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Le diverse forme di monachesimo ascetico

1. DONNE E FEDE

1.2. A NCUNI CENNI SULLLE PRIME FORME

1.2.2. Le diverse forme di monachesimo ascetico

In questa fase primitiva del cristianesimo è da annotare anche un altro fenomeno, che non avrà però uno sviluppo molto rilevante e duraturo: quello del monachesimo eremitico femminile. I mo- naci antichi, in genere, considerano la vita solitaria più perfetta di quella comunitaria e ritengono che non tutti possono aspirarvi, ma soltanto chi si è addestrato, sottoponendosi all’autorità di una

86 Cfr. Musardo Talò (2006: 26-27). 87 Cfr. Carpinello (2002: 11).

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regola e di un abate, può andare incontro alle incognite dell’isolamento e godere dei benefici della fatica ascetica. Le mo- nache dei primordi non rinunciano a misurarsi con questa estre- ma esperienza spirituale, e lo fanno negli stessi modi che sono consueti ai monaci. E così che, tra i padri del deserto, vivono an- che madri. Sarra, che abita in una celletta presso il Nilo, per ses- sant’anni è tormentata dal demone della fornicazione, e infine non solo lo vince, ma lo costringe a dichiararsi vinto. Teodora, maestra spirituale raffinata, predica l’umiltà quale unico vero an- tidoto contro il male. La più celebre è Sincletica, controfigura femminile del primo anacoreta Antonio. Bellissima, nobile e ric- ca, questa madre si è votata a Dio consacrandosi alla verginità, ha abitato per un periodo in un cimitero ed infine si è trasferita nel deserto. Rifiuta assolutamente gli incontri con uomini, ma è co- stretta ad accogliere discepole, alle quali insegna la rinuncia alle illusioni delle gioie coniugali88.

La vicenda della vergine, nel contesto Palladiano89, che recita

la parte della pazza e indemoniata, donna salé, rinvia ad una espe-

88 Cfr. ivi, pp. 18-19.

89 L’episodio, che si svolge all’interno del convento di Tabennisi, fa riferimento ad una

vergine che, fingendosi pazza, evita ogni familiarità con le sorelle, che la disprezzano, e riesce a vivere del tutto appartata. In questo modo costruisce una sorta di eremo ideale dentro il cenobio, cosa che le varrà gran fama negli ambienti monastici maschili. Svol- ge i lavori più umili, sopravvive di briciole di pane e avanzi di cibo, osserva un silenzio perfetto e non si lamenta mai quando viene insultata. Un giorno si presenta al mona- stero Piterum, un anacoreta di fama, il quale sostiene di volerla vedere. Non appena si trova davanti a lei, cade in ginocchio e chiede la benedizione: un angelo gli ha rivelato infatti che quella donna è spiritualmente più evoluta di lui. Alle monache, che la cre- dono pazza, Piterum risponde che le pazze sono loro, e anzi egli prega addirittura di essere trovato degno di lei nel giorno del giudizio. Allora le sorelle iniziano a confessa- re le loro colpe: chi le ha rovesciato addosso la sciacquatura dei piatti, chi le ha infilato un senapismo nel naso, chi l’ha colpita con pugni. Dopo che Piterum si è congedato, non sopportando più le infinite premure che le vengono rivolte, la vergine che si fin- geva pazza abbandona il monastero e scompare per sempre nel deserto. Cfr. Bartelink (1974: 163-167) e Devoti (1992: 209-212).

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rienza fondamentale del monachesimo più originario e ne è in un certo senso la forma prima: la follia per il Cristo, ispirata dalle paro- le di Paolo nella lettera ai corinti90. Gli episodi e i temi della follia

sono in effetti una miriade all’interno della tradizione e della lette- ratura monastica, specie anacoretica. Vere e proprie serie di figure e modalità di follia possono essere ricostruite o costruite nella lo- ro evoluzione addirittura attraverso i secoli: travestitismo, follia reale o rappresentata, anacoretica o urbana, eccesso esibizionisti- co e altro, «hanno come denominatore comune, esplicitamente motivato o assolutamente immotivato, la sovversione, il ribalta- mento o l’abolizione delle differenze in un indistinto assoluto –

ab-solutum – e come referente ideale lo scandalo della croce e ap-

punto il paolino ‘diventar stolto per diventar sapiente’»91.

Lo scambio delle parti fra i sessi, in queste regioni orientali, è uno dei temi ricorrenti nelle storie monastiche: interessante a proposito è la storia di Teodora di Alessandria. Sposatasi in gio- ventù con un uomo che ama, si lascia ingenuamente persuadere a tradirlo; per emendarsi depone gli abiti femminili e indossa quelli del marito, e si rifugia in un monastero maschile, sotto il nome di Teodoro. Mandata in viaggio per sbrigare una faccenda, si ad- dormenta, una notte, in un’oasi dove vi era anche una ragazza di facili costumi, incinta benché non sposata, la quale accuserà Teo- dora di averla stuprata e di essere il padre del bambino. L’abate, che continua ad ignorare l’identità di Teodora, venuto a cono- scenza di questo fatto, per punizione le ordina di andare nel de-

90 «Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si fac-

cia stolto per diventare sapiente»; 1 Cor 3,18, Vattioni (2000: 2456).

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serto ad allevare il bambino da sola. La giovane donna vivrà sette anni, tra stenti e fatiche, nel deserto, senza mai cedere alla tenta- zione di tornare indietro e discolparsi. Ritornata al monastero al- loggia in una cella con il bambino oramai cresciuto, divenendo capace di miracoli. Solo alla sua morte l’abate scoprirà la sua in- nocenza, glorificandone la memoria.

Un altro filone della letteratura dei deserti è quello delle pec- catrici pentite, contraddistinto spesso da un’amorevole collabora- zione reciproca tra i personaggi femminili e maschili. La più cele- bre fra queste donne, tutte ritagliate sulla figura di Maria Madda- lena, è Maria Egiziaca, il cui culto avrà larghissima diffusione in Oriente. Di sicuro nata nel IV secolo ad Alessandria d’Egitto, si guadagnava da vivere facendo la prostituta. Recatasi in pellegri- naggio a Gerusalemme si pente dei propri peccati, e va a vivere solitaria nel deserto oltre il Giordano per 47 anni. Ormai vecchia, incontra un anziano monaco, Zosimo, il quale riceve da lei una fortissima testimonianza. Quando Maria muore, il monaco prov- vede a seppellirla e, pieno di nuovo vigore spirituale, trasmette la sua memoria.

Assomiglia a Maria Egiziaca l’attrice mimica Pelagia, cittadi- na di Antiochia, ricchissima e bella, che dopo essersi convertita, ascoltando una predica del vescovo Nonno, va a vivere in reclu- sione a Gerusalemme, sul monte degli Ulivi. Sarà un discepolo del vescovo a ritrovarla defunta e riferire la sua storia ai patriarchi di Gerusalemme.

Rappresenta invece uno dei casi più interessanti di mona- chesimo femminile metropolitano la vita di Olimpia di Costanti- nopoli. Orfana dall’età infantile, molto ricca e di nobile stirpe,

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viene educata dal prefetto della città e da Gregorio di Nazianzo. Sposata ad un alto funzionario imperiale, che muore pochi mesi dopo le nozze, rifiuta il matrimonio che l’imperatore Teodosio tenta di imporle con le minacce e si vota ad una dura ascesi. Al suo personaggio si collega in modo speciale l’ideale della vedo- vanza cristiana, da viversi in unione spirituale con lo sposo de- funto, in attesa di ricongiungersi a lui. Legata al vescovo Nettario, il quale la ordina diaconessa nonostante la sua giovane età, Olim- pia fonda un monastero di cinquanta donne, che ben presto di- venteranno duecentocinquanta. A partire dal 397 la sua vita sarà indissolubilmente legata a quella di uno dei più grandi dell’Oriente cristiano, Giovanni Crisostomo. Olimpia lo stima moltissimo e inizia a sostenere le sue battaglie contro la corruzio- ne del clero. Battaglie che costeranno l’elisio per Crisostomo, mentre la donna resterà in città a difendere la sua causa, sfidando il potere religioso e quello imperiale.

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