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Diventare una presenza che disturba I desideri dei cuori dei giovani

Nel documento PROPOSITUM L OBBEDIENZA CARITATIVA (pagine 35-46)

Suor Patricia Hutchison La sfida

Capire il voto di obbedienza alla luce dei valori del Terzo Ordine Regolare: conversione, minorità, contemplazione e povertà, come può influire nel vissuto della vita religiosa e darle forma nel XXI secolo? E una volta capito in cosa consiste il voto di obbedienza, come ciò può costituire un invito rivolto a giovani uomini e donne a diventare membri del Terzo Ordine Regolare che cercano di diventare nel mondo di oggi una presenza che disturba? Ecco gli interrogativi che questo articolo si propone di esaminare. Prima di affrontarli vengono enunciate alcune idee sul significato del voto di obbedienza nella tradizione del Terzo Ordine Regolare; si considera l’affermazione dell’impegno preso dalla CFI-TOR di divenire una presenza che disturba nel mondo di oggi e si riflette sulla croce di San Damiano. A continuazione si presenta quanto emerso da due studi recenti: una visione delle vocazioni alla vita religiosa dal 1993, studio svolto dal Center for Applied Research in the Apostolate (CARA), dalla National Religious Vocation Conference (NRVC)1, e le conclusioni sullo studio della spiritualità di studenti parauniversitari, svolto nell’ Higher Education Research Institute (HERI) dell’

University of California Los Angeles (UCLA)2. L’articolo si conclude suggerendo che la comprensione dell’obbedienza evangelica e il desiderio del Terzo Ordine Regolare di diventare nel mondo di oggi una presenza che disturba rispondono agli aneliti più profondi dei nuovi membri delle congregazioni religiose e di altri giovani, uomini e donne, che cercano di scoprire come scegliere una vocazione che permetta loro di vivere con senso e significato. Ma prima, una parola sulla prospettiva.

Una prospettiva tra molte

Vari anni or sono, essendo direttrice di una scuola elementare, osservavo un insegnante che stava dando una lezione di arte sulla prospettiva. L’aula dove si svolgeva la lezione si trovava al secondo piano di un edificio di due piani. Dopo aver spiegato la prospettiva ed aver presentato alcuni esempi, l’insegnante invitò gli alunni a collocarsi lungo il lato della finestra dell’aula e di disegnare una cupola che spuntava da un edificio che si trovava a 500 metri, circa.

Dopo, l’insegnante disse agli studenti che dovevano disegnare la cupola da diversi punti. Dopo trenta minuti, gli studenti ritornarono in classe, al secondo piano, disposero sui tavoli i loro disegni e discussero l’esperienza. Era ovvio che gli studenti “si fecero” un’idea che “quello che vedi dipende da dove ti trovi”. Inoltre, colsero anche il concetto secondo cui per “vedere” un oggetto, colui che guarda deve muoversi attorno e considerare l’oggetto da angolature diverse. Questa semplice lezione è rimasta scolpita nella mia mente per più di tre decenni diventando un’importante metafora sull’importanza della prospettiva.

All’inizio di questa riflessione, devo ammettere che non posso parlare per tutti i/le religiosi/e americani del Terzo Ordine Regolare. La mia prospettiva sul voto di obbedienza e sul “divenire una presenza che disturba” è modellata dall’età, dalla mia famiglia di origine, dall’educazione, dall’apostolato, dal carisma della congregazione TOR a cui appartengo, dalle attività apostoliche in cui sono stata coinvolta e da altri fattori troppo numerosi per poter essere tutti enunciati. Scrivo in qualità di membro di una congregazione femminile del Terzo Ordine Regolare, fondata a Filadelfia nel XIX secolo. Sono entrata nella vita religiosa quando avevo 17 anni, subito dopo il Concilio Vaticano II. Il servizio nella congregazione religiosa e in tutti i livelli dell’educazione mi ha portata a percorrere gli Stati Uniti in lungo e in largo. Attualmente sono in contatto giornaliero con studenti universitari e laureate.

Queste esperienze e le voci di coloro che ho incontrato nel corso

della mia vita modellano e in un certo senso limitano le mie riflessioni.

L’ “obbedienza d’amore” alla luce dei valori del TOR

L’ “obbedienza d’amore” a cui Francesco chiama i suoi seguaci suppone seguire fedelmente le orme di Gesù che si identificò con persone povere e oppresse, vulnerabili e prigioniere, e che proclamò la missione di annunciare la buona novella dell’amore di Dio a tutti, specialmente a coloro che sono nei margini (Luca 2, 14-21). Imitando l’esempio di Gesù, povero ed umile, (Filippesi 2, 5-11), questa obbedienza ci conduce a cercare di conoscere soprattutto i desideri di Gesù per noi e per il nostro mondo e poi di scegliere e di agire in conseguenza. Questa obbedienza richiede contemplazione, coltivare un cuore capace di ascoltare e che “si inclina costantemente per cogliere i movimenti dello Spirito” (Jessica Powers, “To Live with the Spirit,” stanza 1) e che conduce naturalmente alla conversione.

L’edizione del 1966 del Commento sulla Regola e Vita dei Fratelli e delle Sorelle del Terzo Ordine Regolare di San Francesco sottolinea che “la cornice dell’obbedienza evangelica è la fratellanza”3 . Per conoscere, quindi, i desideri che Dio nutre per noi e per il nostro mondo, abbiamo bisogno di preghiera e di discernimento personale e comunitario. Insieme, nella preghiera personale e comunitaria, cerchiamo di conoscere la volontà di Dio. insieme cerchiamo di discernere come rispondere opportunamente. L’ “obbedienza d’amore” esige dai fratelli e dalle sorelle l’impegno ad una preghiera profonda, ad una conversione continua caratterizzata dal rispetto mutuo e dall’apertura alla visione e alle voci di tutti. Questa obbedienza richiede “di inclinarci per cogliere il movimento dello Spirito” che è presente “nel mondo tale e quale come oggi lo conosciamo e sperimentiamo”4

L’ “obbedienza d’amore” inquadra anche il modo in cui i seguaci di Francesco devono relazionarsi gli uni gli altri e con tutti. Nella

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tradizione francescana, non c’è posto per il dominio e la superiorità.

Bensì ogni persona, indipendentemente dal suo ruolo o dalla sua posizione, è chiamata ad assumere l’atteggiamento di Gesù che si inchinò per lavare i piedi dei suoi discepoli dando così testimonianza del servizio d’amore a cui tutti siamo chiamati.

Diventare nel mondo di oggi una presenza che disturba

Cosa significa essere una “presenza che disturba” come lo furono Gesù di Nazaret, Francesco e Chiara di Assisi? Anche se dodici secoli separavano le loro vite, Gesù, Francesco e Chiara ebbero molto in comune. Tutti e tre “insegnarono” per mezzo del modo in cui vissero. Anche se ognuno di loro trasmise ai suoi immediati seguaci ed a noi parole, sermoni e storie, sono soprattutto le loro azioni che ispirano ad imitarli. Tutti e tre hanno abbracciato la vita di preghiera, cercando con determinazione come equilibrare l’attività con il silenzio e la contemplazione. Tutti e tre hanno riunito attorno a loro sorelle e fratelli con cui hanno condiviso e modellato la loro vita, la loro visione e i loro sogni. Tutti e tre hanno teso la mano a coloro che si trovavano al margine delle loro società. A suo modo, ciascuno di loro ha difeso le vittime dell’ingiustizia, dell’intolleranza o dell’oppressione. Ognuno di loro ha attraversato la soglia per promuovere nuovi modi di pensare e di agire. E dinanzi alla violenza, ognuno di loro ha scelto di rispondere con amore. Basta ricordare gli incontri con persone “dallo spirito impuro”, i peccatori, gli esattori, i lebbrosi, i Samaritani, le donne, gli invasori Saraceni, il lupo di Gubbio, il sultano d’Egitto, o i leaders delle chiese di Roma e della Giudea. Tra l’altro ognuno di loro visse e parlò sfidando lo

“status quo,” pronunciò verità scomode, abbracciò coloro che altri avevano dimenticato e non cessarono mai di amare e di perdonare.

E tutti e tre sperimentarono ciò che Francesco definirà come “la perfetta letizia”, cioè la capacità di continuare a vivere con speranza e con fiducia anche quando si è incompresi e rifiutati dalle persone più vicine, come successe a loro.

Nella dichiarazione del 2009, la leadership della CFI-TOR si impegnò e invitò i membri della Conferenza a guardare insieme e a rispondere con fede e azioni ad un mondo “disturbato da sfide sociali, economiche, ecclesiali, tecnologiche, politiche e legali”.

Ironicamente, il loro messaggio sfida le sorelle e i fratelli del Terzo Ordine ad essere “disturbati” e a diventare “presenza che disturba”.

E paradossalmente questo invito è anche il cammino verso la speranza in mezzo a un mondo che può sembrare senza speranza, di fronte a divisioni interpersonali schiaccianti, di fronte alla povertà, alla guerra, alla distruzione ambientale, ad abusi di tutti i tipi e al tradimento della fiducia da parte di coloro che detengono il potere.

Questa chiamata può essere anche esattamente ciò che oggi attira l’immaginazione, la passione e l’impegno di giovani, donne e uomini, e che accende i cuori dei membri giovani che giungono nelle comunità religiose.

La Croce di San Damiano: l “Obbedienza d’amore” e l’ “obbedienza d’Amore”

Nell’introduzione al numero di Propositum di Settembre 2009, il presidente James Puglisi, SA, allaccia la chiamata a divenire

“una presenza che disturba nel mondo di oggi” con l’incontro che Francesco e Chiara ebbero con Cristo. Padre Puglisi ricorda l’esperienza di Francesco dinanzi alla croce nella chiesa cadente di San Damiano ed anche il consiglio di Chiara: “guardare, considerare e contemplare” Cristo. Possiamo immaginare le ore infinite che Francesco e Chiara hanno trascorso in preghiera dinanzi a questa

“icona francescana centrale”5

Le braccia allargate e gli occhi spalancati di Cristo riempirono il cuore di Francesco di amore, di tristezza e di gratitudine…

Non era questa, ovviamente, la prima volta in cui Francesco . Michael Hubaut, OFM, coglie bene ciò che deve avere impressionato Francesco quel movimentato giorno in cui vide con occhi nuovi Gesù incarnato e udì con orecchie nuove l’appello a ricostruire la casa di Dio.

guardava un Crocifisso… Ma quel giorno, Francesco fu illuminato dallo Spirito Santo e vide il vero volto di Cristo crocifisso, un volto vivo rivestito di una bellezza semplice, ma maestosa. Fu colpito dal fatto che Dio avesse un volto e che Lui guardava il nostro mondo mediante occhi umani, che ci parlasse con parole umane6

Ingrid Peterson, OSF asserisce il significato della croce di San Damiano nella vita di Chiara: “La spiritualità di Chiara rispecchia lo spirito della croce di San Damiano, perché è centrata nel Cristo crocifisso del tempo, le cui virtù devono essere imitate lungo il cammino umano, e al contempo nella Gerusalemme celeste, che risplende nella gloria di Dio”.

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Il Commento della Regola TOR, scritto nel 1996, sostiene che il Vangelo di Giovanni offre “un ritratto profondo dell’obbedienza che Gesù tributa al suo ‘Abba’/Padre.

Sembra opportuno allora riflettere sulla Croce di San Damiano come un testo visivo che allaccia l’obbedienza nella tradizione francescana con l’impegno della CFI-TOR di diventare una presenza che disturba nel mondo di oggi.

8 Allo stesso modo, Michael Guinan, OFM, ci ricorda che il Vangelo di Giovanni è la lente attraverso cui possiamo interpretare il crocifisso di San Damiano.

Nella sua introduzione allo studio di Guinan, Joseph Chinnici, OFM, incoraggia a meditare “sull’icona della croce avendo negli occhi le immagini di Francesco e servendoci dei temi della passione del Vangelo di Giovanni.”9 Nella sua spiegazione della croce di San Damiano, Guinan traccia la narrazione della passione iniziando con l’Ultima Cena attraverso la sofferenza e la morte di Gesù. Come Guinan indica, la croce di San Damiano, come il Vangelo di Giovanni, non termina con la sofferenza e la morte, bensì passa alla risurrezione e all’ascensione e al riconoscimento di Gesù quale

“gloria di Dio” in mezzo a noi.10 La croce di San Damiano, come spiega Guinan, rappresenta tutta la comunità di fede che Gesù riunì attorno a lui. Nella sua introduzione all’opera di Guinan, Chinnici nota l’accento tipico della tradizione spirituale francescana sulla

“nuova famiglia di Cristo,” una fraternità di amici – “uomini e donne, Giudei e Gentili, nubili e sposati, vecchi e giovani, benestanti e poveri, tutti invitati insieme alla vita stessa di Dio.”11 Chinnici suggerisce che la comunità di uguali, rappresentata attorno a Gesù, si poté creare solo grazie “a un amore disposto a darsi per gli altri.”12

Nel suo libro Finding Francis, Following Christ, Michael Crosby, OFM Cap, ricapitola l’interpretazione della croce di San Damiano alla luce del Vangelo di Giovanni. Crosby è d’accordo con l’interpretazione offerta da Guinan secondo cui Francesco considerò tutta la Creazione come casa di Dio e tutte le creature come membri di una unica dimora.

E così la croce di San Damiano esemplifica l’obbedienza di colui il cui nome è Amore.

13 Crosby asserisce che la casa che Francesco è invitato a ricostruire include “la propria casa, i nostri rapporti con gli altri e, naturalmente, con la creazione.”14 Anche se si può dibattere sul fatto che alcuni accolsero bene l’idea di riparare e ricostruire, le azioni di Francesco disturbarono molti in Assisi. E la presenza di una persona che osa suggerire che qualcosa o qualcuno ha bisogno di riparazione spesso è percepita come “disturbante.”

Il nesso con le domande e i sogni dei giovani (e non tanto giovani) Dallo studio sui Nuovi Membri che entrano nella Vita Religiosa.

Nel 2008, il Center for Applied Research in the Apostolate (CARA) e la National Religious Vocation Conference (NRVC) svolsero uno studio “per identificare e capire le caratteristiche, gli atteggiamenti e le esperienze di uomini e donne che entrano nella vita religiosa oggi e le caratteristiche e le pratiche degli istituti religiosi che stanno attraendo con successo nuovi candidati e accogliendo nuovi membri.”15 Lo studio si è centrato su donne e uomini che stanno seguendo ora programmi di formazione e su coloro che hanno professato un impegno definitivo nelle loro congregazioni religiose, dal 1993 in poi.

Anche se i risultati non sono stati divisi secondo il carisma delle congregazioni, è ragionevole pensare che le conclusioni possono applicarsi a uomini e donne del Terzo Ordine Regolare. Malgrado la loro diversità in termini di età, di sfondo razziale ed etnico, e di esperienza di vita, i/le partecipanti allo studio tendono a essere d’accordo sui fattori principali che inizialmente li hanno attratti verso la vita religiosa e che continuano a sostenerli nel loro impegno: la preghiera personale e comunitaria e la vita in comunità.

Inoltre, i rispondenti esprimono la preferenza di svolgere le attività apostoliche con membri della stessa congregazione e/o in apostolati patrocinati dalle loro congregazioni. I nuovi membri valutano positivamente il fatto di avere uno “scopo comune e di fare parte di qualcosa più grande di loro.”16 Secondo lo studio svolto da CARA, molti nuovi membri apprezzano “la dimensione spirituale della vita religiosa che consiste nel seguire la chiamata di Dio.”17

Trovo molto gratificante il nostro profondo anelito di cercare insieme Dio e ciò a cui Dio ci sta chiamando in questo tempo e luogo. Trovo profondamente soddisfacente il nostro desiderio comune di tendere la mano a coloro che sono nel bisogno tra noi, e la gioia di avere la possibilità di farlo insieme.

Inoltre i rispondenti identificano il valore del servizio e l’apertura verso gli altri , incluso il senso di “essere testimoni dinanzi a Dio e agli altri.”

Nelle parole di un nuovo membro:

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Uno studio sulla spiritualità e di studenti universitari

Nel 2003, l’Higher Education Research Institute (HERI) dell’

University of California, Los Angeles (UCLA) iniziò uno studio per indagare l’impatto dell’esperienza universitaria sulla crescita spirituale e religiosa degli studenti. Lo studio rispecchia l’esperienza di 14.527 studenti di 136 istituti e università negli Stati Uniti. I risultati dello studio affermano che la spiritualità è essenziale nella vita degli studenti. Oltre i due terzi degli studenti oggetto del sondaggio indicano che valutano positivamente la dimensione

spirituale della loro vita e accolgono l’opportunità di discutere la spiritualità e le questioni di significato e di scopo. Tra le pratiche apprezzate dagli studenti e considerate utili e lodevoli per promuovere il loro benessere emotivo, psicologico e spirituale sono enumerate: l’impegno con popoli, culture e idee diverse; il coinvolgimento nel servizio agli altri; la meditazione e la riflessione personale e le occasioni per esaminare “grandi questioni” connesse al significato e allo scopo della vita. Anche se lo studio HERI non era indirizzato a studenti cattolici o a studenti che avessero indicato di essere interessati alla vita religiosa, i risultati suggeriscono che la generazione odierna di uomini e donne apprezza il silenzio e il tempo per riflettere. L’indagine condotta da UCLA conferma che i giovani di oggi, che spesso appaiono “interfacciati” e disinteressati ad una comunicazione faccia a faccia, in realtà desiderano condividere i loro interrogativi, le loro aspirazione e i loro sogni con altre persone. Allo stesso tempo, lo studio sostiene l’importanza di quanto descritto da Sharon Daloz Parks: come “gli incontri con l’alterità” sono, come lei afferma, “le fonti più copiose di questioni vitali, trasformanti, che aprono cammini a significati che possono formare e sostenere l’impegno per il bene comune.”19 Secondo Parks, “la fede si sviluppa nella frontiera con l’alterità, quando si diventa vulnerabili al fatto che l’altro esiste, e quindi vulnerabili a ri-immaginare se stessi, l’altro, il mondo e ‘Dio’.”20

Conclusione

Oggigiorno i nuovi membri delle congregazioni religiose negli Stati Uniti sono alla ricerca di spazi in cui è possibile alimentare, in senso profondo, sia la preghiera personale che la comunitaria.

Desiderano vivere e svolgere il loro apostolato con donne e uomini che apprezzano la comunità e che dedicano tempo a tessere relazioni significative. Aspirano a servire gli altri, specialmente i più vulnerabili. Vogliono discernere con altri come idividuare e seguire la chiamata di Dio.

Anche studenti universitari che stanno cercando di capire che direzione prenderà la loro vita, aspirano ad avere tempo per riflettere e per meditare. Accolgono la sfida delle “grandi questioni”. Sanno che hanno solo una vita e sognano di investirla al meglio. E cercano mentori che li aiutino a dare un senso e uno scopo alla loro vita.

Queste persone si sentono attratte dal concetto di obbedienza che è amore umile che si inclina per lavare i piedi dei fratelli e delle sorelle. Sono sedotti dal concetto di obbedienza che suppone cercare insieme un significato e una direzione comune. Il concetto di obbedienza, che è fatto di mutualità e di reciprocità, offre significato e scopo.

I nuovi membri della vita religiosa e i giovani che si sentono già disturbati da tante cose che vedono e sperimentano nel mondo attorno a loro si riempiono di energia quando scorgono la possibilità di unirsi ad altri per cambiare qualcosa. E per una giovane generazione priva di simboli significativi, la croce di San Damiano costituisce una potente memoria visiva del potere sanante dell’Amore. Forse questi giovani, uomini e donne, aspettano solo l’invito a scoprire di più su questo Dio d’Amore, a proclamare di più la Buona Novella d’Amore, a proteggere e interessarsi di più della Creazione, a relazionarsi di più con i fratelli e le sorelle del mondo, e a capire di più le loro lotte per la giustizia, i loro aneliti di pace e i sentieri che percorrono.21

1 Lo studio su Recent Vocations to Religious Life: A Report to the National Religious Vocation Conference, 2009 è a disposizione sul sito www.NRVC.com

2 I risultati dello studio HERI saranno pubblicati prossimamente nel libro di Alexander W.Astin, Helen S. Astin, e di Jennifer A. Lindholm, Cultivating the Spirit:

How College Can Enhance Students’ Inner Lives (San Francisco: Jossey Bass, 2010).

Informazioni sullo studio sono a disposizione sul sito http.//spiritualità.ucla.edu/

3 Regola e Vita dei Fratelli e delle Sorelle del Terzo Ordine di San Francesco, Commento americano/inglese a cura di Margaret Camey, OSF e di Thaddeus Horgan, SA (Washington, DC: Franciscan Federation, 1997).

4 Dichiarazione della CFI-TOR a disposizione in Propositum, Vol. 12, No.1, Settembre 2009, a disposizione in://www.ifc-tor.org/pub-en-prop2009-09.htm

5 Michael D.Guinan, The Franciscan Vision and the Gospel of John (St.Bonaventure, NY: The Franciscan Institute, 2006), 2.

6 Michael Hubaut, Christ our Joy:Learning to pray with St. Francis and St.Clare, Greyfriars Review 9 Supplement (1995): 17-18

7 Ingrid J.Peterson, Clare of Assisi: A Biographical Study (Quincy, IL: Franciscan Press, 1993), 291.

8 Commento della Regola Regola e Vita, 65

9 The Franciscan Vision and the Gospel of John, vi

10 The Franciscan Vision and the Gospel of John,17

11 The Franciscan Vision and the Gospel of John, viii-ix

12 The Franciscan Vision and the Gospel of John, ix

13 Michale H. Crosby, Finding Francis, Following Christ, Maryknoll, NY: Orbis, 2007), 51

14 Crosby,54

15 Recent Vocations to Religious Life,4.

16 Recent Vocations to Religious Life, 97.

17 Recent Vocations to Religious Life, 97.

18 Recent Vocations to Religious Life, 98.

19 Sharon Daloz Parks, Big Questions: Worthy Dreams (San Francisco: Jossey-Bass, 2000), 139

20 Parks, 141.

21 Adattato da Margaret Eletta Guider, OSF, “The Canticle of Disturbing Presence,”

21 Adattato da Margaret Eletta Guider, OSF, “The Canticle of Disturbing Presence,”

Nel documento PROPOSITUM L OBBEDIENZA CARITATIVA (pagine 35-46)