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3 4 Dossier Museo degli arrotin

3.6 Dossier Museo storico Balus

Data: 17.08.2018 Osservazione attiva

Tab. 3.13

Osservazioni Luogo Tribil Superiore, Comune di Stregna,

Valli del Natisone.

Si trova all’altezza di m 640 s.l.d.. Secondo i dati ISTAT 2018 vi sono 63 abitanti.

S e d e d e l l a collezione

Casa privata ristrutturata. Ci sono tre stanze, una per piano.

La casa si trova nella parte superiore del paese. Non ci sono segnalazioni.

Collezione Beni materiali mobili legati alla Prima guerra mondiale: divise, attrezzature dei soldati e reperti bellici.

Il museo ha dieci anni ed è dedicato alla Grande Guerra: la maggior parte degli oggetti è stata raccolta nelle zone limitrofe, nei boschi ma anche nelle case di altri compaesani dal figlio del proprietario Sergio Balus, Matteo Balus, da quando a 16 anni si era appassionato a questo tema. La mostra è stata poi arricchita con altri o g g e t t i c h e h a a c q u i s t a t o successivamente.

Tipologia Storico- etnografico. La dott.ssa Ravnik in un’e-mail privata ha argomentato (in lingua slovena) questa scelta dicendo che da un lato possiamo concepire questi m u s e i e t n o g r a f i c i a c a u s a dell’immediata vicinanza di questi p a e s i c o n i l f r o n t e c h e h a profondamente segnato la vita di questi luoghi. Inoltre il ruolo che questo museo svolge nel proprio c o n t e s t o l o q u a l i f i c a c o m e «importante punto di riferimento culturale e sociale».

Il mio arrivo a Tarbij (come pure a Gnidovizza e Trinco) non era programmato: questo fatto casuale mi ha però permesso di osservare la reattività dei gestori dei musei e il modo in cui un visitatore qualsiasi vivrebbe l’esperienza della visita al museo. Parcheggio accanto ad una tabella che indica il sentiero dell’Alpe Adria Trail che passa proprio attraverso questi paesi e chiamo il numero indicato come contatto del museo. Risponde la madre del proprietario e mi dice che suo marito sarà disponibile tra un’ora.

Nel centro del paese c'è un B&B/osteria, all’anziano proprietario, che parla in dialetto sloveno, chiedo se può indicarmi dove si trova il museo dopodiché, vista l’ora, chiedo se si può mangiare qualcosa. Non fanno più da mangiare, dunque mi siedo fuori accanto all’anziana proprietaria (tra i 70 e gli 80 anni, ha i capelli e la carnagione scuri, strano per queste valli penso) bevendo un succo. Chiedo qualche informazione sul museo, mi interessa per l’università, dico. Lei in dialetto mi svela che secondo lei il proprietario riordinando ora, perciò mi fa aspettare, che in generale quasi non hanno visite, lei non l’ha visitato ma a qualcuno è capitato di aver chiamato e il proprietario non si è presentato. A

L ’ a p p a r a t o didascalico e l’esposizione

I reperti sono dotati di didascalie in lingua italiana («le abbiamo fatte da soli»), dei pannelli contestualizzano l’esposizione. Il figlio ha recuperato anche foto d’epoca («da un signore di Napoli, nipote di un fotografo al fronte»); molte, ingrandite, sono esposte in mansarda. Gli oggetti più piccoli sono stati esposti in armadi muniti di illuminazione e didascalie.

Da quando sei anni fa il figlio Matteo si è sposato e ha «messo su famiglia» ha smesso di occuparsi tanto del museo. Pochi chiamano per visitarlo. Prevalentemente il museo è visitato in occasione delle feste di paese (ad esempio il Burnjak / Festa delle Castagne, o qualche evento della Pro loco Nediške doline), quando viene segnalata l’apertura. Dando un’occhiata al libro delle visite riscontro pochi nomi per ogni anno. Il progetto Zborzbirk non ha alterato o migliorato la raccolta, hanno solo inserito il loro museo nel catalogo e inventariato gli oggetti.

Clodich/Hlodič c’è un bel museo, mi dice . Ci ridiamo un po’ su e il discorso si 107

sposta sulla situazione in paese: oramai vi abitano 26 persone. Lo scuolabus passa ogni giorno a prendere i bambini che vanno a scuola, gli adulti per lo più lavorano a Cividale o a San Pietro, ci vuole circa mezz’ora in macchina per scendere. Ogni due settimane nella chiesa viene celebrata la messa. C’è un cagnolino che gioca intorno alle nostre gambe, si chiama Benito.

Il discorso trascorre in dialetto, tranquillo e ricco di risate finché la signora mi chiede da dove provengo. Spiego che sono di Devin/Duino nella provincia di Trieste. «Allora parli italiano, non vieni dalla Slovenia», subito la signora cambia lingua. «Ma sei italiana o slovena?», la domanda è imminente e molto diretta. Cerco di spiegare che sono sia l’uno che l’altro, ma la signora prova ad insistere «e no, o sei l’uno o sei l’altro» perché altrimenti sfrutti l’una o l’altra identità, «perché qua un giorno sono uno un giorno l’altro, come gli fa comodo». Provo a spiegare in diversi modi rimanendo gentile, nel mentre mi chiede di mostrarle delle foto delle Nozze Carsiche, che si terranno settimana prossima a Rupingrande. Si aggiungono alla tavolata due signori (sulla cinquantina) uno presumo del paese, l’altro in vacanza nella casa che ha ereditato sua moglie, ognuno arrivato per conto suo. E il discorso continua: se usufruisci dei servizi dello Stato italiano, allora sei italiano, mi dicono; cerco di spiegare che sono cittadina italiana sì, ma la mia appartenenza etnica è diversa. «Ma i tuoi genitori da dove vengono?», così inizio a spiegare i movimenti storici del confine. Il tempo passa in fretta ed è già ora di raggiungere il museo, saluto cordialmente. La signora saluta quasi scusandosi, dicendo che un po’ si scherzava, un po’ si parlava seriamente.

Colloquio informale

Il signor Sergio Balus mi accoglie calorosamente nella loro casa che hanno ristrutturato e dedicato unicamente al museo sulla guerra. Parla in dialetto

Ho notato il museo qualche giorno prima, passando in quelle zone, perché la raccolta

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non fa parte dei musei inclusi nel progetto Zborzbirk. Davanti al museo sventola la bandiera tricolore, ho presunto che il proprietario non si riconosca parte della comunità slovena, dubbio confermatomi dal sig. Balus.

sloveno molto scorrevole e mi fa da guida, è ben preparato.

Alla fine ci soffermiamo a fare due chiacchiere. Mi racconta che pian piano vuole aggiungere le scritte in inglese e in sloveno. Parla poi dei suoi figli: «mio figlio parla il dialetto sloveno come me, ma i nipoti parlano bene lo sloveno, perché hanno frequentato la scuola bilingue a San Pietro al Natisone, la figlia di mia figlia frequenta adesso anche la scuola (dalle medie fino la fine della scuola superiore) multilingue a Klagenfurt, si, le piace molto e vive nello Slovenski dom (casa dello studente slovena)».

Chiedo poi informazione sulla situazione del paese: «Eh, adesso a Tarbij vivono 38 persone, negli anni ’70, ho una foto della scuola, c’erano 70 bambini fra Tarbij, Polica, Gnidouca, cinque classi e l’asilo. Qua avevamo l’agriturismo, poi mia figlia si è sposata e ha deciso di voler tornar a vivere su, da San Pietro, così l’abbiamo chiuso».

Mi informa poi che anche a Gnidovizza c’è un museo. Gli faccio sapere che ci andrò. «Sei stata anche a Hlodič? Quello è un bel museo: ha molte maschere originali del pust e tanti oggetti... Lui 108 girava per le case negli anni ’60, e comprava i vecchi oggetti, ne ha salvati tanti. Perfino mio papà aveva fatto un carretto e mio fratello l’ha poi venduto, se non l’avesse venduto chissà, sarebbe marcito da qualche parte!» Gli chiedo perché quel museo non faccia parte del

Zborzbirk: «Perché lui è contro lo sloveno, da sempre (od nimar)». Si chiama

Mario e parla il dialetto senza problemi, «come noi due», solo che è contro, «dice che la nostra lingua non è sloveno», ma «come vuoi scrivere una parola nel nostro dialetto non puoi non usare le lettere slovene – aggiunge – Poi molti usano parole italiane, per quelle parole che il dialetto non aveva, ma non aveva perché gli oggetti allora non esistevano. Perché dovrei usare le parole italiane se ci sono quelle slovene... e Mario dice, che quelle parole non esistevano 109

nel nostro dialetto, è vero, ma non esistevano perché l’oggetto non esisteva, perché non ne parlavamo...». Gli confido dell’attesa presso il B&B e subito dice

Il proprietario del museo a Hlodič/Clodig.

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Sempre il proprietario del museo a Hlodič/Clodig.

«Ah sì, la Bettina, e lei pure… Si ha origini calabresi lei, ma sa parlare». 110

L’albergo diffuso delle Valli del Natisone ha il maggior numero di infrastrutture 111

proprio a Tarbij; ci sono anche B&B, ma (a parere dei miei informatori) solo l’albergo diffuso funziona. Chiedo dell’unico ostello che fa parte dell’albergo diffuso che è proprio a Tarbij. Dice che si tratta dell’ex scuola. «C'è una signora che cucina, fa la cena e la colazione e una che pulisce. Riescono a vivere di questo sì, part-time». Le presenze sono buone, sopratutto tedeschi e sloveni, che percorrono l’Alpe Adria Trail. «Anch’io ho un appartamento parte dell’Albergo diffuso per cinque persone. Ma non accetto per una notte, solo per due, dobbiamo pulire tutta la casa». Ci salutiamo cordialmente.

Nel dopoguerra in questa zona di confine furono inviate tante forze dell’ordine dal sud

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Italia, fatto già riscontrato durante la mia preparazione storica. Il signore con cui ho parlato a Gnidovizza racconta anche di questa storia.

Nato nel 2004 dall'iniziativa dei Comuni di Stregna e Grimacco con l’aiuto di fondi

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europei. Chi decideva di ristrutturare una casa ai fini di affittarla ai turisti riceveva un contributo pari al 50% delle spese. Il vincolo è di dieci anni. Funziona come un’associazione: l’albergo ha una pagina web ben funzionante e risulta presente anche su booking.

Nome Museo Museo storico Balus Sede

Casa privata, Tribil di Sopra - Stregna Telefono/e-mail

328 416 49 20

[email protected]

Orario di Apertura

Visita previo appuntamento Anno istituzione

2008

Proprietà delle raccolte Privato

Tipologia istituzionale (statale, di ente locale o altro ente territoriale, privato, università) Privato

Titolo di uso della sede (di proprietà, affitto, comodato, altro) Privato

Esistenza di uno statuto o di un regolamento No

Esistenza di inventario/catalogazione Sì (nell’ambito del progetto Zborzbirk) Esistenza di direttore riconosciuto* Matteo Balus

Attività (educative)/ iniziative/ progetti in programma No. Apertura in occasione delle feste locali.

Norme di sicurezza No

Adesione a SIMBDEA (SI/NO) e formazione di una rete tramite mailing list No

Quali sono le emergenze/preoccupazioni percepite

Il museo ha poche visite, è aperto prevalentemente in occasione delle festività locali, anche perché da quando Matteo Balus si è trasferito se ne occupa il padre

Osservazioni

Il museo è ben curato. Non ci sono indicazioni per trovarlo, è un po’ nascosto tra le case private

* Matteo Balus ha raccolto gli oggetti, creato la collezione e il museo. Si occupa del proprio Tab. 3.14: SIMBDEA