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8.1 L'arrivo dei Longobardi a Luni: una città in crisi

Dall'opera di Paolo Diacono apprendiamo che Igitur Rothari rex Romanorum civitates ab urbe Tusciae Lunensi universas quae in litore maris sitae sunt usque ad Francorum fines cepit. Opitergium quoque, civitate inter Tarvisium et Foroiuli positam, pari modo expugnavit et diruit. Cum Ravennantibus Romanis bellum gessit ad fluvium Aemeliae quod Scultenna dicitur. In quo bello a parte Romanorum, reliquis terga dantibus, octo milia ceciderunt. Eo tempore magnus Romae terrae motus factus est, magnaque tunc fuit inundatio aquarum. Post haec fuit clades scabearum, ita ut nullus potuisset mortuum suum agnoscere propter nimium inflationis tumorem.398

In questa descrizione, che per certi versi riprende i canoni degli Annales399 classici di stampo anche liviano, si colgono alcuni aspetti significativi: la società longobarda descritta in continua crescita, contrapposta ad una civiltà romana in crisi. Rotari attacca su tutti i fronti settentrionali e mette in ginocchio i bizantini.

In particolare muove l'assalto alla Liguria, utilizzando come base di partenza il territorio prospicente Lucca e, in particolare, la Versilia.400

398 "Il re Rotari conquistò tutte le città poste sulle rive del mare da Luni in Tuscia fino ai territori dei Franchi. Espugno nello stesso modo e distrusse Oderzo, che si trova tra Treviso e Cividale. Mosse guerra ai Romani di Ravenna, presso il fiume dell'Emilia detto Scoltenna; in questa battaglia morirono ottomila Romani, gli altri si diedero alla fuga. In questo tempo a Roma ci fu un gran terremoto e una grande inondazione. Dopo di chè scoppio un'epidemia di scabbia. Tale che nessuno poteva più riconoscere i suoi per il gran gonfiore delle piaghe". Paolo Diacono, Historia langobardorum, op. cit., IV, 45. Questi fatti li ritroviamo riassunti anche in Origo gentis Langobardorum, 6, così come nello Pseudo-Fredegario Chronache, IV, 71 (F. Bandini, op. cit., p. 17).

399 Gli Annales (Annali, cioè annuali), nell'antica Roma, erano raccolte di testi contenenti gli avvenimenti più importanti nella vita della città (conquiste, trattati, importanti fenomeni naturali, ecc...) e redatte a scanzione annuale dal Pontefice Massimo (Pontifex Maximus). Ad essi hanno attinti gli storici, a parti- re da Quinto Ennio, Marco Porcio Catone, fino a Tito Livio ed altri, per redarre le loro opere sulla sto- ria dell'Urbe. Gli Annales attingevano in genere anche dai resoconti dei consoli, e proprio per questo motivo tendevano ad avere tinte agiografiche che ne esaltavano la fama e le gesta.

Il limes, che per oltre settant'anni aveva percorso le dorsali apuane e appenniniche, si sgretolò.

L'analisi archeologica non attesta episodi di distruzione ma, anzi, registra una situazione che poco si discosta da quella precedente.401

Gli esempi di ediliza popolare, dopo la conquista, sono di scarsa rilevanza:

"una casa lignea rinvenuta nell’area nord-orientale del Foro, sovrapposta ad una del periodo precedente e conservata in modo molto frammentario e i cui resti lignei carbonizzati hanno permesso la datazione al 640+ 80 (C14) ed un’abitazione situata nell’area dell’antico Capitolium che sfrutta dei muri di epoca romana ancora emergenti dal suolo con l’aggiunta di un piccolo muretto legato da argilla costruito anche con elementi marmorei di reimpiego"402 La datazione è incerta, e solo il riempimento di una buca, usata come fossa per i rifiuti, la pone tra VII e VIII secolo.403

A questa scarsa frequentazione si contrappone invece una forte presenza istituzionale, sia religiosa che civile.

La cattedrale, ad esempio, subisce modifiche impegnative tra il VII e il IX secolo, e l'unico documento di epoca longobarda pervenutoci riguardo Luni (736 d.C.) fa riferimento a "cives lunenses viri clarissimi", cioè una committenza culturalmente preparata e sufficientemente ricca per investire in opere di monumentalizzazione della città.404 Il prestigio della Diocesi lunense, almeno fino al IX secolo, viene rappresentato ai convegni romani da un'autorità vescovile ancora potente, che conia monete in argento o in lega di piombo, indice di scambi e attività produttive sia all'interno che fuori

401 F. Bandini, op. cit., p. 18. 402

Ibidem.

403 B. Ward-Perkins, Lo scavo della zona nord del foro, in Scavi di Luni: Relazione preliminare delle

campagne di scavo 1972-73-74. F. Bandini, op. cit., p. 18.

404

M.P. Rossignani Gli edifici pubblici nell’area del Foro di Luni, Quaderni del Centro di Studi Lunensi, 10-12, 1985, p. 52.

dell'area urbana.405 Le numerose buche che si sovrappongono, per i rifiuti, per immagazzinamento, spoliazione, pozzi neri e per il prelievo dell'acqua non possono essere datate con certezza e soprattutto non ci indicano quando l'acquedotto, o le altre strutture romane, siano collassate.406 In particolare, intorno e all'interno dell'area forense, sono stati identificati una decina di pozzi per il rifornimento idrico, il cui numero non sembrerebbe essere giustificato dalla limitata presenza abitativa che emerge dai riscontri archeologici. Le incongruenze rilevate dagli studiosi non ci danno un quadro univoco della situazione lunense tra VII e VIII secolo.

Appare evidente però un ridimensionamento di quella che era la perimetratura della città romana. L'ipotesi che si fa strada, e che dovrà essere confermata dagli scavi condotti intorno alla cattedrale di Santa Maria,407 è quella di una concentrazione della città altomedievale intorno a quest'area, nuovo polo di attrazione delle dinamiche insediative, secondo modalità già viste anche a Lucca e che forse trovano riscontro negli altri centri urbani di origine romana del territorio.408

Una cattedrale dove, allo stato attuale, mancano le tracce del battistero, dell’episcopio e di altri edifici liturgici o residenziali, mentre sono emersi un’area aperta lastricata con elementi di reimpiego e degli annessi adiacenti con pavimentazione musiva.409

L'edificio sacro rimane sopraelevato rispetto al terreno circostante, ma non è possibile desumere se ciò sia dovuto a una maggiore frequentazione (che avrebbe abbassato il piano di calpestio) o a una scelta stilistica, come è rilevabile in alcuni centri, dove la cattedrale si trova su un piano più elevato rispetto alla quota media dell'impianto urbano

405 Monete episcopali lunensi sono state rinvenute anche a Cosa. F. Bandini, op. cit., p. 18.

406 B. Ward-Perkins, Lo scavo della zona nord del foro, in Scavi di Luni: Relazione preliminare delle

campagne di scavo 1972-73-74. F. Bandini, op. cit., p. 18.

407

S. Lusuardi Siena, M. Sannazzaro, Gli scavi nell’ area della cattedrale lunense: dall’uso privato dello

spazio all’edilizia religiosa pubblica, pp. 143-168; C. Pavolini, Le città dell’Italia suburbicaria, pp. 177-198; F. Bandini, op. cit., p. 18.

408

romano.410 Quello che appare evidente, invece, è la perimetratura di tale anomalia con tracce di muratura, che ad ovest coincidono con le mura cittadine romane. Questa fortificazione, la cui consistenza strutturale oggi appare assai ridotta, era in passato ben più consistente, come appare ancora nei disegni settecenteschi di Matteo Vinzoni, il quale le definisce mura della Cittadella.411 Anche gli eruditi del Cinquecento interpretavano questo circuito murario come quello della città medievale: Ercole Spina, per esempio, distingueva le mura della città romana (Lune vecio), più estese, da quelle medievali (Il novo), ridotte e circoscritte.412 Le attestazioni archeologiche però, ad oggi, non riescono a fornire dati esatti sulla costruzione di questo impianto ridotto, nè a restituirci l'esatta dimensione del suo perimetro originario.413

L'uso di seppellire i morti all'interno del perimetro cittadino viene introdotto a partire dal VI secolo e diventa sistematico dopo la guerra gotica, fino almeno all'VIII secolo.414 I modi e i tempi del progressivo abbandono di Luni sono ancora oggi non completramente chiariti. In epoca longobarda e fino al IX secolo la cattedrale subì nuovi e imponenti rifacimenti, che si protrassero fino ancora al XII secolo.415

La città però assomigliava sempre più a un guscio vuoto, fatto di case e strutture dismesse, all'interno del quale una cittadella dai contorni ridotti cingeva i simboli del potere episcopale e civile.

Del vecchio splendore rimaneva il simbolo, l'immagine di una civitas magnifica ed

410

P. Testini-G. Cantino Wataghin-L. Pani Ermini, La cattedrale in Italia, (Actes du XIe Congrés

International d’archéologie chrétienne, Lyon,Vienne, Grenoble, Genève et Aoste, 21-28 sept. 1986),

pp. 5-232. F. Bandini, op. cit., p. 18.

411 M. Vinzoni, Atlante, Riviera Ligure di Levante. F. Varaldo Grottin, Cartografia antica e archeologia

della città: Luni romana, pp. 242-256. F. Bandini, op. cit., p. 18.

412 F. Varaldo Grottin, op. cit., p. 234. F. Bandini, op. cit., p. 18.

413 In un documento datato al 1104 si fa riferimento ad un castrum Lune. AA. VV., Luni, Guida Archeologica, p. 52.

414 R. Meneghini-R. Santangeli Valenzani, Sepolture intramuranee e paesaggio urbano a Roma tra V e

VII secolo; Sepolture intramuranee a Roma tra V e VII secolo d.C.-Aggiornamenti e considerazioni. F.

Bandini, op. cit., p. 20.

415 Un intervento collegato con la rinascita del potere del vescovo, alla fine del XII secolo, investito del titolo di conte da parte di Federico I. AA. VV., Luni, Guida Archeologica, p. 130. F. Bandini, op. cit., p. 20.

espressione del potere, mantenuto ed ereditato dalla Roma antica. Ancora nel 1204, dopo il trasferimento della sede vescovile a Sarzana, continuerà ad essere usata per le cerimonie di investitura dei vescovi e successivamente con funzioni cimiteriali.416

Ma in realtà la popolazione si stava allontanando gradualmente, ritornando in quelle campagne e in quei territori da cui forzosamente, ottocento anni prima, era stata trasferita. La città, come un corpo estraneo inserito in un territorio ancora ostile, si era espansa grazie al mercato del marmo e alla capacità recettiva del grande porto. Il suo lento insabbiamento, il venir meno del mercato estrattivo, la maggiore affidabilità dei siti d'altura per la difesa e la produzione agricola417 l'avevano resa una mera espressione del potere, in un'area sempre più circoscritta.

8.2 La Lunigiana longobarda

La conquista longobarda del territorio lunense sembra porre definitivamente termine al ruolo di catalizzatore, politico e religioso, che la città aveva mantenuto, sebbene con difficoltà, per oltre ottocento anni.

Al ridimensionamento del centro cittadino, sancitò dalla delimitazione di un'area ridotta che diventerà la Cittadella418 con sola funzione di racchiudere e proteggere i simboli del potere civile e religioso, seguì anche quello territoriale, con la creazione di diverse Iudiciarie: Lunenses, Surianenses e Garfanienses. Tali Fines sono ricordati in una diploma di Adelchi del novembre 771 d.C. tra quelli in cui era stato suddiviso il territorio conquistato dai longobardi.419 In particolare, i Fines Lunenses andavano ad interessare solo l'immediata pertinenza della città e la bassa val di Magra, riportando alla mente quell'originario ager centuriato di circa 260 kmq che in origine era stato

416

F. Bandini, op. cit., p. 20. 417 Ibidem.

418 Vedi paragrafo precedente. 419

assegnato ai coloni romani nel 177 a.C.420 Un territorio che, in base ai rilevamenti aerofotogrammetrici e ai resoconti degli storici classici, sarebbe rimasto tale fino almeno in epoca augustea, essendo la colonia in uno stato di assedio costante da parte delle popolazioni montane circostanti.421

I Fines Surianenses invece pare si estendessero fino a comprendere l'intero territorio dell'attuale Lunigiana, nella provincia di Massa Carrara, da Caprigliola fino al passo della Cisa, divenendo così il vero nodo cruciale per il controllo delle vie di comunicazione tra le differenti langobardie (Tuscia e area Padano/Veneta)422

In questa ottica Luni, con un porto prossimo all'insabbiamento, un'esposizione alle aggressioni che la rendeva poco sicura e una sua marginalizzazione rispetto alle nuove vie di comunicazione, era destinata ad un graduale abbandono.

Sorano invece, già durante la dominazione bizantina, si presentava come nodo strategico per il controllo della valle del Magra e della via della Cisa, centro religioso e punto di riferimento per le popolazioni autoctone fin da epoche remote.423

I saggi archeologici condotti in questi anni presso i siti di Filattiera, Sorano e Aulla, consentono di affermare che la presenza longobarda, in Lunigiana, avvenne precocemente, con la presa violenta del kastrum di Filattiera e dell'area di Sorano fin dall'epoca di Alboino e Agilulfo. Una conquista che, secondo Giannichedda, "avvenne di corsa e non seguita da una politica di insediamento nella valle ...(ibidem)... certamente obbligando ad abbandonare i siti difesi, ma senza distruggere cinte o devastare valli, e rispettando la chiesa e il tessuto insediativo di cui i Longobardi assunsero il controllo in un’ottica che li voleva proiettati oltre la valle del Magra".424

420 Vedi I capitolo, paragrafo 1.1. 421

Ibidem.

422 Attraverso le valli del Taro, Magra, Aulella e Serchio, come già era stato fin da epoca romana. F. Baroni, op. cit., p. 5.

423

Vedi VI capitolo, paragrafo 6.4.

Si trattò, in pratica, di incursioni, non seguite da un insediamento stabile e forse funzionali alla discesa delle farae dal nord fin dall'assedio di Pavia, quando dalla Lunigiana, attraverso l'antica via Clodia, i Longobardi sarebbero potuti passare in Garfagnana attraverso la foce di Tea425 per raggiungere il castellum de Carfaniana ed il Castrum Novum, fino a Lucca.426

Più procede l'approfondimento archeologico e maggiormente il limes che si venne a creare lungo le valli e le creste tra Lunigiana e Garfagnana si presenta fluido e incerto, fino a diventare evanescente.

La lunigiana non era mai stato un terreno di facile penetrazione. Per renderse conto basti pensare alla difficoltà con cui la nuova religione cristiana vi penetrò.

Durante l'ultimo periodo di presenza romana, tra quarto e quinto secolo, mentre a Luni era già stata edificata la cattedrale con sede di un potente episcopato, l'entroterra viveva tale nuova realtà come qualcosa di estraneo e ostile, tanto da indurre in seguito il Magister Militum Aldio a ricorrere allo stesso Papa Gregorio Magno per richiamare il Vescovo Venanzio e i chierici ad un maggiore impegno per far recedere le popolazioni montane dall'infedeltà.427 Ciò indica come, ancora alla fine della dominazione romana, dopo sei/settecento anni dalla fondazione della colonia, fosse arduo per la classe dirigente di Luni avere il controllo del territorio montano.

In questo ci viene incontro anche la stessa toponomastica. Nella cernita delle località che hanno mantenuto la voce longobarda sala infatti, e per cui rimando all'apposito paragrafo nel prossimo capitolo, ben diciassette si trovano tra Versilia, Garfagnana e Lucchesia, mentre solo una è rintracciabile presso Tresana, nella parte bassa della

p. 261; Il limes bizantino..., op. cit., p. 166. 425

Sulla foce di Tea e le antiche strade di percorrenza tra alta Garfagnana e Alta Valle dell'Aulella vedi A.C. Ambrosi, Toponimi stradali..., op. cit., p. 4.

426 Vedi VII capitolo, paragrafo 7.2. Sulla via Clodia e le strade di antica percorrenza tra Lunigiana e Garfagnana vedi anche F. Baroni, op. cit., pp. 2 e ss..

Lunigiana già prossima allo sbocco verso la pianura costiera.

Molti invece sono i toponimi cafaggio e bandita, secondo una logica che avrebbe riservato all'aristocrazia longobarda, ma successivamente più genericamente di origine germanica, aree di interesse venatorio, forestale e anche produttivo.

Per i longobardi la Lunigiana sarebbe stata una terra ostile, ma la creazione di Fines Surianenses, così come di Fines Garfanienses nell'attigua valle del Serchio, avrebbe certamente creato i presupposti per uno sganciamento delle due regioni storico- geografiche dalle rispettive città/colonie da cui per secoli erano dipese, loro malgrado. Ma avrebbe però anche creato un vuoto contestualmente riempito dall'aristocrazia longobarda e dai loro successori, fino al basso medioevo, e posto l'intero territorio in un contesto feudale che, soprattutto per la Lunigiana, si protrarrà in alcune sacche fino quasi all'Unità d'Italia.

Capitolo IX

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