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Alcuni elementi problematici emersi in questa prima disamina del tema del desiderio e delle pulsioni ci porta ora verso nuovi sviluppi tematici, elaborati tenendo conto della generale cornice critica offerta da Contri in alcuni dei suoi più recenti contributi, come l'opera Istituzioni del pensiero. Le due ragioni e in altri scritti brevi come Lacan e la diseconomia di partenza. L'oggetto a ovvero lo “scarrafone”. Ontologia volgare e libertà,50 di cui, non solo nel titolo, questo paragrafo è debitore.

La definizione del desiderio come di un capitale suggerisce facilmente la metafora della bolla speculativa. Si tratta dei casi in cui il desiderio non viene messo al servizio di un reale appagamento, ma ripristina, per via regressiva, forme di appagamento allucinatorio, non dissimili da quelle di un sogno, con la differenza però che il soggetto non sta dormendo.

48 Id., Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, cit., p. 201. 49 S. Freud, Compendio di psicoanalisi, 1938, OSF, 11, p. 576.

50 G. B. Contri (et al.), Istituzioni del pensiero. Le due ragioni, Sic Edizioni, Milano 2010. I riferimenti a quest'opera si arricchiranno Lacan e la diseconomia di partenza. L'oggetto a ovvero lo “scarrafone”.

È il caso dell'innamoramento, descritto da Freud nell'opera Psicologia delle masse e analisi dell'io. L'innamoramento è l'esempio di una bolla speculativa narcisistica che specula investendo ingannevolmente su un'altra persona per compensare una falla, una mancanza che sono proprie dell'Io del soggetto. Il giudizio è sabotato dall'idealizzazione, che consente di facilitare il nostro orientamento nelle relazioni: «riconosciamo che l'oggetto viene trattato alla stregua del proprio Io, che pertanto nello stato dell'innamoramento una quantità notevole di libido narcisistica deborda sull'oggetto». In alcune esperienze di innamoramento balza agli occhi – afferma Freud – che l'oggetto (l'altra persona idealizzata) serve a sostituire un proprio non raggiunto ideale dell'Io. «L'oggetto viene amato a causa delle perfezioni cui abbiamo mirato per il nostro Io e che ora, per questa via indiretta, desideriamo procurarci per soddisfare il nostro narcisismo».51

Quando un soggetto si pensa povero nella sua relazione con il partner, tanto da supporre la ricchezza solo nell'altro (è anche l'origine della supposizione di sapere nell'altro, o costituzione del soggetto supposto sapere), da cui egli stesso dovrebbe riceverla, abbiamo le condizioni affinché si generi un innamoramento, in cui l'idealizzazione corrisponde al supporre l'altro più ricco di sé. Da questa falsa presupposizione si muove una domanda di compensazione che non sarà mai sufficiente a coprire quella mancanza, che intanto continuamente si genera dal presupporre la ricchezza solo nell'altro. È avviato così un processo di «autosacrificio dell'Io (in cui) l'oggetto ha per così dire divorato l'Io».52 La domanda di compensazione inscrive l'innamoramento, benché la sua natura dissipativa possa far supporre diversamente, in un'economia del desiderio di tipo complementare, calcolatrice e rivendicatrice.53 Nell'innamoramento, infatti, non si fa posto all'altro lasciandolo nella sua eccedenza e singolarità, ma lo si cattura in un vortice di aspettative e compensazioni che servono a rassicurare il soggetto. Nell'innamoramento ciò che il soggetto ama è la propria ferita narcisistica e ciò che vuole è che anche l'altro la ami, e vi ponga rimedio, come un cerotto sull'abrasione, che tuttavia ha da restare intatta, affinché il circolo diseconomico dell'innamoramento non abbia termine.

La tonalità affettiva dell'innamoramento, infatti, è tutt'altro che gioiosa, a voler prestare attenzione si osserverà la presenza più o meno nascosta di un tono melanconico, intercettabile in tante canzonette ispirate all'innamoramento, in cui il tema lamentoso della mancanza, del bisogno e della perdita, non è quasi mai assente. L'innamoramento è in una vicinanza stretta

51 Id., Psicologia delle masse e analisi dell'Io, 1921, OSF, 9, cit., p. 300. 52 Ivi, p. 301.

53 Nell'ultima parte della tesi vengono messe a tema queste diverse economie. Rinvio pertanto al capitolo «Aneconomia del dono ed economia del desiderio».

con la melanconia in cui «l'impoverimento assume una posizione di rilievo fra i timori e le dichiarazioni»54 del malinconico. L'impoverimento di cui parla Freud è materiale, ma è da considerarsi effetto della povertà psichica, che nel caso dell'innamoramento è dovuta, come si è detto, a un'idealizzazione dell'altro connessa contemporaneamente a una compensazione-generazione della povertà psichica del soggetto; nel caso della melanconia, affezione narcisistica, la povertà psichica si deve all'identificazione dell'Io con “l'oggetto abbandonato”.

Se, come nell'innamoramento o amore presupposto, si suppone nell'altro la fonte dell'amore di sé, accade che nel momento in cui scoppia la bolla narcisistica, ad esempio perché di amore non ce n'è mai abbastanza..., perché l'altro dovrebbe dare, fare di più..., ecc., l'Io non si ritira – come sarebbe facile pensare – dall'investimento nel rapporto, ma si fissa ancor di più all'oggetto d'amore, al partner dell'innamoramento, e si «identifica con l'oggetto abbandonato». Ovvero tutto l'Io del soggetto diviene quel sé non amato ma abbandonato dall'altro, che ancor più si attende dall'altro la “salvezza”. Quando la bolla scoppia l'“ombra dell'oggetto cade sull'Io”, cioè avviene una sorta di operazione inversa alla precedente: prima sull'altro il soggetto aveva investito la propria immagine ideale, ora il soggetto introietta quell'Ideale ma con segno opposto, resta ideale, somma astrazione, ma comanda di sé ciò che non va. Di nuovo dell'altro in carne e ossa importa solo l'essere supporto di un ideale di sé o di un'ombra di sé. Il soggetto resta chiuso nel suo narcisismo, tanto quando è innamorato, tanto quando è malinconico.

In breve le tappe di questa deriva narcisistica: 1) All'inizio ha luogo una scelta oggettuale con vincolamento della libido a una determinata persona. 2) In seguito, come effetto di una mortificazione o delusione, questa relazione oggettuale viene gravemente turbata. 3a) Normalmente il soggetto deluso ritira la libido, ovvero distoglie l'investimento dall'oggetto per rivolgerlo ad altri oggetti. 3b) In altri casi, non normali, la libido ritirata dall'oggetto e divenuta libera non è stata spostata su un altro oggetto, ma riportata sull'Io. Questo ripiegamento sull'Io avviene all'insegna di un totale disinvestimento libidico, poiché nell'Io avviene un'identificazione con l'oggetto abbandonato. «L'ombra dell'oggetto cadde così sull'Io che d'ora in avanti poté essere giudicato da un'istanza particolare come un oggetto, e precisamente come l'oggetto abbandonato».55 La perdita dell'oggetto è così divenuta perdita dell'Io, essendosi esso identificato con quell'oggetto abbandonato. Il conflitto tra l'Io e la persona amata si è trasformato in un conflitto tra l'attività critica dell'Io (prima rivolta alla persona amata fonte di delusione) e l'Io stesso alterato dall'identificazione e quindi percepito

54 S. Freud, «Lutto e melanconia», in Metapsicologia, 1915, OSF, 8, cit., p. 107. 55 Ivi, p. 108.

come deludente e inadeguato. Semplificando ancora, l'Io si critica pensandosi esso stesso come fonte di delusione, inadeguato e meritevole di abbandono. L'imputabilità a sé e/o all'altro degli errori nell'amore, ad esempio, l'errore dell'innamoramento, come premessa per un nuovo investimento oggettuale, viene così soppiantata dal senso di colpa.

Ritengo di notevole importanza la riflessione freudiana sull'ombra dell'oggetto che cade sull'Io, perché esso renderà un poco più chiara anche la costruzione della teoria dell'oggetto a in Jacques Lacan, come traccia o resto delle identificazioni narcisistiche conseguenti all'amore presupposto, amore unitivo, sia nel suo pieno funzionamento (innamoramento) sia nel suo fallimento (delusione d'amore). Lo stesso Lacan aveva detto di fare riferimento a questi passi freudiani per comprenderne i nessi con l'oggetto a.56

Credo che un primo nesso debba essere posto tra il pensiero mitico di un appagamento originario (che prima avevo proposto di leggere come un'articolazione dell'al di là del principio di piacere) e l'ombra dell'oggetto che cade sull'Io, immiserendolo e assoggettandolo. L'angoscia – dirà Lacan nel seminario decimo – rivela nell'uomo la struttura di “assoggetto”. La teoria che legittima questa strutturazione soggettiva melanconica è quella non dell'appagamento o soddisfazione, ma dell'appagamento originario connesso al rapporto con la Madre, e del desiderio come anelito nostalgico a questo appagamento; appagamento oscuro, ombroso, angosciante su cui farà un po' di luce Lacan, ma senza offrire alternative (non tanto di oggetto quanto di pensiero alternativo alla teoria dell'oggetto).57

Le precedenti analisi hanno portato sul terreno della riflessione alcune questioni che riassumo. Innanzitutto la questione della pulsione nella sua relazione con l'oggetto e la meta,

56 «Al livello del discorso che Freud, agli inizi degli anni Venti, ha articolato in Massenpsychologie und

Ichanalyse c'è invece qualcosa che, in modo singolare, si è trovato a essere al principio del fenomeno nazista.

Riportatevi allo schema che egli dà alla fine del capitolo “L'identificazione”. Vi vedrete indicate, quasi in chiaro, le relazioni tra I grande e a piccolo. Lo schema sembra davvero fatto perché vi siano apposti i segni lacaniani». J. Lacan, Il seminario, Libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante (1971), a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2010, p. 23.

57 È una conclusione cui è giunto Contri e di cui, in più occasioni, ha scritto e parlato, differenziandosi a partire da essa dalle posizioni di altri psicoanalisti che si sono formati alla scuola di Lacan, penso a J.-A. Miller e a C. Melman in particolare, e anche a Massimo Recalcati. Quest'ultimo, pur non avendo articolato esplicitamente la questione del desiderio a quella dell'oggetto, nella sua più recente opera Ritratti del

desiderio, nel descrivere le figure del desiderio incluso il desiderio dell'Altro ne mette in luce alcuni tratti che

sono riconducibili all'insistenza dell'oggetto sul soggetto. Afferma Recalcati: «Da una parte la vita umana non può prescindere dall'esigenza simbolica di sentirsi riconosciuta dal desiderio dell'Altro, tuttavia, quando il desiderio di riconoscimento diventa un'esigenza continua, esasperata, quando confina con la necessità di farsi sempre amabile agli occhi dell'Altro, quando è solo il desiderio dell'Altro che mi fa essere (…) siamo messi di fronte al paradosso di un desiderio che anziché ritrovarsi nel desiderio dell'Altro vi si smarrisce» (Ritratti del desiderio, cit., p. 62). Sulle posizioni di questi autori in merito alla questione dell'oggetto ritorno nell'ultimo capitolo della tesi.

L'occasione più recente in cui Contri ha espresso alcune valutazioni sul pensiero di Lacan (inclusa la questione dell'oggetto) è stata la giornata conclusiva del Corso di Studium Cartello, Enciclopedia 2010-2011 «La perversione al bivio», (Milano, 25 giugno 2011) e nel documento video «Testamento a babbo vivo» realizzato da Caritasticino nel sito di Studium Cartello (dicembre 2011).

ben distinti in Freud,58 benché già nell'innamoramento e, lo si vedrà, nel feticismo si assista a un certo sovvertimento dell'ordine pulsionale. Poi quella del rapporto tra desiderio e soddisfacimento: è proprio del desiderio, da un lato anticipare il soddisfacimento in forma allucinatoria (c'è desiderio perché c'è stato un primo soddisfacimento che il desiderio ripete, condizione del suo formarsi, in forma allucinatoria), dall'altro, rispetto al bisogno, differire nel tempo il soddisfacimento, per l'intervento del principio di realtà che impedisce che il soddisfacimento sia immediato o che il soddisfacimento allucinatorio sia reale, pieno (ovvero dotato di quel riempimento che solo la percezione garantisce).

Ma dalla presentazione di queste due coppie concettuali possiamo già individuare una prima questione: la pulsione spinge il soggetto alla ricerca del soddisfacimento o dell'oggetto? Cosa accade se i due termini dell'articolazione pulsionale vengono confusi? Prima di procedere è opportuna una distinzione che tuttavia non risponde alle domande: nelle pulsioni di autoconservazione l'oggetto della pulsione è un oggetto empirico, il cibo; nel caso invece della pulsione orale come pulsione sessuale, l'oggetto assume una valenza polimorfica tale da risultare del tutto ininfluente che esso abbia capacità di nutrire. Inoltre, introducendo l'espressione «relazione oggettuale» Freud – oltre agli oggetti della scelta per appoggio (o oggetti della pulsione di autoconservazione, ad esempio il cibo) e degli oggetti parziali, oggetti fantasmatici delle pulsioni sessuali pregenitali, – si riferisce ai cosiddetti “oggetti totali”, ovvero alla relazione con individui in quanto oggetti d'amore. Anche in quest'ultimo caso non è univoca la direzione con cui interpretare l'oggetto totale, esso può venire messo al servizio del narcisismo dell'Io, in tal caso l'oggetto perde il suo statuto di autonomia, come nell'innamoramento, oppure, al di fuori di ogni relazione narcisistica, soddisfare le condizioni di quella che Freud chiama la pulsione sessuale genitale, costituitasi dopo l'Edipo, ovvero la relazione d'amore tra due individui adulti, meta conclusiva della formazione soggettiva. Districarsi nelle impervie vie dell'oggetto non è facile, già a partire da Freud.

Il polimorfismo pulsionale quanto all'oggetto è esemplificato anche dal feticismo, in cui la pulsione sessuale è rimasta fissata a un oggetto parziale. Seguendo gli sviluppi che il tema ha avuto in Freud, il feticcio sarebbe, per Freud, un sostituto del “pene” della madre.59 E così

58 «Introduciamo due termini: chiamiamo la persona dalla quale parte l'attrazione sessuale, oggetto sessuale, l'azione verso la quale la pulsione spinge, meta sessuale» S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905,

OSF, 4, p. 451.

59 Id., Feticismo, 1927, OSF, 10. Riprendo dall'«Introduzione» di Stefano Mistura all'opera Figure del feticismo la descrizione delle varie fasi di elaborazione del feticismo in Freud: «Il primo periodo di questo schema [dal 1905 al 1910, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Per la genesi del feticismo (1909) e Un ricordo

d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910)] è centrato sull'utilizzo della teoria della libido per chiarire le

caratteristiche del destino della pulsione sessuale e dell'oggetto della sua soddisfazione: Freud pone qui in primo piano il feticcio, ossia l'oggetto della perversione, mentre il feticista rimane un po' nell'ombra, quale elemento facente parte del rituale, ma in effetti al servizio dell'oggetto-feticcio. Il secondo periodo [negli anni

che un oggetto come scarpe, capelli, indumenti intimi, orecchini, acquisisce una valenza sessuale e a esso viene sostituito l'oggetto d'amore. Il feticcio non sono le scarpe della donna amata, sono le scarpe al posto della donna, come chiarisce nel suo scritto sul feticismo Contri.60 Da qui si sviluppa quella direzione che verrà ampiamente analizzata da Lacan della identificazione del soggetto con un oggetto parziale, il fallo. Ogni oggetto avrà nell'elaborazione lacaniana come suo proprio di essere rappresentante del significante del fallo. Non più l'anticipazione in forma allucinatoria del soddisfacimento, ma l'oggetto a come rappresentante il fallo, diventerà elemento costitutivo del desiderio, non come spinta alla relazione con l'altro, ma come obiezione alla relazione con l'altro, non tanto per il fatto, evidente anche nel feticismo, che il posto dell'altro è occupato da una sua parte o da un oggetto, ma perché l'oggetto, fosse anche rappresentato da individui e non da cose, comanda il rapporto, lo causa. È il caso di Don Giovanni: «Quando si infila nel letto delle donne, non si sa bene come ci sia finito. Si può persino dire che di donne non ne ha. Egli è in rapporto con qualcosa rispetto a cui assolve un certa funzione. Questo qualcosa chiamatelo pure odor di femmina, e la cosa ci porterà lontano».61 Gli oggetti a sono interscambiabili e causano il desiderio, sono alle spalle del soggetto non davanti a lui, lo muovono come un automa, tanto che, aggiunge Lacan parlando di Don Giovanni, «Bisogna proprio dirlo: per la donna non è un personaggio angosciante. Credetemi, la donna fugge veramente quando capita che si senta veramente l'oggetto al centro di un desiderio».62 In questo esempio è evidente l'intreccio tra oggetto a e feticcio, in cui, l'odor di femmina (qualsiasi feticcio la rappresenti) prende il posto della donna, cui viene risparmiata così l'angoscia di essere il desiderio di qualcuno.

Lacan parla nel Seminario XX del fallo (e dei suoi rappresentanti) come «obiezione di coscienza fatta da uno dei due esseri sessuati al servizio da rendere all'altro».63 Potremmo in un certo senso parlare di una “feticizzazione” del desiderio, osservando, come primo effetto, che la meta del soddisfacimento o piacere è ininfluente. La parola godimento, che qui viene introdotta e che grande peso ha nell'elaborazione lacaniana e in quella di alcuni dei suoi

Venti, Feticismo (1927)] è caratterizzato dall'analisi del feticcio come sostituto (Ersatz) del fallo femminile. Il terzo, infine, [fine anni Trenta, La scissione dell'Io nel processo di difesa (1938) e Compendio della

psicoanalisi (1940)] vede diventare centrale il soggetto feticista che deve però assumere, per adempiere al

suo destino, l'attitudine alla scissione dell'Io. Queste tre fasi non sono rigidamente distinte e separate, come sempre nel pensiero di Freud: si embricano viceversa l'una con l'altra, senza annullarsi, mettendo in maggiore o minore rilievo ora l'oggetto (feticcio), ora il meccanismo (feticismo), ora il soggetto (feticista)». «Introduzione» di S. Mistura, Figure del feticismo, a cura di S. Mistura, Einaudi, Torino 2001, p. XIII. 60 G.B. Contri, «I tre imperativi categorici e l'imperfezione perfetta. Il feticismo via Lacan», in Figure del

feticismo, a cura di S. Mistura, Einaudi, Torino 2001, pp. 292-330.

61 J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L'angoscia (1962-1963), a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2007, p. 209.

62 Ibidem.

successori,64 esprime esattamente una nuova dimensione pulsionale in cui vi è indifferenza quanto al soddisfacimento o al piacere, come alla collaborazione con un'altra persona per il “raggiungimento” della meta. Nel godimento l'altro non è un partner ma una meta (riassumibile nella formula “essere soddisfatti dall'altro, anziché tramite l'altro”). Il feticista non opera una semplice sostituzione dell'oggetto attraverso cui pervenire al soddisfacimento sessuale; non si tratta come in altre perversioni di sostituire all'individuo dell'altro sesso un altro oggetto, come un animale, ad esempio; è in gioco anche una sorta di rinuncia vera e propria alla possibilità del soddisfacimento pulsionale, perché l'oggetto in alcun modo si presta al suo raggiungimento (si pensi alla scarpa, ad esempio). I termini alterati della pulsione nel feticismo riguardano quindi l'oggetto come la meta, a entrambi viene sostituito un oggetto, che pur non prestandosi alla scarica sessuale tuttavia agisce indebolendo, assuefacendo, sedando la pulsione sessuale. Nel caso dell'oggetto a, pensato alla stregua dell'oggetto nel feticismo, non ha importanza il fatto che da una parte l'oggetto prenda il posto del tutto (il piede per la donna) o un oggetto prenda il posto di una persona (le mutande per la ragazza), ma che esso non sia davanti al soggetto, ma alle sue spalle, da dove lo spinge verso una direzione in cui non c'è rapporto con alcuno. La direzione, che è propriamente parlando un tornare, ruotare sullo stesso punto ininterrottamente, è una forza subita incessantemente che fa deserto di ogni rapporto e di ogni piacere (che è conclusione del moto).65 Ciò che occupa, preoccupa, il posto dell'altro alle spalle del soggetto è il fallo con i suoi rappresentanti, di cui si osserverà nelle pagine seguenti, con l'aiuto di riferimenti alle riflessioni di Lacan, la costituzione e l'intrusione nel pensiero del soggetto.

Il feticista è completamente immerso in questa non-logica dell'oggetto fatto coincidere con la meta; a questo errore logico si aggiunge quello di supporre il fallo nella madre, anche – anzi – proprio dopo averne appurato l'assenza. L'errore logico del feticista si chiama rinnegamento, nego ciò che so essere esattamente come dico che non sia (mia madre non ha il pene, dunque ce l'ha: è il fallo) ed è rinnegamento del principio di non-contraddizione, infatti per il feticista A è non-A. Il feticcio “corregge” l'errore, lo ripiana perfettamente. Il prezzo di tutto ciò è che il soggetto, fatto fuori a monte il principio di piacere (per aver fuso l'oggetto nella meta), e con esso la possibilità di un giudizio, resta diviso (Spaltung), scisso tra un

64 Cfr. in particolare Jacques-Alain Miller, I paradigmi del godimento, a cura di A. Di Ciaccia, Astrolabio-Ubaldini, Roma 2001.

65 Cfr. la forma della pulsione disegnata da Lacan nel seminario dedicato ai quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, cit., p. 182). In quel disegno la pulsione fa il giro, senza giungere mai a una conclusione. L'esempio, che Lacan attribuisce a Freud stesso, potrebbe essere quello di una bocca che bacia se stessa. Fonte, oggetto e meta sono fusi. In un altro luogo dello stesso seminario, Lacan parla della pulsione come di un montaggio senza capo né coda, simile a un collage surrealista.

giudizio di realtà (la madre non ha il fallo) e l'errore logico, cui fa da supporto il feticcio. Questi aspetti sono stati messi in evidenza da Freud, oltre che nello scritto del 1927, anche in