• Non ci sono risultati.

Capitolo II. Diritto al rispetto della vita privata e familiare,

5. Diritto alla vita privata e familiare

L'articolo 8 della Convenzione Europea è un contenitore particolarmente capiente di diritti eterogenei e vari; può dirsi volto alla tutela di quattro distinte sfere dell'autonomia personale: vita privata, vita familiare, domicilio e corrispondenza186. Le quattro sfere identificano altrettante nozioni autonome: la Corte Edu, nell'interpretare la Convenzione, non adotta le nozioni diffuse negli Stati membri ma delinea concetti propri e potenzialmente diversi, avvalendosi, per l'appunto, delle cosiddette nozioni autonome. Così, ad esempio, la definizione di famiglia ruota intorno al principio di effettività, come vedremo nel proseguo.

Analizziamo singolarmente le quattro aree di tutela appena richiamate al fine di isolare il diritto alla riservatezza in quella che vedremo essere una notevole ampiezza di contenuti.

184 Cfr. Bartole S., De Sena P., Zagreblesky V., op. cit., p. 308.

185 C. Eur. Dir. Uomo, 4/12/2008, ricorsi n. 30562/04 e 30566/04, causa S. e Marper c. Regno Unito.

186 Zeno Zencovich V., Art. 8. Diritto al rispetto della vita privata e familiare, in Bartole S., Conforti B., Raimondi G., Commentario alla Convenzione europea

per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Cedam, Padova,

5a. Vita privata.

Prima di offrire una definizione positiva del concetto, passiamo attraverso una valutazione di carattere negativo, sottolineando ciò che la vita privata non è. Il termine vita privata non è sinonimo di

intimidad; entrambe le espressioni si riferiscono alla facoltà di

esclusione dei terzi da particolari aspetti della propria vita187 ma differiscono per portata e ampiezza. La intimidad, o riservatezza che dir si voglia, è inglobata nel concetto più ampio di vita privata: la riservatezza rappresenta l'aspetto più intimo e privato della vita della persona. Volendo ricorrere ancora una volta alla metafora dei cerchi concentrici, mentre la vita privata può esser disegnata come una circonferenza particolarmente ampia ed elastica, la riservatezza deve esser rappresentata attraverso un cerchio dal diametro ben più ridotto e dalla circonferenza più netta e marcata. Insomma, la vita privata accoglie tutti quegli aspetti che non entrano a far parte della proiezione pubblica della persona; la riservatezza, invece, descrive quell'ambito privato e personale nel quale ci è consentito sviluppare la vita privata, sottraendoci allo sguardo dei più188.

L'articolo 8 della Convenzione ingloba quindi una serie di aspetti che vanno complessivamente a comporre la cosiddetta vita privata; ciò che questi hanno in comune è il loro contribuire allo sviluppo e alla realizzazione della persona, in solitudine o in un contesto sociale e interpersonale. Tra tali aspetti ritroviamo l'identità personale, l'identità sociale, l'integrità psicofisica e la sfera sessuale.

187 Una valutazione di questo tipo è stata offerta dal Tribunale costituzionale spagnolo in occasione della STC 142/1993.

188 La ricostruzione appena offerta non è unanimemente condivisa. Per un'opinione dissenziente vedasi González Gaitano N., El deber de respeto a la intimidad, Eunsa, Pamplona, 1990. La posizione qui esposta è invece conforme a quanto affermato da Cabezuelo Arenas A. L., op. cit., pp. 32 e ss..

5a.1. (segue) L'identità personale.

L'Interprete della Convenzione ha ricondotto la riservatezza nel novero dell'identità personale: è questa uno delle sfere inerenti la persona che ricomprende, insieme alla riservatezza stessa, diritti quali il nome, l'identità etnica, l'immagine, l'onore e la reputazione e la protezione dei dati personali. Senza alcuna pretesa di esaustività, elenchiamo brevemente i diritti che compongono l'identità personale, concentrandoci sugli aspetti attinenti il diritto alla riservatezza.

Il diritto al nome, sinteticamente, esprime la possibilità per la persona di conservare o modificare il proprio nome, tanto che l'imposizione di una modifica di tal elemento d'identificazione della persona è considerata un'interferenza nel diritto alla vita privata (in quanto tale sarà ammissibile soltanto laddove soddisfi i requisiti dell'articolo 8, comma secondo)189. La Corte Europea ha in più occasioni sottolineato l'importanza della regolamentazione dell'uso di prenomi e cognomi. Mancando però il consensus tra gli Stati europei circa il diritto al nome, sussiste un ampio margine di discrezionalità in capo ai medesimi, tanto che il compito della Corte è pressoché limitato alla valutazione della legittimità e proporzionalità delle restrizioni, poste in essere dagli stati membri, in materia di attribuzione, modifica e conservazione del nome. Una delle varie occasioni in cui la Corte ha avuto modo di mettere in risalto l'importanza del diritto al nome, è il caso Burghartz c. Svizzera190. Interessante è qui la descrizione del cognome quale mezzo d'identificazione del soggetto nella collettività in cui opera; nel caso di specie la Corte evidenziò l'importanza del nome del ricorrente nel contesto lavorativo e professionale in cui era

189 Ricordiamo che nell'ordinamento spagnolo il nome trova la propria tutela nel diritto all'immagine, ex art. 18.1 CE, non configurandosi come diritto autonomo. 190 C. Eur. Dir. Uomo, 22/2/1994, ricorso n. 16213/90, caso Burghartz c. Svizzera.

La Corte evidenziò qui la disparità di trattamento, basata sul sesso, realizzata dallo Stato svizzero; la legislazione svizzera identificava infatti il solo cognome del marito come cognome di famiglia e non anche quello della moglie.

inserito e in cui si era fatto conoscere proprio tramite il cognome. Il diritto all'identità etnica riconosce, principalmente, la facoltà per il titolare di indicare sul proprio documento d'identità l'appartenenza a un determinato gruppo etnico, in luogo del gruppo etnico maggioritario nel Paese. Ma il diritto in questione non si esaurisce con tal facoltà: sottintende ben altro. La Corte ne mise in risalto il contenuto in occasione della sentenza Chapman c. Regno Unito191, in cui si

confrontò con le doglianze di una ricorrente di etnia rom. La donna lamentava la violazione del diritto ex art. 8 Cedu dovuta alla legislazione britannica, in quanto lo Stato le impediva di vivere in modo stanziale in un caravan, collocato presso un terreno di proprietà. La Corte riconobbe, nel caso di specie, che la vita in caravan costituisce parte integrante dell'identità rom e, pertanto, ritenne che il particolare stile di vita della donna, in quanto espressione culturale del gruppo etnico di appartenenza, ricadesse a pieno titolo nel novero dell'art. 8 Cedu.

Il diritto all'immagine esprime la facoltà di controllo sull'uso della propria immagine da parte del titolare. I casi sottoposti all'attenzione della Corte, in relazione al diritto all'immagine, non mancano: citiamo, fra i più recenti, il caso Khmel c. Russia192, concernente le vicende di un uomo, scortato presso una stazione di polizia, ripreso da un'emittente televisiva. L'uomo lamentò la violazione del diritto ex articolo 8 Cedu, dovuta alle immagini acquisite e in seguito pubblicate. Ancora, il caso Egeland e Hanseid c. Norvegia193, nel quale la Corte Europea si confrontò con la pubblicazione di foto che ritraevano aspetti della vita privata di una donna, appena condannata per omicidio; pur riconoscendo la sussistenza di un interesse pubblico nel caso di specie, il Giudice ritenne le foto scattate particolarmente

191 C. Eur. Dir. Uomo, 5/3/2013, ricorso n. 39619/06, causa Chapman c. Belgio. 192 C. Eur. Dir. Uomo, 12/12/2013, ricorso n. 20383/04, causa Khmel c. Russia. 193 C. Eur. Dir. Uomo, 16/4/2009, ricorso n. 34438, causa Egeland e Hanseid c.

intrusive e, per questo, lesive del diritto della donna. Infine richiamiamo il caso Reklos e Davourlis c. Grecia194, originato dal ricorso presentato da due neo genitori, il cui figlio era stato fotografato, nella struttura ospedaliera, senza il consenso dei medesimi. La Corte Europea pose qui l'accento proprio sul mancato consenso dei genitori, affermando la lesione del diritto all'immagine del minore.

Ricordiamo che l'immagine contribuisce all'identificazione dell'individuo e pertanto è strettamente connessa con il diritto alla riservatezza.195. La medesima connessione si ravvisa anche con il diritto al nome, quale elemento d'identificazione della persona. Tale duplice intimo legame è stato esplicitato anche nella giurisprudenza italiana, grazie a una decisione della Corte di Cassazione del 1989196. Nel caso di specie si discusse delle riprese, eseguite da parte della RAI, di un processo civile di separazione; a seguito di una complessa vicenda processuale, si giunse alla trasmissione delle riprese che, seppur non vedevano partecipi i due coniugi, terminarono con l'indicare i loro nomi nei titoli di testa, quali protagonisti del processo ripreso. La Suprema Corte, una volta adita, ravvisò la violazione del diritto alla riservatezza proprio a causa della pubblicazione dei nominativi delle parti del processo. Se è vero infatti che l'esercizio del diritto alla libertà d'informazione su fatti di interesse socialmente rilevante giustifica la limitazione del diritto alla riservatezza, è ancor più vero che, nell'operazione di bilanciamento tra i due diritti, deve essere rispettato il principio di proporzionalità; nel caso in analisi il sacrificio del diritto alla riservatezza risultò sproporzionato rispetto all'interesse contrapposto. Generalizzando dal caso di specie, si evince quindi l'esistenza di uno stretto legame tra quelli che sono gli elementi

194 C. Eur. Dir. Uomo, 21/10/2006, ricorso n. 71679/01, causa Reklos e Davourlis c. Grecia.

195 Per le considerazioni di carattere generale sul diritto all'immagine si rimanda al primo capitolo.

d'identificazione della persona, segnatamente il nome e l'immagine, e il diritto alla riservatezza. Il diritto al nome e il diritto all'immagine vengono infatti qualificati, non soltanto come diritti autonomi, ma anche come manifestazioni del diritto alla riservatezza; in questo secondo caso la diffusione del nome e dell'immagine della persona può costituire un'indebita ingerenza nella sfera privata dell'individuo con conseguente pregiudizio della riservatezza del medesimo.

Il diritto all'onore e alla reputazione non necessita di una definizione scolastica, essendo già stato oggetto di una panoramica generale grazie al richiamo dell'articolo 18.1 della Costituzione spagnola. Merita qui sottolineare che la Cedu non richiede necessariamente agli Stati membri una tutela penale del diritto, essendo sufficiente la previsione di una tutela civile.

La protezione dei dati personali è il tema che ha monopolizzato l'attuale dibattito sulla privacy. Volendo qui indagare la riservatezza e non anche la privacy, intesa come autodeterminazione informativa o

habeas data, ci limitiamo a dare qualche informazione di base

lasciando al lettore la possibilità di approfondire altrove la materia. La Convenzione non fa riferimento alla protezione dei dati personali ma, grazie a un'interpretazione estensiva offerta dalla Corte Europea, tale aspetto è entrato a far parte della tutela offerta dall'art. 8. Nel caso S. e

Marper c. Regno Unito197, la Corte ha testualmente affermato che “la tutela garantita dall'articolo 8 al rispetto della vita privata e familiare, subirebbe un indebolimento inaccettabile se l'utilizzo delle moderne tecniche scientifiche fosse autorizzato senza alcuna limitazione”. Costituisce quindi ingerenza nel diritto alla vita privata la raccolta, conservazione ed elaborazione dei dati personali (ci rimettiamo poi al secondo comma dell'art. 8 per verificare se l'ingerenza sia o meno ammissibile).

197 C. Eur. Dir. Uomo, 4/12/2008, ricorsi n. 30562/04 e 30566/04, causa S. e Marper c. Regno Unito.

La Corte Europea ha avuto modo di pronunciarsi in numerose occasioni in merito al trattamento dei dati sullo stato di salute; una di queste è il caso Z. c. Finlandia198. Il caso nacque dalla diffusione della cartella clinica di una paziente, i cui dati ne indicavano la sieropositività; tali dati erano stati incorporati a un processo penale, di cui era parte il marito della paziente, processo in cui si discuteva di violenze sessuali perpetrate dall'uomo a danno di plurime donne. I dati medici della donna furono utilizzati nel processo per dimostrare che l'uomo, essendogli stato trasmesso il virus dalla moglie, era consapevole della sua condizione e della possibilità di trasmissione della malattia alle vittime di violenza, aggravandosi così le accuse mosse nei suoi confronti. I medici della ricorrente, venuti a contatto con la richiesta di rendere nota la cartella clinica ai fini del processo, si rifiutarono, opponendo il segreto professionale; fu il Tribunale a intervenire successivamente obbligandoli a rivelarli. A prescindere dall'esito finale della controversia, ciò che risulta di interesse è l'importante ruolo che la Corte ha attribuito alla protezione dei dati personali, soprattutto laddove si tratti di informazioni relative alla salute. Il rispetto del carattere confidenziale delle informazioni circa la salute dell'individuo non soltanto è elemento fondamentale per la tutela della vita privata e familiare, e specialmente della riservatezza, ma costituisce inoltre un principio essenziale per mantenere intatta la fiducia nei servizi medico-sanitari. Se venisse meno siffatta protezione, i pazienti non confiderebbero più le informazioni mediche necessarie per procedere con i trattamenti sanitari e, conseguentemente, si svilupperebbe un profondo pericolo per la collettività stessa.199

198 C. Eur. Dir. Uomo, 25/2/1997, ricorso n. 22009/93, causa Z c. Finlandia. 199 La Corte Europea include nella protezione dei dati personali anche il caso della

registrazione della voce. Ricordiamo che nell'ordinamento spagnolo la voce confluisce invece nel diritto all'immagine, affiancandosi così al nome e all'immagine stessa della persona.

5a.2. (segue) L'identità sociale.

Se fino a ora siamo rimasti su un terreno tutto sommato familiare, grazie alla comunanza di contenuti con l'art. 18.1 della Costituzione spagnola, entriamo qui in un ambito diverso ed estraneo: la proiezione sociale dell'individuo. La Corte Europea ha avuto modo di esplicitare che la nozione di vita privata abbraccia il diritto di allacciare e sviluppare relazioni interpersonali in campo professionale e commerciale e che è proprio nell'ambito professionale che le persone allacciano un considerevole numero di relazioni sociali200. Ciò non implica l'esistenza di un diritto di accesso agli impieghi pubblici o un diritto all'elezione di una particolare professione; quello che esiste è un diritto a non veder indebitamente limitata la possibilità di accesso a impieghi e professioni o, detto al contrario, la necessità di giustificare le misure limitative di questo tipo alla luce dell'art. 8, secondo comma201.

5a.3. (segue) L'integrità psicofisica.

Siamo qui su un piano estraneo al diritto alla riservatezza o al derecho

a la intimidad che dir si voglia. L'articolo 18 della Costituzione

spagnola non menziona in alcun modo il diritto all'integrità psicofisica, riservando al diritto in parola l'articolo 15 (dove si riconosce il derecho

a la vida y a la integridad física y moral); al contempo, la Costituzione

italiana che, anticipiamo, non dedica un apposito articolo alla riservatezza, sancisce l'inviolabilità della libertà personale all'art. 13. Una connessione, seppur particolarmente debole, tra il diritto alla

200 C. Eur. Dir. Uomo, 16/12/1992, ricorso n. 13710/88, causa Niemietz c. Germania.

201 Un caso interessante, che ha riguardato l'Italia, ruota intorno alla dichiarata incompatibilità della disciplina del registro dei falliti con l'art. 8 Cedu. Le sentenze in merito sono plurime:

C. Eur. Dir. Uomo, 23/3/2006, ricorso n. 77924/01, causa Albanese c. Italia. C. Eur. Dir. Uomo, 23/3/2006, ricorso n. 77955/01, causa Campagnano c. Italia. C. Eur. Dir. Uomo, 23/3/2006, ricorso n. 77962/01, causa Vitiello c. Italia.

riservatezza e il diritto all'integrità psicofisica si ritrova in quelle condotte che vanno a toccare fisicamente e materialmente il corpo della persona e che contemporaneamente ne violano il pudore. Esempio di tal condotta si riscontra nelle perquisizioni personali. Ci avvaliamo di termini spagnoli ormai familiari, quali intimidad

corporal, per spiegare la connessione. Incorporando infatti il derecho a la intimidad la cosiddetta intimidad corporal è possibile che dalla

perquisizione personale derivi un'ingerenza illegittima nel diritto alla riservatezza dell'individuo; ciò avverrà laddove si violi il pudore del soggetto sottoposto alla misura invasiva. Ancora prendiamo a esempio l'imposizione di trattamenti sanitari quali gli esami ginecologici. Un caso di questo tipo fu portato all'attenzione del Giudice di Strasburgo nel 2008202: venne censurata la prassi invalsa in Turchia di sottoporre le donne in custodia cautelare a esami ginecologici con lo scopo di proteggere gli agenti di custodia da possibili false accuse di violenza sessuale. In generale, il solo fatto di aver sottoposto a esami medici le donne, pur contro la loro volontà, non comporta automaticamente l'ingerenza nel diritto alla riservatezza; si registrerà infatti una lesione nel diritto alla vita privata soltanto laddove le modalità di realizzazione dell'esame medico comportino la violazione del pudore della persona (è evidente che, nel caso dell'esame ginecologico, giochi un ruolo fondamentale il pudore della donna).

5a.4. (segue) La sfera sessuale.

Tutto ciò che attiene alla sfera sessuale, dai comportamenti alle attitudini, costituisce uno degli aspetti della vita riservata e anzi è uno degli aspetti più intimi del diritto in questione, tanto da poter essere annoverati a pieno titolo nel diritto alla riservatezza. Citiamo due casi risolti dalla Corte Europea data la rilevanza dell'argomento ai fini della

presente indagine.

Il primo è il caso K.A. e A.D. c. Belgio203, il caso vide nella parte di ricorrenti alcuni uomini condannati dallo Stato belga in quanto protagonisti di pratiche sessuali sadomasochistiche di estrema violenza; le violenze erano state perpetrate ai danni di una donna che aveva più volte manifestato la volontà di interrompere, durante le pratiche, l'attività degli uomini. Utilizzando le parole della Corte rese in altra occasione “la notion d’autonomie personnelle peut s’entendre

au sens du droit d’opérer des choix concernant son propre corps”; se

questo è vero, è vero però altresì che “une limite qui doit trouver

application est celle du respect de la volonté de la «victime»”204. In questo caso non si trattò della libertà di scelta in ordine alle condotte e alle inclinazioni sessuali poste in essere dai titolari del diritto, elementi che ricadono a pieno titolo nella tutela offerta dall'art. 8 Cedu, ma si evidenziò la presenza di una persona costretta dalle scelte sessuali altrui, la cui volontà risultò cruciale per evidenziare se vi fosse stata o meno violazione della libertà sessuale. L'intervento sanzionatorio dello Stato non costituì quindi, nel caso di specie, misura limitativa indebita del diritto dei ricorrenti, quanto piuttosto attività di tutela della donna- vittima.

Il secondo caso è A.D.T. c. Regno Unito205. Fu originato da una perquisizione domiciliare e dal sequestro di fotografie e video rinvenuti proprio a seguito della perquisizione. Gli elementi, che ritraevano il ricorrente nel compimento di atti sessuali con altri individui di sesso maschile in privato, avevano portato all'arresto del ricorrente per gross indecency, applicandosi il Sexual Offences Act del 1956, ritenuto poi dalla Corte Europea contrario all'articolo 8 Cedu. Il Giudice ribadì in quest'occasione che la normativa statale, volta a

203 C. Eur. Dir. Uomo, 17/2/2005, ricorsi n. 42758/98 e 45558/99, causa K.A. e A.D. c. Belgio.

204 C. Eur. Dir. Uomo, 29/4/2002, ricorso n. 2346/02, causa Pretty c. Regno Unito. 205 C. Eur. Dir. Uomo, 31/7/2000, ricorso n. 35765/97, causa A.D.T. c. Regno Unito.

sanzionare le condotte omosessuali private, rappresenta un'ingerenza nel diritto alla vita privata dell'individuo; se l'ingerenza poi sia ammissibile o meno è da verificarsi alla luce del secondo comma dell'articolo 8. In ogni caso la vigenza di tal norma nell'ordinamento inglese, per il solo fatto di esistere, avrebbe inciso negativamente sulla vita privata: chiunque avesse voluto intrattenere una relazione sessuale di carattere omosessuale, avrebbe trovato un impedimento nella norma con conseguente violazione del diritto ex art. 8 Cedu. A nulla valsero le argomentazioni dello Stato inglese, che tentò di dimostrare l'esistenza dei requisiti richiesti dall'articolo 8 stesso (non soltanto venne addotta l'esistenza di una base legale che giustificava la misura, ma vennero altresì allegate, a titolo di scopo legittimo, le esigenze di protezione della morale e della libertà altrui che sarebbero venute meno laddove terzi avessero preso visione dei filmati e delle fotografie sequestrate); la Corte evidenziò infatti come, pur essendo stato soddisfatto il requisito della legalità della misura, l'intervento non era necessario per la realizzazione del fine legittimo addotto dallo Stato. Il Giudice accolse in conclusione il ricorso, affermando che l'attività sessuale era di natura strettamente privata e non destinata alla vista e alla conoscenza dei terzi, escludendo qualsiasi pericolo per la morale e la libertà altrui.

5b. Vita familiare.

L'articolo 8 Cedu non si limita a tutelare la vita privata dell'individuo ma ne tutela anche la vita familiare. A differenza di quanto visto nell'analisi del derecho a la intimidad, qui il diritto al rispetto della vita familiare non risulta essere una semplice proiezione del diritto a la

intimidad, non può esser definito come mera dimensione addizionale

del diritto del singolo206. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio

206 La dottrina è concorde sul punto. A titolo esemplificativo, vedasi Santolaya Machetti P., Derecho a la vida privada y familiar: un contenido notablemente