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4-189

Presidente. - L'ordine del giorno reca la discussione su problemi di attualità, urgenti e di notevole rilevanza.

4-190

Problema informatico dell’anno 2000: settori nucleari civile e militare

4-191

Presidente. - L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta, quattro proposte di risoluzione sul problema informatico dell’anno 2000: settori nucleari civile e militare:

- B5-0268/1999, presentata dalla onorevole Plooij-van Gorsel a nome del gruppo ELDR, sul problema informatico dell’anno 2000 e le possibili conseguenze su scala europea;

- B5-0268/1999, presentata dalla onorevole Theorin a nome del gruppo PSE, sul problema informatico dell’anno 2000 e il disattivamento dello stato di allerta di tutte le forze nucleari (B5-0276/1999);

- B5-0268/1999, presentata dalle onorevoli Hautala, Lucas e altri a nome del gruppo Verts/ALE, sul problema informatico dell’anno 2000 e le possibili conseguenze su scala europea (B5-0292/1999);

- B5-0303/1999, presentata dagli onorevoli Chichester, Morillon e altri a nome del gruppo PPE-DE, sul problema informatico dell’anno 2000 e i possibili effetti.

4-192

Plooij-van Gorsel (ELDR). – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, 43 giorni ci separano dal 1° gennaio 2000, una data che molti attendono con ansia. Tuttavia, affinché si possa celebrare l’inizio del nuovo secolo in tutta tranquillità, è più che mai necessaria un’azione europea mirata nei settori nucleari civile e militare.

Nell’Unione europea e negli Stati Uniti i problemi sono stati riconosciuti per tempo. Non si può dire lo stesso dell’Europa centro-orientale. Il compito di affrontare il problema informatico dell’anno 2000 spetta, in prima istanza, all’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Questo organismo delle Nazioni Unite è la sede più indicata per trattare della problematica nucleare sul piano mondiale. L’AIEA, tuttavia, ha dichiarato di non disporre di risorse da destinare alla soluzione dei problemi dell’Europa centrale e orientale. Ci si chiede se tali paesi stiano investendo fondi sufficienti per risolvere il problema dell’anno 2000. Soprattutto la Russia è sull’orlo della bancarotta.

Già in precedenza quest’anno il Parlamento ha rivolto all’allora Commissario Van den Broek diversi quesiti circa il ruolo dell’Unione europea nel far fronte a questo problema transnazionale. Il Commissario ha risposto che l’AIEA stava inventariando i problemi previsti. Vorrei ora porre al Commissario tre domande.

Innanzi tutto, la Commissione dispone dei risultati dell’inventario? In caso di risposta affermativa, vorrei pregare il Commissario di riassumerceli. In secondo luogo, la Commissione ha avviato una consultazione con i governi dell’Europa centrale e orientale? Quali azioni concrete sono state concertate? In terzo luogo, qual è l’ammontare dei costi che l’Unione europea dovrà sostenere? La ringrazio per le risposte che ci vorrà dare.

4-193

Theorin (PSE). – (SV) Signor Presidente, le armi atomiche sono le armi della guerra fredda; eppure, nonostante essa sia finita, esistono ancora. Ce ne sono a migliaia su aeroplani, navi e depositi terrestri, pronte ad un impiego immediato, nonostante non vi sia alcuna minaccia di un attacco nucleare. Mantenere le armi atomiche pronte per essere usate è pericolosissimo, soprattutto perché rischiano di essere utilizzate per errore. In più occasioni, è mancato poco a che ciò accadesse. Non più tardi del 1995, per esempio, i russi hanno scambiato per errore un razzo sonda norvegese per un missile americano e hanno posto in pieno assetto da attacco il loro arsenale. Eltsin è stato buttato già dal letto in piena notte, ma grazie al cielo l'errore è stato scoperto prima che egli decidesse di autorizzare il contrattacco nucleare.

Il rischio di una guerra nucleare scatenata per errore ha rappresentato una delle ragioni per le quali la Commissione di Canberra ha avanzato la proposta di ritirare subito tutte le armi nucleari dalla disponibilità immediata all'attacco. Questa tesi è stata sostenuta persino dal generale statunitense Lee Butler, che per molti anni ha avuto letteralmente il dito sul grilletto di quelle armi. Ben sapeva quanto il mondo fosse stato vicino a una guerra nucleare scatenata per errore.

La seconda richiesta che abbiamo avanzato per ridurre il rischio di un conflitto nucleare era che tutte le armi atomiche venissero separate dal rispettivo vettore, in modo da lasciare un margine di tempo sufficiente per una valutazione politica degna di questo nome. Si tratta di due richieste che dovrebbero essere soddisfatte quanto prima. Infatti, un errore informatico nei sistemi che disciplinano gli arsenali atomici in occasione del passaggio al nuovo millennio rischia di scatenare un conflitto nucleare. I sistemi d'allerta, che consistono in una complessa rete di satelliti, rilevatori a raggi infrarossi e radar orizzontali, fanno affidamento sulla rete di distribuzione dell'energia elettrica. Nonostante il Pentagono abbia effettuato controlli incrociati su milioni di componenti informatici, la piena sicurezza non può essere garantita; né può esserlo in Russia. A causa delle gravissime carenze nel suo sistema di allerta, per tre ore al giorno la Russia non è in grado di rilevare i missili intercontinentali americani.

Anche l'energia nucleare si affida alla rete di distribuzione dell'elettricità per mantenere in circolo l'acqua utilizzata per il raffreddamento del nucleo radioattivo e del combustibile nucleare usato. Se una parte della rete di protezione dovesse risultare esclusa per un errore informatico, vi sarebbe il rischio che in sole due ore si verificasse la fusione del nucleo d'uranio del peso di circa 100 tonnellate presente nel reattore, a meno che non entrino in funzione i due generatori di scorta, alimentati a gasolio. Purtroppo, questi generatori di scorta sono affidabili soltanto all'85 percento.

E' quindi indispensabile che le potenze nucleari di tutto il mondo tolgano le loro armi atomiche dallo stato di immediata disponibilità all'attacco e separino le testate nucleari dai vettori, almeno in occasione del cambiamento di millennio. La Gran Bretagna ha già preso una decisione in tal senso. Anche le centrali nucleari vanno temporaneamente chiuse se non dispongono di meccanismi di protezione in vista dell’anno 2000. E' questo l'oggetto della risoluzione. Peraltro, la decisione di togliere le armi nucleari dallo stato di immediata disponibilità all'uso e di separare le testate dai vettori, potrebbe rappresentare l'inizio di un vero disarmo nucleare.

4-194

Schroeder, Ilka (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole alla presente proposta di compromesso concernente il problema dell’anno 2000. Purtroppo, la risoluzione non è sufficiente per affrontare tutti gli aspetti importanti di questo argomento. Per questo motivo, vorrei menzionare tre punti di grande importanza.

Il governo del Giappone ha esortato la popolazione ad acquistare scorte. Questo sta a dimostrare che il rischio insito nel problema del baco del millennio non è calcolabile; ciò vale anche per l'Europa. Ritengo che urga dare istruzioni su come comportarsi e discutere di quello che potrebbe accadere.

Secondo: qual è la risposta dell'Unione europea ai disperati appelli di aiuto lanciati il 21 ottobre di quest'anno da 27 stati africani che chiedono interventi da parte dei paesi industrializzati per affrontare il problema Y2K.

Terzo: ma qual è l'origine di questo problema? La considerazione non vale per l'Africa soltanto, bensì anche per altri paesi appartenenti a due terzi del mondo. In tutte le diagnosi e discussioni relative a questo tema, i paesi in via di sviluppo non hanno nessuna funzione. Però, sono proprio loro ad essere i più colpiti dal cambiamento di data, in quanto i ricchi paesi del Nord hanno messo a loro disposizione sistemi informatici obsoleti, non compatibili con l'anno 2000. La conseguenza di tutto ciò è che l'approvvigionamento di generi alimentari non verrà assicurato e che la stabilità interna di molti paesi sarà in pericolo.

A 43 giorni dal nuovo millennio, siamo ancora molto distanti dal trovare una soluzione del problema. Qui emergono anche con chiarezza i lati d'ombra del cosiddetto villaggio informatico globale. Si danno via i computer vecchi, e con essi vengono scaricate anche le responsabilità. Mi attendo un intervento immediato. Non solo a proposito del problema Y2K però, in quanto il problema successivo bussa già alla porta. Molti computer non sono predisposti per tener conto del 29 febbraio 2000. Tutti parlano del problema Y2K, del baco del

millennio, mentre di quest'altro inconveniente non si parla affatto, e proprio per questo, perché nessuno è preparato a farvi fronte, potrebbe avere conseguenze molto peggiori.

(Applausi)

4-195

Morillon (PPE-DE). - (FR) Signor Presidente, quando mi è stato chiesto di partecipare a questo dibattito, ho inizialmente pensato di rifiutare, poiché ero convinto che la situazione d'allarme venutasi a creare nascesse da una fantasia di fine millennio, portata all'eccesso dalle lobby che ne hanno tratto ampio profitto, spingendosi talvolta sino a sfruttare economicamente la credulità dei loro clienti.

Se ho accettato, alla fine, di dare il mio contributo alla risoluzione che sarà votata oggi dai nostri colleghi, è stato perché ho avuto modo di rendermi conto del reale coinvolgimento di parte dell'opinione pubblica mondiale. Tali preoccupazioni, a cui si aggiungono le parole della collega a proposito della reazione del governo giapponese, e le affermazioni di altri organismi internazionali che invitano la popolazione a prendere provvedimenti e a preparare scorte in vista dell’annunciata fine del mondo, confermano che le sagge precauzioni raccomandate dal nostro Parlamento possono rassicurare i cittadini e rivelarsi quindi utili.

4-196

Doyle (PPE-DE). - (EN) Né l'età di un impianto, né la sua ubicazione, né la modernità della sua progettazione costituiscono una garanzia che esso possa superare indenne il problema Y2K. Non vorrei proprio trovarmi in questo edificio a mezzanotte del 31 dicembre (a cui mancano soltanto 43 giorni). Ascensori, allarmi antincendio:

chissà se qualcosa funzionerà? Le mie battute hanno un fondo di serietà; basta pensarci un attimo. Quest'edificio è moderno, tecnologicamente avanzatissimo ed estremamente costoso.

I governi che si sono succeduti in Irlanda hanno espresso le proprie preoccupazioni ai governi del Regno Unito in merito alla frequenza di incidenti negli impianti della BNFL e, in particolare, a Sellafield sulla costa occidentale della Gran Bretagna; lì c’è una popolazione assai scarsa, ma è a poche miglia dalla nostra costa orientale, che è densamente popolata. Signor Presidente, la cosa farà forse sorridere lei, ma non me. Non ho in mente incidenti di particolare gravità, né voglio essere allarmista; ma devo esprimere la mia mancanza di fiducia nel livello di sicurezza dell'industria nucleare britannica. Come nazione sovrana non nucleare, l'Irlanda ha diritto all'autodeterminazione per ciò che riguarda il proprio ambiente e la salute dei propri cittadini. Nel corso degli anni le consultazioni e le comunicazioni fra i nostri due paesi sul tema del programma nucleare britannico non sono state soddisfacenti, e anche negli ultimi anni, nonostante l’attività di pubbliche relazioni portata avanti da Sellafield, si è notato un atteggiamento di altezzosa arroganza.

Concluderò dicendo che tutte le nazioni nucleari devono dichiarare in maniera aperta e onesta i loro programmi per far fronte al problema dell’anno 2000, in modo da rassicurare la propria popolazione e quella dei paesi vicini sul grado di preparazione che hanno raggiunto. Anche se tardi, è meglio conoscere i problemi invece di nascondere la testa sotto la sabbia.

4-197

Lucas (Verts/ALE). - (EN) Innanzitutto vorrei dichiarare il mio caloroso apprezzamento per la risoluzione del Parlamento. Si tratta di un chiaro segnale al resto del mondo per dimostrare la serietà con cui affrontiamo il problema Y2K e auspicabilmente servirà da esempio. Il tempo a disposizione sta per esaurirsi e quindi, per buone che siano le nostre intenzioni, corriamo gravi rischi; in particolare, l'alto livello di collegamenti informatici fra i vari paesi (soprattutto nel mondo occidentale) rende impossibile prevedere con esattezza quali disfunzioni potrebbero verificarsi e dove. Più fitta è l'integrazione, maggiore è l'imprevedibilità.

La situazione in Europa orientale è tutt'altro che rassicurante. La mancanza di informazioni da quei paesi ha suscitato le preoccupazioni della Commissione sin dal giugno scorso: tra l'altro, la situazione diviene sempre più grave, man mano che ci si spinge ad est. La soluzione più sicura sarebbe quella di disattivare gli impianti allo scoccare del nuovo millennio, ma come potrebbe la Lituania privarsi del 75 percento della propria capacità energetica che proviene dalla centrale di Ignalia? Dovrebbe forse lasciare la gente al buio e senz'acqua?

L'Occidente deve offrire la propria assistenza; sono quindi favorevole all'appello che la risoluzione rivolge ai paesi aderenti all’OCSE affinché forniscano le risorse necessarie.

Concluderò con un aneddoto che sarebbe divertente se la questione non fosse così seria. Di recente Stati Uniti e Russia hanno allestito alcune linee calde per comunicare sul problema Y2K, e in 6 delle 7 linee installate hanno

scoperto problemi legati all’anno 2000! Nelle prossime settimane non vi saranno certezze ed è quindi necessario agire subito per ridurre i rischi in tutto il mondo; approvo quindi il contributo che questa risoluzione offre a tale proposito.

4-198

Lamy, Commissione. - (FR) Signor Presidente, vorrei rispondere alle domande e agli interventi relativamente alle questioni di competenza della Commissione.

Illustrerò la situazione negli Stati membri, nei paesi candidati dotati di centrali nucleari e nei nuovi Stati indipendenti esaminandoli dal punto di vista della Commissione. Innanzitutto, vorrei sottolineare che, nella prassi, poche centrali nucleari, anche nei paesi più sviluppati, utilizzano prodotti informatici per i principali componenti del loro sistema di sicurezza.

Gli Stati membri che dispongono di centrali nucleari si sono attivati da almeno due anni, e, grazie alle informazioni in nostro possesso, possiamo affermare che le azioni correttive intraprese sono oggi praticamente concluse, come del resto i lavori relativi alla pianificazione di interventi di emergenza. In tale contesto, la Commissione ha promosso lo scambio di conoscenze e buone prassi, ma ha ritenuto di non dover interferire nell’attività condotta dagli Stati membri.

Lo scenario si modifica quando si prendono in considerazione alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale e alcuni nuovi Stati indipendenti, dove si è risposto al problema con minore celerità. Tali paesi, infatti, hanno cominciato ad interessarsi della questione solo alla fine del 1998 e sono stati coadiuvati dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica, la quale ha provveduto a rivedere le analisi relative alla portata del problema per un numero significativo di centrali. La onorevole Plooij-van Gorsel ha accennato ai lavori condotti finora. Ecco la mia risposta: dai lavori svolti dall'Agenzia e dai paesi interessati non risulta alcun problema relativo all'anno 2000 per quanto riguarda sistemi essenziali per la sicurezza.

La Commissione ha fornito un aiuto supplementare ad alcuni gestori di centrali nucleari; ha finanziato missioni di esperti dell'Unione in 3 centrali russe e 3 ucraine. Inoltre, sin dall'inizio dell'anno, ha offerto il suo aiuto alle autorità che si occupano di regolamentazione in materia nucleare e attualmente sostiene progetti di questo tipo in Bulgaria, Slovacchia e Russia.

Sebbene nessun componente fondamentale per la sicurezza sia interessato, molti sistemi, in particolare le interfaccia con l'operatore, potrebbero subire danni in seguito al passaggio all'anno 2000 e mettere indirettamente in pericolo, come è stato indicato, la sicurezza nucleare, comportando un eccessivo carico di lavoro per gli addetti. Sulla base delle informazioni di cui disponiamo, possiamo affermare che i paesi dell'Europa centrale e orientale hanno, in generale, compiuto notevoli passi avanti nella correzione dei propri sistemi. I nuovi Stati indipendenti dell'ex blocco sovietico, invece, proseguono ad un ritmo più lento nell'attuazione di misure correttive, pur dichiarando all'unisono che i lavori saranno terminati entro la fine dell'anno. Sosteniamo tali sforzi fornendo un contributo alle attività di due centri scientifici e tecnici internazionali, a Mosca e a Kiev, e, in caso di necessità, siamo pronti a fornire un apporto supplementare ai suddetti programmi, fermo restando, come sottolineato nel corso del dibattito, che, essendo il 2000 alle porte, era essenziale avviare i lavori in tempo utile.

Vi ho così presentato la mia risposta e il nostro contributo alla soluzione di questo importante problema.

4-199

Presidente. - La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alle 17.30.

4-200

Timor orientale

4-201

Presidente. - L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta, cinque proposte di risoluzione su Timor orientale;

- (B5-0271/1999), presentata dall'onorevole Maaten a nome del gruppo ELDR, sulla situazione di Timor orientale;

- (B5-0273/1999), presentata dagli onorevoli Figueiredo, Miranda e altri a nome del gruppo GUE/NGL, sulla situazione di Timor orientale;

- (B5-0280/1999), presentata dall’onorevole Seguro a nome del gruppo PSE, sulla situazione di Timor orientale;

- (B5-0289/1999), presentata dall'onorevole Queiró a nome del gruppo UEN, sulla situazione di Timor orientale.

-(B5-0299/1999), presentata dalle onorevoli Hautala, McKenna e altri a nome del gruppo Verts/ALE, sulla situazione di Timor orientale.

4-202

Seguro (PSE). – (PT) Signor Presidente, ancora una volta tutti i gruppi sono riusciti a raggiungere un accordo e a presentare un’unica proposta di risoluzione su Timor orientale.

Detta proposta di risoluzione costituisce un segnale chiaro, rivolto alla comunità internazionale, con cui si sottolinea che, sebbene le notizie relative a Timor abbiano cessato di essere citate per prime nel corso dei principali programmi televisivi europei, la comunità internazionale e dell’Unione europea devono continuare a rivolgere la loro attenzione a questo problema.

In primo luogo, dato che si verificano tuttora attentati alla dignità umana e violazioni dei diritti dell’uomo degli abitanti di Timor che si sono rifugiati in altre zone dell’isola, in particolare nella parte occidentale, e che desiderano rientrare a Timor orientale, occorre che le autorità indonesiane agevolino con urgenza le azioni umanitarie, in particolare quelle portate avanti dalle ONG.

In secondo luogo, è necessario che le forze per il mantenimento della pace dislocate lungo la frontiera esercitino una maggiore vigilanza, assicurando che gli abitanti dell’isola che hanno diritto a fare ritorno a Timor occidentale possano farlo in piena sicurezza. D’altro canto, bisogna punire i responsabili dei massacri e degli attentati contro l’umanità, non solo per fare giustizia a Timor, ma perché ciò rappresenti un esempio per le altre parti del mondo in cui purtroppo continuano ad essere perpetrati attacchi alla dignità e, soprattutto, alla vita umana, che, a nostro giudizio, costituisce un bene inalienabile.

Signor Presidente, chiediamo infine che Commissione e Consiglio facciano corrispondere alle parole di condanna e ai discorsi politici un adeguato impegno finanziario e tecnico che promuova il processo di indipendenza e di ricostruzione di Timor orientale. Per questo motivo il gruppo PSE approva la risoluzione, come sottolineato nel mio intervento.

4-203

McKenna (Verts/ALE). – (EN) Sono completamente d’accordo con le osservazioni fatte dall’ultimo oratore.

Per quanto riguarda la situazione a Timor orientale, dobbiamo esercitare tutta la pressione possibile sulle autorità indonesiane, che sembra stiano chiudendo un occhio su quanto avviene laggiù. Gli indonesiani devono cercare di porre un freno alle milizie che agiscono in quella zona; l’ACNUR teme che la situazione possa addirittura peggiorare: non solo a Timor orientale, ma anche a Timor occidentale, dove ha trovato riparo un grandissimo numero di rifugiati (si stima circa 250.000). Per quanto concerne l’attività delle agenzie internazionali, dobbiamo garantire che il programma di rimpatrio dell’ACNUR possa continuare senza difficoltà; negli ultimi tempi, infatti, si sono verificati numerosi incidenti che fanno pensare ad un deliberato tentativo di interrompere il programma di rimpatrio dell’UNHCR, mentre è essenziale che esso possa svolgersi senza intralci. L'Indonesia, da parte sua, deve facilitare l’opera delle agenzie umanitarie e delle forze internazionali, per consentire il ristabilirsi della pace e della stabilità nella zona.

L’ONU e l’Unione europea hanno incoraggiato gli abitanti di Timor orientale ad esercitare il proprio diritto di voto nel referendum. Gli avvenimenti che si sono verificati in seguito, benché inaccettabili, erano prevedibili;

sono stati anzi previsti con largo anticipo, e sarebbe stato necessario agire assai prima, per impedire le atrocità e lo sterminio di innocenti cui si è assistito. Purtroppo, un enorme numero di persone ha perduto la vita per l’irresponsabile atteggiamento della comunità internazionale; da allora, però, alcuni paesi si sono resi conto che non è possibile rimanere spettatori passivi mentre l’Indonesia, con l’aiuto dei miliziani, compie massacri e cerca di espellere dal loro paese gli abitanti di Timor orientale. Questi ultimi si sono guadagnati il diritto a quell’indipendenza per cui hanno votato e gli Stati membri dell’Unione europea hanno il dovere di aiutarli: non solo a parole, ma anche con l’assistenza finanziaria.

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