• Non ci sono risultati.

Questa lettura su base sostanziale della legittimazione della Corte consente di allontanarsi dall’ambito processuale. In questo modo non servirà cercare a tutti i costi di rinchiudere il processo costituzionale nei rigidi schemi riservati alla regolamentazione dell’attività giudiziaria e sarà possibile riconoscere la

341 Mazziotti di Celso M., Il procedimento e la decisione sui conflitti di attribuzione, op. cit., 1857 e

1861.

342 In questo senso cfr. Cheli E., Il giudice delle leggi, 1999, 16. L’A. sostiene che l’opinione pubblica

che accetta una norma costituzionale come regola fondamentale non può non sostenere anche l’azione dell’organo che tale norma è chiamato a rendere viva e operante, almeno fino a quando tale azione si presenti in sintonia con l’idea di costituzione che la collettività avverte come necessaria ai fini della stabilità istituzionale.

145 discrezionalità tipica della Corte costituzionale anche nell’applicazione delle regole processuali343.

Se in linea generale è vero che l’ordinamento mira a garantire l’imparzialità del giudice e la certezza del diritto attraverso l’individuazione di limiti molto rigorosi al seppur possibile margine di discrezionalità, il quale rappresenta, o dovrebbe rappresentare una eccezione rispetto alla regola generale dell’attività vincolata del giudice, è possibile individuare tale margine di discrezionalità anche nell’utilizzo degli strumenti processuali, ovvero è possibile evidenziare un uso in “chiave politica” di questi strumenti da parte del giudice344.

A titolo di esempio, il giudice potrà differire la decisione (ad esempio attraverso un mero ritardo nella fissazione delle cause o attraverso l’emanazione di decisioni interlocutorie o di sospensione); potrà adottare una pronuncia in rito anziché in merito; oppure potrà manipolare un precedente (fino ad ignorarlo o superarlo).

Oltre a tali opzioni generalmente applicabili, una maggiore discrezionalità è insita nell’attività del giudice costituzionale345 in considerazione, in primo luogo, del parametro: le disposizioni costituzionali sono caratterizzate da una maggiore genericità o elasticità; in secondo luogo, dell’oggetto del giudizio, consistente, di solito, in atti del potere politico; infine, in terzo luogo, dei destinatari della decisione, la quale si indirizza agli altri soggetti politici, agli altri organi accanto ai quali la Corte si colloca e che saranno portati a interpretare a loro volta, in senso politico, la decisione. Quest’ultima, infatti, finirà per preoccuparsi delle reazioni di tali soggetti;

343 Sul tema del diritto processuale costituzionale cfr. Romboli R., La Corte costituzionale e il suo

processo, in Foro it., 1995, I, 1090 ss.; Id, Significati e valore delle disposizioni regolanti il processo davanti alla Corte costituzionale nei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale, in Quad. dell’Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, 2/2002, 41 ss; Cerri A., Corte e processo costituzionale, in Foro it., 2006, V, 310 ss; Ruggeri A., Alla ricerca dell’identità del “diritto processuale costituzionale”, Relazione al Seminario su Sistemi e modelli di giustizia costituzionale,

Bologna 31 marzo 2009, in Forum quad. Cost; Angiolini V., La Corte senza il “processo”, o il

“processo” costituzionale senza processualisti? e Carrozza P., Il processo costituzionale come processo, entrambi in Romboli R. (a cura di), La giustizia costituzionale a una svolta, Torino, 1991.

344 Cfr Sorrentino F., Strumenti tecnici e indirizzi politici nella giurisprudenza della Corte

costituzionale, in Scritti su la giustizia costituzionale in onore di Vezio Crisafulli, I, 795 e ss. L’A.

propone un metodo di studio della giurisprudenza della Corte volto ad individuare gli strumenti tecnici attraverso i quali ha svolto il suo ruolo politico. Procede quindi a una ricognizione di tali strumenti per dare una provvisoria valutazione circa la loro flessibilità e funzionalità rispetto a determinate scelte politiche.

345 In questo senso il recentissimo editoriale di Spadaro A., Sulla intrinseca “politicità” delle decisioni

“giudiziarie” dei tribunali costituzionali contemporanei, in federalismi.it, 8 marzo 2017. Ad avviso

dell’A. la parziale autogestione delle “norme processuali”, direttamente da parte della Corte, è già un indice significativo del tasso di politicità delle sue decisioni.

146 la Corte, come si diceva sopra, è a sua volta influenzata dall’agire degli altri poteri, e non ignora neanche le posizioni assunte dall’opinione pubblica346.

Tale discrezionalità non può che essere accentuata nei confitti di attribuzione, laddove la Corte si trova a dover ricomporre fratture che, molto spesso, si collocano proprio al livello dei rapporti politici.

Di nuotare nel mare della politica è consapevole lo stesso giudice costituzionale, sebbene faccia di tutto per tirarsi fuori, almeno in apparenza, dichiarando di non entrare nel merito delle decisioni politiche. Sembra tuttavia difficile escludere che una decisione come quella in tema di sfiducia individuale sia totalmente fuori dai ranghi della politica, eppure la Corte ha, in quell’occasione, specificato di non poter andare a sindacare le valutazioni che hanno spinto il Senato ad adottare tale atto di indirizzo perché “espressione della politicità dei giudizi a quest'ultimo spettanti”347.

Allo stesso modo nel caso del segreto di Stato (sent. n. 109 del 2006 sul caso “Abu Omar”) la Corte ha ricordato che spetta al Parlamento il sindacato sulle modalità di esercizio del potere di segretazione proprio perché quella parlamentare rappresenta «la sede normale di controllo nel merito delle più alte e più gravi decisioni dell’Esecutivo348».

In questo caso è la stessa novella349 legislativa a riservare un ruolo alla Corte, prevedendo addirittura che ad essa non possa essere opposto il segreto. Tuttavia quest’ultima ha costantemente ritenuto di poter valutare solo la sussistenza o insussistenza dei presupposti per l’opposizione e conferma del segreto, e non di poter esprimere una valutazione di merito sulle ragioni e sul concreto atteggiarsi della

346 Una dimostrazione della “pressione” esterna vissuta dalla Corte è, ad avviso di chi scrive,

l’istituzionalizzazione della prassi dei comunicati stampa che precedono il deposito delle sentenze di particolare interesse pubblico. Sull’opportunità di tale prassi e le sue conseguenze Cfr. Celotto A., I

«comunicati stampa» aiutano o danneggiano la motivazione delle decisioni?, in Giur. Cost., 5/2009,

3728.

347 Corte cost., sent. n. 7 del 1996, cons. dir. par. 10: “L'atto oggetto del ricorso contiene valutazioni del

Senato che, proprio perché espressione della politicità dei giudizi a quest'ultimo spettanti, si

sottraggono, in questa sede, a qualsiasi controllo attinente al profilo teleologico” e cons. dir. par. 11

“Il controllo del Parlamento, proprio perché politico, non incontra dunque limiti, investendo l'esercizio di tutte le competenze del ministro, considerato che lo stesso è, ad un tempo, organo politico e vertice del dicastero, e che il suo compito è quello di raccordare l'ambito delle scelte politiche con i tempi e i modi di attuazione delle stesse da parte dell'amministrazione”.

348 Corte cost., sent. n. 106 del 2009, cons. dir. par. 12.4 «è dinanzi alla rappresentanza del popolo, cui

appartiene quella sovranità che potrebbe essere intaccata (art. 1, secondo comma, della Costituzione), che il Governo deve giustificare il suo comportamento ed è la rappresentanza popolare che può adottare le misure più idonee per garantire la sicurezza».

147 sequenza rappresentata dall’apposizione/opposizione/conferma del segreto stesso; giudizio quest’ultimo riservato, come si è precisato, in sede politica, al Parlamento. Anche in questo caso, la “scusa” della politicità della valutazione serve come foglia di fico alla Corte per camuffare in realtà una decisione assolutamente politica in cui fa un bilanciamento tra i diritti fondamentali lesi e la sicurezza dello stato350.

Il motivo di tale atteggiamento di self-restraint potrebbe risiedere o, da un lato, nella discrezionalità del giudice costituzionale di decidere di non affrontare nel merito una questione a suo avviso spinosa o, dall’altro lato, nella salvaguardia delle rispettive competenze, come delineate dalla Costituzione, a cui la stessa Corte è preposta. In questo senso, l’autolimitazione delle proprie competenze avvalora il posizionamento della Corte accanto agli altri organi costituzionali di volta in volta coinvolti nei conflitti, infatti nella sua operazione di ridefinizione delle altrui competenze si ritrova a delimitare anche le proprie. Operando in questo modo, la Corte ribadisce l’esistenza, e dona vitalità, all’ordine costituzionale delle competenze. I poteri e il giudice costituzionale operano, nel rispetto della Costituzione, uno accanto all’altro ed è nella dialettica tra questi che il sistema politico-istituzionale assiste al prodursi della propria complessiva legittimazione351.

Questo non significa negare che le decisioni della Corte si muovano sul crinale della politica, è inevitabile che sia così, proprio per la sua collocazione, né al di sopra, né al di sotto della politica ma accanto ad essa. Tuttavia, è stato osservato352 come la mera affermazione del “non poter entrare nel merito e compiere giudizi politici” possa servire a salvaguardare, in termini di visibilità, la credibilità della Corte, perché si autorappresenta così diversa dagli altri poteri e lontana da comportamenti politici. E’ ancora necessario che la Corte cerchi la propria legittimazione in questo modo? Sono passati circa 60 anni dall’inizio della sua attività e a chi scrive sembra che la Corte sia entrata, negli ultimi anni, nel campo in cui finora avevano giocato solo Parlamento e Governo. Un esempio su tutti è la sentenza n. 1 del 2014353 con cui la

350 Sul bilanciamento di tali diritti si tornerà più avanti.

351 Mezzanotte C., Corte costituzionale e legittimazione politica, Roma, 1984. 352 Niccolai S., Il conflitto di attribuzione e la politica, in Giur. Cost. 1996, 74 e ss.

353 Nel merito la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del testo

unico per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, e dell’art. 17, commi 2 e 4, del testo unico per l’elezione del Senato della Repubblica, approvato con decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, che prevedono i premi di maggioranza, e degli artt. 4, comma 2, e 59 del testo unico n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del testo unico n. 533 del 1993, nella

148 Corte ha fatto luce su una delle storiche “zone d’ombra” 354 del giudizio di costituzionalità andando a sindacare la legittimità della legge elettorale. Come è noto in quella sentenza la Corte ha superato alcuni “ostacoli” processuali355 per intervenire in un settore in cui il Parlamento appariva totalmente bloccato, seppure da più parti fosse emersa l’urgenza di una modifica, anche a fronte del nuovo assetto dei partiti, il quale, come evidenziato dall’ultima tornata elettorale, si era “evoluto” da un bipolarismo ad un tripolarismo356. Orbene, in quella occasione, la Corte non si è fatta troppe remore ad accogliere la questione e a deciderla dichiarando l’incostituzionalità di parte della legge elettorale Calderoli e disciplinando anche gli effetti nel tempo della sentenza per evitare la delegittimazione del Parlamento in carica.

Il superamento degli ostacoli e la volontà di pronunciarsi in un ambito ad alto tasso di politicità poggia esclusivamente sull’inattività del Parlamento357, di conseguenza la

parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati alle elezioni per le due Camere.

Sul tema sono molti i contributi della dottrina, si richiama qui a titolo esemplificativo il Dibattito sulla

sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 dichiarativa dell'incostituzionalità di talune disposizioni della L. n. 270 del 2005, in Giur.cost. 2014, n. 1, 629-714.

354 In argomento, per tutti, R. Balduzzi, P. Costanzo (a cura di) Le zone d’ombra della giustizia

costituzionale. I giudizi sulle leggi, Torino 2007. Con specifico riguardo alla pronunzia sulla legge

elettorale, tra gli altri, sul punto Bin R., “Zone franche” e legittimazione della Corte, in www.forumcostituzionale.it, 5 maggio 2014; Olivito E., Fictio litis e sindacato di costituzionalità della

legge elettorale. Può una finzione processuale aprire un varco nelle zone d’ombra della giustizia costituzionale? in www.costituzionalismo.it, 2/2013.

355 Sul punto cfr. tra gli altri: Anzon Demmig A., Accesso al giudizio di costituzionalità e intervento

“creativo” della Corte costituzionale, in Rivista AIC, 2/2014; Ghera F., La sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale: profili processuali e “sostanziali”, in dirittifondamentali.it, del 28 maggio 2014;

Carnevale P., La Corte vince, ma non (sempre) convince. Riflessioni intorno ad alcuni profili della

“storica” sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, in Nomos, 2013, fasc. 3, su www.nomos-

leattualitaneldiritto.it; Serges G., Spunti di giustizia costituzionale a margine della declaratoria di

illegittimità della legge elettorale, in Rivista AIC, 1/2014; Polese M., L’eccezione e la regola: considerazioni sulla giurisprudenza costituzionale in tema di ammissibilità della questione a partire dalla sentenza n 1/2014, in Rivista AIC, 3/2016.

356 Parla di un sistema formato “a tre poli e mezzo” Cotta M., Verzichelli L., Il sistema politico italiano,

Bologna, 2016, 109.

357 Sull’immobilismo del Parlamento cfr. Anzon A., “Un tentativo coraggioso ma improprio per far

valere l’incostituzionalità della legge per le elezioni politiche” (e per coprire una “zona franca” del giudizio di costituzionalità), in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 3/2013, 12 luglio 2013.

149 Corte si è trovata costretta358 a dover intervenire in supplenza359 del legislatore per dare seguito al diffuso malcontento che da anni aveva generato l’allora vigente legge elettorale.

Ci troviamo, quindi, davanti ad una Corte che presta attenzione alle voci provenienti dalla società e opera per stimolare l’intervento del legislatore.

Questa ingerenza del giudice delle leggi nelle materie un tempo di esclusivo appannaggio degli attori politici è il frutto probabilmente di una stabilizzazione del ruolo e della legittimazione della Corte, il che va di pari passo con il periodo di forte crisi delle istituzioni che il nostro paese sta attraversando.

Naturale conseguenza della crisi politica è, infatti, il rafforzamento degli organi di garanzia. In tal senso, per restare nell’ambito della legislazione elettorale, non possono non richiamarsi le ultime vicende che hanno visto la classe politica, in un nuovo impasse (a seguito dell’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016), rimettere tutto nelle mani della Corte ed attendere religiosamente la decisione sull’Italicum360.

358 “La Corte ha deciso perché ha ritenuto che la situazione qual era non avrebbe più potuto essere oltre

modo tollerata”. In questi termini Ruggeri A., Gli “effetti politici” delle sentenze della Corte

costituzionale emesse in occasione dei giudizi sulle leggi, in Consulta on line, 2014. L’A. evidenzia che

la Corte ha dovuto decidere per far fronte a uno stato di crisi non altrimenti superabile. “La sent. n. 1 del 2014 si pone, dunque, quale una delle più emblematiche (forse, proprio la più emblematica di tutte) testimonianza di come le perduranti e non più tollerabili carenze della legislazione possano determinare reazioni vistose, forse persino eccessive da parte della Consulta (…) La Corte non si è, infatti, limitata a stimolare le forze politiche (e gli organi per il cui tramite esse fanno sentire la loro voce) a fare la riforma ma l’ha fatta essa stessa (…)”. Lo stesso autore, in riferimento alla recentissima sentenza sull’Italicum ha osservato che la Corte aveva il dovere di entrare a tutti i costi nel merito e correggere il dettato legislativo, anche sacrificando le regole processuali. Cfr. Ruggeri A, La Corte alla sofferta

ricerca di un accettabile equilibrio tra le ragioni della rappresentanza e quelle della governabilità: un’autentica quadratura del cerchio, riuscita però solo a metà, nella pronunzia sull’Italicum, in Forum quaderni cost., 25 febbraio 2017.

359 Sulla necessità di supplire alle carenze degli organi di indirizzo politico cfr. il recentissimo Spadaro

A., Sulla intrinseca “politicità” delle decisioni “giudiziarie” dei tribunali costituzionali

contemporanei, op. cit., 8.

360 Mentre si scrive è stata pubblicata la motivazione della sentenza n. 35 del 2017 per i primi commenti

si veda Ruggeri A, La Corte alla sofferta ricerca di un accettabile equilibrio tra le ragioni della

rappresentanza e quelle della governabilità: un’autentica quadratura del cerchio, riuscita però solo a metà, nella pronunzia sull’Italicum, op. cit.; Bin R, La Corte ha spiegato, nulla è cambiato, Mangia

A., L’azione di accertamento come surrogato del ricorso diretto e Ferrari F., Perché la Corte non

avrebbe dovuto giudicare nel merito l’Italicum, in www.laCostituzione.info, rispettivamente, 10, 15 e

18 febbraio 2017; Ceccanti S., I sistemi elettorali per le elezioni politiche dopo la 35/2017: una sentenza

figlia del referendum, ma per il resto deludente per i proporzionalisti, in www.federalismi.it, 4/2017,

15 febbraio 2017; Dickmann R., La Corte costituzionale trasforma l’Italicum in sistema elettorale

maggioritario 'eventuale' ma lascia al legislatore l'onere di definire una legislazione elettorale omogenea per le due Camere, in federalismi.it, 15 febbraio 2017; Morrone A., Dopo la decisione sull’Italicum: il maggioritario è salvo, e la proporzionale non un obbligo costituzionale, in Forum di Quaderni Cost., 13 febbraio 2017.

150 Il ruolo “politico” del giudice costituzionale è stato caratterizzato da una tendenziale ascesa originata dalla crisi dei partiti dei primi anni ’90361, la quale non ha mai visto una fine, anzi, ha portato alla progressiva dissoluzione del tradizionale sistema dei partiti e a una più che mai accesa sfiducia nelle istituzioni.

Sicuramente la Corte non è stata immune, negli anni, da attacchi e da accuse di una eccessiva politicizzazione, ma si può affermare che negli ultimi tempi è riuscita molto più della politica a interpretare le esigenze della collettività e a stare al passo con i tempi362. Questo proprio grazie all’elasticità insita nella naturale “ambiguità” del modello costituzionale, che ha consentito alla Corte di operare con un largo spazio di manovra sia in direzione del potere giudiziario che del potere politico. In questo spazio il giudice costituzionale ha svolto una “politica giurisprudenziale” che ha permesso di trasmettere al potere legislativo le istanze sociali filtrate attraverso il potere giudiziario, e di segnalare alla sfera giurisdizionale gli indirizzi e interessi che si facevano strada nelle dinamiche della sfera politica363.

Questo ruolo di supplenza sarebbe connaturato anche al giudice dei conflitti, nel senso che la Corte, attraverso la distribuzione di competenze effettuata nelle sue decisioni, tende a riconoscere e a stabilizzare le modificazioni dell’ordinamento istituzionale quando il sistema politico non sia in grado di procedere a revisioni dell’assetto costituzionale dei poteri. In questi termini, si potrebbe parlare di una funzione

Per un commento precedente alla decisione cfr. Borrello R., Le aporie costituzionali e quelle pratiche

di un meccanismo elettorale, in /www.nomos-leattualitaneldiritto.it, 3/2016. In particolare l’A.

evidenzia l’opportunità dell’avvenuto rinvio a data da destinarsi dell’udienza per evitare di esporre la Corte a ripercussioni ad immediato impatto sul referendum costituzionale.

361 Sull’evoluzione del ruolo della Corte, tra tutti, cfr Cheli E., Il giudice delle leggi. La Corte

costituzionale nella dinamica dei poteri, 1999, Bologna, 52. Sulla crisi della politica e il protagonismo

delle Corti cfr. Giupponi T.F., Il conflitto tra giustizia e politica. Verso una “democrazia giudiziaria”?, in Forum Quaderni costituzionali, 9 maggio 2016.

362 Solo per citare un caso, si pensi alla giurisprudenza della Corte in tema di fecondazione

medicalmente assistita, volta a “smantellare” l’assetto della legge n. 40 del 2004. Cfr. sentenze nn. 151 del 2009, 162 del 2014, 96 del 2015, 229 del 2015. Fra i tanti cfr. Chinni D., La procreazione

medicalmente assistita tra "detto" e "non detto". Brevi riflessioni sul processo costituzionale alla legge n. 40/2004, in Giur.It., 2/2010, 289; Famiglietti G., Filiazione e procreazione, in www.gruppodipisa.it,

2013; De Francesco D., La diagnosi genetica preimpianto nell'evoluzione giurisprudenziale, in Corr.

Giur., 2016, 1151; M. D'Amico, Corte costituzionale e discrezionalità del legislatore in materia penale,

in www.associazionedeicostituzionalisti.rivista.it, 2016; Casini C., Casini M., Lo Statuto dell'embrione

umano: riflessioni dopo la sentenza costituzionale n. 229 del 2015, in Giur. Cost., 2016, 201; Fattori

G., Il rovesciamento giurisprudenziale delle norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

Interpretazione evolutiva e dilemma contro-maggioritario, in Quad. dir. pol. Eccl., 1/2015.

151 residuale364 della Corte, il cui intervento diviene necessario per l’incapacità di agire dell’organo che sarebbe deputato alla modifica o integrazione del testo costituzionale. Tale ruolo può descrivere sicuramente l’operato della Corte nel periodo dell’espansione dei conflitti di attribuzione (dai primi anni 90 a metà degli anni 2000), in cui il giudice costituzionale attraverso le sue decisioni ha potuto ridisegnare i contorni di molti istituti costituzionali. Ma è ancora attuale?

Pur non potendo parlare di crisi dell’istituto del conflitto di attribuzione tra i poteri devono svolgersi alcune considerazioni sull’attuale fase che tale competenza della Corte sta attraversando.

Documenti correlati