Devo subito mettere in luce la mia singolare conoscenza con la figura e l’opera di Don Lorenzo Milani Priore di Barbiana, altrimenti non si viene a capo di nulla.
Nel 1977 decennale della scomparsa del Priore Lorenzo, sul “Cor-riere della Sera” leggo un articolo di Gianpaolo Meucci, “Maestro Tradito”. Descriveva come la Chiesa e la Società avessero falsamente interpretato l’opera del sacerdote Lorenzo Mi1ani, suo amico. Lo lessi con particolare attenzione.
Pochi giorni dopo, sempre sul “Corriere”, e ancora di Meucci, un altro articolo su Don Mi1ani, “Moderno messaggio di un Priore”
e concludeva con queste parole, “... condannato dagli uomini inve-stiti di potere fuori e dentro la Chiesa. Quella ingiusta condanna ha radicato il suo messaggio nel cuore del popolo”.
Quella lettura mi portò a una profonda riflessione, e alla ricerca di “Esperienze pastorali”, libro più volte citato. Allora vietato, non facilmente reperibile, ma... In quella particolare opera trovai molte consonanti al mio pensiero. Le crude verità dal Priore testimoniate, nel mio non facile cammino, erano amaramente vissute da me sulla mia pelle. Da quella lettura rimasi ammirata e sconvolta; mi toccava corde profonde e vibranti. Inoltre dava luce ad un mio piccolo diario scritto da ragazzina, sul quale sfogavo tutta l’amarezza della civiltà rurale, fatta di povertà e arretratezza. Subito amai quella lettura, la vissi come un fenomeno meritevole di essere capito e approfondito.
Queste le ragioni che mi spinsero a studiare il prete Milani nel suo tempo e nel mio. Dovevo capire se ad avvicinarmi a quel testimone di verità, fede e giustizia, era il mio particolare stato d’animo o se altri come me erano attratti da quel filo che si stava facendo guida dei miei passi; dopo tanto barcollare in quella “selva grigia” sotto il dominio liberal-monarca-borghese-fascista, tra case fatiscenti ed indescrivibile povertà e ignoranza. Durante la mia interminabile ricerca, tra scritti vari, convegni, tavole rotonde, posso testimoniare senza timore di essere smentita di essermi trovata in buona compagnia.
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Per cui dico grazie a Meucci (Giudice del Tribunale dei minori di Firenze) che non ho mai conosciuto, per avermi portato verso un cammino nuovo.
Don Milani ha saputo portarmi verso le problematiche di Chie-sa, Scuola e Società, da cui non mi sono più staccata. Un giorno Roberto Beretta scriveva su “Avvenire”, “La Fiorani si è presa una cotta per Don Lorenzo Milani che non lo molla più”. Non si prende una cotta per una persona che non è più tra noi e che neppure si è conosciuta. Posso affermare un’immensa riconoscenza e una grande ammirazione per quel Priore che, in nome del suo apostolato, pur con la consapevolezza del duro prezzo da pagare a mettere in luce la realtà, non si è mai sottratto dal gridarla.
Il libro “Esperienze pastorali” non meritava il divieto di lettura, di vendita, di ristampa; meritava d’essere portato nelle scuole, di essere studiato e approfondito, sicuramente avrebbe insegnato più dei “Promessi sposi”, nel campo della fede, della coerenza, della verità, della giustizia, della solidarietà. Il rigoroso messaggio venuto da Barbiana ha radici sui principi di verità, vissuti con sofferenza, come un pungolo nato dall’amore in Dio e nell’Uomo, un richiamo per chi vive con indifferenza verso gli esclusi dalla civile convivenza.
L’antimoderno Don Milani ha avuto la volontà di capire che fede e potere sono due vie parallele senza convergenza. Che l’ingiustizia è la causa di tutti i mali ed è l’unica responsabile della divisione tra gli uomini. Inoltre reca grave danno alla fede, alla famiglia e alla società. Convinto che la missione pastorale consiste nel guardare in faccia la realtà nell’educare a dire la verità, ragion per cui mai l’avrebbe distorta.
E in nome di quella, nel suo libro mette in luce verità scomode:
vizi e difetti di poteri forti e sporchi.
Di uomini “Intelligenti”, nati da “cromosomi potenti”, che da sempre primeggiano nella società. Cresciuti nell’incoerenza, nella superbia, tanto da ritenere i poveri una “razza inferiore” da camminare
su di essi tutta la vita senza sentirsi in colpa. “Voi sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri, ma Dio non fa dispetti ai poveri, è più facile che i dispettosi siate voi”.
Passano gli anni ma l’insegnamento di Barbiana continua, i temi sollevati dal prete-maestro sono ancora presenti tra noi. Pur in con-testi diversi i problemi sono gli stessi, quel Prete ancora inquieta.
Il tempo che passa ci aiuta a cogliere la grandezza della sua opera, la ricchezza del suo straordinario impegno. il Priore, guardava nel futuro e affondava le radici nella tradizione cattolica. Ma il suo camminare avanti ai tempi, lo porta a una sconvolgente rottura con i superiori. Il contrasto fra la gerarchia ecclesiale e Don Milani è dovuta al fatto che il Priore sente l’oppressore nemico della giustizia, la gerarchia sente nemico l’oppresso. L’autoritarismo, il liberismo e il dispotismo (tutte forme negative) hanno sempre guidato le masse.
Don Milani ci ha fatto capire che nella vita viene prima l’uomo con la sua interiorità. Convinto che Chiesa e Scuola hanno il compito di educare al cambiamento: per scelta evangelica, ha messo la sua cultura e tutto se stesso al servizio dei poveri. Scelta che lo fa prete, maestro e costruttore di coscienze, unico.
Convinto che non crea democrazia chi domina o comanda con la forza, ma l’uomo che scopre l’altro, che vive attraverso l’altro e che, con una coscienza ben costruita si guida da solo. Convinto che i veri cambiamenti possono avvenire solo dal dialogo e dalla collaborazio-ne tra i popoli, senza confini tra razze e ideologie. Dopo la bomba nucleare si è capito che si andava verso un crinale apocalittico. Don Milani afferma che la guerra è contro la volontà di Dio. Chi crede che la guerra possa portare la pace è un pazzo, è solo ferocia suprema dell’autoritarismo. La responsabilità sta nel cuore degli uomini che sanno collaborare senza violenza.
Grati a Don Milani per aver aiutato gli ultimi a capire la forza liberistica della parola, della cultura, della giustizia sociale, della non violenza.
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Il Priore voleva una comunità ecclesiale senza fronzoli, con il primato nel Vangelo. Il primo balzo alla ribalta della stampa del Priore Lorenzo è avvenuto con il suo libro “Esperienze pastorali” . Le domande, le critiche che don Milani esponeva nel libro erano ben presenti nel Clero, lui ha avuto il coraggio di metterle per iscritto in maniera molto provocatoria per scuotere le coscienze addormentate.
La sua esperienza scolastica balza alla ribalta per due cause acci-dentali; la “Lettera” ai Cappellani militari in congedo che accusano gli obiettori di coscienza di viltà. Tutta la scuola e il maestro si oppongono alla posizione di questi guerrafondai. Rispondono con una lettera aperta, ed a seguito di profonde ricerche, tutti insieme accusano l’Italia di non aver mai sostenuto una guerra di difesa, ma solo di attacco, di offesa alle patrie altrui. Per quella lettera, Don Milani verrà accusato di apologia e processato. Gravemente malato, non può andare al processo, manda a sua difesa una lettera ai giudici.
Poi pubblicata con il titolo, “L’obbedienza non è più una virtù”.
“Lettera a una professoressa” è un’opera dei suoi alunni, sotto la regia del maestro ormai morente che fa appena in tempo a vederla stampata ma non ad assaporarne l’immenso successo. La lettera è un sasso contro la scuola che seleziona, una vendetta dei ragazzi bocciati… Viene volutamente fatto uso di parole forti, per richiamare l’ingiustizia che in essa si consuma, con la mortalità scolastica. Con questa accusa: “La scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. La lettera smaschera la struttura classista della scuola. La selezione serve alla classe dirigente. “Non c’è niente di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali”.
Milani prete per scelta, maestro per necessità, fonda una scuola di vita, di educazione alla pari, “Educando-Educatore”, circolarità di pensiero e trova nell’insegnamento la vera missione della sua vocazione. Tanto da fargli dire: “Devo tutto quello che so ai ragazzi a cui faccio scuola. Loro credevano di imparare da me mentre ero io che imparavo da loro”. Vero maestro per fare crescere i ragazzi
ha inventato la cooperazione educativa, partiva dalla realtà, dalla verità dei fatti e produceva lezioni vere e interessanti, tanto da fare vivere agli allievi la scuola con gioia, nonostante le lezioni andassero dall’alba al tramonto e senza vacanze estive. La sua singolarità sta nel suo impegno al risveglio delle coscienze, mentre i suoi confratelli lasciavano con indifferenza i poveri nell’ignavia e nell’incoerenza.
Io non riesco a capire coloro che affermano che don Lorenzo si scordava della tonaca che portava. Per me tutto quello che ha detto e fatto, è stato in nome di quella tonaca.
Penso che la sua grandezza sia tutta nell’essere diventato sacerdote senza cessare d’essere uomo, nella sua scuola ha integrato valori umani e valori cristiani, convinto “che solo la realtà e la verità pos-sono educare e fare crescere l’individuo su solide basi di giustizia.
Don Milani è stato più maestro di vita che di cultura, ha svolto un ruolo assente nella nostra società. Educatore-Apostolo della fede incarnata, vuole aiutare i dimenticati, per questo non ammette lo spreco di denaro e tempo nelle cose senza senso. Il suo impegno è di costruire “Cittadini sovrani”, rispettosi delle leggi quando sono giuste e pronti a lottare per cambiarle quanto danneggiano il povero. La sua scuola era aperta a tutti, credenti e non credenti, per il Priore la fede non doveva essere il punto di partenza ma di arrivo, per questo dirà ai suoi ragazzi la famosa frase: “Siate buoni cittadini e sarete buoni cristiani”. Don Lorenzo non ha nessuna fretta di portarli alla fede, non voleva credenti per appartenenza o per acquisita abitudine, né per imposizione, ma fedeli impegnati per volontà propria.
Dai suoi scritti arrivano lezioni di Teologia, Sociologia, Filosofia che scuotono la coscienza, richiamano alla coerenza, trasmettono fede. Nonostante le innumerevoli voci a confronto nei vari convegni, il vero Don Milani deve ancora venire alla luce.
Chi cerca di studiarlo come uomo socio-politico, chi come peda-gogista, chi solo come prete, ma sbagliano tutti, perché era e resta un nucleo indivisibile.
Le varie anime che se lo contendono anche con contrasti aspri,
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non verranno a capo di nulla, finché non terranno conto che tutte le sue energie, non le ha spese per buonismo e tantomeno per ideologia ma solo in nome della sua missione pastorale.
Più volte disse non potrei fare il maestro se non fossi prete. Voleva essere prete e nient’altro che prete e tale resta.
Sarebbe più producente uno studio collaborativo di più operatori delle varie discipline, inoltre si farebbe cosa grata al Maestro. Non va dimenticata la sua eredita... “La scrittura collettiva”, da lui voluta per unire l’impegno di tutti.
Visto che nella nostra società i maestri di vita sono piuttosto ca-renti, teniamoci ben saldi coloro che ancora ci guidano.
Un fenomeno vero oggi da non sottovalutare, sono i tanti visitatori che giungono da ogni luogo alla sua tomba nel cimitero di Barbiana.
Diversi ma uniti, a dispetto della nostra società che ogni giorno si frantuma.
Vedere cattolici e laici accomunati nel rendere omaggio al Prete- Maestro con una preghiera o un grazie, porta a riflettere profonda-mente...
Da questo diario a più mani, “DEDICHE A DON MILANI dal Cimitero di Barbiana” che io con tanta fatica, ma con la grande gioia di leggere migliaia di penne, ho raccolto. Posso visivamente testi-moniare che viene unanime un grande messaggio umano e cristiano.
La mia prima visita a Barbiana risale al 1989; ero alla ricerca di tracce, opere, testimonianze, su cui costruire la mia tesi di laurea.
Rimasi subito attratta dalle tante espressioni di riconoscenza lasciate sul quaderno in quel piccolissimo cimitero.
Da allora collaboro con i ragazzi del Centro Documentazione.
il mio impegno è stato quello di catalogare in annali la voce della stampa da11958 ad oggi.
Sovente leggo queste domande; Chi è Don Milani? Dov’è Bar-biana? Com’è Barbiana? Chi va a Barbiana?
Don Milani è un prete in cui la fede in Dio, nell’Uomo, nella Giu-stizia si è fatta in lui indivisibile. Prete che ha vissuto per il Vangelo,
per la Verità, per la Parola; gli uomini in vita glie l’hanno tolta, in morte Dio gliel’ha ridata e ancora parla...
Barbiana è nascosta tra il verde del Mugello, non facile da trovare, né da raggiungere, l’ultimo tratto è poco più di una mulattiera. Non compare in nessun stradario. Solo dopo aver raggiunto Vicchio di cui è frazione si trova indicazione. Barbiana è il Terzo Mondo a mezz’ora di macchina dalla civilissima Firenze, parole di padre E. Balducci.
Luogo dimenticato dallo Stato, si ricordava di quegli abitanti solo con la cartolina militare e con la cartella delle tasse.
Vanno a Barbiana: giovani e meno giovani, gente di cultura e operai, preti e suore, personaggi noti e famosi e altri umili e scono-sciuti, amici e oppositori, credenti e atei, convertiti e pentiti, uomini di fede e agnostici, chi ha conosciuto le persecuzioni e il carcere, chi il tradimento e la demagogia, italiani e stranieri, ci va pure qualche vigliacco.
Molti religiosi rendono omaggio al Maestro di fede, di vita, di scuola, per aver ricevuto da lui la forza per non disperare nei mo-menti difficili. Tutti dicono di essergli debitori per questo tornano a trovarlo. Bisogna riconoscere che né l’isolamento e neppure la morte sono riusciti a far cadere il silenzio sul sacerdote di Barbiana. Ad attrarre i visitatori non è certo lo svago turistico ma l’operato del sacerdote Lorenzo, la cui fede in Dio, alla Chiesa, all’Uomo, porta credenti e non credenti a meditare, a pregare, a ringraziare. Speriamo che quel “pellegrinaggio”, sia buon seme per il frutto del domani.
La gente non smetterà di andare a Barbiana a rinnovare lo spirito.
Quella scuola è sempre aperta. La sua lezione non ha termine. Quel maestro ancora vive, ancora insegna.