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Disposizioni normative internazionali in materia di disabilità

ATTIVITÀ MOTORIO-SPORTIVE E DISABILITÀ IN ITALIA

1. Disposizioni normative internazionali in materia di disabilità

Il diritto alle pari opportunità e all’eguaglianza delle persone disabili è da tempo oggetto dell’attenzione delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali. La celebrazione nel 1981 dell’ “Anno Internazionale delle persone disabili” promosso dall’Assemblea Generale contribuisce alla diffusione del “Programma di azione

mondiale riguardante le persone disabili”99, una delle prime disposizioni legislative in materia di integrazione sociale. Il documento costituisce il primo passo di un iter normativo sempre più complesso e orientato alla promulgazione di norme standard, alla formazione di gruppi di lavoro permanenti sulla disabilità e alla definizione di specifici piani di azione finalizzati non solo a sensibilizzare, informare ed educare la comunità internazionale rispetto alle problematiche connesse alla disabilità ma anche a individuare strumenti e contesti educativi e formativi utili all’acquisizione e al mantenimento della funzionalità fisica e psichica.

L’esperienza accumulata durante il decennio delle Persone Disabili delle Nazioni Unite (United Nations Decade of Disabled Person 1983-1992) ha determinato nel 1993 la diffusione della Risoluzione“Regole Standard per le uguali opportunità per

persone disabili” nella quale è stato sottolineato che

“… Gli stati dovrebbero intraprendere un’azione per accrescere nella società la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità, i loro diritti, i loro bisogni, il loro potenziale e il loro contributo … e dovrebbero garantire che i programmi per l’istruzione pubblica riflettano

99 Risoluzione del 3 dicembre 1982, n. 37152 - “World Programme of Action concerning Disabled

in ogni loro aspetto il principio della piena partecipazione e dell’eguaglianza”100.

Alla promozione di iniziative politiche funzionali all’innalzamento del livello di consapevolezza sui diritti dei disabili si è accompagnato il dovere morale della comunità sociale di accrescere e sostenere in ogni persona, indipendentemente dalla diverse abilità, la fiducia nelle proprie capacità attraverso l’elaborazione di politiche a garantire ad ognuno le pari opportunità anche nelle attività ricreative e sportive. All’art.11 - Attività ricreative e sport, il documento ha sottolineato che:

“Gli Stati dovrebbero prendere delle misure per rendere accessibili alle persone disabili i posti per le attività ricreative e lo sport (…). Le misure dovrebbero comprendere degli aiuti al personale nei programmi per le attività ricreative e lo sport, compresi dei progetti per sviluppare metodi per l’accessibilità e la partecipazione del materiale informativo e programmi di formazione (…). Le organizzazioni sportive dovrebbero essere incoraggiate a sviluppare delle opportunità di partecipazione alle attività sportive anche da parte delle persone disabili”101.

Questa sensibilità rispetto alla pratica motoria e sportiva ha costituito una tappa importante di un lento percorso di rivalutazione psicopedagogica, filosofica e neurobiofisiologica delle possibili potenzialità corporeo-chinestesiche della persona disabile. La funzione adattiva e comunicativo-relazionale del corpo nelle sue diverse forme statiche e dinamiche, era stata già evidenziata all’interno delle classificazioni internazionali dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità che avevano sottolineato la sua importanza nel processo di crescita e di maturazione psico-sociale dei disabili e la sua funzione nei processi di interazione con il contesto sociale.

Per lungo tempo l’uso inappropriato e diffuso di nomi disumanizzanti legati alla patologia come handicappato, minorato, menomato, ritardato hanno inserito le persone diversamente abili in un sistema classificatorio che, sottolineando la presenza

100 Risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993, n. 48/96 - Standard Rules

on the Equalization of Opportunities for Persons with Disabilities. Art.n.1.

101 Risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993, n. 48/96 - Standard Rules

di un minus, ha trascurato la ricchezza e la straordinarietà della natura umana. Questa negatività che per tanto tempo ha connotato la diversità, ha determinato una classificazione sociale che ha prodotto una disparità nei trattamenti e processi di categorizzazione della persona in “normale” ed “anormale”, ritardando e rallentando il processo di riconoscimento dei diritti sia sul piano umano e personale che giuridico. I molteplici significati attribuiti alla disabilità delineano una fisionomia semantica vincolata dalle interpretazioni soggettive del fenomeno che necessita, invece, di un linguaggio comune standardizzato che favorisca la comunicazione tra gli operatori in tutto il mondo e tra varie scienze e discipline in materia di salute e assistenza sociale e sanitaria, secondo le principali classificazioni internazionali rese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità ed Handicap (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicap - ICIDH), prodotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980 è uno strumento per la classificazione delle conseguenze delle malattie (come lesioni o altri disordini) e delle loro implicazioni nella vita della persona. La distinzione tra menomazione (Impairments), disabilità ed handicap proposta in questo documento rappresenta un contributo metodologico per la definizione dello stato funzionale ed il superamento delle difficoltà connesse all’impiego di strumenti e metodi di valutazione non confrontabili.

La menomazione viene definita come qualsiasi disordine mentale o fisico della struttura e del funzionamento dell’organismo; è caratterizzata da una perdita o un’anomalia anatomica, psicologica, permanente o temporanea, a livello di un tessuto, di un organo o di un apparato. Non va confusa con la patologia, in quanto è la sua conseguenza e si può misurare secondo il livello di compromissione strutturale e funzionale. Secondo l’ICIDH le menomazioni si distinguono in: Menomazioni della capacità intellettiva; Altre menomazioni psicologiche; Menomazioni del linguaggio e della parola; Menomazioni auricolari; Menomazioni oculari; Menomazioni viscerali; Menomazioni scheletriche; Menomazioni deturpanti; Menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo.

La disabilità indica la riduzione o la perdita di capacità funzionali in conseguenza ad una menomazione, in altri termini è la riduzione temporanea o definitiva della capacità funzionale dell’individuo come risultato di una patologia acuta o cronica. Si tratta dell’oggettivazione delle menomazioni nell’attività della vita quotidiana. In rapporto alla classificazione ICIDH si distinguono disabilità nel comportamento; nella comunicazione; nella cura della propria persona, nella destrezza; Locomotorie; dovute all’assetto corporeo; in particolari attività.

L’handicap è lo svantaggio vissuto a causa della/e disabilità e comporta una dissociazione fra la prestazione dell’individuo e ciò che il gruppo a cui appartiene si attende da lui. L’handicap rappresenta così la conseguenza sociale ed ambientale della disabilità. Secondo il documento di classificazione ICIDH è possibile distinguere handicap: 1. Nell’orientamento 2. Nell’indipendenza fisica 3. Nella mobilità 4. Occupazionali 5. Nell’integrazione sociale 6. Nell’autosufficienza economica 7. Altri handicap

Il secondo documento del 2001 “International Classification of Functioning,

Disability and Health” (ICF) ha ribadito l’incidenza dei “fattori ambientali”

indicando, con questa categoria, le caratteristiche del mondo fisico e sociale relative ai cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente. In questo senso i fattori ambientali hanno fatto riferimento nel documento ICF ai servizi, ai sistemi, alle politiche ma anche agli atteggiamenti, ai pregiudizi e alle ideologie che possono condizionare le prestazioni e i risultati degli individui nelle diverse situazioni problematiche che accompagnano quotidianamente il suo percorso di vita. La classificazione nella descrizione dello stato della persona, pertanto, ha fatto emergere costantemente un chiaro riferimento al disturbo strutturale o funzionale, partendo dalla considerazione che lo stato di salute è una condizione complessa che non dipende esclusivamente dal

deficit, in quanto spesso la situazione di handicap non è l’effetto di una menomazione, ma la conseguenza di condizioni sociali inadeguate che impediscono la possibile compensazione di una disabilità102. È quindi il contesto sociale a dover consentire l’ espressione delle abilità diverse e la piena integrazione attraverso la valorizzazione di “contesti ambientali” come quelli corporeo-motori garantendo, preliminarmente, l’eliminazione delle barriere strutturali che possono impedire itinerari didattici adattati e la pratica dello sport e delle attività motorie. Lo sport, può, quindi, rappresentare per il mondo della disabilità un vero incubatore sociale e consentire l’effettiva partecipazione dei soggetti diversamente abili a percorsi integrativi e formativi caratterizzati dalla specificità delle procedure, dei contesti e degli strumenti.

La Comunicazione del 12 maggio 2000, n. 284 - “Verso un’Europa senza ostacoli per

i disabili”, ha ribadito il diritto dei disabili di accedere equamente a tutti gli ambiti

sociali e ha sottolineato l’inaccessibilità di molti ambienti scolastici ed extrascolastici, l’inadeguatezza del sistema e dei suoi sussidi rispetto ad esigenze didattiche speciali, sottolineando la necessità di un impegno diffuso ad elaborare e sostenere una strategia globale per affrontare e superare gli ostacoli che a livello sociale, architettonico e concettuale possano impedire ai disabili di partecipare alle attività sociali103.

Nel 2003 la proclamazione dell’ Anno Europeo dei cittadini disabili in concomitanza “… con il decimo anniversario dell'adozione, da parte dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, delle regole standard sulla parità di opportunità per i disabili, che hanno consentito di compiere progressi importanti in un approccio alla disabilità conforme ai principi dei diritti dell'uomo”104 ha affermato l’importanza del rispetto di obiettivi comuni e la pianificazione di azioni di sensibilizzazione rispetto alle diverse forme di handicap, al contrasto ad ogni forma di discriminazione, al diritto

102 Cfr., O.M.S. (2001).“International Classification of Functioning, Disability and Health” (ICF). 103 Cfr., Direttiva del Consiglio Europeo del 12 maggio 2000, COM. n. 284 - “Towards a Barrier Free

Europe for People with Disabilities”.

104 Decisione del Consiglio Europeo del 3 dicembre 2001, n. 2001/903/EC - “European Year of

dei bambini e dei giovani ad un pari trattamento anche in presenza di un deficit, nei contesti educativi e nella pratica di attività ricreative e sportive 105.

La Decisione del Parlamento Europeo n. 1982/2006/EC e del Consiglio del 18 Dicembre 2006 relativa al Settimo Programma Quadro della Comunità Europea per

la ricerca, e lo sviluppo tecnologico106 ha previsto la pianificazione di buone prassi per gli anni 2007-2013. Il Programma ha evidenziato i progressi della scienza e delle tecnologie e ha sottolineato che la finalità della ricerca e delle azioni politiche comunitarie è quella di aumentare i benefici per tutti nei servizi e nelle infrastrutture attraverso il potenziamento della qualità dei servizi, l’aumento della flessibilità e della sicurezza, la riduzione dei limiti strutturali nelle cure sanitarie, nella mobilità e soprattutto nella vita indipendente e nell’inclusione cercando di ampliare le occasioni di partecipazione nella comunità sociale107.