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La Corte costituzionale detta, nelle sue sentenze, le regole di esercizio di una competenza142 al fine di ricomporre le rotture determinate dall’improprio esercizio della stessa.

Come abbiamo visto, uno degli strumenti utilizzati dalla Corte è il principio di leale collaborazione, che è utilizzato come una lente per leggere le disposizioni che regolano le modalità di esercizio di una funzione. Sulla scorta di questo principio, la Corte ha talvolta introdotto oneri e divieti per i poteri parte del giudizio.

In altri casi, la Corte sembra aderire a schemi di comportamento costanti posti in essere dagli altri poteri dello stato. Riconosce, in sostanza, l’esistenza di una prassi e ne valuta l’aderenza ai principi costituzionali. Tale valutazione può avere esito positivo o

la lesione delle sue attribuzioni costituzionali perché riteneva di non poter essere mai oggetto di intercettazione e che, eventuali intercettazioni effettuate, dovessero essere distrutte immediatamente dal giudice senza possibilità di delibazione sulla rilevanza delle stesse in contraddittorio fra le parti. La Corte costituzionale, non trovando nell’ordinamento alcuna norma che disciplinasse le intercettazioni del Presidente della Repubblica, ha proceduto ad interpretare le norme del codice di procedura penale alla “luce della Costituzione”, accogliendo infine il ricorso del Presidente. La decisione ha suscitato grande interesse nell’opinione pubblica e tra “addetti ai lavori”, si rinvia pertanto ai numerosi commenti, fra tutti Cfr.: Modugno F., Una rassegna di dottrina sulla sentenza n. 1 del 2013 della Corte

costituzionale, in Giur. Cost., 5/2013, 3933; Anzon Demmig A., La motivazione del ricorso presidenziale contro la Procura della Repubblica di Palermo: qualche osservazione critica, in

www.forumcostituzionale.it, 2012; Camon A., La decisione del conflitto fra il Capo dello Stato e la

Procura di Palermo: qualche incertezza sul piano tecnico, grande equilibrio su quello politico- istituzionale, in Leg.Pen., 3/2013, 936; Carlassare L., La riservatezza del Presidente fra ragioni del caso e salvaguardia dei principi, in Giur.Cost., 1/2013, 59; Chinni D., Brevi riflessioni sull'intercettazione di conversazioni del Presidente della Repubblica, in www.forumcostituzionale.it,

2012; De Siervo U., Una buona sentenza a tutela della libertà del Presidente della Repubblica, in Giur.Cost., 1/2013, 64; Giupponi T. F., Le intercettazioni casuali del Presidente e le attribuzioni del

Capo dello Stato nell'evoluzione della forma di governo italiana, in Leg.Pen.., 3/2013, 949; Luciani M., La gabbia del Presidente, in Giur. Cost., 1/2013, 513; Romboli R., Il conflitto tra il Capo dello Stato e la Procura di Palermo: le ragioni della Corte costituzionale, in Foro IT., 2/2013, I, 408; Serges G., Per un superamento delle "decisioni rinneganti" in materia di decretazione d'urgenza. Spunti di riflessione a partire dalla più recente giurisprudenza costituzionale, in www.federalismi.it, 2014.

142 Una precisazione terminologica: i termini attribuzione e competenza sono intesi alla stregua della

ricostruzione offerta da Pisaneschi A., I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, op. cit., 317 e segnatamente “l’attribuzione indica solamente la titolarità della funzione, e deve aver grado costituzionale, la competenza invece fa rifermento alle modalità di esercizio della stessa e può avere grado inferiore rispetto alla norma costituzionale”.

48 negativo. Nel primo caso il comportamento si cristallizzerà in una consuetudine costituzionale, come nel caso della più volte citata sentenza n. 7 del 1996 sulla mozione di sfiducia individuale del ministro143, oppure come nel caso dell’insindacabilità parlamentare. In particolare su quest’ultimo filone giurisprudenziale è stato fatto notare144 come il riconoscimento in capo alla Camera del potere di “valutare la condotta addebitata a un proprio membro con l’effetto, qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di inibire in ordine ad essa una difforme pronuncia giudiziale di responsabilità”145 non sia una mera statuizione di principio ma rappresenti l’enunciazione di una regola consolidatasi nella prassi, ovvero di una consuetudine costituzionale che le Camere avevano costantemente applicato anche prima della sentenza n. 1150 del 1988.

Altre volte la valutazione della Corte ha avuto esito negativo per cui la condotta reiterata è stata censurata dalla Consulta, come nel caso della prassi delle c.d. delibere di ministerialità che nella sent. n. 29 del 2014, ha ritenuto illegittime in quanto contrastanti con le norme (e la sua stessa giurisprudenza) in tema di responsabilità ministeriale146.

Qualunque sia la tecnica decisoria o l’iter argomentativo prescelto dalla Corte, la decisione sulla spettanza o meno di un’attribuzione è spesso accompagnata, come si diceva, dalla chiara e precisa indicazione delle modalità di esercizio della competenza su cui verte il giudizio. Molto spesso la Corte arriva ad indicare un vero e proprio procedimento che i poteri sono chiamati a seguire in relazione ad una specifica funzione, come accaduto per l’accertamento della responsabilità ministeriale. La giurisprudenza su questo tema147 ha delineato una scansione delle competenze organizzata secondo regole molto precise individuate dalla stessa Corte, la quale ci è giunta mercè l’interpretazione congiunta di disposizioni di rango costituzionale e leggi ordinarie.

Per questo motivo si procederà ad analizzare tre “vicende” molto differenti tra loro, che investono tutte, in modo diverso, il potere esecutivo. Tale scelta non è frutto del

143 Si rimanda al prossimo capitolo per una più approfondita analisi della sentenza.

144 Perini M., Il seguito e l’efficacia delle decisioni costituzionali nei conflitti fra poteri dello stato, op.

cit., 302 e ss.

145 Corte costituzionale, sent. n. 1150 del 1988, cons. dir. par. 2 146 Anche su questo tema si tornerà nel prossimo capitolo. 147 Che sarà ampiamente illustrata nel prossimo capitolo.

49 caso, ma nasce dalla considerazione delle esigue norme contenute nella Costituzione sul funzionamento del Governo, il che consente di mettere in luce la funzione integrativa della Corte.

Si procederà quindi all’esame della giurisprudenza in tema di segreto di stato, di responsabilità ministeriale e, infine, in tema di mozione di sfiducia individuale del ministro.

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CAPITOLO II

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