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Il principio generale in base al quale tutte le azioni sono uguali non è inderogabile, infatti, l’art. 234818 c.c. stabilisce che con lo statuto o con sue successive modificazioni è possibile creare categorie di azioni fornite di diritti diversi e la società ha la facoltà di determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie stando ai limiti imposti dalla legge. Il principio generale di uguaglianza riacquista senso all’interno di ciascuna categoria perché le azioni appartenenti ad una particolare categoria speciale sono tra loro uguali.

In base a quanto stabilito dall’art. 2348 c.c. è possibile suddividere le azioni in azioni ordinarie ed azioni speciali. Le prime presentano il contenuto cosiddetto normale della partecipazione azionaria, mentre, le seconde, presentano caratteristiche e diritti distinti rispetto alle azioni ordinarie.

La dottrina19 apporta un’altra importante distinzione e cioè quella tra categorie di azioni e tipi di azioni, espressione con la quale si indicano le partecipazioni azionarie che non attribuiscono diritti diversi ma si caratterizzano per aspetti che possono riguardare il documento rappresentativo della partecipazione, la disciplina della loro circolazione oppure le qualità soggettive dell’azionista. Sono esempi di tipi di azioni le azioni di risparmio nominative o al portatore, le azioni interamente o non interamente liberate, le azioni quotate o quelle attribuite ai prestatori di lavoro.

La distinzione tra tipi di azioni e categorie speciali di azioni ha una notevole importanza pratica dal momento che solo per le categorie speciali di azioni si applica la disciplina dettata per le assemblee speciali. La deliberazione dell’assemblea speciale si rende necessaria nel caso in cui l’assemblea ordinaria arrechi uno specifico pregiudizio nei confronti dei titolari di azioni speciali.

Le diversità maggiori tra azioni ordinarie ed azioni speciali riguardano il diritto alla divisione degli utili e il diritto di voto.

Per quanto riguarda il diritto alla divisione degli utili si fa riferimento a quei titoli azionari ai quali è attribuito il diritto di godere dei beni sociali in luogo del diritto

18 Art. 2348 c.c. “Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti”.

19 Cagnasso “Azioni di società”

agli utili. In questo caso, l’assenza di scopo di lucro non influisce sulla legittimità di tale categoria di azioni accanto alle azioni ordinarie.

Per quanto riguarda il diritto di voto si fa riferimento a una possibile differenziazione per quanto riguarda questo diritto rispetto a particolari categorie di azioni (azioni postergate).

Le diversità minori riguardano il diritto di opzione, il diritto di recesso e il diritto di intervento in assemblea. Queste diversità non caratterizzano in modo diverso la posizione del socio riflessa nel titolo ma sono la posizione del socio nell’ambito della società in relazione agli altri azionisti.

3.2 AZIONI PRIVILEGIATE ED AZIONI POSTERGATE NELLA PARTECIPAZIONE ALLE PERDITE

Le azioni privilegiate costituiscono la categoria più ampia delle cosiddette azioni speciali. Il privilegio attribuito da questo tipo di azioni consiste nel riconoscimento di una situazione più vantaggiosa, rispetto alle azioni ordinarie, con riguardo ai diritti patrimoniali attribuiti.

Il maggiore divieto riguardo all’emissione di azioni privilegiate è il divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.) che impedisce di creare azioni che siano escluse dalla partecipazione agli utili. E’ necessario anche che, nell’ambito della categoria, siano assicurati ai possessori delle azioni uguali diritti.

In seguito alla riforma del 2003 la società gode di una più ampia autonomia per quanto riguarda la creazione di azioni privilegiate. La misura del privilegio non deve essere necessariamente pre-identificata.

3.3 AZIONI CON PARTICOLARI LIMITAZIONI AL DIRITTO DI VOTO

In base a quanto stabilito dall’art. 2351 c.c. è possibile creare, con lo statuto, azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il fatto che il diritto di voto possa essere totalmente negato ai possessori di talune azioni evidenzia la non indispensabilità di questo diritto per rendere un’azione legittima.

Con l’emissione di azioni dotate di diritto di voto limitato è possibile creare azioni che possono votare solamente in determinate assemblee (ad esempio solo nelle assemblee straordinarie) ed è possibile limitare l’esercizio del diritto di voto solo a quelle assemblee nel cui ordine del giorno siano previsti determinati argomenti.

È possibile anche la creazione di azioni dotate di un diritto di voto esercitabile soltanto al verificarsi di particolari condizioni. Queste azioni sono dotate di una disciplina particolarmente flessibile perché possono attribuire un diritto di voto limitato in determinate occasioni ed in altre, al verificarsi di particolari eventi, acquistano questo diritto in modo pieno20.

I limiti all’emissione di questo tipo di azioni sono fissati nello stesso art. 2351 il quale stabilisce che “il valore di tali azioni non può superare la metà del capitale sociale” e che non è possibile emettere azioni con diritto di voto plurimo. Tali limiti trovano fondamento nel fatto che il legislatore ha così voluto garantire che il controllo della società sia nelle mani di soggetti che rappresentano una parte significativa del capitale sociale e per evitare che una parte minoritaria possa avere un potere eccessivo all’interno della società.

Al terzo comma l’art. 2351 c.c. prevede che con lo statuto è possibile stabilire un limite massimo all’esercizio del diritto di voto, oppure la progressiva limitazione di questo diritto al crescere del numero delle azioni possedute da un determinato socio (in questo caso si parla di voto scaglionato o scalare).

3.4 LE AZIONI CORRELATE21

La categoria delle azioni correlate è stata introdotta con il D.lgs. n.6 del 17 gennaio 2003 all’art. 2350 c.c. L’articolo afferma che “la società può emettere azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore”.

20 Santoro V. (2003) “Commento all’art. 2351”in La riforma delle società. Commentario a cura di M. Sandulli e V. Santoro, I, Società per azioni. Società in accomandita per azioni, Giappichelli, Torino

21 Denominate anche tracking stocks o divisional shared

Le società che svolgono un’attività diversificata operando in diversi settori possono ricorrere alle azioni correlate per valorizzare e dare maggiore visibilità ad attività che potrebbero essere poco considerate dagli investitori.

In aggiunta, l’emissione di azioni correlate può essere anche legata ad operazioni di acquisizione, come nel caso in cui la società acquisti un’altra impresa e vengano attribuite ai soci dell’impresa da acquisire, azioni della società acquirente con diritti patrimoniali correlati solo ed esclusivamente ai risultati economici del settore in cui si colloca l’impresa ceduta.

Le azioni correlate possono anche essere distribuite ai propri dipendenti per incentivarne la produttività.

Nello statuto vengono identificati tutti i diritti amministrativi e patrimoniali che attribuiscono le azioni correlate.

Per quanto concerne i diritti amministrativi le azioni correlate attribuiscono ai possessori il diritto di voto nelle assemblee speciali ma anche nell’assemblea generale. La società può però decidere di limitare il diritto di voto di queste azioni oppure di escludere queste azioni dal voto.

Per quanto riguarda i diritti di natura patrimoniale lo statuto può ampiamente modellare il regime giuridico.

Le azioni correlate, sempre in base a quanto stabilito dallo statuto, possono essere tramutate in azioni di altra categoria per far fronte alla soppressione oppure alla cessione del settore a cui sono correlate le azioni.

3.5 LE AZIONI DI GODIMENTO

La disciplina concernente le azioni di godimento non è stata modificata dalla riforma del 2003. La società può emettere azioni di godimento al verificarsi di una riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni, con rimborso del solo valore nominale delle stesse. La funzione principale delle azioni di godimento è attribuire ai possessori delle azioni rimborsate la possibilità di continuare a partecipare agli utili futuri ed alle plusvalenze patrimoniali garantendo, allo stesso tempo, la parità di trattamento tra i soci22. Proprio per questo l’art. 2353 c.c.

22 Angelici C. (2003), “La riforma delle società di capitali”, CEDAM, Pavia

stabilisce che le azioni di godimento concorrono nella ripartizione degli utili solo dopo che ai titolari di azioni ordinarie sia stato pagato un dividendo pari all’interesse legale, calcolato sul valore nominale delle azioni.

L’art. 2353 c.c. stabilisce anche che, in caso di liquidazione, le azioni di godimento concorrono nella ripartizione del patrimonio sociale che residua dopo che le altre azioni sono state rimborsate del loro valore nominale. In questo modo si consente ai titolari di azioni di godimento di partecipare alla distribuzione delle plusvalenze della società e si salvaguarda la parità di trattamento tra i soci rimborsati e quelli non rimborsati.

Questa particolare categoria di azioni non attribuisce ai possessori il diritto di voto nell’assemblea, quindi, i titolari di azioni di godimento non possono nemmeno richiedere la convocazione o intervenire nell’assemblea. Oggi però lo statuto può prevedere l’attribuzione del diritto di voto anche a questa categoria di azioni diverse sia in modo pieno che in modo limitato.

3.6 LE AZIONI RISCATTABILI

La categoria delle azioni riscattabili è stata introdotta dal D.lgs. n.6 del 17 gennaio 2003 con l’articolo 2437-sexies.

Le azioni riscattabili sono azioni per le quali lo statuto prevede che, al venir meno di determinate condizioni relative ad uno dei soci, la società, i soci o un terzo hanno il diritto di acquistare (cioè riscattare) una parte o l’intera partecipazione del socio stesso.

Questo particolare tipo di azioni consente la “personalizzazione” della struttura della società per azioni consentendo di attribuire rilievo alle caratteristiche soggettive dei soci che altrimenti non avrebbero rilievo all’interno di una SpA.

3.7 LE AZIONI DI RISPARMIO

Le azioni di risparmio sono disciplinate dagli artt. 145, 146 e 147 del D.lgs. n.58 del 24 febbraio 1998. Queste azioni costituiscono il riconoscimento ufficiale della duplice posizione degli azionisti imprenditori (coloro che utilizzano le azioni per svolgere l’attività d’impresa) e degli azionisti risparmiatori (coloro che utilizzano

l’acquisto di azione come una forma di investimento delle proprie risorse finanziarie).

Le azioni di risparmio non attribuiscono ai possessori il diritto al voto in assemblea ma apportano dei privilegi dal punto di vista patrimoniale, privilegi che sono liberamente decisi nello statuto.

Le azioni di risparmio possono essere emesse solamente da società italiane con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell’UE. Le azioni di risparmio possono, al fine di aumentarne la sottoscrizione, essere emesse al portatore. L’ammontare totale delle azioni di risparmio non può superare la metà del capitale sociale in base a quanto previsto dall’art. 2351 c.c.

Con la riforma del 2003 è stata prevista la possibilità di emettere azioni prive del diritto di voto o con diritto di voto limitato. Questa innovazione ha permesso ai titolari delle azioni di risparmio di godere di tutti i diritti amministrativi che il possesso delle azioni comporta.

Dal punto di vista patrimoniale le azioni di risparmio sono privilegiate. I privilegi possono riguardare il diritto agli utili, il rimborso del capitale oppure la partecipazione alle perdite. I possessori delle azioni di risparmio hanno il diritto di opzione su altre azioni di risparmio nel caso in cui la società deliberi un aumento a pagamento del capitale sociale e, nel caso in cui non vengano emesse azioni di risparmio il diritto di opzione ha per oggetto azioni privilegiate o azioni ordinarie.

Le azioni di risparmio non devono necessariamente essere quotate nei mercati regolamentati pur dovendo essere emesse da società quotate.

3.8 LE AZIONI A FAVORE DEI DIPENDENTI

In base a quanto previsto dall’art. 2349 c.c. lo statuto può prevedere la distribuzione di utili ai prestatori di lavoro attraverso l’emissione di azioni per un importo che può essere uguale al totale degli utili conseguiti. Questa normativa ha per fine l’incentivazione dei dipendenti attribuendo loro la qualità di soci senza l’acquisto vero e proprio di azioni.

E’ possibile assegnare azioni anche ai dipendenti di società controllate ma non a soggetti che sono legati alla società da un rapporto di collaborazione autonoma.23 L’assemblea, in caso di conseguimento di utili da parte della società, può decidere di utilizzare gli utili per costituire una riserva vincolata a favore dei dipendenti e successivamente, deliberare un aumento gratuito del capitale sociale mediante l’emissione di nuove azioni da distribuire ai prestatori di lavoro.

3.9 ALTRI STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI

Gli strumenti finanziari partecipativi sono stati introdotti dal legislatore con il D.lgs.

n.6 del 17 gennaio 2003 al fine di aumentare le possibili forme di finanziamento utilizzabili da una SpA e di modernizzare il sistema rendendolo competitivo a livello internazionale. L’art. 2346 c.c. stabilisce che, in seguito all’apporto di opera da parte dei soci o di terzi, la società può emettere strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali ed amministrativi, salvo il diritto di voto nell’assemblea generale. Il diritto di voto è però previsto per particolari argomenti.

Questi strumenti finanziari possono essere assegnati anche ai prestatori di lavoro in base a quanto stabilito dall’art. 2349 c.c.

L’art. 2346 c.c. identifica precisamente la natura degli apporti a fronte dei quali la società può emettere strumenti finanziari. Oggetto dell’apporto possono essere la prestazione di opera o servizi ma anche beni conferiti alla società ed obblighi di non concorrenza. L’apporto può essere costituito da entità patrimoniali che non possono essere iscritte nell’attivo del bilancio24.

Il rapporto che si instaura tra il titolare dello strumento finanziario e la società è da qualificarsi come un rapporto di scambio affine a quello che deriva dal contratto di associazione in partecipazione (caratterizzato dall’apporto di un soggetto a favore di un imprenditore in cambio di un diritto di partecipazione agli utili dell’impresa di quest’ultimo)25.

23 Weigmann (1987), “Azionariato dei dipendenti” in Digesto delle discipline privatistiche, Sezione commerciale, II, UTET, Torino

24 Giannelli (2003), “Obbligazioni. Strumenti finanziari partecipativi” in AA.VV., a cura di B. Limonati, Diritto delle società di capitali, Manuale breve, Milano

L’art. 2346 c.c. rinvia ancora all’autonomia statutaria per quanto riguarda la determinazione delle modalità e delle condizioni di emissione degli strumenti finanziari, dei diritti che conferiscono, delle sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e della legge di circolazione.

Per quanto riguarda i diritti amministrativi, come detto precedentemente, la situazione riguardo al diritto di voto è controversa e, in seguito alla riforma del 2003, si sono delineati due orientamenti.

Il primo, l’art. 2351 c.c. costituisce una deroga rispetto a ciò che prevede l’art. 2346 c.c. stabilendo che lo statuto potrebbe attribuire ai possessori di strumenti finanziari il diritto di voto solo su singoli specifici argomenti predeterminati.

Il secondo, preferibile, stabilisce che i possessori di strumenti finanziari non sono autorizzati alla partecipazione all’assemblea generale in base a quanto previsto dall’art. 2346 c.c. ma possono votare nell’assemblea speciale sia per argomenti che potrebbero pregiudicare la loro situazione in seno alla società, sia per quegli argomenti per i quali è previsto espressamente dallo statuto.

Per quanto concerne la trasferibilità o l’intrasferibilità degli strumenti finanziari è necessario valutare se questi sono stati emessi a fronte di un apporto in denaro oppure a fronte della prestazione di opere o servizi.

Nel primo caso la società generalmente opta per la trasferibilità degli strumenti finanziari al fine di renderli più “appetibili” per i finanziatori.

Nel secondo caso è possibile che la società decida di rendere non trasferibili gli strumenti finanziari partecipativi dal momento che è rilevante il soggetto che presta l’opera. Nell’eventualità che la società decida, anche in questo caso, per la trasferibilità è possibile che si avvalga della facoltà di controllo del soggetto a cui viene trasferito lo strumento. L’intrasferibilità riguarda soprattutto gli strumenti finanziari assegnati ai prestatori di lavoro, considerando che essi sono attribuiti ai destinatari in mancanza di qualsiasi apporto da parte loro e presuppongono la permanenza del rapporto di lavoro.

Concludendo, gli strumenti finanziari rappresentano una categoria intermedia tra azioni ed obbligazioni differenziandosi da queste sotto diversi aspetti.

CAPITOLO 4: I TITOLI AZIONARI

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