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Dividendi distribuiti da soggetti ester

1.14. La deducibilità fiscale delle perdite su credit

1.15.2. Dividendi distribuiti da soggetti ester

In forza del disposto dell'art. 89, comma 3, per i soggetti IRES, dell'art. 47, comma 4, come richiamato dall'art. 59, comma 1, per gli imprenditori individuali e le società di persone, e dell'art. 47, comma 4, come richiamato dall'art. 59 a sua volta richiamato dall'art. 116, comma 2, per le società a responsabilità limitata che abbiano optato per il regime della "trasparenza fiscale" a norma dello stesso art. 116, del D.P.R. n. 917/1986, il regime fiscale degli utili, come sopra illustrato, si applica anche agli utili provenienti dalle società e dagli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, purché tali società ed enti siano "diversi da quelli residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze adottato ai sensi dell'articolo 167, comma 4", del D.P.R. n. 917/1986.

In pratica, per l'individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato il legislatore rimanda a quelli individuati ai fini dell'applicazione delle

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cosiddette Controlled Foreign Companies Rules124.

Per effetto delle previsioni normative di cui sopra, gli utili provenienti da società ed enti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato concorrono per intero alla formazione del reddito imponibile.

Lo stesso art. 47, comma 4, come richiamato dagli artt. 89, comma 4, e 59, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, dispone, tuttavia, che gli utili provenienti da tali soggetti non residenti comunque non concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile "nel caso in cui gli stessi non siano già stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 167 e dell'articolo 168" del D.P.R. n. 917/1986.

In pratica, con la disposizione di cui sopra il legislatore intende precisare che gli utili in questione non concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile del socio nel caso in cui gli stessi siano già stati assoggettati ad imposizione "per trasparenza" in capo allo stesso. Sul punto si rileva un errore di sintassi, in quanto "non siano già stati imputati al socio" dovrebbe in realtà essere "siano già stati imputati al socio". Del resto, anche al punto 3.3 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E, si fa correttamente riferimento all'"ipotesi in cui gli utili siano stati

imputati al reddito del socio per trasparenza".

In merito, occorre anche rilevare che tale previsione normativa, dettata nell'ambito della disciplina dei redditi di capitale, è di fatto non applicabile nell'ambito del reddito d'impresa, in quanto tale fattispecie è già più compiutamente disciplinata dall'art. 167, comma 7, del D.P.R. n. 917/1986, il quale prevede che gli utili distribuiti dai soggetti non residenti, che siano già stati assoggettati ad imposizione "per trasparenza", non concorrono per intero alla formazione del reddito imponibile125.

In tale senso, si esprime anche la Relazione al D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, ove è stato specificato, a commento delle novità recate dall'art. 89 del D.P.R. n.

124 Cfr. D.M. 21 novembre 2001.

125 Sacchetto C., La nuova disciplina in tema di tassazione dei redditi di imprese estere partecipate localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata, in “Tax planning” n. 18, p. 27; Greco – Barbagelata, “Osservazioni sulla trasparenza fiscale”, in “Il Fisco”, n. 4 del 2003, p. 1199.

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917/1986, che "la disciplina prevista nel presente articolo risulta applicabile anche alle distribuzioni di utili che avvengono da parte delle società residenti in territori o Paesi a fiscalità privilegiata controllate o collegate per la parte che eccede gli utili già imputati ai sensi dell'articolo 167 e 168" del D.P.R. n. 917/1986.

Non sempre, tuttavia, gli utili provenienti da soggetti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato devono concorrere per intero a formare il reddito imponibile del socio. L'art. 89, comma 3, per i soggetti IRES, e l'art. 47, comma 4, richiamato per gli imprenditori individuali e le società di persone dall'art. 59, comma 1, e per le società a responsabilità limitata che abbiano optato per il regime della "trasparenza fiscale" in forza del disposto dell'art. 116 del D.P.R. n. 917/1986 dall'art. 59, comma 1, a sua volta richiamato dall'art. 116, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986, dispongono, infatti, che la penalizzazione in oggetto non si applica quando sia dimostrato che "dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati".

Nel caso sia dimostrabile la condizione di cui sopra, gli utili provenienti dai soggetti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato sono assoggettati ad imposizione secondo le regole prima viste per il caso della distribuzione di utili da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato (nello stesso senso il punto 3.5 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E).

A tale proposito si sottolinea il fatto che la condizione che i redditi non devono risultare localizzati in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati deve sussistere "sin dall'inizio del periodo di possesso" (nello stesso senso il punto 3.5 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E, e il punto 24 della C.M. 4 agosto 2006, n. 28/E), non essendo sufficiente, ad esempio, che essa sussista nel periodo d'imposta in cui gli utili sono stati percepiti. In pratica, la condizione deve sussistere fin dal periodo d'imposta della partecipata in corso alla data di inizio del possesso della partecipazione. Poiché la dimostrazione che dalle partecipazioni non sia stato conseguito l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati è sostanzialmente la stessa dimostrazione

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prevista dall'art. 167, comma 5, let. b), del D.P.R. n. 917/1986 nell'ambito della disciplina concernente le cosiddette Controlled Foreign Companies Rules (se non per il fatto che nel caso in esame la condizione deve sussistere "sin dall'inizio del periodo di possesso").

Come previsto sia dall'art. 89, comma 3, sia dall'art. 47, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986, la dimostrazione del rispetto della condizione di cui sopra deve essere riconosciuta "a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b)," dell'art. 167 del D.P.R. n. 917/1986. Con riferimento all'esercizio dell'interpello di cui sopra, al punto 3.2 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E, è stato precisato che "il diritto di interpello può essere esercitano, nel caso di specie, da qualsiasi soggetto possessore della partecipazione, anche se diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità previste dalla disciplina sulle CFC"126. In pratica, "l'ambito dei soggetti che possono esercitare l'interpello è più ampio di quello ordinariamente previsto dalla disciplina sulle CFC (soggetti che detengono il controllo o il collegamento dell'impresa partecipata estera)".

Sempre al punto 3.2 della C.M. n. 26/E di cui sopra, è stato anche precisato che, "nel caso in cui sia stato ottenuto il parere favorevole dell'Agenzia delle Entrate per la disapplicazione della normativa CFC in base alla esimente di cui all'art. 167, comma 5, lettera a), del Tuir, cioè in considerazione dello svolgimento di un'effettiva attività industriale o commerciale da parte della società partecipata non residente, gli utili distribuiti da quest'ultima concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile del soggetto residente. In tal caso, è comunque consentita la presentazione di una nuova istanza di interpello volta a far valere l'esimente di cui all'art. 167, comma 5, lettera b), del Tuir, che à attiene alla localizzazione del reddito in Paesi a fiscalità ordinaria".

Nello stesso senso di cui sopra è anche il punto 24 della C.M. 4 agosto 2006, n. 28/E, dove è stato precisato che è "irrilevante l'eventuale parere favorevole alla

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Cassazione, 6 dicembre 2001, n. 15442; idem, 7 marzo 2003, n. 13819. Inoltre, Paparella F., Possesso di redditi ed interposizione fittizia, Milano, 2000, p. 270.

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disapplicazione della normativa CFC, emesso dall'Agenzia delle Entrate in base alla esimente di cui alla lettera a), del comma 5, del citato art. 167, a fronte della dimostrazione dell'esercizio di una effettiva attività commerciale della partecipata. Tale irrilevanza trova giustificazione ove si consideri che il regime di parziale concorso alla formazione del reddito previsto per gli utili societari non costituisce un'agevolazione, bensì il rimedio contro la doppia imposizione degli utili medesimi, riservato alle solo ipotesi in cui essa può prodursi".

Con riferimento, invece, al fatto che l'art. 89, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986, prima delle modifiche allo stesso apportate dall'art. 36, comma 4-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, si riferiva agli utili "relativi" alla partecipazione al capitale, mentre nel testo attualmente in vigore si fa riferimento agli utili "provenienti" dalla partecipazione al capitale, nella Relazione al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, è stato affermato che tale modifica si è resa necessaria in quanto, in base alla precedente formulazione, "la tassazione integrale dei dividendi provenienti dai paesi a fiscalità privilegiata" riguardava "solo quelli "corrisposti" direttamente dalla partecipata estera situata in detti paesi e non anche quelli percepiti indirettamente in quanto "provenienti" dalla partecipata estera per il tramite di altra partecipata situata in paesi diversi da quelli a fiscalità privilegiata. La norma invero", consentiva "di aggirare facilmente il regime di tassazione integrale degli utili provenienti da partecipate situate in paesi a fiscalità privilegiata, interponendo nella catena societaria un altro soggetto estero residente in un paese a regime fiscale non privilegiato".

Nello stesso senso è anche il punto 24 della C.M. 4 agosto 2006, n. 28/E, dove è stato precisato che, "per effetto di tale modifica, il regime di tassazione integrale riguarderà non solo gli utili e i proventi equiparati distribuiti direttamente dai soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche quelli - da essi generati - che fluiscono tramite società intermedie" (in modo analogo si esprime il punto 3.2 della C.M. 21 novembre 2006, n. 34/E).

Alla luce dell'interpretazione di cui sopra non si può fare a meno di evidenziare come la norma sia di estrema complessità (e soggettività), sia per il

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contribuente che deve applicarla sia per l'Amministrazione finanziaria che ne deve controllare la corretta applicazione127.

Nell'analisi di cui sopra occorre inoltre considerare che la società B potrebbe esercitare direttamente un'attività che produce redditi, che si vanno a "mischiare" con i dividendi percepiti, e che gli utili dalla stessa conseguiti potrebbero essere annualmente accantonati a riserva, per poi procedere ad una distribuzione straordinaria di utili a distanza di anni.

In pratica la normativa in commento può concretamente trovare applicazione soltanto nel caso di catene partecipative molto semplici e lineari.