Le circostanze che limitano la libera trasferibilità delle azioni possono essere classificate in normative e convenzionali. Le limitazioni legali alla circolazione delle azioni non sono molto numerose:
1) L’art. 2343 c.c. stabilisce che le azioni che sono assegnata a fronte di conferimenti diversi dal denaro sono inalienabili fino al controllo dei conferimenti,
2) L’art. 2345 c.c. afferma che le azioni per le quali è previsto l’obbligo di prestazioni accessorie sono intrasferibili senza il consenso degli amministratori,
3) L’art. 2357 c.c. ricorda che esistono dei limiti all’acquisto di azioni proprie, 4) L’art. 2451 c.c. afferma che le azioni di società ad interesse nazionale
possono essere sottoposte ad un particolare regime di circolazione,
5) Il trasferimento di azioni di SIM e SICAV è sottoposto ad una disciplina particolare,
6) Le azioni delle società fiduciarie e di revisione non possono essere trasferite senza il consenso del consiglio di amministrazione.
Il principio generale della libera trasferibilità delle azioni è derogabile anche da accordi conclusi tra i soci (limiti convenzionali). Queste convenzioni trovano spazio in clausole statutarie o in patti parasociali, ciò che distingue il secondo caso dal primo è che, collocandosi la clausola limitativa alla circolazione delle azioni nel contesto di patti accessori al contratto sociale stipulati solo da alcuni soci, il vincolo di indisponibilità ha efficacia meramente obbligatoria e non è opponibile alla società e ai terzi.
La nuova disciplina presenta una “norma chiave” di copertura che amplia gli spazi dell’autonomia statutaria rispetto alla legislazione preesistente e appresta alcune importanti garanzie sia ai soci che ai terzi.
La ragione di questa modifica è che nella logica di una S.p.A. che deve essere in grado di attrarre il capitale di rischio, l’appetibilità delle azioni è legata anche all’effettiva liquidabilità dell’investimento. Nella nuova disciplina è importante il
ruolo dell’exit (ovvero il diritto di recedere dalla partecipazione azionaria) riconosciuto al socio investitore, cioè che non interviene nella gestione.
La previsione della possibilità di trasferire a terzi il titolo azionario al verificarsi di certe scadenze temporali o in presenza di particolari vincoli statutari alla cessione, testimonia il tentativo di contemperare opposti interessi alla stabilità dell’investimento da parte del gruppo di comando con quello alla liquidità della partecipazione da parte dei soci investitori.
L’art. 2355bis, introdotto con la riforma del 2003, stabilisce che lo statuto possa sottoporre a particolari condizioni il trasferimento delle azioni e che possa vietarne la cessione per un periodo non superiore a cinque anni. In caso di morte del socio prima dei cinque anni gli eredi possono liberamente trasferire la partecipazione a terzi.
L’art. 2347 c.c. attribuisce ai soci, che non hanno concorso alla deliberazione, il diritto di recedere dalla società nel caso di approvazione delle deliberazioni riguardanti l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Tra le clausole limitative troviamo le “clausole di prelazione” che impongono al socio che intende dismettere la propria partecipazione di offrire le azioni preventivamente agli altri soci preferendoli ai terzi, e le “clausole di godimento” che si identificano sotto due categorie di clausole:
1) clausole statutarie che richiedono il possesso di determinate caratteristiche (come la cittadinanza di un paese UE) per l’ingresso dell’acquirente nella società,
2) clausole che subordinano l’ammissione nella società al consenso espresso dal consiglio di amministrazione della società, le cui azioni sono state acquistate (clausole di mero godimento).
Il legislatore con l’introduzione dell’art.22 della legge 281/1995 ha decretato l’inefficacia delle clausole di mero godimento perché le clausole erano affette da nullità.
La recente riforma ha riammesso le clausole di “mero godimento” nel caso in cui prevedano, in capo alla società, l’obbligo di acquistare le azioni dal socio che intende trasferirle, o attribuiscano il diritto di recesso all’alienante.
La volontà del legislatore è di consentire alla società ogni genere di barriera all’ingresso, cioè qualsiasi tipo di controllo sui potenziali nuovi soci, rimettendo l’esercizio dell’exit del vecchio socio alla presenza di un obbligo di acquisto.
Il socio che intende cedere la sua quota azionaria e non trova un donatario gradito alla società può ricorrere all’acquisto coattivo da parte degli altri soci o della società.
6.2 IL DIVIETO DI TRASFERIMENTO
L’art 2355-bis, introdotto dalla riforma del 2003, prevede la facoltà di introdurre nello statuto della società il divieto di trasferimento delle azioni per un periodo non superiore ai cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene inserito nello statuto. Il legislatore del 2003 ha ritenuto di attribuire alle parti la possibilità di impedire il trasferimento delle azioni alla scopo di creare uno strumento per stabilizzare l’assetto societario e per mantenere l’equilibrio tra i soci all’interno della società.29
6.3 LA CLAUSOLA DI PRELAZIONE
Una delle principali limitazioni al trasferimento libero delle azioni è la clausola di prelazione con la quale ciascun socio si obbliga, nel caso in cui decida di trasferire le azioni, ad offrire le sue azioni preventivamente agli altri soci preferendoli ai terzi.
La funzione di questa clausola è mantenere inalterata la struttura della compagine sociale creando un ostacolo all’ingresso dei terzi e alla modificazione dei rapporti di forza tra i soci ma senza impedire, all’azionista che intende cedere le proprie azioni, di trarre un profitto.
Le clausole di prelazione si dividono in proprie ed improprie. Nelle prime i titolari del diritto di prelazione devono esercitare tale diritto offrendo al socio alienante le
29 Galgano F. (2003) “Il nuovo diritto societario”, CEDAM, Padova Vattermoli “Commento all’art. 2355-bis” in La riforma delle società
Dimundo (2003) “Società per azioni. Azioni, società collegate e controllate, assemblee”, Giuffrè, Milano
stesse condizioni contrattuali offerte dai terzi, nelle seconde viene previsto che il prezzo di acquisto delle azioni venga determinato secondo criteri obiettivi prefissati oppure attraverso il giudizio di un terzo che funga da arbitro tra le parti.
La clausola di prelazione ha una natura sia sociale che parasociale perché comporta il sorgere, a favore e a carico di ciascun socio, del diritto di essere preferito e dell’obbligo a preferire.
L’esistenza di una clausola di prelazione comporta l’onere per il socio alienante di inviare a ciascun socio un’offerta (denuntiatio) contenente, pena l’invalidità, l’indicazione particolareggiata degli elementi del contratto che si vuole concludere ed il termine congruo per l’esercizio del diritto di prelazione. La principale indicazione che deve essere contenuta riguarda il prezzo concordato con il terzo.
6.4 LE CALUSOLE DI GRADIMENTO
Le clausole di gradimento possono essere rigide, e sono quelle che individuano requisiti di tipo oggettivo che l’acquirente delle azioni deve possedere per diventare socio; oppure proprie, e sono quelle che subordinano l’ingresso in società di un nuovo socio al consenso di un organo sociale o di uno o più soci espressamente individuati.
La legittimità del secondo tipo di clausole è stata a lungo contestata in dottrina.
Oggi, in seguito alla riforma del 2003, la disciplina delle clausole di gradimento mero, è contenuta nell’art. 2355-bis, il quale stabilisce che “le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento della azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell’alienante”.
Nell’art. 2355-bis è contenuta anche una disposizione riguardante il trasferimento delle azioni mortis causa. Questa disposizione stabilisce che devono essere previsti, a favore del successore, gli stessi meccanismi di salvaguardia previsti per l’ipotesi delle clausole di mero gradimento.
6.5 TRASFERIMENTO DI AZIONI NON LIBERATE
La riforma del diritto statutario ha integrato l’art. 2356 secondo il quale il momento dal quale decorre il termine per la responsabilità solidale viene fissato alla data dell’annotazione nel libro dei soci e non quando avviene il trasferimento dei certificati azionari.
L’alienante di azioni non interamente liberate è obbligato in solido con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti per un periodo di tre anni che decorre dall’annotazione del trasferimento nel libro dei soci. Il pagamento può essere richiesto a chi ha trasferito l’azione nel caso in cui la richiesta al possessore sia rimasta infruttuosa.
CAPITOLO 7: I VINCOLI SULLE AZIONI