• Non ci sono risultati.

esso, invece, dovrebbe principalmente assicurare, promuovendo e coordinando generali dinamiche partecipative e paritarie istanze d

confronto interculturale, il dialogo e la cooperazione fra le istituzioni civili

e tutte le comunità caratterizzate da apertura e solidarietà

109

. Occorre, cioè,

evitare la creazione di un “sottobosco” di gruppi autarchici e chiusi,

destinati, prima o poi, ad “aprirsi un varco”, facendo uso anche della

107 “Il ruolo pubblico delle religioni sembra costituire il terreno più favorevole e più

urgente per il dialogo inter-religioso. La rilevanza pubblica delle religioni – in particolare del cristianesimo – e la loro efficacia nel promuovere ordinamenti di libertà non sono mai, d’altronde, fenomeni soltanto culturali, storici o sociologici: dipendono infatti in primo luogo dalla qualità e vitalità propriamente religiosa delle comunità dei credenti. Da una parte queste comunità devono essere non ripiegate su se stesse, bensì aperte, capaci di intessere rapporti, di cogliere e di interpretare le istanze delle società in cui vivono, così da poter immettere in tali società i valori di cui sono portatrici. Dall’altra parte ciò richiede che le comunità religiose siano intimamente convinte del proprio credo e affascinate da esso, così da viverlo con gioia oltre che con coerenza: è questa la condizione fondamentale perché siano in grado di animare la più ampia società, infondendole energia vitale, ragioni di vivere”: C. RUINI, Intervento all'incontro, promosso dalla Fondazione Rebecchini, sul tema La religione e la libertà: Stati Uniti ed

Europa, Roma 28 ottobre 2008, in www.olir.it.

108 S. BERLINGÒ, Spazio pubblico e coscienza individuale, cit., p. 4 in nota 11. L’A., ibidem, p. 5, aggiunge: «La "salvezza" di una società non può consistere nella sua

glaciazione, ma nell’attivare strumenti di comunicazione prescrittivi nel quadro di una positività dinamica, capace di cogliere e favorire la massima convergenza possibile, in ogni momento dato, di tutti gli impulsi etici vitali e presenti nella società».

109 In questa direzione si segnala la valida esperienza analizzata da A. BAZZONI, A.

TANESE, Laboratorio per l’accoglienza delle differenze e specificità culturali e religiose nella Asl

63

forza, se necessario, per liberare la propria carica identitaria inespressa (o

repressa)

110

. Andrebbero, pertanto, normativamente e finanziariamente

incentivate, assecondando il principio di sussidiarietà orizzontale, le

giuste sinergie pubblico/privato(-sociale) nel perseguimento del bene

comune

111

, badando peraltro di non creare irragionevoli differenziazioni.

110 Da ultimo, Papa FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco al Consiglio d’Europa, cit., ha affermato: «Se volessimo definire oggi il continente, dovremmo parlare

di un’Europa dialogante che fa sì che la trasversalità di opinioni e di riflessioni sia al servizio dei popoli armonicamente uniti. Assumere questo cammino di comunicazione trasversale comporta non solo empatia generazionale bensì metodologia storica di crescita. Nel mondo politico attuale dell’Europa risulta sterile il dialogo solamente interno agli organismi (politici, religiosi, culturali) della propria appartenenza. La storia oggi chiede la capacità di uscire per l’incontro dalle strutture che “contengono” la propria identità al fine di renderla più forte e più feconda nel confronto fraterno della trasversalità. Un’Europa che dialoghi solamente entro i gruppi chiusi di appartenenza rimane a metà strada; c’è bisogno dello spirito giovanile che accetti la sfida della trasversalità. In tale prospettiva accolgo con favore la volontà del Consiglio d’Europa di investire nel dialogo inter-culturale, compresa la sua dimensione religiosa, attraverso gli Incontri sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale. Si tratta di un’occasione proficua per uno scambio aperto, rispettoso e arricchente tra persone e gruppi di diversa origine, tradizione etnica, linguistica e religiosa, in uno spirito di comprensione e rispetto reciproco. Tali incontri sembrano particolarmente importanti nell’attuale ambiente multiculturale, multipolare, alla ricerca di un proprio volto per coniugare con sapienza l’identità europea formatasi nei secoli con le istanze che giungono dagli altri popoli che ora si affacciano sul continente».

111 In proposito, si segnala P. SAVARESE, La sussidiarietà ed il bene comune, Edizioni

Nuova Cultura, Roma, 2014, nonché E. DEL PRATO, Principio di sussidiarietà sociale e

diritto privato, cit., p. 383 ss., che afferma: «Di fronte alla pluralità degli ordinamenti

giuridici e al fenomeno, ormai consistente, delle organizzazioni private con vocazione normativa, si può ravvisare un principio di parità tra pubblico e privato che l’emersione del principio di sussidiarietà ha suggellato. […] Che l’esercizio privato di attività di interesse generale debba essere favorito dai pubblici poteri rappresenta la grande innovazione: ne consegue, sul piano dell’azione amministrativa, un ritrarsi dell’iniziativa pubblica ove l’esercizio dell’attività da parte dei privati risulti idoneo allo scopo. L’ambito di tali “attività di interesse generale” è segnato da un confine per definizione assai mobile in quanto indicato solo da un criterio connesso alle istanze che vanno affiorando via via nella collettività. Esso senz’altro ricomprende: scuola, ambiente, teatro e iniziative culturali, attestazioni di qualità, circolazione di dati bancari, documentazione, sport e anche l’attività svolta dalle agenzie di rating […]. Il modello di base è sicuramente dato dal volontariato, bacino variegato di realtà ove si manifesta al massimo grado quella “vicinanza” dei soggetti interessati (ossia portatori dell’interesse di volta in volta da ritenersi “generale”) con coloro che, senza intento lucrativo, intendono prendersene cura. Un altro importante bacino viene dal novero delle imprese sociali, regolate dal d.lgs. n. 155 del 2006[. Inoltre,] quali corollari del principio di sussidiarietà nella fenomenologia delle attività private e dei modelli di tutela possono ipotizzarsi […] i codici deontologici, talvolta espressamente richiamati da norme (per esempio dal c.d. codice della privacy) e

64

Con riferimento a quest’ultima avvertenza, sembra opportuno che,

nei confronti delle comunità,

“ogni qual volta i pubblici poteri ne facciano le destinatarie di