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I prodomi della Riforma gregoriana

1. DONNE E FEDE

1.3. I DIVERSI ASPETTI E LE VARIE FASI DELLA RELIGIOSITÀ

1.3.4. I prodomi della Riforma gregoriana

Quasi del tutto ignorata in Italia fu la grande riforma monastica e canonicale voluta dai sovrani carolingi e che la moderna storio- grafia identifica, in modo un po’ semplicistico, con la figura e l’opera di Benedetto di Aniane: erano troppo forti in Italia le tra- dizioni di alcune grandi abbazie alto-medievali (Montecassino, Subiaco, Bobbio, ecc.) e troppo debole il potere centrale, che avrebbe dovuto vigilare sull’uniformazione dell’osservanza mona- stica.

In Italia invece fu precoce e vivace la ripresa del modello ascetico, che la tradizione associava ai Padri del deserto: a quel monachesimo delle origini, con forti connotazioni eremitiche, ca- ratterizzato dal lavoro manuale e da un’ascesi di raro vigore, che alla fine dell’età antica era stato fatto conoscere in Occidente da- gli scritti di Girolamo e di Cassiano di Marsiglia. Ma questa nuova fase della storia del monachesimo non poteva avere grandi svi- luppi nel mondo femminile: fin dalle prime manifestazioni, l’eremitismo era un’esperienza prettamente maschile, essendo troppo pericoloso per le donne, cui del resto si pensava mancas- sero anche le energie fisiche per sopportare una forma di vita così austera. Eppure, nell’XI secolo, sono sempre più numerose le fondazioni femminili che emergono dalla documentazione. Tale

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fatto si collega al diffondersi del fenomeno delle chiese e dei mo- nasteri privati e del contemporaneo radicarsi di grandi famiglie aristocratiche sul territorio. Il rapporto tra aristocrazia e mona- chesimo in questa fase storica si può riassumere molto semplici- sticamente, tramite alcuni caratteri essenziali. Una famiglia aristo- cratica fonda sulle proprie terre un ente religioso, riservandosi il diritto di nomina del superiore o della superiora, del resto scelto quasi sempre nell’ambito del gruppo familiare. In cambio, la fon- dazione pia, primariamente, si impegna alla preghiera per i fonda- tori o benefattori, vivi o morti, ma svolge anche una funzione di «cemento» dell’identità familiare, necessario soprattutto quando le grandi famiglie tendono a dividersi in rami, con scarsi rapporti fra loro. La chiesa, o il monastero, fondato dagli avi comuni, gene- ralmente scelto quale luogo di sepoltura comune, diventa così il centro ideale dell’universo familiare; in più, i beni che ne costitui- scono la dotazione finiscono per rappresentare l’unica parte della proprietà che continua ad essere a lungo bene comune118.

Ma la prima metà dell’ XI secolo è importante anche per al- tre motivazioni, dato che, proprio in questi anni, si porranno le premesse per mutamenti radicali nelle strutture ecclesiastiche, che avranno un’influenza profonda sugli ideali di religiosità delle età a venire.

Nella metà del XI secolo risalgono infatti le sempre più in- calzanti accuse nei confronti del clero del tempo, in quanto si- moniaco e concubinario: la lotta contro il matrimonio del clero, la sempre più esplicita affermazione che il celebrante deve proce-

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dere alla consacrazione dell’ostica con mani pure (cioè senza aver avuto rapporti con donne), la conclusiva vittoria del principio del celibato ecclesiastico ebbero sui modelli di santità e gli ideali spi- rituali un impatto determinante. Quelli che erano stai temi cari al- la morale monastica dell’età patristica divengono, in questo pe- riodo, un’arma di battaglia contro la corruzione del clero. È in Italia che viene combattuta questa battaglia, insieme, sia della ge- rarchia ecclesiastica che da un élite laicale. A questa resistenza passiva contro un clero indegno, le donne hanno partecipato quanto gli uomini, anch’esse coinvolte in quello «sciopero liturgi- co», così fu definito allora, che rifiutava di accettare i sacramenti da sacerdoti impuri119.

La buona riuscita della riforma (il clero dovrà essere da allo- ra, celibe se non vergine, e privo di rapporti economici con il po- tere secolare) segna allo stesso tempo una sconfitta definitiva per il laicato, condannato, dalla sua accettazione dei legami terreni, ad una condizione di fondamentale inferiorità. È anche vero che la Chiesa tende a dichiarare la sostanziale uguaglianza di tutti gli stati di fronte a Dio. Non veniva negata ai laici, in quanto coniugati, la possibilità di assurgere alla perfezione, ma la sessualità ormai ave- va acquisito, agli occhi dei fedeli, un carattere di impurità che le era fondamentalmente estraneo in epoche precedenti. Secondo Giulia Barone è questa la matrice della forte misoginia riscontrata da Georges Duby nei tanti testi di età feudale, ed è questa di certo la ragione più convincente di una sopravvalutazione della vergini- tà, di cui le donne si fecero, spesso ed in prima persona, portatri-

99 ci120.

L’età gregoriana e post-gregoriana, come tutte le epoche di forte gerarchizzazione delle strutture ecclesiastiche, è particolar- mente avara di figure di donne sante. Al contrario, in tutta Euro- pa, si assiste al diffondersi di un modello di santità destinato a un grande e duraturo successo, quello del santo vescovo, modello che ovviamente non può avere un suo corrispettivo femminile. Ma il XII secolo vedrà anche il trionfo del nuovo monachesimo: nasceranno gli ordini dei Certosini e soprattutto dei Cistercensi, la cui diffusione, nel corso del secolo successivo, arriverà a tocca- re anche regioni mai raggiunte dall’antico monachesimo, come l’Europa centro-orientale, o appena lambite, come l’Italia meri- dionale. Ma le figure femminili che potranno godere del riflesso della fortuna dei rami maschili degli ordini saranno davvero po- che.

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