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1.14. La deducibilità fiscale delle perdite su credit

1.15.6. Ripartizioni di riserve di capitale

Ai sensi dell'art. 47, c. 5, del D.P.R. n. 917/1986, come richiamato dall'art. 59, comma 1, e dall'art. 89, comma 4, dello stesso D.P.R., non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società soggette all'IRES (tra cui le società di capitali) a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti:

- con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote;

- con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote; - con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale;

- con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta, riserve tutte definibili come "riserve di capitale".

Lo stesso art. 47, comma 5, dispone, peraltro, che le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. In proposito, al punto 6.6 della C.M. 16 marzo 2005, n. 10/E, è stato affermato che "il contribuente deve imputare la riduzione del capitale (delle "riserve di capitale") in proporzione a ciascuna stratificazione di costo relativo alle partecipazioni interessate".

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Occorre tuttavia considerare che, ad integrazione di quanto sopra, l'art. 86, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, come introdotto dall'art. 6, comma 1, del D.Lgs. 18 novembre 2005, n. 247 (con effetto per i periodi d'imposta che iniziano a decorrere dal 1° gennaio 2004, come disposto dall'art. 6, comma 13, dello stesso D.Lgs.), dispone che "costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni".

In altre parole, se le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di rimborso del capitale sociale o di ripartizione delle "riserve di capitale" sono superiori al valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, tale valore si azzera e l'eccedenza costituisce materia imponibile per il socio sotto forma di plusvalenza.

Come si legge nella Relazione al D. Lgs. 18 novembre 2005, n. 247, "tale disposizione è "confermativa" dell'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate nelle circolari n. 26/E e 36/E del 2004". Si rileva, inoltre, che la stessa interpretazione si rinveniva già, nella sostanza, nella R.M. 31 maggio 2001, n. 79/E, dove a tale riguardo era stato precisato che, "per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto, le somme distribuite costituiscono sopravvenienza attiva per l'impresa".

In aggiunta a quanto sopra, l'art. 87, comma 6, del D.P.R. n. 917/1986 prevede che le disposizioni relative alla "participation exemption" si applicano anche alle plusvalenze come sopra determinate. In pratica tali plusvalenze possono beneficiare dell'esenzione da imposizione di cui all'art. 87 del D.P.R. n. 917/1986 se, all'atto della ripartizione delle "riserve di capitale", risultano essere rispettate le condizioni previste dallo stesso art. 87.

Al punto 3.3 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E, è stato precisato che tale regime vale anche per gli imprenditori individuali e le società di persone (per il rimando che l'art. 58, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 fa all'art. 87 dello stesso D.P.R.).

In assenza di una espressa previsione normativa, alla fattispecie in esame non sembra invece applicabile il disposto dell'art. 86, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986,

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il quale prevede la possibilità di assoggettare ad imposizione in più periodi d'imposta la plusvalenza realizzata per la cessione di una partecipazione iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie. Questo in quanto tale previsione normativa può essere applicata soltanto per le "plusvalenze realizzate", fattispecie che non si verifica nel caso in esame. Del resto anche al punto 3.1 della C.M. 16 giugno 2004, n. 26/E, è stato affermato che "l'eventuale somma (o valore dei beni) ricevuta dal socio eccedente il costo fiscale della partecipazione si qualifica come un reddito non derivante da un evento realizzativo della partecipazione".

In caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale (aumento a titolo gratuito), l'art. 47, comma 6, del D.P.R. n. 917/1986, come richiamato dall'art. 59, comma 1, e dall'art. 89, comma 4, dello stesso D.P.R., dispone che "le azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci".

Tuttavia lo stesso art. 47, comma 6, prevede che, "se e nella misura in cui l'aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o fondi diversi da quelli" di capitale, "la riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è considerata distribuzione di utili". In tal caso, "la riduzione si imputa con precedenza alla parte dell'aumento complessivo di capitale derivante dai passaggi a capitale di riserve o fondi diversi da quelli" di capitale, "a partire dal meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono diversamente".

Per riserve di capitale si intendono quelle di cui all'art. 47, c. 5, del D.P.R. n. 917/1986, cioè le riserve e i fondi costituiti:

- con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote;

- con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote;

- con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale - con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta.

77 1.16. Le partecipazioni acquisite

Sempre più frequente vi è il caso in cui un imprenditore, a fronte di un finanziamento bancario ottenuto, risulta inadempiente.

In tal evenienza, la banca potrebbe intraprendere a danno del debitore la via delle procedure concorsuali per il recupero del credito vantato: questa modalità però nel tempo e con riguardo a numeri crescenti di posizioni debitorie non è esente da sfavorevoli ripercussioni sul tessuto socio-economico, poiché incidente negativamente sul livello occupazionale e sulla crescita economica.

Tale conseguenza, evidentemente, ha spinto il legislatore ad intervenire con opportuni correttivi, in grado di adeguare una situazione che, seppur conforme al dettato di legge, tende a provocare distorsioni economiche.

Il legislatore è intervenuto per tutelare gli interessi collettivi, offrendo rimedi alternativi alle procedure concorsuali, quali la ristrutturazione dei debiti135, attuata attraverso una dilazione dei debiti esistenti.

L’intervento è diretto a disciplinare il regime fiscale delle acquisizioni di partecipazioni sociali per il recupero crediti bancari. Gli istituti di credito che acquisiscono partecipazioni, o la conversione dei crediti in partecipazione, possono fruire di una disciplina fiscale di favore diretta a riconoscere la possibilità, ai sensi dell’articolo 113 del TUIR, previo interpello e parere favorevole dell’Agenzia delle Entrate, di "disapplicare" l’articolo 87 del TUIR (regime di participation exemption). Si tratta di una norma derogante alla “normale” disciplina fiscale riservata alle partecipazioni e risulta attuabile soltanto al verificarsi di determinate situazioni.

Poiché la “ratio” della norma è quella di eliminare solo la disparità di trattamento tra le partecipazioni possedute, risulta comprensibile la negazione di ogni diritto collegato alla detenzione di tali partecipazioni, tra cui quello di aderire alla tassazione di gruppo o/e per trasparenza136.

135 Tale possibilità, in vigore dal 17 maggio 2005, è stata prevista dal legislatore con l’art. 182bis del Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942, inserito dall’art. 2, comma 1, lett. i), del D.L. n. 35 del 14 marzo 2005, convertito, con modificazioni, dalla L n. 80 del 14 maggio 2005; successivamente sostituito dall’ art. 16, comma 4, del D. Lgs. n. 169 del 12 settembre 2007.

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L’art. 113, comma 2 lettera c), dispone che la trasformazione dei crediti in partecipazione non legittima l’istituto bancario ad optare per la tassazione consolidata o/e alla tassazione per trasparenza nei confronti

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Il legislatore ha garantito la neutralità fiscale con l’inserimento nel TUIR dell’art. 113, evitando l’applicazione delle disposizioni sulle partecipazioni esenti (Pex) alle partecipazioni acquisite dal settore bancario nell’ambito di interventi finalizzati al recupero dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria ed inserite nell’attivo immobilizzato dello Stato Patrimoniale; conseguentemente, risulta inapplicabile anche la normativa sull’indeducibilità fiscale delle svalutazioni e minusvalenze delle partecipazioni Pex.

Sostanzialmente, l’art. 113 prevede un’assimilazione esclusivamente fiscale delle partecipazioni acquisite ai crediti estinti, riconoscendo alle partecipazioni lo stesso trattamento fiscale riservato ai crediti, a condizione che il valore fiscale attribuito alle partecipazioni sia lo stesso dei crediti al momento della loro trasformazione.

Si tratta, essenzialmente, di non assoggettare le partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari al regime fiscale previsto per le partecipazioni Pex, e di attribuire, anche se parzialmente, rilevanza fiscale alla loro svalutazione ed alla minusvalenza eventualmente realizzata con la cessione delle partecipazioni acquisite137.

Una particolare attenzione merita il ruolo svolto dall’Agenzia delle entrate138, chiamata a valutare ed approvare la particolare modalità di recupero del credito illustrata dall’ente creditore nell’istanza di interpello a tal fine predisposta139 e contenente tutte le indicazioni prescritte dalla legge nel caso in cui il recupero dei crediti bancari avvenga attraverso la loro sostituzione o conversione in partecipazioni.

della società “momentaneamente” partecipata, cioè per il tempo strettamente necessario al recupero del credito bancario.

137 Naturalmente, la svalutazione e la minusvalenza saranno rilevanti fiscalmente nei limiti del valore fiscale dei crediti al momento della loro trasformazione.

138 LEO MAURIZIO, Le imposte sui redditi nel Testo Unico- Giuffrè editore 2010- Milano.

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L’art. 113, comma 1, del Tuir dispone che la disapplicazione del regime previsto dall’art. 87 del Tuir alle partecipazioni acquisite nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti bancari verso società in difficoltà finanziaria sia disposto dall’Agenzia delle Entrate, a seguito del suo parere favorevole, che dovrà pervenire al contribuente nel termine di centoventi giorni. Si precisa che tale risposta, scritta e motivata, sarà vincolante solo ed esclusivamente in riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente.

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L’accoglimento dell'istanza comporta, contestualmente, l’equiparazione, ai fini dell’applicazione degli articoli 101, comma 5, e 106 del TUIR, delle partecipazioni acquisite ai crediti estinti o convertiti.

L’interpretazione fornita con il documento di prassi tiene conto dei profili contabili e fiscali delle operazioni di acquisizione e/o conversione dei crediti in partecipazione, evidenziando gli aspetti relativi al trasferimento del valore dei crediti alle azioni ricevute, alla cessione della partecipazione iscritta in bilancio, al rimborso parziale del credito prima della conversione, all’acquisizione da terzi del credito convertito, all’avvio di procedure concorsuali nei confronti del "debitore".

Preliminarmente (nei 120 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi) gli istituti di credito, come precisato, devono inoltrare per iscritto all’Amministrazione finanziaria istanza di interpello diretta ad ottenere la disapplicazione del regime pex di cui all’articolo 87 del TUIR.

Quanto agli elementi che l’istanza di interpello deve contenere, nelle due ipotesi di recupero dei crediti bancari attraverso l’acquisizione di partecipazioni e di conversione dei crediti in partecipazioni ne concerne quanto segue: nel primo caso, disciplinato dalla lettera a), è necessario dover indicare: i motivi di convenienza di tale procedura rispetto ad altre forme alternative di recupero dei crediti; le modalità e i tempi previsti per il recupero dei crediti.

Nei casi di partecipazioni dirette nella società debitrice, oltre ai sopra richiamati elementi, è necessaria la precisazione che l’operatività dell’impresa debitrice sarà limitata agli atti connessi con il realizzo e la valorizzazione del patrimonio.

Diversamente, nell’ipotesi disciplinata dalla lettera b), in cui gli enti creditizi convertono i propri crediti in partecipazioni (anche di nuova emissione) della stessa società debitrice, l’istanza di interpello deve contenere l’indicazione: degli elementi che inducono a ritenere temporanea la situazione di difficoltà finanziaria del debitore; degli elementi sulla cui base è valutata la ragionevolezza delle prospettive di riequilibrio economico e finanziario nel medio periodo; della convenienza economica della conversione dei crediti rispetto a forme alternative di recupero degli

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stessi; delle caratteristiche del piano di risanamento, predisposto da enti creditizi e finanziari rappresentanti una quota elevata dell’esposizione debitoria dell’impresa in difficoltà.

In merito ai piani di risanamento, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la stessa non è chiamata a effettuare un esame nel merito dei contenuti dei piani di risanamento prospettati e/o dei motivi di convenienza delle operazioni che si intendono porre in essere. Il parere, tuttavia, resta subordinato a un’eventuale attività di controllo dei competenti organi di vigilanza.

Nell’istanza di interpello gli istituti di credito istanti devono altresì dichiarare di non avvalersi dell’opzione per il consolidato (nazionale o mondiale) e per la trasparenza nei confronti della società partecipata, per l’intero periodo di detenzione della partecipazione (credito, sotto il profilo fiscale).

Le operazioni di acquisizione di partecipazioni per il recupero crediti determinano, da un lato, lo stralcio del credito convertito dal bilancio bancario, dall’altro, l’iscrizione, nell’attivo dello stato patrimoniale del bilancio bancario, della relativa partecipazione acquisita tra le "attività finanziarie disponibili per la vendita". In applicazione dei principi contabili internazionali (IAS 39), le attività così classificate devono essere valutate al fair value. Il valore di iscrizione della partecipazione deve, pertanto, riflettere l’eventuale prezzo di negoziazione in caso di ipotetica transazione di mercato. Le eventuali plus o minusvalenze da valutazione sono imputate a una riserva di valutazione del patrimonio netto e non direttamente in conto economico, salvo che nei casi di perdite di valore a carattere durevole. La richiamata classificazione determina una serie di conseguenze di carattere fiscale; difatti, per presunzione assoluta, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, gli strumenti finanziari, diversi da quelli detenuti per la negoziazione, come già ampiamente illustrato, costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85 del TUIR (ovvero per le "imprese IAS" solo le attività finanziarie detenute per essere negoziate non costituiscono immobilizzazioni finanziarie). Di conseguenza, ogni qual volta gli istituti di credito provvedono a iscrivere le partecipazioni derivanti da operazioni di conversione di crediti

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nell’attivo dello stato patrimoniale del bilancio bancario, tra le cosiddette attività finanziarie disponibili per la vendita, le stesse, ai fini fiscali, rilevano quali immobilizzazioni finanziarie, e come tali non rilevano sotto il profilo fiscale le relative ed eventuali perdite di valore.

Parimenti, in caso di realizzo delle partecipazioni in argomento, le eventuali plusvalenze da cessione, qualora ricorrano i requisiti di cui all’articolo 87 del TUIR, saranno esenti. Tuttavia, in caso di minusvalenza da cessione, la stessa, al ricorrere dei richiamati requisiti di cui all’articolo 87 del TUIR, è indeducibile dal reddito di impresa.

Sulla base del regime delineato gli enti in questione potrebbero non avere convenienza a effettuare le operazioni in esame, in quanto per tutto il periodo di possesso della partecipazione non potrebbero dedurre le relative svalutazioni in sede di dichiarazione dei redditi, né, all’atto della cessione delle partecipazioni acquisite (per il recupero dei crediti), potrebbero dedurre le minusvalenze eventualmente realizzate.

Al fine di non disincentivare le operazioni in esame, il legislatore ha introdotto l’articolo 113 del TUIR, ovvero una disposizione agevolativa e sostanzialmente derogatoria da quelle applicabili alle operazioni in esame.

Il fondamento della norma è quello di evitare che l’acquisizione delle partecipazioni, al fine di favorire il recupero dei propri crediti, possa essere disincentivata per effetto di un trattamento fiscale di sfavore.

L’accoglimento dell’istanza formulata ai sensi dell’articolo 113 del TUIR consente agli enti creditizi di: disapplicare il regime di cui all’articolo 87 del TUIR (participation exemption); equiparare, ai fini degli articoli 101, comma 5, e 106 del TUIR, le partecipazioni acquisite ai crediti estinti o convertiti.

L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, chiarito che anche gli strumenti finanziari partecipativi possono essere equiparati alle azioni ai fini dell’applicazione dell’articolo 113 del TUIR. In particolare, è stato evidenziato che l’articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, considera, tra l’altro, similari alle azioni, ai fini delle imposte sui redditi, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società residenti la cui

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remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.

Come precisato nella circolare 26/E del 16 giugno 2004, tale assimilazione risponde all’esigenza di garantire che la remunerazione possa scontare, sia in capo ai percipienti sia in capo al soggetto erogante, il medesimo regime fiscale cui sono soggetti gli utili da partecipazione. Ne consegue che, in tutti i casi in cui la remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente e gli strumenti finanziari di partecipazione siano rappresentati da certificati o titoli e siano idonei alla circolazione presso il pubblico, gli stessi possono essere equiparati alle azioni ai fini dell’applicazione dell’articolo 113 del TUIR. Sul punto occorre tener presente, tuttavia, che, attesa la possibilità di modulare tali strumenti in vario modo ai sensi del richiamato articolo 2346 del codice civile, ogni singolo caso dovrà essere oggetto di valutazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Come sopra individuato, una delle principali conseguenze dell’accoglimento dell’istanza di interpello è l’equiparazione, sotto un profilo fiscale, delle partecipazioni acquisite ai crediti estinti o convertiti, ai fini dell’applicazione degli articoli 106 e 101 del TUIR. In altri termini, ancorché il credito sia stato sostituito in bilancio dall’iscrizione di una partecipazione, per effetto della procedura in commento, non viene meno il regime fiscale originario a esso riferibile, con conseguente riconoscimento fiscale delle perdite su crediti conseguite e/o delle svalutazioni operate, rispettivamente, dall’articolo 101, comma 5, e 106 del TUIR.

Con circolare n. 42/E l’Amministrazione finanziaria ha fornito particolari chiarimenti sul valore fiscale da attribuire ai crediti al momento della loro conversione. Sul punto, si rileva che il valore di prima iscrizione in bilancio della partecipazione, che necessariamente riflette l’andamento economico della società emittente, verosimilmente potrebbe essere inferiore all’ultimo valore contabile e fiscale del credito sostituito nella conversione. In tale circostanza, il differenziale "negativo" (differenza negativa fra il primo valore di iscrizione della partecipazione

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in bilancio e l’ultimo valore contabile e fiscale del credito) non rileva in via autonoma quale perdita su crediti ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR, ma concorrerà a determinare l’ammontare della svalutazione crediti fiscalmente deducibile, da operare ai sensi dell’articolo 106 del TUIR, al termine del periodo di imposta in cui avviene l’acquisizione delle partecipazioni o la conversione dei crediti.

Tale differenziale negativo assumerà natura di perdita (articolo 101, comma 5, del TUIR) solo nei casi in cui emerga con riferimento a operazioni di conversione dei crediti attuative di "Accordi di ristrutturazione dei debiti" (articolo 182-bis della legge fallimentare). La perdita, tuttavia, è riconosciuta solo a partire dalla data in cui il decreto di omologa dell’accordo sia divenuto definitivo (ipotizzando che avvenga nel medesimo periodo d’imposta della conversione), in quanto non più suscettibile di impugnativa. In questo caso sono, infatti, integrati i requisiti di certezza e precisione richiesti dalla sopra richiamata disposizione.

Nel corso del periodo di possesso della partecipazione iscritta in bilancio, le eventuali perdite di valore rileveranno (articolo 106 del TUIR) in sede di dichiarazione dei redditi entro i limiti quantitativi annuali e con le modalità stabilite dalla richiamata norma. Diversamente, ove ricorrano i presupposti di una perdita su crediti, come in tutti i casi di fallimento della società partecipata, l’eventuale perdita di valore sarà deducibile ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR.

L’assimilazione, sotto il profilo fiscale, delle partecipazioni acquisite ai crediti estinti o convertiti determina notevoli conseguenze anche in fase di realizzo della partecipazione. Secondo la circolare, se da un lato, in deroga al regime fiscale delle partecipazioni, le perdite di valore delle partecipazioni rilevano come svalutazioni fiscalmente deducibili (articolo 106 del TUIR), mentre gli apprezzamenti delle partecipazioni rilevano come ripristini di valore, imponibili (nei limiti del valore nominale del credito), ai sensi della stessa norma, i plusvalori realizzati per effetto della cessione della partecipazione possono usufruire del regime pex solo per la parte che eccede il valore nominale dei crediti estinti o convertiti. In altri termini, la "disapplicazione" del regime di cui all’articolo 87 trova applicazione

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nei soli limiti del valore nominale dei crediti estinti (o convertiti).

In alcune ipotesi particolari il trattamento fiscale applicabile subisce delle variazioni nel senso in cui andremo brevemente ad esaminare.

Se il prezzo di cessione della partecipazione è inferiore al valore nominale del credito, ma superiore all’ultimo valore fiscale della partecipazione (assimilata ad un credito) al momento della cessione della medesima, la differenza fra l’ultimo valore fiscale della partecipazione (assimilata ad un credito) al momento della cessione e il prezzo di cessione della partecipazione costituisce una ripresa di valore assoggettata a tassazione.

Se il prezzo di cessione della partecipazione supera il valore nominale del credito: la differenza fra l’ultimo valore fiscale della partecipazione (assimilata ad un credito) al momento della cessione della stessa e il valore nominale del credito stesso