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Parte II – RICERCA SPERIMENTALE

3. DISCUSSIONE

Le ricerche condotte nell’ambito del dolore sono state svolte generalmente su soggetti portatori di una patologia dolorosa cronica e su soggetti affetti da disturbi psichiatrici, in particolare il PTSD. Nell’ambito di tali ricerche numerosi sono gli studi che indagano la percezione del dolore in soggetti traumatizzati con o senza PTSD (Pitman et al., 1990; Scarinci et al., 1994; Geuze et al., 2007; Defrin et al., 2008; Kraus et al., 2009; Gomez-Perez & Lopez-Martìnes, 2013; Moeller-Bertram et al., 2014; Defrin et al., 2017). Scarsa è invece la letteratura che indaga quanto l’esperienza di un trauma possa influire sulla percezione sensoriale dolorosa in soggetti non affetti da disturbi psichiatrici e che non presentano dolore cronico invalidante ma che allo stesso tempo hanno avuto un trauma nella loro vita. Per tale ragione si è ritenuto utile studiare se esistano differenze significative tra soggetti con trauma maggiore o trauma minore. La nostra indagine ha avuto come primo obiettivo l’esplorazione di tale ipotesi. Attraverso i risultati emersi, che derivano dalla analisi della valutazione della percezione del dolore sperimentale, si evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi distinti in base al tipo di trauma nella capacità di modulazione del dolore (Tab.9). I soggetti con trauma maggiore mostrano infatti un DNIC minore rispetto ai soggetti con trauma minore. Questo risultato indica che il sistema di modulazione del dolore risulta compromesso maggiormente in soggetti con traumi maggiori. Non emergono invece differenze statisticamente significative per quanto riguarda le soglie al dolore, sia nel caso di stimolazione pressoria che nel caso di stimolazione al caldo (Tab.9). Questo dato risulta interessante, considerando i soggetti che hanno partecipato. Infatti il nostro studio fornisce una risposta importante al dubbio se il sistema modulatorio del dolore risulta modificato perché associato alla patologia dolorosa cronica. L’esperienza del trauma di per sé determina una variazione della modulazione del dolore indipendentemente dalla presenza di dolore cronico. E’ il trauma che di per sé che può modificare la modulazione del dolore. Quindi il trauma potrebbe predisporre il soggetto ad ammalarsi di una patologia dolorosa cronica in quanto riduce la forza dei sistemi inibitori discendenti (Effetto DNIC) a modulare l’afferenza nocicettiva. Il dolore cronico può insorgere in seguito ad una patologia infiammatoria, o ad un incidente, ma anche ad uno stress, che si associa ad un incremento di citochine proinfiammatorie circolanti, ma, dai nostri risultati, potrebbe manifestarsi anche se l’evento viene percepito dal soggetto come fortemente traumatico (trauma maggiore). Il nostro studio fornisce inoltre informazioni in merito al tipo di trauma che può influire sul dolore. In accordo con la letteratura (Defrin et al., 2017; Edwards et al., 2003; Moeller-Bertram et al., 2014 ) è il trauma maggiore e non quello minore a determinare una disfunzione dei sistemi modulatori. Tuttavia, i nostri primi risultati, da confermare, evidenziano che non è necessario che si instauri un PTSD (come

sostenuto da Defrin et l. 2017) ma è sufficiente un trauma maggiore per determinare una disfunzione dei sistemi modulatori. Infatti il campione esaminato non presentava un disturbo psichiatrico ma unicamente l’esposizione ad un trauma.

Il nostro studio inoltre evidenzia che la modificazione della percezione del dolore dovuta all’esposizione ad un trama (maggiore) non emerge andando a misurare la soglia del dolore ma unicamente valutando la sua modulazione. Tali risultati sono in accordo con quanto emerge dallo studio di Defrin e colleghi (2017) secondo cui i soggetti traumatizzati non differiscono per quanto riguarda la valutazione delle soglie dolorifiche ma per quanto riguarda la capacità di modulazione del dolore.

Inoltre, altri studi che hanno indagato gli effetti del trauma si sono concentrati sulle alterazioni della memoria in soggetti traumatizzati (Meester et al., 2000). Alcuni hanno evidenziato che i soggetti traumatizzati tenderebbero a riportare alla memoria gli eventi del proprio passato in maniera generale, superficiale e non specifica mostrando una particolare modalità di ricordare eventi negativi definito “Overgeneral Memory” (OGM) (De Decker et al., 2003; Williams & Broadbent, 1986; Schönfeld et al., 2007). Secondo altri autori gli individui avrebbero la capacità di sopprimere i ricordi indesiderati (Anderson & Green, 2001) e, nel momento in cui incontrano segnali che ricordano loro una memoria indesiderata, cercano di impedirne la consapevolezza che si esprime nella difficoltà di recupero della memoria primariamente rifiutata (Anderson & Green, 2001). Il Directed Forgetting (DF) Paradigm (Bjork,1972) è stato utilizzato per indagare proprio la capacità dei soggetti di dimenticare determinate informazioni. Già lo studio di Ciaramella (2018) ha evidenziato la relazione tra eventi traumatici maggiori e disturbi somatoformi e il ruolo dell’alterazione della memoria in questa relazione. In tale studio, infatti i soggetti che hanno riportato un maggior numero di eventi traumatici hanno mostrato una compromissione della memoria autobiografica evidenziando una maggior capacità di ricordare le parole “da dimenticare” al DFP.

I risultati del nostro studio sono in linea con quanto mostrato da questo studio in quanto nei soggetti con trauma maggiore si evidenzia una probabile compromissione della memoria autobiografica. Sono state infatti riscontrate differenze statisticamente significative tra soggetti con trauma maggiore e soggetti con trauma minore. I primi infatti richiamano un maggior numero di parole “da dimenticare” nel set 5D del Directed Forgetting Paradigm. Fra i due gruppi non si riscontrano invece differenze statisticamente significative per quanto riguarda la presenza di falsi ricordi valutati con il DRM Paradigm. Rispetto allo studio di Ciaramella (2018) i nostri dati aggiungono nuove evidenze; infatti la memoria autobiografica sembra maggiormente compromessa in soggetti con traumi maggiori rispetto a quelli con traumi minori. Questi risultati sono inoltre in linea con quelli di McNally e colleghi (1995) secondo i quali soggetti con PTSD mostravano maggior compromissione nella

memoria autobiografica rispetto a soggetti traumatizzati senza PTSD, ciò a dimostrazione del fatto che la gravità del trauma può influenzare la capacità di memoria.

In letteratura si sottolinea come eventi traumatici avvenuti sia durante l’infanzia che l’età adulta siano associati a numerose dimensioni psicopatologiche ed in particolar modo al PTSD e a disturbi di personalità come il BPD (Sunderland et al., 2016; Gibson et al., 2017). Con questa ricerca si evidenzia come esistano delle differenze statisticamente significative nelle dimensioni psicopatologiche, indagate attraverso la SCL-90, tra soggetti con trauma maggiore e soggetti con trauma minore (Tab.7). Quindi le possibili complicanze psicopatologiche generate dal trauma risultano maggiormente possibili in situazioni dove si sono avuti traumi che soddisfano il criteri A del PTSD piuttosto che traumi minori. Nel gruppo con trauma maggiore si evidenzia infatti una maggiore presenza Ossessioni, Sensitività Interpersonale, Depressione, Ansia, Collera e Ostilità, Ansia Fobica, Ideazione Paranoide rispetto a quelli con trauma minore.

Per quando riguarda invece le dimensioni del disagio somatico se da un lato si evidenzia una mancata differenza (statisticamente significativa) tra i due gruppi distinti in base alla gravità del trauma nell’amplificazione somatosensoriale, e nelle somatizzazioni, valutate tramite il Patient Health Questionnaire (PHQ-15) (Tab.7), dall’altro lato la SCL 90 invece mostra una differenza statisticamente significativa nella dimensione della somatizzazione. Questo dato potrebbe essere attribuito o ad una differente attendibilità dei questionari o una diversa validità di costrutto dei questionari stessi nel valutare il disagio somatico.

Si evidenziano inoltre differenze statisticamente significative per quanto riguarda le dimensioni dell’alessitimia (Tab.8) valutate tramite il questionario TAS-20. I soggetti con trauma maggiore hanno un F1 TAS (difficoltà ad indentificare i sentimenti) maggiore rispetto ai soggetti con trauma minore. Anche questo dato risulta interessante, tuttavia rimane dubbia la genesi, cioè se viene prima il trauma e poi l’incremento di F1 della TAS o viceversa. Ciò è in linea con quanto emerge dallo studio di Park e colleghi (2015) che suggerisce che il numero di traumi e l’alessitimia sembrano infatti essere fattori di rischio per il PTSD con una reciproca interazione.

L’unica alterazione che è stata trovata in questo studio nei soggetti con traumi minori è rappresentato dal fatto che questi ultimi presentavano una minore reattività sovradiaframmatica al test BPQ rispetto ai soggetti con traumi maggiori. Dalle ricerche presenti in letteratura si evidenzia come i soggetti traumatizzati presentino un’alterazione del Sistema Nervoso Autonomo (Sahar et al., 2001; Keary et al., 2009). Rispetto a tale aspetto il presente studio ha indagato la Consapevolezza Corporea e la reattività del Sistema Nervoso Autonomo tramite il Body Perception Questionnaire (BPQ). Dai risultati (Tab.9) non si evidenziano differenze statisticamente significative tra i due gruppi nelle dimensioni della consapevolezza corporea e nella reattività sottodiaframamtica ma si evidenzia che i

soggetti con trauma minore hanno una reattività sovradiaframmatica più bassa dei soggetti con trauma maggiore. Secondo la teoria polivagale di Porges (2011) questo indica che i soggetti con trauma minore hanno un parasimpatico più evoluto maggiormente compromesso rispetto ai soggetti con trauma maggiore. Questo risultato, che andrà sicuramente confermato con il proseguimento della ricerca, mostra come l’attività autonoma, quella scarsamente cosciente, segua una strada diversa dalla cognitivo-affettiva, come dimostrato dalla maggiore presenza di psicopatologia in soggetti con trauma maggiore.

Questo risultato rappresenta una limitazione di questo studio. E’ probabile che altre dimensioni legate alla disfunzione vagale associata al trauma minore possano invece influire sullo stato psicologico ma in questo studio non sono state indagate.

CONCLUSIONI

L’obiettivo del presente studio è stato quello di valutare se l’esperienza di eventi traumatici modifichi la percezione sensoriale in soggetti con traumi maggiori e minori e indagare inoltre se una possibile modifica nella percezione sensoriale sia associata ad una disfunzione della memoria autobiografica. La presenza di eventuali alterazioni nella percezione sensoriale, della memoria autobiografica e delle dimensioni psicopatologiche è stata valutata in un campione di 55 soggetti traumatizzati sia senza dolore o con dolore invalidante e non, suddiviso in due gruppi che comprendevano soggetti con trauma maggiore e soggetti con trauma minore. Il campione dei soggetti è stato reclutato online. L’esiguità campionaria non ha permesso di indagare la differenza fra i gruppi distinti in base al dolore, ma siamo stati in grado unicamente di valutare i soggetti distinti in base al tipo di trauma.

Dalle analisi effettuate tuttavia emerge che non c’è differenza statisticamente significativa nei due gruppi, distinti in base al tipo di trauma, nella distribuzione del dolore.

Sono emerse differenze statisticamente significative tra i due gruppi distinti in base al trauma nella modulazione del dolore, mal funzionante nei soggetti con trauma maggiore. Il trauma maggiore predispone il soggetto ad ammalarsi di una patologia dolorosa cronica modificando le funzioni neurobiologiche di controllo e modulazione del dolore. Non si evidenziano invece differenze statisticamente significative nella valutazione del dolore sperimentale valutato attraverso le soglie pressorie e al caldo. Nonostante quindi non siamo stati in grado di valutare al momento l’aspetto clinico relativo alle differenze tra soggetti che non hanno avuto dolore negli ultimi 2 anni e quelli che

in parte lo hanno avuto anche se lieve, regredibile e non associato a disabilità, la possibilità di misurare la modulazione del dolore ci ha permesso di verificare comunque la relazione tra trauma e percezione del dolore.

Anche la presenza di psicopatologia risulta essere maggiormente associata alla esperienza di un trauma maggiore. Varie dimensioni psicopatologiche indagate infatti risultano più elevate nei soggetti con traumi maggiori rispetto ai minori suggerendo quindi come la gravità del trauma sia un fattore rilevante per la comprensione degli effetti che tali eventi possono comportare.

Nel complesso, i risultati mostrano come l’aver fatto esperienza di un trauma maggiore porti ad alterazione della memoria autobiografica, dimostrato dal fatto che i soggetti con trauma maggiore hanno riportato un numero significativamente maggiore di parole “da dimenticare” rispetto ai soggetti con trauma minore.

Limiti

Nonostante gli interessanti dati emersi, questo studio presenta dei limiti. Innanzitutto il primo limite riguarda la scarsa numerosità del campione. Un campione con un numero più ampio di soggetti avrebbe potuto permettere di selezionare un gruppo senza trauma e, all’interno dei due sottogruppi, poter contare su un maggior numero di soggetti senza dolore confrontandoli con quelli con dolore cronico con disabilità, con dolore senza disabilità e ricorrente.

Un altro limite riguarda il fatto che il campione risulta composto prevalentemente da soggetti di sesso femminile; infatti sarebbe auspicabile esplorare tale relazione in un campione più equilibrato rispetto alla variabile sesso per valutare eventuali possibili differenze rispetto a tale variabile. Un campione più numeroso con le caratteristiche indicate avrebbe consentito di valutare la percezione sensoriale e la memoria autobiografica in soggetti con trauma e soggetti senza trauma in assenza di patologie croniche debilitanti. Dati più numerosi inoltre ci avrebbero permesso di verificare quanto la relazione tra trauma e modulazione del dolore dipenda dalla disfunzione della memoria autobiografica.

Al di là dei limiti del presente studio, risulta importante approfondire la ricerca su un tema così rilevante quale quello degli eventi traumatici non solo dal punto di vista clinico ma più in generale dal punto di vista sociale e culturale in considerazione dell’elevata incidenza degli eventi traumatici di varia natura sulla popolazione generale. L’attenzione nei confronti di questo tema deriva anche dalla consapevolezza che tali eventi possono determinare effetti importanti sia sulla salute fisica sia sulla salute psichica degli individui; in particolare nella eziopatogenesi di gran parte dei disturbi psicopatologici. Infine la rilevanza di questo tema deriva anche dalle implicazioni che esso comporta

nei diversi ambiti della psicologia, dal versante della ricerca della psicologia sperimentale a quello della psicologia clinica.

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