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PROPOSITUM L OBBEDIENZA CARITATIVA

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Academic year: 2022

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PROPOSITUM

“L’OBBEDIENZA CARITATIVA”

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Propositum È una rivista di spiritualitj e storia del Terz`Ordine Regolare, publicato dal Dipartimento “Spirito e Vita” della Conferenza Francescana Internazionale dei Fratelli e delle Sorelle del Terz`Ordine Regolare di San Francesco, Piazza del Risorgimento 14, 00192 Roma, Italy.

La Rivista viene pubblicata in Francese, Inglese, Italiano, Spagnolo e Tedesco. La versione in lingua Portoghese è possibile trovarla sul sito della Conferenza www.ifc-tor.org

Propositum prende il nome e l`ispirazione dal “Franciscanum vitae propositum”, il Breve apostolico dell`8 dicembre 1982 con il quale Papa Giovanni Paolo II approva la Regola e Vita dei Fratelli e delle Sorelle del Terz`Ordine Regolare di San Francesco.

Per informazioni riguardanti la pubblicazione, scrivere a:

secretary@ifc-tor.org Piazza del Risorgimento, 14 00192 Roma, ITALIA

Tel. + 3906.39723521 Fax: + 3906.3976.0483 www.ifc-tor.org

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Introduzione 2

Fr. James F. Puglisi, SA - Presidente, CFI-TOR

L’Allegoria dell’Obbedienza negli affreschi della Basilica inferiore di

San Francesco ad Assisi 6

Dott.sa Loredana Nepi

Il Voto di Obbedienza nella Provincia del Terz’Ordine

Regolare in Croazia 10

Fr. Antun Badurina, TOR

L’Obbedienza d’amore, Diventare una presenza che disturba,

I desideri dei cuori dei giovani 32

Suor Patricia Hutchison

Il Voto di Obbedienza nelle Culture Africane:

una sfida per giovani: uomini e donne, per divenire

una presenza che disturba nel mondo di oggi. 43

Suor Loice Kashangura, FMSA

Uno Sguardo nuovo sull'Obbedienza nella Vita Consacrata 49 Mathew M. Vallipalam o.f.m., Cap.

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Editoriale

La maggior parte dei religiosi concorda nel dire che vivere nel mondo di oggi la vita evangelica, la vita secondo i voti, suppone andare incontro a molte sfide. Dopo l’ultima Assemblea della Conferenza Francescana Internazionale svoltasi a Maggio del 2009, il Consiglio della CFI ha deciso di continuare ad approfondire come la vita evangelica francescana TOR può divenire una presenza che disturba nel XXI secolo, così come lo è stata, nel loro tempo, la vita di Francesco e di Chiara.

Abbiamo deciso di approfondire i tre voti che professiamo e i quattro valori fondamentali della Regola. Nel farlo, abbiamo scoperto con evidenza che fin dal primo momento in cui la forma di vita è giunta a noi, è stata influenzata dal filtro culturale europeo medievale, e cioè a partire dal XIII Secolo. Ci siamo chiesti: “Cosa significano l’obbedienza, la povertà e la castità nel XIII secolo in culture che non sono europee o occidentali e come si vivono?” Per questo motivo abbiamo chiesto a fratelli e sorelle di diverse culture di aiutarci a riflettere sul significato dei voti e su come sono percepiti nelle varie culture come valori che interpellano. Lo scopo ultimo di questi studi è quello di capire come i consigli evangelici possono costituire una presenza che ispira e che invita i giovani a voler vivere i voti secondo nuove forme di vita consacrata, basate sul nostro carisma francescano TOR.

In questo numero esaminiamo il voto di obbedienza considerando come la scuola di Giotto presenta l’allegoria della santa obbedienza vissuta da Francesco. La Dr.sa Loredana Nepi ha fatto ricerche sul significato simbolico, artistico e teologico di questo pannello della volta sull’altare nella Basilica inferiore di San Francesco, che si trova ad Assisi.

Cominciamo con l’Europa con l’articolo di Antun Badurina,

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TOR, dalla Croazia. L’autore cerca di descrivere da un punto di vista storico come si viveva l’obbedienza nel processo di formazione, collocandola nel contesto del patrimonio spirituale della sua Provincia e nella scia della tradizione del TOR. Conclude con alcune osservazioni molto personali su come si impara ad obbedire e come si vive l’obbedienza nella sua cultura: in primo luogo praticando l’arte dell’ascolto, poi approfondendo l’aspetto cristologico dell’obbedienza, in terzo luogo attraverso la conoscenza della Regola e delle Costituzioni e, infine, mediante una formazione permanente nella pratica dell’obbedienza.

Il secondo articolo scritto da Suor Patricia Hutchison delle Suore di San Francesco di Filadelfia e direttrice dell’Istituto Neumann per gli Studi Francescani ad Aston, PA, allarga gli orizzonti esaminando i problemi dei giovani che, in America del Nord, vivono in un contesto di rapidi cambiamenti. Come possono vivere una

“obbedienza d’amore” quando la società in cui sono stati formati presenta ambivalenze rispetto a queste due realtà? Suor Patricia esamina problemi chiave che indicano la difficoltà ad attrarre e formare giovani donne e uomini all’obbedienza religiosa in modo che possano diventare una presenza che oggi disturba la società moderna nordamericana.

Sr. Loice Kashangura, delle Suore Francescane Missionarie di Africa, FMSA, insegna nel Centro di Formazione San Buonaventura, dipartimento di Filosofia, che si trova a Lusaka, Zambia. Nel suo articolo riflette sui valori tradizionali che si trovano tra le popolazioni Shona e servono da sfondo per capire come gli africani percepiscono e vivono l’obbedienza secondo la loro coscienza e mentalità. Il rispetto e l’obbedienza sono molto uniti in questo contesto culturale. L’ascolto è una forte componente della struttura delle società africane. Ciò che bisogna imparare e praticare è il giusto equilibro tra l’autorità verticale e orizzontale che viene dallo strato culturale africano e l’inserimento della vita religiosa in queste culture. L’articolo finale scritto da Fra Mathew M. Vallipalam, o.f.m. Cap., India, direttore del Centre for Religious Research,

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Gethsemany, Changanacherry in India, esamina in modo sistematico il voto di obbedienza così come viene vissuto in India.

Confrontando la cultura non cristiana con la cultura della Vita Religiosa impariamo molte differenze che sono essenziali tra uno stile di vita religiosa buddista o uno stile di vita religioso cristiano.

Spesso non ci sono strutture parallele tra la vita religiosa buddista e cristiana. L’India è un vasto paese in cui non c’è solo una cultura dominante, ma ce ne sono molte. Questo fattore può rendere difficile capire e vivere la vita religiosa e come formare uomini e donne per la vita religiosa. Dopo il rinnovamento del Concilio Vaticano II, il contesto culturale indiano offre molte sfide, ma anche nuovi modi di vivere il voto di obbedienza.

Fr. James F. Puglisi, SA Presidente, CFI-TOR

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L’Allegoria dell’Obbedienza negli affreschi della Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi

Dott.sa Loredana Nepi Breve analisi iconografica

Assisi, Basilica inferiore di San Francesco, Volta d’incrocio, Maestro giottesco (Maestro delle Vele), Allegoria dell'Obbedienza, 1315- 1320 ca.

Nella crociera del transetto della basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi sono dipinte le Allegorie della Povertà, dell’Obbedienza e della Castità e S. Francesco in gloria. Sull’attribuzione e datazione di questi affreschi si è molto dibattuto, ma l’opinione su cui sembra si sia assestata la critica è che gli affreschi siano opera della bottega di Giotto. In particolare, per gli affreschi della crociera viene indicato come autore il cosiddetto Maestro delle Vele e la datazione si attesta intorno al secondo decennio del Trecento.1

L’affresco della Allegoria dell’Obbedianza è accompagnato da una iscrizione che ne illustra il significato e a cui si farà riferimento nel testo.

Il vertice della composizione è occupato dalla rafficurazione di S.

Francesco che porta sulle spalle un giogo i cui fili sono tenuti da due mani che escono dall’angolo superiore della vela. Francesco reca le stimmate ed ha il capo circondato dall’aureola. Lo affiancano due angeli inginocchiati che recano due cartigli: nella pergamena a sinistra si legge: “Tollite jugum obedientie super vos”, mentre il cartiglio a destra recita: “…istum per crucem penitentie”.2

La presenza di Francesco recante le stimmate, sigillo impresso da Cristo stesso nella sua carne, e il giogo retto da mani divine confermano che la Regola sia stata direttamente ispirata e approvata da Dio. Il legame tra le stimmate e l’approvazione della Regola è illustrato da Bonaventura nella Legenda major (IV, 9-10), di cui questa immagine sembra la perfetta trasposizione figurativa.3

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Francesco è in piedi sul letto di una sorta di loggiato che ospita il centro della composizione. Il loggiato delimita un ambiente che ricorda un presbiterio, con un sedile che corre lungo tutta la parete di fondo, come in un coro, sulla quale si vede abbozzata la parte inferiore di un Crocifisso dipinto affiancato da due figure, forse la Vergine e S. Giovanni.

Al centro del loggiato siede l’Obbedienza, in abito di religioso con cappuccio sul capo e un mantello. Essa è alata, un dettaglio che potrebbe essere stato ispirato dalla descrizione dei voti francescani data da Ubertino da Casale nel suo Arbor vitae crucifixae Jesu, composto nel 1305: “L’Obbedienza è alata, perché non solo operando e pregando obbedisce fino alla perfezione, ma converte anche il prossimo a fare altrettanto, predicando, pellegrinando e conversando”.4

Con l’indice della mano sinistra l’Obbedienza fa cenno di tacere al frate inginocchiato di fronte a lei. Il gesto illustra il verso dell’iscrizione che accompagna l’affresco: “linguam silens clarificat”.

Con la mano destra l’Obbedienza porge il giogo al frate che lo riceve e si china per metterlo sulle spalle con le sue stesse mani. Il gesto è altamente significativo: il frate volontariamente si assoggetta all’Obbedienza.

A sinistra accanto all’Obbedienza è seduta la Prudenza, raffigurata come una donna dal doppio viso giovane e vecchio con una corona sul capo. Nella mano destra ha un compasso e con la mano sinistra tiene uno specchio rivolto verso il frate inginocchiato ai piedi dell’Obbedienza. L’iscrizione descrive la Prudenza come capace di prevedere gli eventi futuri, conoscere gli eventi presenti e dimenticare gli eventi del passato e di regolare come un compasso tutto quanto si debba fare. Lo specchio, definito nell’iscrizione speculum virtutis, allude alla conoscenza di sé a cui la Prudenza conduce.

A destra dell’Obbedienza è inginocchiata l’Umiltà, nella figura di una giovane donna che abbassa lo sguardo verso terra e tiene nella mano destra una candela.

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In primo piano a sinistra un angelo inginocchiato introduce due giovani, prendendo il primo per il polso. Sulla identità dei due personaggi si è molto discusso. Essi sono stati interpretati come due postulanti in procinto di entrare nell’Ordine, ma, in base alla posizione che occupano nella composizione e al gesto dell’angelo, tradizionalmente riservati ai donatori di una immagine sacra, il giovane accanto all’angelo è stato identificato con il cardinale Napoleone Orsini, committente della cappella di S. Nicola nel transetto nord della basilica inferiore.5

A sinistra un angelo inginocchiato si volge verso una figura simile ad un centauro dalla coda leonina, coperta da un manto regale, che invece si torce in direzione opposta rispetto al centro della scena.

Questa figura mostruosa viene tradizionalmente interpretata come l’Orgoglio, in opposizione alla virtù dell’Umiltà che nella composizione la sovrasta.

Completano la composizione a destra e a sinistra due schiere di angeli inginocchiati. I due angeli alle estremità opposte della composizione tengono in mano un oggetto simile ad una cornucopia che farebbe pensare al rhyton, il corno dell’olio sacro per ungere i re.6

1 A. Tomei. “La decorazione della Basilica di San Francesco ad Assisi come metafora della questione giottesca”, ImagoRomae [in linea] il 22 febbraio 2009.

http://www.imagoromae.com/public/ftp/fotoDiServizio/files/Giotto/Saggio_Ales sandro_Tomei.pdf . Consultato il 5 novembre 2010.

2G. Salvadori. “Le vele d’Assisi e la poesia di Dante”, Rassegna contemporanea, 4, 7 (1911) 21.

3Ad cuius observantiam fratres ferventer inducens, dicebat, se nihil ibi posuisse secundum industriam propriam, sed omnia sic scribi fecisse, sicut sibi fuerant divinitus revelata. Quod ut certius constaret testimonio Dei, paucis admodum evolutis diebus, impressa sunt ei stigmata Domini Iesu (cfr. Gal 6,17) digito Dei vivi (cfr. Apoc 7,2) tamquam bulla summi Pontificis Christi ad confirmationem omnimodam regulae et commendationem auctoris, sicut post suarum enarrationem virtutum suo loco inferius describetur.”

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4 E.Lunghi. “L’influenza di Ubertino da Casale e di Pietro di Giovanni Olivi nel programma iconografico della chiesa inferiore del S. Francesco ad Assisi”, Collectanea Franciscana 67 (1997) 173-174.

5 Ibidem, 176-177.

6 G. Salvadori. “Le Vele di Assisi”. Cit., 20.

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Il voto di Obbedienza nella Provincia del Terz’Ordine Regolare in Croazia

Fra Antun Badurina, TOR 1. Introduzione

Nella mia Provincia1

Nel passato, mi ricordo, che le opportunità offerte a tutti per conoscere la teologia del voto di obbedienza e per verificarne la prassi erano molto più frequenti: la lettura della letteratura spirituale durante il pranzo (nel noviziato); la lettura della Regola e delle Costituzioni in tutte le comunità al venerdì; la «lettura spirituale» comune, una mezzora, in tutti i periodi della formazione iniziale; l'esame di coscienza pubblico negli incontri penitenziali che il più spesso riguardava l'esercizio dei voti e dell'orario giornaliero; i colloqui personali con il formatore e col ministro e le loro ammonizioni. «Il culto della Regola» e «Il culto dei voti»

oggi si parla di voti religiosi in genere, compreso il voto di obbedienza, più sistematicamente nel noviziato e negli esercizi spirituali prima della professione e, qualche volta, nei ritiri spirituali nel corso della vita religiosa dopo la professione.

Tutta la formazione successiva è lasciata alla iniziativa personale, all'interesse dei singoli e alla cura dei ministri provinciali e del governo provinciale; il più delle volte se ne parla quando bisogna risolvere qualche situazione di disubbidienza religiosa.

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Quando mi è stato proposto di scrivere per la rivista Propositum come il voto di obbedienza viene vissuto nella nostra cultura, mi sono reso conto che questo compito supera le mie capacità perché sottointende accertamenti culturali, sociologici, psicologici e antropologici più profondi, conoscenza delle mentalità delle regioni singole di Croazia e, persino, alcune ricerche della situazione di fatto. Quando, però, mi e stata lasciata la libertà di elaborare il tema secondo le mie possibilità, ho deciso di offrire ai lettori quello che posso: una informazione sulla situazione nella erano i temi più frequenti nelle occasioni menzionate.

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Provincia Croata di S. Girolamo – seguendo le differenze, sopra menzionate, tra l'atteggiamento odierno e quello precedente nei confronti dei voti. Lo farò dal punto di vista della mia formazione alla vita religiosa e dell'esperienza acquisita dai compiti di educatore e di superiore. Questa esperienza si riferisce alla prassi. L'impatto con una serie di reazioni diverse dei singoli candidati alla vita religiosa e dei frati nel campo del voto di obbedienza non è facile ridurlo a un denominatore comune. Ritengo utile aggiungere anche uno sguardo retrospettivo al patrimonio spirituale della Provincia che ha formato i nostri atteggiamenti.

L'accettare il rischio dello scrivere sul voto di obbedienza nonostante il sentimento di inadeguatezza lo vivo anche come un atto di obbededienza, molto simile al racconto del piantare il cavolo a rovescio, come fece san Francesco quando mise alla prova due giovani che volevano entrare nell'Ordine.3

2. La visione del voto di obbedienza nel corso della formazione personale

Sono entrato nella comunità religiosa all'età di undici anni e mezzo ed era per me del tutto naturale ubbidire ai più anziani, come a casa obbedivo ai genitori e come ricevevo i rimproveri in caso che non avessi ubbidito. Gli anni e la dimenticanza hanno cancellato possibili ricerche e scoperte giovanili. I ricordi circa la conoscenza del voto di obbedienza si sono condensati e legati a due nomi, a due maestri di obbedienza in tutto il periodo della mia formazione alla vita religiosa. Questi sono: P. Alfonso Rodriguez (1526-1616), gesuita, nel noviziato, e P. Lothar Hardick, OFM, nel periodo della professione temporanea.

Nel corso di tutto l'anno del noviziato (1963/64) leggevamo nel refettorio durante il pranzo il famoso libro del P. Rodriguez Esercitati nella perfezione e nelle virtù cristiane4 e commentavamo tra noi gli esempi pittoreschi con cui l'autore aveva illustrato le sue esposizioni. Come non notare gli anedotti sull'obbedienza perfetta o

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''cieca'' e sui metodi educativi strani dei primi monaci che ordinavano ai loro discepoli «molto spesso quello che a prima vista sembrava irragionevole e folle per metterli alla prova e vedere se potevano sottoporre il proprio giudizio e sottomettere rettamente la propria volontà»5. Perciò l'abate Nestor così parlava entrando nell'Ordine: «Io e l'asino siamo la stessa cosa. Caricato con qualsiasi cosa egli porta tutto senza esitazione (Ego et asinus unum sumus.

Quid quid ei imponitur, hoc portat, et sine mora)»6

Rendendo l'omaggio alla classica guida di obbedienza, cioé al P. Rodriguez e alla sua opera geniale voglio mettere in risalto che all'età di sedici anni lo vedevo come maestro di un'obbedienza passiva che aspetta dal superiore l'iniziativa piena e quindi sta in attesa del suo stimolo o della sua decisione. L'autore, a dire il vero, parla anche dell'iniziativa del suddito, ma molto discretamente e marginalmente. Il mio carattere corrispondeva probabilmente al primo. Adesso sono del parere che P. Rodriguez, religioso di fama di santità, abozzò un ideale di vita religiosa matura, difficilmente raggiungibile e che a noi principianti non era sufficientemente motivante e anche perchè non era presentato secondo i criteri degli stati di crescita umana. Secondo il suo concetto ascetico la mortificazione, in modo particolare l'obbedienza perfetta e l'umiltà, erano i mezzi più sicuri per progredire sulla via di santità. Però vi mancava il fondamento cristologico e la motivazione. Il Superiore era al centro della vita, egli era «la voce di Dio» e la via sicura verso la perfezione. Trattando il tema dell'obbedienza non si faceva quasi nessuna distinzione tra l'autorità matura e l'autoritarismo.

.

Durante lo studio di teologia mi sono incontrato con la persona e il pensiero del famoso franciscanologo P. Lothar Hardick, OFM. Come rappresentante degli studenti della nostra Provincia ho partecipato al III seminario per tutti i chierici francescani di Slovenia, Croazia ed Bosnia ed Erzegovina che ebbe luogo dal 10 al 24 settembre 1970 a Trsat (Croazia), grande santuario mariano francescano nella città di Rijeka, al nord del Mare Adriatico. Il tema

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dell'incontro era «I problemi contemporanei del rinnovamento francescano»7. P Hardick, relatore principale, ha esposto vari e importanti temi francescani. Mi ricordo benissimo, però, di una sola sua conferenza: «Colloquio sull'obbedienza e l'autorità». In essa egli sintetizzava le sue lunghe ricerche su san Francesco e sui suoi scritti in questo modo: «Se io potessi esporre brevemente il concetto di obbedienza di Francesco, direi che egli distingue molto chiaramente vari tipi di obbedienza dando a ciascun tipo un proprio valore. La prima è l'obbedienza a Dio. In essa è inclusa anche l'obbedienza alla Chiesa e alla propria coscienza: «que non sunt contra animam». La Chiesa e la coscienza in relazione a Dio. La seconda obbedienza riguarda le realtà comprese in »regula e vita nostra». La terza è

«caritativa oboedientia ad invicem». E soltanto la quarta è

«oboedientia erga superiorem». Noi abbiamo cambiato quest'ordine»8

Ancora una regola: Non dimenticate mai che non viviamo solamente a livello soprannaturale. Nelle nostre comunità dobbiamo tenere conto anche di dati antropologici e sociologici, altrimenti pecchiamo contro la legge divina. E ciò accade molto facilmente! Pensiamo che con la buona intenzione e per mezzo della santa comunione si possa risolvere qualcosa; dovremmo invece imparare dalla sociologia. Un esempio concreto da un altro

. In questo concetto di obbedienza il superiore in ogni caso non è al centro né al primo posto. Egli è servitore dell'ideale comune e del bene dei fratelli. Benché tutta l'esposizione è piena di saggezza, voglio mettere in risalto le rige conclusive: «Per l'obbedienza alla mia comunità fraterna a cui appartengo e ai superiori che la rappresentano bisogna rispettare due regole. La prima: Se sono invitato alla collaborazione, devo accettarla. Se l'Ordine, la Provincia domanda: «Avete proposte?», dobbiamo darle. In questo modo si perde il diritto di mormorazione. La seconda: Dobbiamo essere sempre capaci di dimenticare noi stessi.

Ciò viene richiesto anche alla squadra di calcio e quindi anche noi dobbiamo esserne capaci.

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campo: le costituzioni antiche chiedono di imporre gli esercizi spirituali per dieci giorni al fratello che ha ceduto al vino e quindi all'ubriachezza. Oggi mandiamo tali fratelli dal medico!»9

La mia visione e il mio comportamento in relazione al voto di obbedienza si muovono, si confrontano e si armonizzano entro l'ambito di massima estensione creato da questi due nomi, da queste due persone autorevoli.

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3. Il voto di obbedienza nel patrimonio spirituale della mia Provincia

Una qualsiasi descrizione e visione culturale deve tenere conto dei fattori storici, cioè del sussistere e della continuità di determinati valori perché essi formano la mentalità e gli atteggiamenti. La Provincia di S. Girolamo in Croazia è una delle province più antiche nel nostro Ordine. Aveva una sua autonomia fino al 1602. A partire da quell'anno della sua unione all'Ordine e fino ad oggi essa vive in comunione con le altre provincie dell'Ordine. I primi gruppi di religiosi del TOR in Croazia sorgevano sparsi già nella seconda metà del duecento. Nel corso del trecento le comunità sparse si uniscono e diventano una congregazione con un ministro e un governo provinciali. Nel quattrocento Papa Sisto IV (1471-1484), l'8 aprile del 1473, riconosce giuridicamente la nostra Congregazione dandole il nome di S. Girolamo, il celebre padre della Chiesa, nato in queste zone.

Esistono dati, documenti, come pure la tradizione provinciale dai quali è chiaro che i nostri predecessori seguivano costantemente «la via evangelica di conversione continua» -e la gente li chiamava «eremiti di penitenza». Si dedicavano «alle opere di misericordia, con particolare cura per i poveri», compresi i malati, specialmente quelli con malattie infettive – proprio come le costituzioni odierne dell'Ordine decrivono la nostra identità (art. 2).

Lo spirito evangelico sottointende, ovviamente, l'osservanza dei voti. Il frutto di una tale vita sono le figure di tanti religiosi santi che

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troviamo in ogni secolo. Nell'osservanza del voto di obbedienza sono annotati alcuni singoli casi di arbitrarietà, ma non vi erano eccessi scandalosi né fenomeni diffusi o prolungati di comportamenti non consoni al religioso. Forse a questo risultato hanno contribuito alcuni religiosi e anche le misure disciplinari che, prevedendo severe sanzioni frenavano comportamenti non accetttabili. Vorrei elencare alcuni fatti essenziali i quali confermano che la vita religiosa della comunità provinciale si muoveva sin dai suoi inizi nella corrente principale della vita ecclesiale e del carisma del Terzo Ordine Regolare. Questi fatti conosciuti nella Provincia formavano e hanno dato l'orientamento a generazioni di fratelli.

3.1. Nella comunità si custodisce il Codice della seconda metà del quattrocento (purtroppo molti sono spariti) scritto con bellissimi caratteri glagolitici (paleoslavi) e nella lingua croata antica;

si tratta, infatti, di un manuale della spiritualità del TOR. «Il contenuto di questo codice dimostra che apparteneva ad una comunità molto austera, indirizzata verso la vita penitenziale, ai francescani glagolitici del Terzo Ordine Regolare; in questa comunità vivevano molti eremiti, penitenti volontari, samaritani misericordiosi che lavoravano nei lebbrosai, poi sacerdoti glagolitici, confessori della gente semplice e cappellani dei lazzaretti»10. Nel Codice è registrata anche la traduzione fedele in croato della Prima lettera di S. Franceso ai fedeli che si considera la prima bozza della corrente spirituale del TOR. La traduzione menzionata è accanto a

«Il Codice 225 della Biblioteca Guarnacci di Volterra» - Vo-225 con il testo latino, scoperto e pubblicato da P. Sabatier nel 1900, l'unico testo di questa lettera conservato dal medioevo.11 Oltre alla Lettera, nell'archivio centrale della Provincia si trovano anche due traduzioni della Regola di Nicolo IV del 1453 e del 1466 e l'informazione sulla terza traduzione del 1432 (andata persa). Per noi sarebbero molto preziose le ricerche sui legami che esistevano tra la Congregazione

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croata autonoma del rispettivo tempo, le altre comunità del TOR europee e i centri spirituali (Uttrecht, Italia, forse Spagna).

3.2. Le Costituzioni di fra Šimun Klimantović (protocollista e redattore e per questo il Codice prese il suo nome) scritte il 12 aprile 1492 al Capitolo provinciale nel Convento di San Paolo Eremita sull'isoletta di Galevac vicino alla città adriatica di Zadar (Zara). «Le Costituzioni hanno 38 articoli. Esse prescrivono come bisogna comportarsi nei casi in cui sia il frate singolo che più frati non esercitano i loro doveri religiosi o si comportano malamente. È una legge che sancisce delle pene per i trasgressori, per quelli che non osservano la Regola e il Testamento e non vivono fedelmente la loro vita religiosa. In quesi 38 articoli fu messo in risalto lo stile rigoroso e la forma della vita penitenziale dei frati religiosi nella provincia di Dalmazia»12. Erano previste pene severe sia per i capricci dei religiosi che per i rapporti sleali verso i superiori, principalmente per ciò che riguardava l'osservanza del voto di obbedienza.

3.3. P. Antonio de Sillis (1607-1613), ricordato come religioso e ministro generale «dotto e santo» ha visitato la nostra Provincia due volte dopo l'unione all'Ordine e tutte e due le volte ha presieduto il capitolo provinciale. Ha lasciato una testimonianza interessante sui nostri predecessori del tempo: «Et certe cum Fratres nostri Ordinis ab initio vitam eremiticam affectarent, credendum est, eos non habuisse interulas lineas, sed asperam et rudem tunicam super carnem nudam; nec inplumeis lectis cubasse, sed super nudam humum vel super tabulas aut struem lignorum, vel ad plus super stratum foliorum foeni vel palearum… Et hodie tam laudabilis austeritas perseverat adhuc aput Dalmatas nostri Ordinis Fratres, ut ipsemet ego in visitationibus generalibus fuinexpertus»13.

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3.4. Un fattore meno evidente ma molto incisivo è il libro L'imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis (1379-1471). Questo libro ha esercitato un influsso forte sulla formazione dello spirito religioso e consequentemente sull'atteggiamento ascetico-teologico nei confronti dell'obbedienza. Si tratta del libro più tradotto in lingua croata. La prima traduzione fu fatta da Marko Marulić (1450- 1524), contemporaneo di Tommaso da Kempis, noto scrittore in lingua latina e «il padre della letteratura croata», uno dei promotori della riforma posttridentina in Europa (dopo la morte di S.

Francesco Saverio furono trovati da lui solo la Bibbia e il bestseller letterario dell'epoca scritto da Marulić «De institutione bene beateque vivendi»); uomo di vita santa e di grande devozione verso S. Francesco di Assisi. Alla traduzione di Marulić ne sono seguite circa quaranta fino ad oggi; tra queste troviamo la traduzione del beato Alojzije Steinac (1898-1960), arcivescovo di Zagabria e cardinale, membro fedele della comunità secolare del Terzo Ordine di S. Francesco. Sono andato nella biblioteca del nostro Convento di S. Michele a Zadar e qui ho trovato undici edizioni dell'opera di Tommaso da Kempis dal 1691 al 1998 (le edizioni precedenti sono andate perdute, come anche molte altre cose, quando i religiosi nel 1806 furono espulsi dai loro conventi dal governo d'occupazione francese).14 Il parlare sull'obbedienza, sull'umiltà e sulla sottomissione è filo conduttore di questa spiritualità («devotio moderna»), che si ripete come un ritornello. Eccone alcuni esempi.

«Valde magnum est in oboedientia stare, sub Praelato vivere sui iuris non esse»15 oppure «Dominus: Filii, qui se subtrahere nititur ab oboedientia ipse se subtrahit a gratia; et qui querit habere privata, amittit communia» 16 oppure ancora «Disce voluntates tuas frangere; et ad omnem subiectionem te dare»17. Questo prezioso libretto era per molti religiosi un vademecum quotidiano.

3.5. Nella memoria storica della Provincia si ricorda il dato che nel 1768 la comunità provinciale aveva 124 religiosi (di cui 88

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sacerdoti); è il numero più grande registrato. Solo tredici anni dopo, il numero dei religiosi diminuisce fino a 50. Ciò avvenne per varie cause: le leggi del governo contro la Chiesa che comprendevano anche la soppressione dei conventi e il divieto di ammissione di candidati. Nel pericolo evidente del ristagno della vita religiosa era apparsa la figura straordinaria e forte di P. Antun Juranić (1719- 1799) che, per la sua statura spirituale e intelettuale, aveva superato i confini della Provincia che aveva amato e per cui si era sacrificato. Fu eletto come ministro provinciale cinque volte (1756- 1787) e come commissario del ministro generale due volte; ha partecipato ai capitoli generali quattro volte, nel 1773 fu eletto consigliere generale e nel 1788 ha ricevuto dal papa il titolo onorario del ministro generale (exgeneralis). Grazie alla sua abilità e ai legami di amicizia con le autorità civili ed ecclesiastiche era riuscito ad impedire l'attuazione dei decreti contro la vita religiosa non solo per la nostra Provincia, ma anche per altri ordini nella Repubblica di Venezia. Ha redatto e pubblicato (a Venezia e Roma) otto libri diversi di contenuto spirituale e liturgico, ma, con particolare cura ha tradotto in croato, e pubblicato a Roma nel 1788, la Regola che gli serviva per il rinnovamento dello spirito religioso. Il fatto che la nostra comunità veniva indicata come esempio del rinnovamento ben riuscito testimonia in quale misura egli sia riuscito a calmare gli spiriti agitati e a restituire lo standard alto alla vita religiosa. P. Antun Juranić è diventato una specie di consigliere ed esperto spirituale per molte comunità maschili e femminili, e anche per i vescovi. Lui, noto e stimato, ha predicato tanto, ha guidato molti esercizi spirituali e missioni popolari, è stato parrocco e confessore. La continuità della Provincia è strettamente legata al suo nome.18

3.6. L'esistenza della Provincia ha subìto il pericolo più grande nella prima metà del novecento. Dopo i governi Austriaco e Veneziano, il governo illuministico di Napoleone ha continuato con i

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decreti contro la Chiesa. In tal modo, in conformità alle «Restrizioni delle corporazioni religiose» (Milano, 8 febbraio 1806) sono stati soppressi otto nostri conventi e molti religiosi, ritenendo che il decreto fosse temporaneo, non sono andati in altri conventi, ma si sono secolarizzati. Come risultato si arrivò al numero minimo dei religiosi nella storia, solo 32 (di cui 18 sacerdoti). Accanto ad altri capaci e assidue lottatori per l'esistenza della Provincia, la Provvidenza ha donato alla comunità P. Josip Dujmović (1833-1884) con il carisma particolare del rinnovamento. Egli fu eletto ministro provinciale per la prima volta nel 1869 all'età di trentasei anni e rieletto per altre tre volte. Il suo programma di rinnovamento in 30 punti ha rafforzato lo spirito religioso, ha fatto progredire l'educazione e la formazione, ha fatto rivivere e ha ringiovanito la Provincia a tal punto che poteva aiutare anche il rinnovamento e l'espansione dell'Ordine. Il frutto delle sue fatiche sono stati i suoi collaboratori e discepoli, religiosi eccellenti, per esempio P. Dragutin Parčić, lessicografo, slavista e inventore di portata nazionale; P.

Stjepan Ivančić, storico della Provincia e dell'Ordine; P. Danijel Zec, ministro provinciale e procuratore dell'Ordine; P. Vjekoslav Canzutti, apostolo del Terzo Ordine Secolare; P. Stanko Dujmović, collaboratore nell'organizzazione delle provincie americane; P.

Jacinto Buić, suo successore nell'ufficio del ministro provinciale (tre mandati) e continuatore della sua opera di rinnovamento. Su P.

Josip Dujmović, religioso eccezionale, morto troppo presto, ha dato la testimonianza P. Emigidio Maricotti (ministro generale dal 1885 al 1897), suo amico e collega di scuola a Roma; quando seppe che P.

Josip si era amalato scrisse: «Raccomandiamolo a Dio che ce lo salvi, giacché è veramente una vita preziosa; per il nostro Ordine sarebbe una grande sventura il perderlo»19. Un anno prima della morte ha pubblicato il documento sul noviziato e sulla formazione dei candidati dopo il noviziato. Nei punti del programma (31) prescrive dettagliatamente l'ordine giornaliero dei novizi dalla levata al coricarsi e i contenuti dell'insegnamento. Per esempio, due volte a

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settimana si deve parlare ai novizi della Regola, delle Costituzioni e delle Bolle e Decreti papali che riguardano la vita religiosa. È interessante la prescrizione sulla lettura del P. A. Rodriguez, suo maestro spirituale, la cui opera gli era sempre accanto; questa prescrizione è rimasta in vigore fino alla mia generazione, quasi un secolo dopo. «Nel contenuto di queste prescrizioni disciplinari si evidenzia lo spirito penitenziale, caratteristico dei nostri primi religiosi e di tutta la Provincia nel corso della sua storia fino alla nostra epoca»20.

3.7. Il periodo più recente è caraterizzato dalla richiesta del Concilio vaticano II per il rinnovamento della vita religiosa, come pure dai frequenti anniversari francescani (Francesco, Chiara, Antonio di Padova, nostra Regola) che hanno allargato e approfondito la conoscenza del patrimonio spirituale francescano.

Nella continuità che forma e rappresenta il pensiero della Provincia e il modo di agire per il nostro tempo si inserisce l'opera del P.

Srećko Badurina (1930-1996), vescovo di Šibenik negli ultimi nove anni della sua vita. Egli ha conseguito il diploma all'Alfonsianum a Roma nel 1968 con il tema «L'adattamento della vita religiosa alle mutate condizioni dei tempi»21. Ha tradotto in croato il messaggio dei ministri generali degli ordini francescani «800° anniversario della nascita del padre e fratello S. Francesco» (1981); con i collaboratori ha tradotto e preparato per la stampa la nuova Regola del nostro Ordine (1984), ha studiato la Regola e di essa ha scritto e parlato. Da queste sue attività è nato il libro Putovima obnove22 quale valido commento della Regola. È stato nominato delegato provinciale per l'elaborazione delle nuove costituzioni, ha tradotto gli articoli sulla spiritualità del Terzo Ordine Regolare23. All'incontro dei governi degli ordini francescani a Rieti nel 1983 ha tenuto la conferenza su

«Testimonianza della carità fraterna oggi» e al Capitolo generale del nostro Ordine a Roma, nello stesso anno, la conferenza su «Il carisma dell'Ordine nella nostra Provincia»24. Questa sua attività è

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stata notata non solo nell'ambito francescano, ma anche in ambito più ampio della vita religiosa25. Nel suo studio dell'insegnamento conciliare sulla vita religiosa egli definisce l'obbedienza «come ascolto fedele della volontà di Dio riconoscendola anche quando parla per mezzo dello strumento fragile come lo è il superiore;

l'obbedienza non è in contrasto con la libertà democratica come la vedano e aprezzano i laici» e conclude: «Ritengo che su questo campo bisogna ancora lavorare molto, in particolare nella formazione. Si potrebbe dire che siamo invitati alla conversione vera dall'obbedienza passiva a quella attiva. Ciò implica anche una nuova comprensione dell'esercizio di autorità: più 'conforme all'evoluzione contemporanea della societa', come dice P. Tilard»26.

4. L'esperienza dell'educatore e del superiore

Cercando nella mia memoria l'essenziale che ha contribuito alla mia formazione all'obbedienza (Rodriguez-Hardick) ed elencando alcuni aspetti del patrimonio della Provincia collegati con la formazione e che creano il contesto religioso-culturale penso che un ricercatore di storia metterebbe probabilmente in rilievo più di quanto possa fare io e in modo diverso, però non posso omettere un periodo importante nella vita di noi religiosi più anziani e lo chiamerei «il vacuo postconciliare». Questo è durato quasi trenta anni. Era il tempo dell'elaborazione della nuova Regola (approvata nel 1982) e delle costituzioni sperimentali (le nuove furono approvate nel 1991). In questo periodo molte prescrizioni disiplinari caddero. Si aprivano discussioni a tutti i livelli, molte cose venivano relativizzate, veniva scossa la stabilità della comune uniforme.

Sembrava che tutto potesse essere contestato nel nome del duplice principio del rinnovamento: nel nome del ritorno «ad fontes» e dell'»adattamento alle circostanze cambiate del tempo» (PC 2). In questo periodo, da una parte creativo e liberante e d'altra parte caotico e perplesso, mi è capitato che sono stato nominato educatore dei seminaristi (1974-1979), maestro dei novizi (1993-

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2001), ministro locale (2001-2009) e ministro provinciale (1988- 1992). Non aspettavo, neanche per sogno, una carriera religiosa cosi ''invidiabile'' e per essa non sono stato nemmeno preparato. Al posto del senso di onore per la fiducia dei fratelli, ho visto in queste nomine un onere ingiusto e una responsabilità sproporzionata. Mi domandavo: come possa educare uno non educato e come possa formare uno non formato? E ho concluso che la Provincia si trova in grande tribolazione se ha scelto me, se ha trovato me come formatore e come superiore. La prova di obbedienza! Nonostante i rifiuti e le ripetute richieste di dimissioni, di cui alcune sono state anche accettate, il più delle volte nelle mie valutazioni ho fatto prevalere la lealtà verso la comunità, che ritengo sia anche questa una forma di obbedienza e di disponibilità. Non sono abile nell'analizzare le mie esperienze e nel valutarle in modo più profondo e scientifico. Mi limito ad alcune osservazioni e cenni.

4.1. I Candidati venivano nel nostro seminario minore per vie diverse, senza una valutazione sufficiente e per diverse ragioni (alcuni venivano solamente per frequentare la scuola media). Le motivazioni vere si scoprivano gradualmente. Era necessario abituare i seminaristi alla disciplina e al lavoro, ad offrire loro le prime informazioni sulla vita spirituale e sulla vita religiosa, acompagnarli nella crescita. Alla conclusione del ciclo di istruzione rimanevano in pochi. Il motivo principale, ad eccezione di alcuni, non era l'incapacità per lo studio né la mancanza di intelligenza.

Andavano via anche gli alunni migliori, migliori anche per quanto riguarda il comportamento. Naturalmente, a volte si incontrava anche una incapacità nel comprendere ed accettare le realtà spirituali, impedimenti psichici e altro, ma i motivi più frequenti che determinavano la loro uscita erano i seguenti:

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4.1.1. Il candidato lasciando la famiglia non ha avuto motivazioni giuste per la vocazione religiosa, e nemmeno e riuscito a trovarle nel seminario.

4.1.2. Il candidato non ha accettato di educare la sua arbitrarietà individuale (speso anche viziata) per trasformarla in una volontà disciplinata e disponibile.

4.1.3. Il candidato non ha accettato di sottomettere il suo individualismo narcisistico ed egoistico agli obiettivi e programmi comuni.

Dal punto di vista del nostro tema si puo giustamente affermare che i candidati non avevano l'abilità e la docilità per comprendere l'importanza dell'obbedienza a Dio e per amor di Dio l'obbedienza alle ''regole comuni'' e ai superiori. Confesso la mia frustrazione quotidiana per la facilità con cui molti candidati nella prassi quotidiana giravano intorno all'educatore ritenendolo completamente superfluo e ridicolo. In parallelo o addirittura contro l'accordo e senza permesso, i seminaristi trasgredivano l'orario della giornata o decidevano e risolvevano da soli molte cose di maggiore o minore importanza. In tale situazione poco si poteva cambiare, così con l'andare del tempo ho imparato a diminuire la mia tensione interiore valutando i casi che avrei approvato e quelli che non avrei approvato o raccomandato qual'ora mi fosse stato chiesto. Dei primi prendevo atto col dare una ammonizione indulgente o, addiritura, una lode per l'iniziativa positiva. Gli altri casi erano oggetto di colloquio, di istruzione o di ammonizione, sia nel colloquio personale, sia negli incontri comuni.

4.2. Durante gli otto anni in cui ho guidato il novizato ho avuto soltanto alcuni gruppi di novizi. Mi sembrava che la maggior parte di essi non aveva la maturità necessaria per il noviziato, considerando le modalità di accettazione alla vita religiosa e la comprensione della vita secondo i voti. Li vedevo come quelli che siedono su due

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sedie. Eravamo noi nel nostro tempo più maturi? Penso di no, ma tutto aveva una forma più seria (per esempio il rito di vestizione all'inizio del noviziato e il portare l'abito religioso) ed era tutto più esigente (non vi era televisione né radio, le uscite dal convento erano rare ed esclusivamente comuni, vestendo l'abito religioso e in compagnia del maestro; vi era più lavoro e più disciplina) e, quindi, non vi erano tante occasioni per la disubbidienza; il confronto con la prassi dell'obbedienza era più reale e più duro. La mia esperienza con i novizi è stata la seguente: essi si lasciavano guidare abbastanza e il loro senso di collaborazione, per l'obbedienza e per la vita in comune erano migliori che nel seminario. Una specie di comodità già acquisita, la mancanza di sacrificio e di iniziativa, la limitazione a fare le cose necessarie e a quanto veniva comandato, annullavano in un certo qual modo il promettente progresso spirituale, specialmente quando gli spazi del convento sembravano improvvisamente troppo stretti per i novizi. Questo calpestio 'avanti-indietro' generalmente veniva interpretato come una fase psicologica di crescita che poi, nel periodo della professione temporanea avrebbe condotto ad una maturazione maggiore.

Mi sforzavo di dare la dovuta attenzione al contenuto dei voti e quindi anche al valore dell'obbedienza invitando direttori spirituali preparati. Allo stesso tempo informavo l'educatore dei professi per fare il punto della situazione sull'elaborazione dei temi singoli e che cosa si dovrebbe ancora fare con i candidati. A me sembrava che la priorità fosse la conoscenza della lettera e dello spirito della Regola e delle Costituzioni e la comprensione della vita secondo i voti.

4.3. La prima verifica per quanto riguarda l'obbedienza in una comunità per ciascun ministro provinciale sono i trasferimenti dei frati e l'osservanza dei decreti. Qualcuno ha detto che le decisioni che riguardano le persone sono una croce per ogni superiore.

Ritengo significativo il fatto che come ministro provinciale non dovevo né cambiare, né ritirare i decreti. Tuttavia, siccome la croce

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non la si può evitare, senza entrare nei dettagli voglio solamente citare i resoconti delle mie esperienze che ho dato al Consiglio plenario della Provincia dopo la visita canonica (luglio 1990) alla metà del mio mandato e al Capitolo provinciale alla fine del mandato (novembre 1992). Nel primo rapporto si trattava solamente di un breve cenno della sitauzione riguardo ai voti che i presenti hanno capito bene; si trovava nell'ultimo passo «Nostra patologia»: «I voti: amicizie non buone (castita); l'attacamento ai soldi, alla machina… (poverta); la mancanza di disponibilità nella collaborazione, dispetti… (obbedienza)»27. Nel rapporto alla fine del mio ufficio la relazione era un po' più estesa; «Dal dialogo, dall'obbedienza attiva nel cercare il proprio posto che ha portato un processo di rinnovamento della vita religiosa come scoperta bella e umana, si scivola verso l'atteggiamento di pretesa, di rancore e, addiritura, di estorsione. Tali atteggiamenti rendono molto più difficile l'ufficio del superiore. La mia esperienza è che coll'autoritarismo nulla si può raggiungere. Non si può governare in modo imperativo; bisogna farlo pazientemente tenendo sempre conto delle persone e delle loro capacità. Queste modalità sono più difficili. Bisogna avvicinarsi a ciascuna situazione e a ciascuna persona, l'appoggio, lo stimolo e la creazione graduale dell'atmosfera in cui la disponibilità sarà una virtù ordinaria dei religiosi»28

4.3.1. L'esperienza positiva la nominerei semplicemente la disponibilitas. Essa veniva espressa in molti modi, non solamente nell'obbedienza diretta. Questi erano: la collaborazione, particolarmente con i membri del governo provinciale e delle diverse commissioni provinciali, poi la corresponsabilità e l'appoggio, lo sforzo per definire attualmente il bene comune della comunità provinciale, il rispetto nei confronti dell'ufficio del

. Conosco i libri, almeno in croato, in cui si presenta il voto di obbedienza dai diversi punti di vista, ma vorrei riassumere le mie esperienze nelle categorie del positivo e del negativo, per non dire del doloroso.

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superiore, la cortesia nei disaccordi ecc. Dalla maggioranza dei frati ho trovato una forma di disponibilità o di buona volontà il che è per me un sinonimo di obbedienza.

4.3.2. L'esperienza negativa viene descritta nel modo migliore dalle categorie di arbitrio individualistico ed egoistico. Su questo campo ho incontrato diverse forme di disubbidienza, dalle più facili alle più gravi. Posso elencarle così: la mancanza di rispetto nei confronti dell'ufficio del superiore, l'arroganza nei confronti della persona del superiore, il disprezzo insistente e l'elusione della procedura prescritta (così, per esempio, ad alcuni frati, alla fine, ho scritto di rivolgersi al ministro provinciale, per esempio per l'approvazione dei progetti e delle spese maggiori), le soluzioni in cui si seguiva escluivamente l'interese personale, evitando il dialogo, facendo il dispetto, il puntiglio e la resistenza, la dissubbidienza diretta, addiritura l'estorsione. Tali esperienze sono singole e, per fortuna, non sono numerose, ma creano disordine e disuguaglianza e rovinano la comunione fraterna.

5. Conclusione

Questo panorama probabilmente non corrisponde pienamente alle aspettative di chi ha proposto il tema e del redattore di Propositum perché è troppo soggettivo e segue le traccie delle proprie memorie e delle proprie esperienze e non della ricerca oggettiva. Sia quindi accettata come una specie di testimonianza personale. Concluderò con alcune affermazioni che mi sembrano essenziali per la sorte del valore dell'obbedienza per il futuro.

5.1. L'esercitarsi nell'arte di ascoltare. L'espressione 'obbedienza' ('poslušnost') è da noi, come da molti altri popoli, legata al verbo 'ascoltare' (slušati). Chi ascolta la voce di Dio con una disposizione retta si sforzerà anche di fare la sua volontà. Siccome la capacità d'ascolto è oggi in crisi, è in crisi anche l'obbedienza»29. Molti autori e analisti della società hanno parlato della crisi di

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ascolto nella nostra civiltà ciarlona e rumorosa in cui nessuno sente l'altro e non lo ascolta veramente. «La vita sociale e la vita di fede stanno in una reciprocità misteriosa. Chi non ascolta il suo prossimo non ascolta nemmeno Dio e chi non ascolta Dio non ascolta nemmeno il suo prossimo… Se molti non ci ascoltano, dovremmo noi cominciare ad ascoltare gli altri. Così, cominciando da noi stessi, cerchiamo di creare la comunione di amore per mezzo della quale gli ''io-carcerati'' possono uscire da se stessi e indirizzarsi verso di noi»30. Finiamo con l'affermazione del nostro grande patrono S.

Girolamo: «Nulla… piace a Dio così come l'obbedienza… che è la virtù unica e la più eccelente» (Hom. de oboedientia: CCL 78,552).

5.2. L'approfondimento e la fondazione cristologica dell'obbedienza nelle nostre riflessioni e nella nostra motivazione, nello spirito di S. Francesco è: «I fratelli e le sorelle, sull'esempio del Signore Gesù che depose la sua volontà nella volontà del Padre, si ricordino che per amore di Dio hanno rinunziato alla propria volontà» (Regola e vita dei fratelli e dell sorelle del TOR di San Francesco, 25). Il commentatore del concetto conciliare della vita consacrata facilmente si metterà d'accordo con S. Francesco:

«L'obbedienza di Cristo al Padre, semplice e completa, si inserisce come filo condutore attraverso tutto il Vangelo di S. Giovanni. Gesù non aveva niente di proprio. Tutto era del Padre: i progetti di Gesù, i suoi pensieri, la sua volontà, le sue parole ed opere. Tutto questo ci rivela quanto Gesù come Figlio fosse unito al Padre con amore immenso ed unico. L'obbedienza e l'amore sono strettamente connessi». E in seguito cita il pensiero di H. U. von Balthasar. «Il mondo non fu salvato per mezzo dei discorsi o delle attività di Gesù, nè per mezzo dei suoi miracoli, ma solamente per mezzo della sua obbedienza fino alla morte in cui Gesù è stato lasciato solo anche dal Padre»31.

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5.3. La conoscenza della Regola e delle Costituzioni. Senza una buona conoscenza «dei principi di spiritualità nella Regola»32 non è possibile essere francescano autentico del Terzo Ordine Regolare.

Commentando l'obbedienza dei membri della comunità secondo PC 14,2 l'autore dice: «In primo luogo veniamo a sapere che qui si tratta della nostra obbedienza 'come è prevista dalla regola e dalle costituzioni'. Questo è molto importante. Fino al Concilio vaticano II l'obbedienza veniva esercitata in tutti gli istituti in modo più o meno uguale. Adesso ciascun istituto deve determinare quale è il proprio carisma riguardo all'obbedienza cioè quale è la volontà del fondatore incorporata poi nella regola e nelle rispettive costituzioni.

Ciò manifesta in un istituto la volontà di Dio. Tutto quello che non è conforme alla regole e alle costituzioni non fa parte dell'obbedienza dei religiosi. Questo concetto si trova anche nel nuovo diritto canonico il che è la grande novità riguardo al diritto canonico precedente»33. Quanto sia scarsa la nostra conoscenza reale della nuova Regola lo veniamo a sapere nelle nostre lunghe e saggie discusionni sulle questioni che sono già correttamente trattate sia nella Regola, sia nelle Costituzioni, sia negli statuti generali e provinciali. Il nostro ultimo capitolo provinciale ha ''scoperto'' alcune volte che le risoluzioni che voleva formulare erano già scritte nei nostri documenti fondamentali. Perciò, per esempio, ha preso la risoluzione che si rispetti e attui la norma dell'articolo 229 degli Statuti generali sulla lettura della Regola ogni venerdì. Riusciranno i nostri nuovi documenti ad entusiasmare gli spiriti dei religiosi ed a formare nuove persone sante come lo facevano i documenti fin'ora esistenti?

5.4. Formazione permanente all'obbedienza. Dai cenni fatti finora è chiaro che la crescita nella conoscenza e nel vivere il voto dell'obbedienza non finisce mai. Perciò ricordo qui che la formazione e la maturazione obbligano ugualmente il superiore e il suddito. «Per quanto riguarda l'obbedienza, secondo il Concilio, non

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è nesessario nel superiore ''vedere Dio'', perche ciò non è sempre facile ''vedere''. Basta, e ciò è psicologicamente molto più semplice, mentre il sacrificio è uguale, per amor di Dio sottomettersi all'uomo»34. I superiori come servi dei fratelli e del bene comune

«come tutti gli altri frati, anch'essi si sforzino di scoprire quale sia in ogni cosa la volontà di Dio» (Costituzioni del TOR di S. Franceso, 117). «La formazione non adeguata può, nell'obbedienza, formare tipi di persone che non si muovono fino a quando qualcuno li spinge, non solamente nel campo dell'obbedienza ma anche nel campo di tutta loro esistenza. Tali persone si sono abituati, nell'obbedienza, a lavorare solamente spinti dall'altro. Non sono coscienti che… nell'obbedienza e accanto all'obbedienza è assolutamente necessaria anche l'iniziativa personale»35

Nel libretto interessante di Robert Faricy, S.I., «Come fiorisce la vita religiosa» si afferma che esistono tre gradi nello sviluppo del carisma di un singolo istituto religioso: il periodo di spontaneità è il tempo della prima generazione e dello stesso fondatore, caratterizzato dalla docilità allo Spirito, dall'entusiasmo, dalla chiarezza e dall'impegno che attrae e aumenta il numero dei membri; segue il periodo delle norme in cui al posto dell'entusiasmo e della spontaneità inizali viene il primato dei precetti con i quali si vuole abbracciare e prescrivere la forza degli inizi; poi segue il periodo di ideologia in cui si discute molto e si fa della filosofìa e si accentuano l'organizzazione e la razionalizzazione. Dopo questo periodo viene il morire o il rinnovamento. L'autore ritiene che la maggioranza degli ordini e delle congregazioni si trovino nel periodo ideologico e che il vero rinnovamento del carisma comune significa il ritorno nel periodo primitivo della comunità vivace, il ritorno nel periodo della spontaneità. Ma solamente lo Spirito Santo può rinnovare in me e nell'ordine il carisma della comunità;

.

36 bisogna, quindi, pregare per la nuova Pentecoste

Fr. Antun Badurina, TOR

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Convento di S. Michele, Zadar Repubblica di Croazia

1 Provincia di S. Girolamo, Croazia.

2 Lj. COLIN,Kult Pravila (Il culto della Regola), Zagreb 1957, tradotto dal francese e ciclostillato dagli studenti del TOR; Id.Kult zavjeta (Il culto dei voti), Zagreb 1960, tradotto dal francese e ciclostillato dagli studenti del TOR.

3 J. MOORMAN,Novi cvjetići svetoga Franje (Nuovi fioretti di S. Francesco), Zagreb 1995, Teovizija, p. 56.

4 A. RODRIGUEZ, Vježbaj se u savršenostii i kršćanskim krepostima, Rijeka 1905, tradotto dallo spagnolo e pubblicato dai padri cappuccini.

5 Ibid., Parte III, p. 194.

6 l. cit.

7 Suvremeni problemi franjevačke obnove. Zbornik (Atti), Zagreb 1970, ciclostillato nel convento francescano a Zagabria, Kaptol 9.

8 Ibid., p. 77.

9 Ibid., p. 84.

10 P. RUNJE, Pokornički pokret i franjevci trećoredci glagoljaši (XIII.-XV. st.) [Movimentzo penitenziale e francescani glagolite del TOR (sec. XIII-XV)], Zagreb 2001, Biblioteca «Novaja i vethaja», Provincijalat franjevaca trećoredaca e Kršćanska sadašnjost, p. 163.

11 Cf. Id.,«Pismo vjernicima I» sv. Franje u srednjovjekovnom hrvatskom prijevodu u Ivančićevu zborniku («Prima lettera ai fedeli» di S. Francesco nella traduzione medievale croata nel Codice di Ivančić), in: Kačić XXV., Zbornik fra Karla Jurišića, Split 1993., Acta Provinciae SS. Redemtoris OFM in Croatia, p. 437-448.

12 Id., Fra Šimun Klimantović i Konstitucije 1492, in: Iskon be slovo (Atti), Zagreb 2001, Biblioteca Novaja i vethaja , Provincijalat franjevaca trećoredaca e Kršćanska sadašnjost, p. 189-190.

13 S. IVANČIĆ, Povjestne crte o samostanskom III. Redu sv. Franje po Dalmaciji, Kvarneru i Istri (Note storiche sul Terzo ordine regolare di S. Francesco in Dalmazia, Quarnaro ed Istria), Zadar 1910, pubblicato dall'autore, p. 196.

14 Ho trovato cinque edizioni in croato, tre in latino, due in italiano e una in tedesco.

15 De imitatione Christi, libri quatuor, editio octava, Ratisbonae 1957, S. Sedis Apost. Et S. Rituum Congr. Tipographi, Liber I., Caput 9,1; Toma KEMPENAC, Nasljeduj Krista, Zagreb 1998., tradotto e pubblicato da Antun Jarm, p. 27.

16 Ibid., Liber III., Caput 13,1; p. 116.

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17 Ibid., Liber III., Caput 13,11; p. 116.

18 S. IVANČIĆ,op. cit., p. 184-191; Marko JAPUNDŽIĆ,Juranić, Antun, in: Hrvatski franjevački biografski leksikon, Zagreb 2010, Leksikografski zavod Miroslav Krleža e Vijeće franjevačkih zajednica Hrvatske i Bosne i Hercegovine, p. 274.

19 S. IVANČIĆ,op. cit., p. 196.

20 N. GREGOV,Školovanje u Provinciji franjevaca trećoredaca glagoljaša (Istruzione nella Provincia dei francescani glagolitici del Terzo ordine regolare), Zagreb 1990, Biblioteca Novaja i vethaja, Provincijalat franjevaca trećoredaca.

21 V. Analecta TOR, 1968, 1,71-99; S. BADURINA,Prema novoj zrelosti (Verso una nuova maturita), Zagreb 1989, Kršćanska sadašnjost e Provincijalat franjevaca trećoredaca, p. 153-177.

22 S. BADURINA,Putovima obnove Trećega samostanskog reda svetoga Franje (Sulle vie del rinnovamento del Terzo ordine regolare di S. Francesco), Zagreb 1996, Biblioteca Novaja i vethaja, Provincijalat franjevaca trećoredaca.

23 Ha tradotto: R. PAZZELLI,Tau – pokornički i franjevački znak (Il Tau – segno penitenziale e francescano), Vjesnik franjevaca trećoredaca (VFT), 18/1981,1,57- 61 e L. TEMPERINI, Duhovnost franjevačkog reda od pokore (La spiritualità dell'ordine francescano di penitenza), VFT, 19/1982,1,52-59.

24 S. BADURINA,Prema novoj zrelosti, p. 221.

25 M. MIJOČ, U procjepu između karizme vlastitoga reda te zahtjeva i potreba vremena (Nelle strette tra il carisma del proprio ordine e tra le esigenze e i bisogni del tempo), in Vjesnik đakovačke i srijemske biskupije, 1998, numeri 2 e 3. Cita abbondamente lo studio di S. BADURINA «L'adattamento della vita religiosa alle mutate condizioni dei tempi».

26 S. BADURINA,Prema novoj zrelosti, p. 169.

27 A. BADURINA,Slika Provincije 1990. (Il quadro della Provincia nel 1990), VFT 27/1990,2-3,43.

28 Id., Izvješće provincijskog ministra o proteklom četveroljeću (Il rapporto del ministro provinciale alla fine del suo mandato), VFT 29/1992,3-4,105-106.

29A.NADRAH,Za Kristom – smisao posvećenog života (Seguire Cristo – il senso della vita consacrata), Zagreb 1991, Konferencija viših redovničkih poglavbara u Jugoslaviji, p. 64.

30 G. MOSER,Tišina usred buke (Il silenzio in mezzo di chiasso), Korčula 1978, Izvori istine, O.P., p. 59-61.

31 A. NADRAH,op. cit, p. 58.

32 S. BADURINA,Prema novoj zrelosti, p. 198-204.

33 A. NADRAH,op. cit., p. 60.

34 B. DUDA,Koncilske teme (Temi conciliari), Zagreb 1992, Kršćanska sadašnjost, p.

199.

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35 A. NADRAH,op. cit., p. 61.

36 R. FARICY,Kako cvjeta redovnički život (Come fiorisce la vita religiosa), Jelsa 1986, Biblioteca «Duh i voda», p. 18.

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L’obbedienza d’amore

Diventare una presenza che disturba I desideri dei cuori dei giovani

Suor Patricia Hutchison La sfida

Capire il voto di obbedienza alla luce dei valori del Terzo Ordine Regolare: conversione, minorità, contemplazione e povertà, come può influire nel vissuto della vita religiosa e darle forma nel XXI secolo? E una volta capito in cosa consiste il voto di obbedienza, come ciò può costituire un invito rivolto a giovani uomini e donne a diventare membri del Terzo Ordine Regolare che cercano di diventare nel mondo di oggi una presenza che disturba? Ecco gli interrogativi che questo articolo si propone di esaminare. Prima di affrontarli vengono enunciate alcune idee sul significato del voto di obbedienza nella tradizione del Terzo Ordine Regolare; si considera l’affermazione dell’impegno preso dalla CFI-TOR di divenire una presenza che disturba nel mondo di oggi e si riflette sulla croce di San Damiano. A continuazione si presenta quanto emerso da due studi recenti: una visione delle vocazioni alla vita religiosa dal 1993, studio svolto dal Center for Applied Research in the Apostolate (CARA), dalla National Religious Vocation Conference (NRVC)1, e le conclusioni sullo studio della spiritualità di studenti parauniversitari, svolto nell’ Higher Education Research Institute (HERI) dell’

University of California Los Angeles (UCLA)2. L’articolo si conclude suggerendo che la comprensione dell’obbedienza evangelica e il desiderio del Terzo Ordine Regolare di diventare nel mondo di oggi una presenza che disturba rispondono agli aneliti più profondi dei nuovi membri delle congregazioni religiose e di altri giovani, uomini e donne, che cercano di scoprire come scegliere una vocazione che permetta loro di vivere con senso e significato. Ma prima, una parola sulla prospettiva.

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Una prospettiva tra molte

Vari anni or sono, essendo direttrice di una scuola elementare, osservavo un insegnante che stava dando una lezione di arte sulla prospettiva. L’aula dove si svolgeva la lezione si trovava al secondo piano di un edificio di due piani. Dopo aver spiegato la prospettiva ed aver presentato alcuni esempi, l’insegnante invitò gli alunni a collocarsi lungo il lato della finestra dell’aula e di disegnare una cupola che spuntava da un edificio che si trovava a 500 metri, circa.

Dopo, l’insegnante disse agli studenti che dovevano disegnare la cupola da diversi punti. Dopo trenta minuti, gli studenti ritornarono in classe, al secondo piano, disposero sui tavoli i loro disegni e discussero l’esperienza. Era ovvio che gli studenti “si fecero” un’idea che “quello che vedi dipende da dove ti trovi”. Inoltre, colsero anche il concetto secondo cui per “vedere” un oggetto, colui che guarda deve muoversi attorno e considerare l’oggetto da angolature diverse. Questa semplice lezione è rimasta scolpita nella mia mente per più di tre decenni diventando un’importante metafora sull’importanza della prospettiva.

All’inizio di questa riflessione, devo ammettere che non posso parlare per tutti i/le religiosi/e americani del Terzo Ordine Regolare. La mia prospettiva sul voto di obbedienza e sul “divenire una presenza che disturba” è modellata dall’età, dalla mia famiglia di origine, dall’educazione, dall’apostolato, dal carisma della congregazione TOR a cui appartengo, dalle attività apostoliche in cui sono stata coinvolta e da altri fattori troppo numerosi per poter essere tutti enunciati. Scrivo in qualità di membro di una congregazione femminile del Terzo Ordine Regolare, fondata a Filadelfia nel XIX secolo. Sono entrata nella vita religiosa quando avevo 17 anni, subito dopo il Concilio Vaticano II. Il servizio nella congregazione religiosa e in tutti i livelli dell’educazione mi ha portata a percorrere gli Stati Uniti in lungo e in largo. Attualmente sono in contatto giornaliero con studenti universitari e laureate.

Queste esperienze e le voci di coloro che ho incontrato nel corso

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della mia vita modellano e in un certo senso limitano le mie riflessioni.

L’ “obbedienza d’amore” alla luce dei valori del TOR

L’ “obbedienza d’amore” a cui Francesco chiama i suoi seguaci suppone seguire fedelmente le orme di Gesù che si identificò con persone povere e oppresse, vulnerabili e prigioniere, e che proclamò la missione di annunciare la buona novella dell’amore di Dio a tutti, specialmente a coloro che sono nei margini (Luca 2, 14- 21). Imitando l’esempio di Gesù, povero ed umile, (Filippesi 2, 5-11), questa obbedienza ci conduce a cercare di conoscere soprattutto i desideri di Gesù per noi e per il nostro mondo e poi di scegliere e di agire in conseguenza. Questa obbedienza richiede contemplazione, coltivare un cuore capace di ascoltare e che “si inclina costantemente per cogliere i movimenti dello Spirito” (Jessica Powers, “To Live with the Spirit,” stanza 1) e che conduce naturalmente alla conversione.

L’edizione del 1966 del Commento sulla Regola e Vita dei Fratelli e delle Sorelle del Terzo Ordine Regolare di San Francesco sottolinea che “la cornice dell’obbedienza evangelica è la fratellanza”3 . Per conoscere, quindi, i desideri che Dio nutre per noi e per il nostro mondo, abbiamo bisogno di preghiera e di discernimento personale e comunitario. Insieme, nella preghiera personale e comunitaria, cerchiamo di conoscere la volontà di Dio. insieme cerchiamo di discernere come rispondere opportunamente. L’ “obbedienza d’amore” esige dai fratelli e dalle sorelle l’impegno ad una preghiera profonda, ad una conversione continua caratterizzata dal rispetto mutuo e dall’apertura alla visione e alle voci di tutti. Questa obbedienza richiede “di inclinarci per cogliere il movimento dello Spirito” che è presente “nel mondo tale e quale come oggi lo conosciamo e sperimentiamo”4

L’ “obbedienza d’amore” inquadra anche il modo in cui i seguaci di Francesco devono relazionarsi gli uni gli altri e con tutti. Nella

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