeristiche. In questo caso, mi riferisco all’individuazione e alla delimitazione dell’autonomia concessa alle parti contraenti per adottare leggi di governo diverse o comunque di più ampio ambito applicativo rispetto alla disciplina europea.

Nella direttiva abrogata all’art. 5 vi era uno specifico riferimento che mirava a definire in che misura tale direttiva potesse essere derogata. Per tutte le altre regole invece, senza un

74 Ibidem, p. 1 e ss. 75 Ibidem, p. 1 e ss.

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apposito riferimento, si doveva ricorrere al diritto nazionale delle obbligazioni e dei contratti, oltre che alle disposizioni nazionali derivanti dalla direttiva 93/13/CEE76 sulle clausole abusive.

La nuova direttiva del 2015, invece, cambia completamente l’approccio a questo tema: da un lato ribadisce l’irrinunciabilità dei diritti attribuiti ai viaggiatori dall’ordinamento nazionale; dall’altro, sottolinea che eventuali clausole o dichiarazioni che limitino o addirittura escludano i diritti del viaggiatore derivanti da questa direttiva non sono assolutamente vincolanti per il viaggiatore stesso (art. 23). Ne deriva che, nei contratti di viaggio conclusi tra professionista e consumatore-viaggiatore, le clausole e gli accordi che risultassero sfavorevoli per il consumatore sono sempre non vincolanti, qualsiasi sia la deroga adottata rispetto la disciplina europea; rimarranno invece soggette ad un controllo meno serrato quelle clausole che derivano dall’attuazione della direttiva 93/13/CEE, sfavorevoli al consumatore ma legate al diritto nazionale delle obbligazioni e dei contratti applicabili a detta fattispecie, al fine di integrare le norme di recepimento della presente direttiva. Per i contratti di viaggio formulati tra professionista e consumatori non in senso stretto (quindi, ad esempio, liberi professionisti), la disciplina europea ne esclude l’autonomia privata a tutela del contraente “debole” (il viaggiatore): questo costituisce un vero e proprio unicum nella disciplina dei contratti b2b.

La prima scelta a cui il legislatore italiano è chiamato a provvedere concerne le disposizioni di attuazione della normativa. In particolare, si è pensato a quattro possibilità77:

1. inserire le disposizioni della normativa in un decreto legislativo appositamente “creato”, autonomo rispetto alle norme già vigenti nel nostro ordinamento;

76 La direttiva 93/13/CEE fu firmata il 5 Aprile 1993 dal Consiglio delle Comunità Europee. Essa riguarda

la disciplina delle clausole abusive nei contratti stipulati con consumatori. L’obiettivo era chiaramente quello di proteggere la parte debole con specifici strumenti di tutela e, al tempo stesso, favorire la concorrenza tra operatori economici europei attraverso l’armonizzazione delle discipline nella prospettiva di un mercato comune. In Italia, la direttiva è stata recepita con l’art. 25, legge 52 del 6 Febbraio 1996, che ha introdotto nel Libro IV, c.c., al titolo II “Dei contratti in generale”, il Capo XIV-bis, intitolato “Contratti del Consumatore”. Tali disposizioni sono poi state inserite nel Codice del Consumo.

Gli elementi caratterizzanti di questa disciplina sono: l’ambito a cui si estende, la definizione di “clausola vessatoria”, l’elenco di quali clausole possono essere considerate tali, le sanzioni previste per il professionista che pone tali clausole, le azioni inibitorie come strumenti processuali.

(fonte: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A31993L0013 )

77 G. De Cristofaro, “La nuova disciplina europea dei contratti di viaggio (dir. 2015/2302/UE) e le

prospettive del suo recepimento nell’ordinamento italiano”, in Aa. Vv., La Nuova Disciplina Europea dei contratti di Viaggio, a cura di A. Finessi, ed. Jovene, 2017, p. 1 e ss.

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2. inserire le disposizioni nel Codice del Consumo, all’art. 82 e seguenti che contengono appunto l’attuazione del d.lgs. del 17 marzo 1995 (che ha dato vita al suddetto codice);

3. inserire le nuove disposizioni nel Codice del Turismo, apportando anche le modificazioni necessarie;

4. infine, inserire le nuove disposizioni in un apposito Capo del Codice Civile, da introdurre nel Titolo III del Libro IV, dedicato ai singoli contratti.

Nonostante tutte le soluzioni siano ammesse dalla direttiva, si dovrà fare una scelta legislativa che viene rimessa al Governo.

Adottare la prima soluzione sembra in realtà non avere alcun senso: questa è in genere la scelta più frequente adottata dal legislatore italiano, ma ricordiamo che nell’ordinamento giuridico italiano al Codice Civile sono stati affiancati il Codice del consumo e l’ancora più specifico Codice del turismo.

Sembrerebbe allora più opportuno restituire la disciplina dei contratti di viaggio al Codice del consumo, al quale era stata sottratta con la creazione del Codice del turismo. Ma i contratti di viaggio sono ad oggi applicati ad un ambito molto più esteso con limitazioni diverse. A ciò si aggiunge il fatto che il legislatore europeo ha ritenuto opportuno, in sede di creazione della disciplina, utilizzare per la prima volta in ambito giuridico il termine “viaggiatore”, al fine di distinguerlo dal semplice consumatore. Quindi, se il Codice del consumo ambisce a raccogliere tutte le discipline in tema di contratto tra consumatore e professionista, l’utilizzo del termine “viaggiatore” rende incoerente la disciplina della direttiva 205/2302/UE con il Codice del consumo.

Dunque, l’integrazione delle nuove disposizioni nel Codice del turismo sembra essere la soluzione adeguata, in particolare, dagli artt. 32 e ss. E ancora, non sarebbe la soluzione più adeguata: essendo il Codice del turismo un provvedimento di diritto pubblico e amministrativo, la disciplina privatistica ne risulta forzatamente inserita. Mantenere quest’ultima all’interno del Codice del turismo ne farebbe mancare l’importanza e il ruolo primario.

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