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I principi contabili del “costo storico” e del fair value

I due modelli di bilancio adottano i seguenti principi contabili: • modello europeo: il “principio del costo storico”;

• modello Ias/Ifrs: il principio del fair value. 1.2.1. Il costo storico

Con il “principio del costo storico”, i “beni” e i “diritti” sono iscritti nello stato patrimoniale in base al costo sostenuto per la loro acquisizione o la loro produzione interna da parte della società.

In un regime non inflazionistico (o “a moneta stabile”), il costo dei beni rimane costante nel tempo: cioè un bene acquistato nel 1990 – a parità di condizioni – ha lo stesso costo del medesimo bene acquistato nel 2008. Le eventuali variazioni di prezzo dipendono da fattori diversi da quelli monetari (ad esempio: tecnologici). In un regime inflazionistico, invece, il costo di acquisto dei beni cresce a motivo della perdita del valore economico della moneta. Conseguentemente, il costo di acquisto di un bene nel 1990 è inferiore al costo di acquisto dello stesso bene nel

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Flavio Dezzani e Luca Dezzani, Principi Ias/Ifrs - Fair value e mark to market: principi in crisi?, in "Il Fisco" n. 40 del 27 ottobre 2008.

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E. Laghi e A. Giornetti, “La «prevalenza della sostanza sulla forma» nella redazione del bilancio”, in AA.VV., Abuso del diritto in campo tributario, Roma, 2009, pag. 354. In particolare, va rilevato che nella nuova versione del Quadro sistematico, attualmente in fase di elaborazione (è stato pubblicato nel 2008 un Exposure Draft), il principio non trova più una enunciazione autonoma, ma è assorbito nel concetto di rappresentazione fedele (che diventa una delle caratteristiche qualitative di primo livello dell'informazione contabile, in sostituzione dell'attendibilità): «To be useful in financial reporting, information must be a faithful rapresentation of the economic phenomena that it purports to represent. Faithful representation is attained when the depiction of an economic phenomenon is complete, neutral, and free from material error. Financial information that faithfully represents an economic phenomenon depicts the economic substance of the underlying transaction, event or circumstances, which is not always the same as its legal form» (QC7). Questo (non incontroverso) assorbimento è spiegato con l'esigenza di evitare ridondanze, la prevalenza della sostanza sulla forma essendo indissolubilmente legata alla rappresentazione fedele: «faithful rapresentation means that financial reporting information represents the substance of an economic phenomenon rather then solely its legal form. To represent legal form that differs from the economic substance of the underlying transaction could not result in a faithful representation. Accordingly the proposed framework does not identify substance over form as a component of faithful representation because to do so would be redundant» (BC2.19).

L'esigenza di privilegiare la sostanza economica dell'operazione sulla loro forma legale è indicata anche dallo IAS 8 (al par. 10) per il caso di assenza di un Principio o di una Interpretazione che si applichi specificamente alla stessa. Ne consegue che il principio in questione rileva: «a) in sede di decisione circa le modalità di trattamento contabile di una fattispecie (a livello, per così dire, di standard setter, cioè di IASB); b) in sede di interpretazione di un principio contabile emanato; c) in sede di definizione del trattamento contabile di una fattispecie non espressamente regolata da un principio o interpretazione vigenti»

98 2008.

Con l’adozione del principio del “costo storico”, i “beni” e i “diritti” sono iscritti nello stato patrimoniale in “euro”, ma la moneta del 1990 ha un valore economico diverso da quelli del 2008: la somma dei valori può essere effettuata (sotto il profilo legislativo la moneta del 1990 è uguale a quella del 2008), ma i singoli addendi sono eterogenei sotto il profilo economico (la moneta del 1990 è diversa da quella del 2008)155.

Per correggere le distorsioni economiche tra i valori di bilancio, gli Stati hanno introdotto leggi di rivalutazione monetaria al fine di omogeneizzare – sotto il profilo economico – i valori dei “beni” e dei “diritti” iscritti nello stato patrimoniale delle imprese, consentendo di adeguare i costi storici ai valori di mercato156.

In questo contesto, resta, ad esempio, applicabile il criterio forfetario previsto dall’art. 102 del Tuir concernente lo scorporo del valore del terreno dai fabbricati. Nella fattispecie, la regola fiscale prevale su quella di bilancio, con conseguente doppio binario.

In particolare, viene precisato che la prima iscrizione dei crediti a un valore divergente da quello nominale (più alto o più basso) nel sistema degli Ias non è l’espressione di un criterio di valutazione, ma una rappresentazione di tipo qualitativo; un’esposizione, cioè, che tiene conto della attualizzazione dei flussi finanziari sulla base del tasso di interesse effettivo (ovvero di mercato, se divergente) e, pertanto, deve essere accettata come tale – come qualificazione – anche ai fini fiscali157.

In questo senso, si è previsto che non possa applicarsi a queste qualificazioni la disciplina dell’art. 106 del Tuir, che attiene, invece, alla valutazione dei crediti; disciplina che, viceversa, si rende applicabile alle successive valutazioni in quanto le stesse sono direttamente collegate al rischio di insolvenza del debitore (tema di cui si

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Fransoni G., L’imputazione a periodo nel reddito di impresa dei soggetti IAS, in “Corriere Tributario”, n. 39 del 2008, p. 3145 e seguenti; Fusa E., Principi contabili internazionali e fiscalità: i chiarimenti non risolvono le perplessità, in “Il Fisco”, n. 1 del 2009, fascicolo n. 1, p. 29 e seguenti.

156 Ferranti G., Le spese relative a più esercizi per i soggetti IAS, in “Corriere Tributario”, n. 3 del 2003, p. 175.

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99 occupa l’art. 106 del Tuir).

Viene anche rilevato che l’attualizzazione dei crediti in sede della loro prima iscrizione esprime una regola di portata generale del sistema Ias che vale sia per gli strumenti finanziari in genere, quale che sia la fonte da cui derivano (Ias 39), sia per i crediti correlati alla produzione di ricavi (Ias 18), sia infine per i debiti contratti a fronte dell’acquisizione di beni (Ias 16), sicché si tratta di una regola che reagisce anche nell’identificazione e quantificazione dei fenomeni economici (ricavi e costi) sottostanti all’iscrizione di tali poste finanziarie158.

Relativamente alle banche e alle imprese di assicurazione, viene precisato che – contrariamente a quanto stabilito per le imprese industriali – è consentita, per motivi di semplificazione gestionale e in coerenza con il criterio direttivo dell’art. 1, comma 58, della Finanziaria 2008, che stabilisce di tenere conto delle specificità del settore bancario e finanziario, l’applicazione dell’art. 106, comma 3, del Tuir, anche alle differenze di valore di prima iscrizione.

In particolare, secondo le istruzioni per la redazione del bilancio emanate dalla Banca d’Italia, nella valutazione dei crediti delle banche è compresa anche l’attualizzazione dei crediti stessi, il cui successivo riversamento a conto economico è, di conseguenza, considerato ripresa di valore (e non imputazione di interessi attivi)159.

1.2.2. Il “fair value”

Il fair value – tradotto in italiano con il termine “valore equo” – corrisponde al cosiddetto “valore di mercato” (o “valore corrente” o “valore recuperabile” o recoverable amount) dei beni e dei diritti160.

158 Stevanato D., Profili tributari delle classificazioni di bilancio, in “Corriere Tributario”, n. 39 del 2008, p. 3155, secondo cui le classificazioni previste dagli IAS sono rilevanti ai fini tributari anche qualora comportino una diversa tempistica nell’effettuazione degli ammortamenti o una diversa base di calcolo per gli stessi. 159 Dezzani F. e Dezzani L., D.M. 1° aprile 2009, n. 48 - Principi Ias/Ifrs e reddito imponibile, in “Il Fisco”, n. 22 dell'1 giugno 2009.

160 Savioli G., I principi contabili internazionali, Milano, 2008, p. 362. L’autore considera il criterio del fair

value come il criterio principe del modello IASB, in quanto deve essere applicato, senza alcuna deduzione sui costi di vendita o di dismissione, alle: (i) attività finanziarie detenute a scopo di negoziazione, (ii) attività finanziarie designate al fair value, (iii) attività finanziarie disponibili per la vendita. Viene, inoltre, precisato come sia sottostante alla definizione di fair value la presunzione che l’entità sia in normale funzionamento e che non sia costretta a vendere in condizioni sfavorevoli. Al fine di un opportuno confronto, la migliore evidenza è data dall’esistenza di quotazioni ufficiali di un mercato attivo.

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Con il principio del fair value, ogni anno le società devono valutare i beni e i diritti al “valore di mercato”, rilevando le eventuali “plusvalenze” o “minusvalenze” sulle voci dello stato patrimoniale.

La valutazione annuale delle voci di stato patrimoniale vuole esporre all’investitore il “valore corrente” del patrimonio della società affinché il “mercato” possa assumere decisioni di investimento o di disinvestimento nelle azioni della società medesima.

Il fair value accresce la soggettività dei valori dello stato patrimoniale, nonché la volatilità dei risultati economici della società161.

Il principio del fair value può essere applicato a tutte le voci del bilancio, le quali sono suddivise nelle seguenti classi (Ias n. 1):

1) Attività non correnti (o Non Current Assets): – attività immateriali (o intangibles);

– attività materiali;

– strumenti finanziari disponibili per la vendita (A.F.S. - Available for sale); 2) Attività correnti (o Current Assets):

– rimanenze;

– lavori in corso su ordinazione;

– strumenti finanziari al fair value rilevato a conto economico (FVTPL - Fair Value through profit or loss).

La principale divergenza tra il “principio del costo storico” e quello del fair value riguarda l’iscrizione in bilancio e la valutazione degli intangibles, cioè162: – nel bilancio europeo, gli intangibles sono soggetti ad un “regime prudenziale” e devono sempre formare oggetto di sistematico ammortamento;

161 Stevanato D., Valutazione al fair value di crediti acquistati pro soluto: il regime fiscale delle plusvalenze

iscritte in bilancio, in “Dialoghi tributari”, 1/2010, p. 78. Il caso affrontato dall'Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 189/E del 2009 si riferisce ad un episodio di «fiscalità bancaria», connesso alla valutazione a «fair value» di crediti acquistati da una società finanziaria con la clausola «pro-soluto». La rilevanza fiscale della rivalutazione di bilancio è stata motivata non già in base all'aggancio agli IAS, bensì postulando una asserita simmetria tra svalutazioni e rivalutazioni, nell'ambito dell'art. 106, comma 3, del T.U.I.R., che avrebbe l'effetto di derogare al principio di irrilevanza delle plusvalenze iscritte; G. Molinaro, Valutazione dei crediti al fair value, in “Corriere Tributario”, n. 41/2009, pag. 3373; Risoluzione n. 189/E del 2009.

162 Il Sole24 Ore, Principi contabili internazionali 2010, Milano, 2010, p. 718; Mazza P., Ferrarini M.,

Principi contabili: il passaggio alle regole IASB, Milano, 2003, p. 308; Bauer R., Gli IFRS in bilancio, come e quando utilizzare i principi contabili internazionali, Milano, 2010, p. 283.

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– nel bilancio Ias/Ifrs, gli intangibili possono essere “specifici” o “generici”, nonché a “vita definita” oppure a “vita indefinita”.

Gli “intangibili a vita definita” devono essere sistematicamente ammortizzati, mentre quelli a “vita indefinita” devono essere annualmente assoggettati ad impairment test (o “test di deterioramento” o di “perdita di valore”.

I tipici beni intangibili da assoggettare ad impairment sono l’avviamento e i marchi163.

Con l’impairment test, gli intangibili a vita indefinita (ad esempio: avviamento, marchi, testate di giornali) non devono più essere sistematicamente ammortizzati, ma devono essere sottoposti ad una valutazione periodica e – in caso di perdita di valore – svalutati. Il principio è il seguente: “se l’avviamento esiste, l’attività non deve essere ammortizzata; se l’avviamento ha perso di valore, oppure si è deteriorato, la svalutazione deve essere imputata a conto economico”164.

Le “plusvalenze da fair value” sono “utili potenziali” (o “utili sperati” o “utili non realizzati” o “utili realizzabili”) che – secondo i principi Ias/Ifrs – devono essere così rilevati (o imputati):

• o ad una “riserva di patrimonio netto”; • oppure al conto economico.

Le “plusvalenze da fair value” sono imputate al patrimonio netto quando sono relative alle “attività non correnti”, a motivo della “teoria sulla conservazione del capitale” (Framework for the preparation of Financial Statements, paragrafo 81, nonché paragrafi dal 102 al 110), cioè nei seguenti casi:

163 Dal libro di L. Guatri-M. Bini, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Università Bocconi Editore, Milano, 2005, pagg. 204-205, stralciamo il seguente brano relativo ai “marchi”: “Un caso rilevante e nel contempo molto significativo delle incertezze della scelta tra ‘vita definita’ e ‘vita indefinita’ è quello dei marchi, una delle classi di intangibili specifici dominante in vari settori (beni di largo consumo, prodotti finanziari, grande distribuzione al dettaglio, servizi eccetera). J.R. Hitchner, Financial Valutation, Wiley, New York, 2003, pag. 799; l’autore si esprime nel modo che segue “Il nome e i marchi devono essere considerati individualmente per stabilirne la vita utile residua. I nomi e i marchi associati al nome o al logo di una società (per esempio, McDonald’s) hanno tipicamente una vita indefinita. Molti nomi di prodotti e marchi hanno pure una vita indefinita quando non sia possibile una stima ragionevole della vita del prodotto (per esempio, Coca Cola)’. L’esperto deve tuttavia porre attenzione alla circostanza che esistano o meno progetti di marginalizzazione di un prodotto, e accertare se sia possibile stimare con ragionevole certezza che un nome possa perdere valore, o essere abbandonato nel tempo. In tale caso, si suggerisce una ‘vita definita’; e perciò si deve stabilire un periodo di ammortamento!”.

164

Es: nel bilancio al 31 dicembre 2002, la società “A.O.L. - TIME WARNER” ha svalutato la voce Avviamento di $ 100 miliardi, chiudendo l’esercizio con una perdita netta di oltre $ 100 miliardi.

102 • rivalutazione di attività materiali;

• rivalutazione di attività immateriali;

• plusvalenze su strumenti finanziari destinati alla vendita (o A.F.S. - Available for sale)165.

Le “plusvalenze da fair value” sono, invece, imputate al conto economico quando sono relative alle “attività correnti”, a motivo del principio di valutazione del mark to market nella determinazione del reddito d’esercizio, cioè nei seguenti casi: • rimanenze;

• lavori in corso su ordinazione;

• strumenti finanziari di negoziazione (o strumenti finanziari al fair value rilevato a conto economico).