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Disagio abitativo e ripercussioni sullo stato sociale degli immigrati:

5. Il bisogno di salute: i determinanti di salute

5.1 Disagio abitativo e ripercussioni sullo stato sociale degli immigrati:

sguardo in Campania come riflesso di una realtà nazionale e condivisa.

Un altro impatto sociale nell’insediamento e nel profilo di salute dell’immigrato è la situazione abitativa. Chi non vive in un ambiente sano, difficilmente godrà di piena salute.

Più volte abbiamo ripetuto e sottolineato che gli immigrati sono una risorsa per la società, in quanto promotori di attività lavorative, che senza il loro apporto non verrebbero esercitate.

Mi permetto di trascrivere un aneddoto che ho avuto il piacere di vivere in prima persona, ricercando materiale per questa ricerca. Ho conosciuto un romeno che aveva fatto del semplice lavoro di “ciabattino” un leitmotiv che ha allargato la sua conoscenza da un piccolo paese di provincia a tutta la provincia. Questo perché, purtroppo, è un lavoro che si tramanda, e a volte le tradizioni restano ingabbiate in preconcetti e abitudini consumistiche.

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Anche il disagio abitativo, quindi, contribuisce ad acuire le disuguaglianze che vivono queste donne e questi uomini immigrati. Una ricerca realizzata nell’ambito del progetto “Indagine conoscitiva sul disagio abitativo degli immigrati presenti nell’Italia Meridionale”, finanziata dal Ministero della Solidarietà Sociale nel quadro degli interventi del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2000-2006”, evidenzia appunto che nel complesso l’indagine ha permesso di rilevare che oltre il 50% degli immigrati non dispone di un appartamento in affitto o di proprietà, ed è costretto a condividere una stanza, accontentandosi molto spesso di un semplice posto letto, oppure di vivere nella stessa abitazione del datore di lavoro. Sarebbero dunque circa 89.000 gli immigrati che vivono in sistemazioni diverse da un appartamento. Si tratta di una cifra preoccupante, pari alla popolazione di una città di medie dimensioni. Il disagio, insomma, scaturisce innanzitutto da un’offerta abitativa del tutto insufficiente, che fa passare in secondo piano la qualità dell’immobile e dei locali. A determinare la condizione di sofferenza è soprattutto la convivenza forzata. Appena il 5% degli immigrati vive da solo, e spesso si tratta di badanti che dispongono di una stanza o di un letto presso il datore di lavoro. I restanti convivono con altre persone. Uno su quattro, in particolare, convive con almeno altri 5 immigrati.

Una delle specificità della Campania, tuttavia, sembra essere proprio quella della concentrazione dell’insediamento lungo la fascia costiera. Seconda Regione per densità di popolazione, la Campania è anche quella dove si trova la terza città più popolata, Napoli, costellata dalla conurbazione di centri minori, tutti con una popolazione che sfiora i 100.000 abitanti. Questo esteso territorio si presenta policentrico e articolato attorno a Comuni che esprimono vocazioni economiche e polarizzazioni abitative tali da “attrarre” le scelte di insediamento degli stranieri, la cui presenza come appare ovvio, si concentra in prossimità dei poli economici con conseguenza sul piano del disagio abitativo.

A tal proposito, il 19 e 20 febbraio 2010 si è svolta la VII Conferenza Regionale

sull’Immigrazione a Napoli, nella quale si è discusso appunto del disagio

abitativo degli immigrati. In una nota di una posizione del Gruppo sul Disagio Abitativo si quantificano alcune linee di intervento discusse al suo interno ed assunte a conclusione dell’incontro come proposte da avanzare alla Regione

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Campania una “azione di sistema” tesa ad affrontare la complessa questione del disagio abitativo della popolazione immigrata.

“Tali proposte sono state definite dal gruppo a partire dall’assunto che quello dell’abitazione sia un diritto sociale fondamentale in quanto presupposto essenziale per il godimento e l’esercizio di tutti gli altri diritti di cittadinanza, in ogni caso per qualunque processo di integrazione. Assicurare a tutti un “riparo” rientra infatti tra i doveri di solidarietà politica, economica e sociale (di cui parla l’articolo 2 della Costituzione), così come appare difficile (in coerenza all’articolo 3 della stessa) ipotizzare l’esistenza di pari condizioni di dignità, libertà ed uguaglianza tra chi dispone di una abitazione e chi è ne è totalmente privo. Peraltro, è per soddisfare tale diritto che la nuova Programmazione regionale fa esplicito riferimento alla “edilizia residenziale sociale” (Estratto dalla VII Conferenza Regionale sull’Immigrazione, Napoli, 2010).

Tali proposte sono fondate su una analisi condivisa della situazione abitativa degli immigrati nel territorio campano, il cui accesso alla casa si configura caratterizzato da un percorso molto tortuoso, con numerosi ostacoli e fattori critici riassumibili nei forti squilibri del mercato abitativo, ed in particolare di quello dell’affitto, nella carenza di servizi e strumenti a supporto dell’inserimento abitativo degli immigrati, nella esistenza di stereotipi e pregiudizi che alimentano diffuse diffidenze nei confronti degli affittuari immigrati.

L’insieme di questi fattori determina, da un lato, condizioni di vera e propria emergenza socio/abitativa per un numero significativo di immigrati, e, dall’altro, situazioni abitative del tutto inadeguate per la maggioranza di essi.

Tale disagio si connota soprattutto come fenomeno urbano/metropolitano: è negli interstizi della grande area metropolitana che da Caserta giunge fino a Salerno passando per Napoli, che il fenomeno raggiunge la maggiore intensità, con situazioni di disagio estremo e punte acute di degrado sociale ed abitativo. E’comunque la città di Napoli che segnala la situazione più problematica: occupazione abusiva di palazzi, edifici pericolanti, edifici industriali abbandonati, costruzione di baracche in “terre di nessuno”, sotto cavalcavia di autostrade o ai margini delle grandi arterie di comunicazione. Il disagio si riscontra comunque anche nelle aree rurali, sebbene la situazione abitativa appaia differente da quella dei contesti urbani per una maggiore disponibilità di spazi ed un numero superiore di immobili disponibili che, per quanto malconci, offrono una situazione migliore

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rispetto a quella di chi vive nelle baracche o sotto i ponti. E’ il caso dell’agro nocerino/sarnese, dell’agro aversano e del litorale Domiziano, nei quali l’occupazione delle seconde case da parte degli immigrati determina una situazione di grave tensione sociale.

Nel complesso, oltre la metà degli immigrati non dispone di un appartamento ma è costretto a condividere una stanza, accontentandosi molto spesso di un semplice posto letto oppure di vivere nella stessa abitazione del datore di lavoro. Secondo i dati di una ricerca del Ministero del Lavoro e degli Affari sociali “ Sotto la soglia” sarebbero in Campania oltre 90.000 gli immigrati che vivono in sistemazioni diverse da un appartamento. Si tratta di una cifra preoccupante, pari alla popolazione di una città di medie dimensioni”32.