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Nel presente lavoro di tesi sono stati valutati gli effetti di due estensioni mandibolari ripetute sui parametri cardiovascolari e sull’emodinamica cerebrale in ratti spontaneamente ipertesi (SHR).

L’ipertensione è una delle malattie più diffuse nei paesi industrializzati e rappresenta uno dei maggiori problemi clinici. Se il paziente non presenta un quadro ipertensivo grave è possibile intervenire introducendo dei cambiamenti nello stile di vita, per riportare i livelli pressori entro i limiti fisiologici. È possibile però, che questo non sia sufficiente. Diventa così opportuno che il paziente iperteso segua anche una terapia farmacologica, che spesso si protrae per tutta la vita. Esiste poi la possibilità che alcune persone sviluppino una forma di ipertensione resistente ai farmaci. Per questo, negli ultimi anni si è iniziato ad utilizzare delle procedure non farmacologiche per ridurre la pressione arteriosa. Tra queste, la stimolazione elettrica del seno carotideo tramite elettrodi impiantati in loco (Heusser et al. 2010), la denervazione dell’arteria renale mediante ablazione trans-catetere con radiofrequenza a bassa energia (Veglio et al., 2013), oppure la riduzione della frequenza respiratoria mediante un sistema di

biofeedback (RESPeRATE) (Sharma et al., 2011) hanno dato buoni risultati, ma

tuttavia, presentano dei limiti: oltre al costo elevato, ad eccezione del sistema RESPeRATE, si tratta di tecniche invasive ed i pazienti devono subire un intervento chirurgico che non sempre viene accettato, quindi sono di difficile applicabilità.

Allo scopo di trovare una procedura in grado di ridurre la pressione arteriosa che superasse tali limiti, è stata introdotta l’estensione mandibolare (EM), che stimola le branche periferiche del nervo trigemino determinando importanti effetti ipotensivi e bradicardici, sia nell’uomo (Brunelli et al., 2012, Del Seppia et al., 2016, 2017 in press) sia nel modello animale del ratto (Lapi et al., 2013, 2014, 2017 in revisione).

Negli ultimi anni, nei nostri laboratori, è stato utilizzato il ratto normoteso e il ratto reso sperimentalmente iperteso, come modello animale per cercare di approfondire gli effetti di questa particolare metodica. In questi animali, è stato possibile anche valutare gli effetti di EM sul microcircolo piale, la cui

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organizzazione presenta numerose similitudini con quella dell’uomo, evidenziando che EM induce, dopo una breve vasocostrizione concomitante con la procedura, una perdurante vasodilatazione, promuovendo un miglioramento nella perfusione cerebrale nell’area parietale, dove proiettano le afferenze trigeminali. Gli studi sono stati estesi anche ad un’altra area cerebrale, l’area frontale, che non è direttamente coinvolta nell’elaborazione degli stimoli veicolati dal trigemino, per valutare se gli effetti sull’emodinamica cerebrale indotti da EM dipendessero solo dall’attivazione neuronale. Anche nell’area frontale la risposta ad EM era simile a quella osservata nell’area parietale dei ratti normotesi, mentre nei ratti resi sperimentalmente ipertesi mancava la vasocostrizione associata alla procedura.

Poiché nell’ipertensione si ha una disregolazione dei meccanismi di controllo della pressione arteriosa che permane elevata e una compromissione strutturale e funzionale del circolo cerebrale che comporta ridotta perfusione, in questa tesi sono stati studiati gli effetti di EM in ratti geneticamente modificati per ottenere animali ipertesi già alla nascita e valutare se EM possa essere una efficace procedura da applicarsi nel controllo dello stato ipertensivo cronico. Sono stati studiati ratti SHR adulti e ratti SHR anziani, allo scopo di evidenziare eventuali differenze negli effetti prodotti da EM a diverso grado di compromissione della circolazione, soprattutto a livello cerebrale, indotta dallo stato ipertensivo.

Il protocollo utilizzato in questo studio, che prevede l’applicazione di due EM ravvicinate, era stato precedentemente applicato a ratti normotesi e resi sperimentalmente ipertesi, evidenziando che gli effetti indotti da una singola EM venivano prolungati impiegando due EM ravvicinate. Ciò suggerisce che la ripetizione di EM possa prolungare e stabilizzare gli effetti bradicardici ed ipotensivi indotti dalla procedura che quindi potrebbe rappresentare un buon ausilio terapeutico nella cura dell’ipertensione.

Negli animali utilizzati sono state registrate in continuo le variazioni della pressione arteriosa media (PAM) e della frequenza cardiaca (FC). Anche nei ratti SHR, come precedentemente nei ratti normotesi e resi sperimentalmente ipertesi, due EM ravvicinate producono un duraturo decremento di PAM, non attribuibile alla somministrazione dell’anestetico, in quanto, l’utilizzo di α-cloralosio non induce effetti ipotensivi (Colantuoni et al., 1984), a differenza di altre tipologie di

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anestetici o analgesici, come le ketamine e gli isofluorani, che si sono dimostrati in grado di interagire con il riflesso trigemino-cardiaco. L’effetto registrato è di entità maggiore rispetto a quanto visto nei ratti normotesi (Lapi et al., in revisione), anche se si instaura in un tempo leggermente più tardivo. Sia nei ratti SHR adulti, sia negli anziani, il decremento calcolato come differenza tra il valore basale di PAM e il valore al nadir dell’effetto è di circa 29 mmHg, rispetto ai 19 mmHg circa nei normotesi, suggerendo che maggiore è il valore di pressione basale, maggiore è l’effetto di EM. Il leggero ritardo nell’effetto ipotensivo nei ratti SHR è possibile ricondurlo alla ridotta responsività dei sistemi di controllo della pressione arteriosa, che in questi animali è compromessa (Saavedra, 2005). Per quanto riguarda FC, nei ratti SHR l’effetto bradicardico, riscontrato nei ratti normotesi (Lapi et al., in revisione), è meno evidente ed è stato rilevato solo nei ratti anziani: i valori di FC sono risultati più variabili, probabilmente perché la significativa riduzione di PAM ha indotto l’attivazione del riflesso barocettivo i cui effetti si sono sommati, contrapponendosi, agli effetti indotti da EM.

Questi dati confermano la particolare efficacia dell’estensione mandibolare nel ridurre la pressione arteriosa anche in condizioni patologiche. Al momento, non sono ancora chiariti i meccanismi attraverso i quali EM produce i suoi effetti ipotensivi e bradicardici. Possiamo supporre che la stimolazione trigeminale operi un controllo sui centri tronco-encefalici, cardioinibitore e vasomotore, che regolano PAM ed FC sui quali agiscono anche i barocettori. La vicinanza anatomica tra i centri di ritrasmissione del nervo trigemino e i centri cardioinibitore e vasomotore, e la mancanza di connessioni dirette al momento conosciute, suggerisce che ci possa essere da parte dei neuroni dei nuclei trigeminali liberazione di sostanze che agendo in modo paracrino siano in grado di modulare l’attività dei centri tronco-encefalici. Ulteriori indagini sono necessarie per chiarire questo punto.

Un aspetto interessante derivato dal presente studio è quello relativo agli effetti che ha EM sull’emodinamica cerebrale.

Il primo passo in questa tesi è stata la caratterizzazione del microcircolo piale nei ratti SHR, necessaria perché mai eseguita in precedenza. La mappatura è stata fatta sia nei ratti adulti, sia negli anziani, nelle regioni cerebrali parietale e frontale.

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Le mappe dei microcircoli ottenute dai ratti SHR mostrano che i networks arteriolari dei ratti adulti presentano soltanto i 3 ordini di vasi più piccoli in entrambe le aree, rispetto ai networks dei ratti normotesi (Lapi et al., 2007) in cui sono presenti rispettivamente 5 e 4 ordini di vasi. Nell’area frontale dei ratti anziani, il network arteriolare è ancora più scarso di arteriole: sono presenti solo i 2 ordini inferiori. Inoltre, sia nei ratti adulti, sia negli anziani, il numero di arteriole è generalmente minore rispetto ai normotesi e la situazione di simmetria nelle ramificazioni è molto diversa. Nei normotesi la maggior simmetria è stata riscontrata nei vasi di ordine più piccolo, mentre nel caso dei ratti SHR, nell’area parietale sia degli adulti sia degli anziani, solo le arteriole di ordine maggiore presentano ramificazioni simmetriche, mentre nell’area frontale si ha addirittura completa asimmetria. Questi dati evidenziano che la condizione di ipertensione determina una notevole rarefazione arteriolare del microcircolo cerebrale e suggeriscono che i vasi presenti siano costretti risultando di minor diametro. Ciò è in accordo con il fatto che lo stato ipertensivo è caratterizzato da un aumento del tono simpatico (Mancia e Grassi, 2014) e da un’iperattivazione del ramo di RAS in cui è coinvolta Ang II (Saavedra, 2005).

La risposta del microcircolo piale ad EM è stata valutata nelle arteriole piali di ordine 2, in termini di variazioni del diametro. Quest’ordine di arteriole ha la caratteristica di emettere vasi collaterali che penetrano nello strato corticale, quindi le variazioni di flusso a carico di queste arteriole determinano variazioni dell’apporto ematico ai sottostanti neuroni. Nonostante la compromissione del

network arteriolare, due EM ravvicinate hanno comunque indotto una risposta

delle arteriole, che non è però bifasica come osservato nei ratti normotesi (Lapi et al., in revisione). Ciò che emerge è, infatti, una mancata vasocostrizione iniziale ed una marcata vasodilatazione che diventa generalmente significativa a partire da EM2. Confrontando i risultati ottenuti nei ratti SHR adulti ed anziani si può notare che a livello parietale la vasodilatazione è presente solo nei ratti adulti; negli anziani è presente una tendenza alla vasodilatazione, che però non raggiunge la significatività statistica rispetto al valore basale, mentre nell’area frontale, in entrambi i gruppi di animali studiati le arteriole si dilatano in modo cospicuo e significativo. Probabilmente il grado di compromissione dei vasi dipende dalle aree cerebrali considerate e sicuramente progredisce con il perdurare della condizione di ipertensione riducendo la loro responsività.

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Un dato interessante è emerso dall’analisi spettrale delle oscillazioni ritmiche delle pareti dei vasi. L’applicazione di due EM determina una riattivazione dell’endotelio vasale: infatti, nelle registrazioni ottenute dopo EM si è osservato un aumento delle componenti endoteliali, in particolare della componente NO-dipendente, confermando che la vasodilatazione associata alla procedura di EM dipende da un aumentato rilascio di NO da parte delle cellule endoteliali.

Nel loro insieme, i dati ottenuti sul microcircolo piale evidenziano effetti di EM generalizzati, che si estendono anche in aree non direttamente coinvolte nell’elaborazione delle afferenze trigeminali, quali l’area frontale. Questo fa ipotizzare che EM moduli meccanismi fisiologici sistemici implicati nel controllo dei parametri emodinamici. Tra questi meccanismi, il sistema renina-angiotensina (RAS), che comprende vari enzimi e peptidi, svolge un ruolo importante nella regolazione della pressione arteriosa, della volemia e del flusso ematico cerebrale. Originariamente, Ang II era considerata come il principale effettore di tale sistema, tuttavia, recentemente, è stato scoperto un nuovo ramo di RAS che vede il coinvolgimento di un altro peptide, Ang (1-7), definito “ramo protettivo” perché gli effetti da esso mediati risultano particolarmente positivi in condizioni patologiche. Tutti i componenti di RAS sono presenti anche a livello cerebrale e

Ang II svolge varie funzioni nel cervello, inclusa la regolazione del flusso ematico cerebrale, in particolare mediante stimolazione dei recettori AT1R. Questi sono i recettori che mediano la maggior parte degli effetti pato-fisiologici conosciuti di Ang II, che può legarsi anche al recettore AT2R, che media effetti opposti a quelli indotti dall’attivazione di AT1R, incluso un effetto vasodilatatore. Ang (1-7), di cui Ang II può essere precursore, a sua volta, attivando il recettore MAS1, ha effetti contrari ad Ang II, quando questa si lega ad AT1R. Ang (1-7) ha importanti effetti positivi, riscontrati anche a livello cerebrale, dove sembra avere un ruolo neuroprotettivo nei confronti di eventi ischemici (Zhang et al., 2008).

Inoltre, negli ultimi anni, i risultati di alcuni studi continuano a supportare l’ipotesi che la diminuita espressione o attività dei componenti dell’asse ACE2/Ang(1-7)/MAS1, ed in particolare di Ang (1-7), renda il sistema cardiovascolare maggiormente suscettibile all’azione patologica di Ang II (Ferrario, 2011).

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In questa tesi è stata valutata l’espressione dei geni codificanti per AT1R, AT2R, ACE, MAS1 ed ACE2 in campioni di tessuto cerebrale contenenti le aree parietale o frontale dei ratti SHR adulti sottoposti a due EM ravvicinate e dei ratti SHR adulti SO. Nell’area frontale, i livelli di espressione dei geni per AT1R e AT2R non sono risultati significativamente diversi nei ratti sottoposti ad EM rispetto ai ratti SO. E’ interessante notare che, a differenza dell’area parietale, in questa regione anche l’espressione del gene per ACE resta invariato, mentre l’espressione dei geni per MAS1 e ACE2 è risultata significativamente maggiore nei ratti sottoposti a due EM ravvicinate rispetto ai ratti SO. Questi dati suggeriscono che EM oltre a determinare abbassamento di PAM e conseguente aumento di produzione di Ang I, attivi l’asse ACE2/Ang(1-7)/MAS1 piuttosto che l’asse ACE/AngII/AT1R portando ad uno sbilanciamento del sistema RAS verso il cosiddetto “ramo protettivo”, che in questo caso non vede il coinvolgimento di AT2R. Questa ipotesi è supportata anche dai dati ottenuti dall’analisi proteica. Infatti, i livelli proteici di AT1R e AT2R sono risultati significativamente minori dopo EM ravvicinate rispetto ai livelli espressi nei ratti SHR SO, e nei ratti SHR sottoposti a EM ripetute i livelli proteici di MAS1 erano significativamente maggiori rispetto ai livelli di AT1R. È probabile che attraverso un meccanismo di controllo post-trascrizionale AT1R e AT2R si riducano dopo EM in conseguenza ad una minore disponibilità di Ang II, che si converte in Ang (1-7) per attivazione della via protettiva. I livelli proteici di MAS1, invece, non si discostano significativamente dai livelli osservati negli SO ed il recettore resta disponibile all’azione protettiva di Ang (1-7).

Nell’area parietale, confrontando i livelli di espressione dei vari geni nei due gruppi di ratti, emerge che EM non determina variazioni significative dell’espressione dei geni per AT1R e AT2R, mentre incrementa notevolmente i livelli di espressione del gene per ACE. Questo potrebbe indicare che l’abbassamento di PAM causato da EM producendo un incremento di Ang I porti alla stimolazione dell’espressione di ACE, per convertirla in Ang II. Il significativamente minore livello di espressione del gene per MAS1 nei ratti sottoposti ad EM rispetto ai ratti SO suggerisce che al tempo in cui sono stati estratti i campioni di tessuto cerebrale utilizzati, Ang II non fosse ancora disponibile per la sua conversione in Ang (1-7). Una carenza di Ang (1-7) è anche suggerita dal fatto che l’espressione di ACE2 non è differente nei due gruppi di

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animali considerati. I dati ottenuti con l’analisi proteica mostrano che anche i livelli proteici di AT1R e AT2R non sono influenzati da EM ripetute, mentre i livelli di MAS1 sono risultati significativamente minori nei ratti SHR sottoposti ad EM ripetute rispetto ai ratti SHR SO.

Considerando i dati di espressione nei ratti SHR SO si può ipotizzare un diverso coinvolgimento dei rami di RAS nelle due aree studiate. In questi ratti nell’area parietale è stata valutata una maggiore espressione del gene per MAS1 rispetto al gene codificante per AT1R, indicando una maggiore attivazione del ramo protettivo di RAS che probabilmente tende a contrastare la vasocostrizione che caratterizza lo stato ipertensivo. Nell’area frontale, sembra verificarsi una situazione opposta con i livelli di espressione del gene per MAS1 significativamente minori di quelli del gene per AT1R, suggerendo che in quest’area la tendenza alla vasocostrizione dei vasi sia maggiore. Questi dati potrebbero spiegare quanto osservato in Figura 4.5, dove si evidenzia come la vasodilatazione indotta da EM sia di entità maggiore nell’area parietale (meno vasocostretta basalmente) rispetto all’area frontale (più vasocostretta basalmente).

L’analisi biologico-molecolare da noi condotta suggerisce che EM ripetute attivino gli elementi di RAS coinvolti nella funzione protettiva, lasciando invariati i livelli delle componenti della via classica di RAS, in particolare nell’area frontale. Quest’ultima, particolarmente attivata nello stato ipertensivo, verrebbe quindi controbilanciata dall’attivazione della via protettiva scatenata da EM. In questo modo EM, contrasterebbe gli effetti che caratterizzano lo stato ipertensivo. Le due vie di RAS che abbiamo studiato sono funzionalmente collegate e, a seconda delle condizioni, una viene favorita rispetto all’altra. Diverse evidenze suggeriscono che l’equilibrio dinamico tra l’attivazione dell’asse ACE/AngII/AT1R e dell’asse ACE2/Ang(1-7)/MAS1 riveste un ruolo fondamentale nell’omeostasi di diversi organi e sistemi (Passos-Silva et al., 2013).

Dall’insieme dei dati ottenuti con il presente studio emerge che EM ripetute possono configurarsi come una procedura in grado di contrastare le condizioni patologiche associate all’ipertensione: i. abbassa la pressione arteriosa, particolarmente quando questa raggiunge regimi elevati; ii. determina vasodilatazione, anche quando i vasi sono fortemente vasocostretti come accade nell’ipertensione per iperattivazione del tono simpatico; iii. determina attivazione dei componenti dell’asse ACE2/Ang(1-7)/MAS1 di RAS, controbilanciando

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l’eccessiva attivazione della via ACE/AngII/AT1R anch’essa responsabile della forte vasocostrizione associata alla condizione di ipertensione. Essendo EM una procedura di facile applicabilità, potrebbe essere utilizzata come ausilio nella terapia antiipertensiva. Studi futuri sono indirizzati a saggiare gli effetti di questa procedura in pazienti ipertesi. Alcuni esperimenti pilota effettuati in clinica incoraggiano a procedere in questa direzione.

Data la potenziale applicabilità di questa procedura alla clinica, sarà utile approfondire ulteriormente, nel modello animale, alcuni aspetti relativi ai meccanismi con cui EM induce i suoi effetti: innanzitutto sarà utile osservare dopo quanto tempo revertono gli effetti indotti da due EM ripetute, poiché al momento i dati disponibili si fermano ad un follow up di 240 minuti, al termine dei quali non si ha ancora il recupero degli effetti; sarà interessante valutare attraverso quale meccanismo EM interferisce con il sistema simpatico; sarà utile misurare i livelli di Ang II e condurre le analisi biologico-molecolari descritte in questa tesi a diversi tempi rispetto all’applicazione di EM.

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