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2. Quadro teorico

2.2 Dispnea

Il progressivo indebolimento della muscolatura respiratoria nei pazienti affetti da SLA conduce inevitabilmente a un quadro d’insufficienza respiratoria cronica. Questa condizione comporta inesorabilmente la comparsa della dispnea che incide in maniera negativa sulla qualità di vita del paziente (Morélot-Panzini et al., 2018). In letteratura la dispnea è stata ampiamente studiata nei pazienti affetti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e nelle malattie tumorali, ma è ormai risaputo che molte altre condizioni cliniche sono in grado di evocarla. Infatti, questo sintomo è presente circa nell’85% dei pazienti colpiti da malattie del motoneurone (Moens et al., 2014). La parola dispnea deriva dalle radici greche “dys” e “pneuma” che significano rispettivamente difficile e respiro (Kamal et al., 2011).

La definizione più nota è quella proposta dall’American Thoracic Society (ATS) che definisce la dispnea come:

“un’esperienza soggettiva di disagio respiratorio caratterizzata da sensazioni qualitativamente distinte che variano d’intensità” (Parshall et al., 2012, pag. 436).

Si tratta, dunque, di un sintomo derivante da un’esperienza personale di disagio in cui prevale la componente soggettiva e ciò rende difficile una definizione chiara dall’esterno.

Spesso viene descritta dai pazienti come fame d’aria o senso di soffocamento.

Per descreivere l’eziologia di questo sintomo e il suo ampio impatto sul paziente e sui cargivers, negli anni ’60 è stato creato il concetto di “dispnea totale”. Questo concetto integra i quattro domini (fisico, psicologico, sociale e spirituale) e permette di comprendere le molteplici prospettive dell’esperienza della dispnea che, sinergicamente,

si combinano per dare forma al sintomo e determinano il suo influsso sia sul paziente sia sui famigliari. Oltre agli elementi fisici, è quindi necessario considerare anche quelli psicologici, sociali e spirituali come: l’ansia, la paura, la tristezza, i desideri, le relazioni, ecc. (Kamal et al., 2011).

Le condizioni anatomiche e le malattie sottostanti che danno origine alla dispnea possono essere l’ostruzione polmonare (BPCO, secrezioni, tumori), la restrizione polmonare (fibrosi o altre malattie interstiziali, infezioni, cifosi, obesità), il deficit di perfusione/ossigenazione (anemia, ipertensione polmonare, insufficienza cardiaca, embolia polmonare) e la debolezza/affaticamento (sclerosi multipla, SLA) (Kamal et al., 2012).

Questo sintomo può manifestarsi a riposo o durante lo svolgimento di attività, può essere continuo, intermittente o apparire in forma acuta su una condizione cronica. Poiché la respirazione è una sensazione primordiale della vita, il suo disturbo crea un senso viscerale di paura che, a sua volta, genera sofferenza (Kamal et al., 2011).

2.2.1 Valutazione della dispnea

In letteratura sono presenti numerosi strumenti convalidati per aiutare i professionisti della salute a valutare quantitativamente e qualitativamente la dispnea nei pazienti (Kamal et. al., 2011). Un aspetto importante da considerare è che ci sono notevoli differenze in ciò che le diverse scale misurano vista la multidimensionalità del sintomo.

Ad esempio, per misurare l’intensità dell’esperienza sensoriale-percettiva della dispnea è possibili ricorrere alla scala analogica visiva (VAS), alla scala di valutazione numerica (NRS) e alla scala di Borg modificata (Parshall et al., 2012). Invece, per valutare come questo sintomo influisca sulla capacità funzionale possono essere utilizzati la Medical Research Council Dyspnea Scale e altre scale unidimensionali o multidimensionali (Kamal et. al., 2011). Un altro elemento da considerare nella valutazione della dispnea è l’angoscia vissuta dal paziente che può essere definita attraverso una scala numerica o una scala a risposte multiple (Parshall et al., 2012). Inoltre, alcuni strumenti come l’Edmonton Symptom Assessment Scale (ESAS), prendono in considerazione più sintomi alla volta. Quest’ultimo metodo consente ai curanti di identificare possibili correlazioni tra i sintomi e permette una presa in carico più specifica (Kamal et al., 2011). Fino ad oggi,

Figura 3: Concetto di dispnea totale (Kamal et al., 2011)

non è stato identificato uno strumento in grado di valutare la dispnea in tutti i suoi domini (Parshall et al., 2012).

Per poter eseguire una valutazione accurata è necessario definire quale aspetto del sintomo si vuole indagare, in modo che si possa stabilire quale strumento sia più idoneo.

Inoltre, è importante cercare degli strumenti di facile e di breve somministrazione per evitare che il paziente si stanchi inutilmente. Nella pratica clinica, il modo più fruttuoso per noi curanti di misurare l’esperienza di un sintomo risiede nel chiedere, intervistare e rivalutare attraverso l’utilizzo di una scala appropriata (Kamal et al., 2011).

2.2.2 Approccio alla dispnea

Per poter gestire con efficacia questo sintomo è necessario adottare una presa in carico interprofessionale, nella quale più figure sono chiamate a collaborare per raggiungere gli obiettivi di cura predefiniti (Kamal et al., 2011). Infatti, se si presta attenzione al concetto di “dispnea totale” è facilmente intuibile come un solo professionista non sia sufficiente per affrontare adeguatamente questo sintomo. Ad esempio, si può ricorrere all’aiuto dei fisioterapisti per lo svolgimento degli esercizi respiratori e la scelta delle posture più adatte per il paziente, mentre gli ergoterapisti possono lavorare sul mantenimento dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana ed incrementare la partecipazione sociale.

In base alla situazione individuale del paziente è possibile rivolgersi anche ad altri professionisti come lo psicologo, lo pneumologo, ecc. (Kamal et al., 2012). Inoltre, questo sintomo è spesso trattato dal team di cure palliative poiché, sono specializzati nella gestione dei sintomi cronici (Kamal et al., 2011).

La dispnea può essere trattata attraverso l’utilizzo simultaneo di interventi farmacologici e non farmacologici. Gli oppioidi, tra cui specialmente la morfina, sono considerati in letteratura un pilastro centrale nella cura di questo sintomo grazie agli effetti esercitati sui meccanismi della respirazione. Questi farmaci vengono spesso utilizzati nella fase tardiva della malattia, quando la dispnea risulta molto invalidante. L’ossigeno viene somministrato principalmente nei pazienti dispnoici con ipossiemia, ma a volte il suo impiego può dare sollievo anche se i valori ematici risultano normali (Kamal et al., 2012).

La riabilitazione polmonare riveste un ruolo cruciale per la gestione della dispnea e deve essere introdotta precocemente. I principali benefici comprendono una riduzione del sintomo e una migliore tolleranza nel compiere le diverse attività della vita quotidiana (Parshall et al., 2012). Inoltre, per favorire gli scambi gassosi ed alleviare la dispnea è possibile ricorrere all’uso della ventilazione non invasiva (NIV). Questo trattamento si è rilevato essere molto efficace anche nei pazienti affetti da SLA (Morélot-Panzini et al., 2018).

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