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Diversi approcci applicativi ed analitic

12 Decision 20 COM IX.13.

4.2. Diversi approcci applicativi ed analitic

L’analisi delle divergenze e dei parallelismi esistenti tra l’impostazione dell’UNESCO e quella del Consiglio d’Europa in merito al tema del paesaggio ha consentito l’individuazione delle principali discriminanti teoriche e concettuali che contraddistinguono queste due visioni, spesso antitetiche perché finalizzate alla considerazione di valori alquanto diversi.

La stessa deduzione può essere espressa in relazione ai metodi e agli obiettivi delle rispettive applicazioni pratiche: in primo luogo, è indispensabile puntualizzare che nella Convenzione europea del Paesaggio non viene menzionato esplicitamente l’obiettivo di ‘conservazione del paesaggio’, caposaldo, al contrario, della politica dell’UNESCO, mentre vengono introdotte altre forme di trasposizione operativa degli intenti teorici, quali soprattutto la pianificazione, la tutela, la gestione, la valutazione, la conoscenza e l’interpretazione dei paesaggi.

La gestione, aspetto basilare condiviso anche dall’UNESCO, assume, negli ultimi anni, un importante ruolo nella valutazione dei siti, come vedremo più avanti, ed è forse il riferimento applicativo cardinale dell’impostazione fissata per la salvaguardia del patrimonio dell’umanità. Prima, però, delle problematiche inerenti gli strumenti e gli indirizzi gestionali, è utile analizzare in maniera più approfondita ciò che rappresenta il punto-base della visione dell’UNESCO: l’iter istituzionale che permette l’iscrizione di un sito nella World Heritage List.

Questo processo si suddivide in tre diverse fasi, cui corrispondono da un punto di vista analitico tre scale di attuazione: la scala globale, quella nazionale e quella locale. La prima si richiama esplicitamente alla competenza sovra-nazionale esercitata dall’UNESCO

scala locale, che si esprime tramite l’attuazione ed il monitoraggio delle azioni decise in materia di pianificazione e protezione del sito.

Si può, in un certo senso, affermare che la nomina di un sito innesca una serie di azioni e di rapporti che si articolano sul territorio stabilendo a loro volta nuove relazioni. Queste tre diverse scale di riferimento devono, di conseguenza, procedere in maniera coerente, ambendo alla validazione dei medesimi obiettivi e attivando politiche concertate di attuazione. Nella pratica, l’UNESCO impone agli Stati, sul cui territorio sono presenti siti inseriti nella lista, di provvedere, per ciascuno di essi, alla redazione di un Piano di Gestione. Il Piano di Gestione, a seconda della natura del sito preso in esame, deve essere prodotto dai soggetti di competenza: per i siti di estensione areale, tali soggetti sono gli Enti pubblici e governativi (Regioni, Comuni, Soprintendenze, ecc.), mentre, nel caso di siti puntuali, il piano diventa di competenza del gestore, essendo rara la partecipazione di soggetti istituzionali più ampli. A tutto ciò si aggiunge un’ulteriore scala di indagine, di pianificazione e di rappresentazione, quella relativa alla delimitazione effettiva del sito stesso, che, in molti casi, confina o si sovrappone a precedenti prescrizioni e perimetrazioni, quali quelle stabilite dalla presenza in uno stesso ambito territoriale di aree protette o parchi nazionali, che aggiungono informazioni, contenuti e norme alla scala operativa ed organizzativa locale.

Per quanto riguarda, invece, la Convenzione europea del Paesaggio, gli impegni sottoscritti dagli Stati contraenti sono molto più specifici e si suddividono in tre diverse classi, dipendenti sia dal livello di competenza cui si riferiscono che dal livello di applicabilità: sono individuate le misure generali e quelle puntuali da adottare per pervenire ad una corretta azione di tutela, di gestione e di pianificazione del paesaggio, a livello nazionale, e le misure atte a regolare la collaborazione internazionale tra gli Stati firmatari.

Queste ultime si rivolgono alla cooperazione ed alla collaborazione tra i Paesi, mirando alla delineazione di strategie condivise per la pianificazione, la tutela e la gestione dei paesaggi europei. Le misure generali a livello nazionale riguardano, invece, il riconoscimento del paesaggio in quanto parte fondamentale del contesto in cui le popolazioni vivono ed espressione della diversità del loro patrimonio e della loro identità; in tal senso è indispensabile provvedere alla programmazione di politiche volte alla sua protezione, gestione e pianificazione. Allo stesso tempo, la Convenzione europea auspica che il paesaggio venga integrato in tutte le politiche di settore che possono avere influenza, diretta o indiretta, sullo stesso, affermando il suo carattere trasversale e transdisciplinare. La centralità dell’essere umano all’interno della disciplina paesaggistica viene, poi, ribadita per mezzo dell’invito a favorire la partecipazione

elaborazione dei piani e dei programmi, nell’ottica di fissare ed attuare le politiche di paesaggio.

A sostegno di quest’ultima affermazione, quindi, la Convenzione europea esplicita quelle che vengono definite le misure specifiche a livello nazionale, prevalentemente incentrate sulla necessità di sensibilizzazione dei diretti interessati e dei fruitori, al fine di attribuire al paesaggio valori nuovi e concreti, che possano essere una base per programmare e gestire al meglio ogni trasformazione ed ogni processo di pianificazione; sono, al contempo, previste attività di formazione e di istruzione, di identificazione e di valutazione, atte a garantire alti livelli di competenza delle categorie professionali agenti sul paesaggio e a migliorare la conoscenza delle sue caratteristiche più profonde da parte della popolazione e dei portatori di interesse. A queste indicazioni si aggiunge quella concernente gli obiettivi di qualità paesaggistica, che, individuati e valutati dagli esperti e dalle comunità, divengono la parte fondamentale dei piani di paesaggio. In conclusione, dunque, è possibile rintracciare divergenze sostanziali tra l’impostazione concettuale della World Heritage Convention e della Convenzione europea del Paesaggio non soltanto sul piano formale, ma anche sul piano della trasposizione pratica degli obiettivi e degli strumenti illustrati per assicurare la tutela e la gestione del paesaggio: sono diversi gli scopi, sono diverse le competenze e sono diversi i campi di applicazione cui i due documenti fanno riferimento. Non è un caso, quindi, che, all’interno del dibattito scientifico incentrato sul tentativo di mettere in relazione la visione dell’UNESCO con quella espressa per mezzo della Convenzione europea sul tema del paesaggio, sia stato più volte affermato che quest’ultima può essere considerata una sorta di strumento complementare della politica dell’UNESCO (Déjeant-Pons, 2003: 53).