CAPITOLO 3. I DOLCIFICANTI: DESCRIZIONE E RELAZIONI STRUTTURA-ATTIVITA’
3.2 Dolcificanti nutrit
Saccarosio
Il saccarosio, un disaccaride, è lo zucchero da tavola più utilizzato in assoluto, conosciuto pertanto comunemente come “zucchero” (Carocho et al., 2017). Negli ultimi anni c’è stato un aumento significativo del consumo di zuccheri in generale, soprattutto se riferito al saccarosio e al fruttosio. In particolare, sia in Europa sia negli Stati Uniti d’America, la media dei
consumi è superiore alla soglia raccomandata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che fissa la quota di assunzione pari a non oltre il 10% dell’apporto calorico totale; sono gli uomini a far registrare consumi più elevati, con un apporto calorico ascrivibile agli zuccheri semplici pari al 13% del totale giornaliero (Grembecka, 2015).
Chimicamente lo zucchero è composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio unite da un legame glicosidico tra il C1 del glucosio e il C2 del fruttosio, che impedisce eventuali proprietà riducenti; questo disaccaride stimola il recettore sulla papilla gustativa generando il tipico sapore dolce, scevro di qualsiasi altro retrogusto (Carocho et al., 2017). Come detto in precedenza, alla dolcezza del saccarosio è attribuito valore unitario ed è in funzione di questo che si misura per confronto la dolcezza di tutte le altre molecole di qualsiasi origine esse siano (Grembecka, 2015).
Dato l'ampio utilizzo nel settore alimentare, del saccarosio possiamo registrare anche gli effetti a lungo termine in relazione al suo consumo. La carie dentaria è una conseguenza del fatto che questo disaccaride fa da substrato per la crescita di batteri quali Streptococcus mutans e Streptococcus
sanguis, i quali lo possono convertire negli acidi piruvico, acetico e lattico,
che agiscono negativamente sullo smalto dentale dissolvendolo. In secondo luogo, il suo rapido assorbimento porta ad un repentino picco glicemico, rendendone in tal modo non auspicabile l’utilizzo nel paziente diabetico. Altri disturbi che in seconda istanza sono da associare al consumo di saccarosio sono le complicazioni cardiovascolari, la sindrome metabolica, l’ipertrigliceridemia, l’insulino-resistenza e, tra le altre, l’obesità, soprattutto quella infantile, che risalta oggigiorno per il suo impatto sociale (Carocho et al., 2017).
Per quanto concerne le anomalie sul profilo lipidico, in particolare, si osserva che se aumenta il consumo di zuccheri, allora aumentano i livelli di trigliceridi e diminuiscono quelli di HDL, con un meccanismo non del tutto noto. Sappiamo però che questi effetti sono mediati dal fruttosio, che promuove la sintesi epatica dei trigliceridi, aumenta la secrezione di LDL e diminuisce la clearance periferica dei lipidi. Ciò può essere legato a una
diminuzione dei livelli di ATP nel fegato, del binding cellulare dell’insulina e dall’aumento dell’insulino-resistenza. Oltre a ciò il fruttosio induce stress ossidativo, infiammazione ed aumento del consumo di cibo.
Da studi osservazionali si comprende che il fruttosio contenuto naturalmente nella frutta e nella verdura sembra non indurre alcun tipo di danno, anzi può essere protettivo per l’organismo contro il diabete ed è associato ad una diminuzione della mortalità. La differenza tra il fruttosio naturalmente presente negli alimenti e quello aggiunto sta nei benefici che apportano gli altri nutrienti contenuti in frutta e verdura.
Per limitare l’incidenza di tutte le patologie correlate all’eccessivo e prolungato consumo di saccarosio, la ricerca si è adoperata per isolare alcuni composti naturali e ne ha sviluppati altri per via sintetica: queste molecole sono in grado di rimpiazzare il saccarosio totalmente o parzialmente. A differenza dello zucchero da cucina, però, la maggior parte dei dolcificanti ha un retrogusto sgradevole, spesso in funzione dell’aumento della loro concentrazione, ed alcuni sono anche associati ad effetti collaterali da non sottovalutare (Carniel Beltrami et al., 2018). Tra i dolcificanti più utilizzati al mondo troviamo: aspartame (E951), ciclammato (E952), acesulfame K (E950), sucralosio (E955), e più di recente i glicosidi steviolici (E960).
I polioli
I polioli sono carboidrati poco digeribili contenuti naturalmente nella frutta, nella verdura, nei funghi e nell’organismo umano. L’elemento capostipite del gruppo è il sorbitolo, ma altre molecole della categoria molto utilizzate sono lo xilitolo, il maltitolo, il mannitolo, l’eritritolo, l’isomalto e il lactitolo.
I polioli sono prodotti principalmente per reazione di idrogenazione catalitica a partire dallo zucchero corrispondente. Sono stabili alle alte temperature e alle variazioni di pH.
La dolcezza dei polioli varia dal 25% al 100% rispetto al saccarosio, ragione per la quale difficilmente sono usati da soli, poiché le associazioni tra più dolcificanti permettono di raggiungere con più precisione il grado di
Molto versatili sotto l’aspetto tecnologico e industriale, i polioli hanno anche buone caratteristiche nutrizionali: data la non completa digestione cui sono sottoposti, infatti, il loro apporto calorico è pari a solo 2 kcal/g, la metà del saccarosio, e il loro indice glicemico è anch’esso minore rispetto allo zucchero da tavola: pertanto, tutti i dolcificanti di questa classe sono raccomandati per i pazienti diabetici. I batteri presenti nella cavità orale, inoltre, non sono in grado di fermentare i polioli, e ciò può prevenire l’insorgenza di carie dentali.
In alcuni studi si è potuto constatare che i pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile (IBS), una patologia molto comune che interessa circa il 10% della popolazione, hanno reazioni avverse ai polioli, specie quelli di maggiore utilizzo. Anche nel paziente sano, poi, nonostante non ci siano effetti avversi di portata simile a quelli che si osservano nel paziente con IBS, si possono notare anomalie dell’alvo laddove si aumenti oltremodo la dose di polioli.
Possiamo trovare polioli aggiunti in molti alimenti, quali ad esempio gomme da masticare, bevande, dolci e prodotti da forno. La legislazione dell’Unione Europea li classifica come additivi alimentari e sono pertanto identificati da una lettera maiuscola “E” che precede un codice numerico univoco.
Sorbitolo e mannitolo sono polioli isomeri: il sorbitolo è ottenuto per idrogenazione catalitica del D-glucosio, mentre il mannitolo dal D-mannosio seguendo la stessa reazione.
Il sorbitolo è il 50% più dolce del mannitolo, infatti mentre il primo è usato comunemente come dolcificante, il secondo trova impiego soprattutto come anti agglomerante e nell’area delle produzioni farmaceutiche.
L’isomalto, ottenuto per trasformazione enzimatica del saccarosio, è stabile alle alte temperature e conferisce una dolcezza in linea con la media dei polioli, ma ha un apporto calorico molto ridotto.
Il lactitolo, poi, è ottenuto per idrogenazione del lattosio; scoperto nel 1920, data la sua dolcezza molto lieve è utilizzato in associazione e non viene digerito, fornendo così un apporto calorico minimo. È disponibile in varie strutture cristalline e negli alimenti trova impiego nella produzione del cioccolato, dei gelati e dei prodotti da forno.
A partire dall’amido, dopo un trattamento di idrolisi, riduzione e idrogenazione, si giunge alla sintesi del maltitolo, dotato di grande stabilità chimica e scevro di qualsiasi retrogusto sgradevole, tanto da essere quello che, tra i polioli, possiede il sapore più simile al saccarosio.
Lo xilitolo è una molecola a cinque atomi di carbonio, ottenuta per idrogenazione a partire dallo xilosio, con un grado dolcezza prossimo al saccarosio, tanto che è il più dolce della sua categoria e contribuisce ad un apporto calorico di 2,4 kcal/g, pertanto molto ridotto.
Un effetto noto di questa molecola è l’aumento della salivazione, associato ad un riconosciuto potere detergente della superficie dei denti, i quali beneficiano anche di un effetto antiplacca. L’utilizzo più noto dell’industria alimentare, anche per le proprietà di cui sopra, è nella produzione delle gomme da masticare, ed il mercato di riferimento consta di aumenti costanti di fatturato ogni anno.
Un altro dolcificante autorizzato dalle rispettive authority di controllo sia negli Stati Uniti sia in Europa è l’eritritolo, naturalmente presente in frutta e verdura ma prodotto industrialmente a partire dai lieviti.
L’eritritolo fornisce un grado di dolcezza pari al 60-80% del saccarosio a fronte di un apporto calorico estremamente basso e viene eliminato quasi completamente immodificato nelle urine. Dopo numerosi test riguardo tossicità e cancerogenicità è stato definito un dolcificante sicuro, anche se è stato registrato un caso grave di reazione anafilattica in un bambino.
Molto simile strutturalmente al sorbitolo, l’arabitolo è sintetizzato a partire dall’arabinosio; il suo utilizzo è autorizzato dalla Food and Drug
Administration ma non da EFSA ed il suo impiego ha solo scopi di tipo
tecnologico (Carocho et al., 2017; Grembecka, 2015).
Nella seguente tabella sono riportate le principali caratteristiche dei dolcificanti nutritivi.
Dolcificante Dolcezza Cal/g Indice glicemico
Eritritolo 0.7 0.2 0 Glucosio 0.5 4.0 100 Fruttosio 1.5-1.8 4.0 19-23 HF CS 1-1.2 4.0 60-65 Isomalto 0.45-0.65 2.0 2 Lactitolo 0.35-0.4 2.4 6 Lattosio 0.2-0.4 4.0 46 Lattulosio 0.6 0.2 0 Maltitolo 0.5-0.9 3.0 35-52 Maltosio 0.4 4.0 105 Mannitolo 0.5-0.72 2.6 0 Sorbitolo 0.6 4.0 9 Saccarosio 1.0 1.5 61-65 Tagatosio 0.92 3.6 0 Xilitolo 1.0 7-13