β 0 è l'intercetta della retta di regressione della popolazione;
Tavola 7 Durate medie specifiche (Ms) dei luoghi (in ore e minuti) per tipologia di luoghi e livello di autonomia
Mezzi di trasporto: durate e frequenze di utilizzo
L’analisi dei mezzi di trasporto utilizzati contribuisce ulteriormente a delineare dei profili di uso dello spazio connessi con i livelli di autonomia.
La Figura 42, ad esempio, mostra un andamento nella quantità di tempo trascorsa in automobile che, seppur di poco, è inversamente proporzionale al livello di autonomia: gli spostamenti effettuati con tale mezzo, infatti, occupano 50 minuti della giornata dei bambini con Livello 1 di autonomia, 38 minuti in quella dei bambini con Livello 2 di autonomia e, rispettivamente 36 e 35 minuti nella giornata di quelli con Livello 3 e 4.
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Una informazione ulteriore proviene dalla Figura 43 contenente le frequenze di utilizzo delle diverse tipologie di mezzi di spostamento. Esaminando congiuntamente la tipologia “a piedi” e la tipologia “auto” appare chiaro che, tra i bambini con livello basso di autonomia, è meno frequente lo spostamento “a piedi” (20%) rispetto ai bambini con livello alto (58%). Al contrario, nel caso dell’automobile, seppur attestandosi tutti i livelli su frequenze elevate di utilizzo, si può notare una leggera flessione di tali frequenze in corrispondenza di livelli superiori di autonomia. Per esempio, ha utilizzato l’automobile nel giorno di rilevazione l’80% dei bambini con Livello 1 di autonomia contro il 72% di quelli con Livello 4. !"#$%&$" !'()" *+'),!-'*" !,(.$"/%00$" /%00)"1)1" *#%+$2+!()" 3454" 6454" 7454" 454" 8454" 7859" 6:5;" :85<" 4" 375:" 7859" <754" 3:5:" 456" 3856" ;65:" <35:" :859" <54" 345=" !"##$%&$%'()*+,(',% -$./()%01%2%-("3/"4#"%&$%/56$##,%&"$%7"##$%&$%'()*+,(',%8$4%+"(9"4'/)6":%+"(% 5+,6,.$)%&$%6/,.;$%"%6$<"66,%&$%)/',4,7$)% >$?%,,)":" >$?%,,)"3" >$?%,,)"9" >$?%,,)"7"
6. Conclusioni
Il lavoro di ricerca descritto mirava al raggiungimento di tre obiettivi principali: conoscere le pratiche della vita quotidiana dei bambini “raccontate” dalla voce dei bambini stessi, verificare la presenza e i livelli di autonomia di cui i bambini dispongono nella loro quotidianità e, infine, individuare eventuali relazioni esistenti tra modalità di utilizzazione dei propri spazi e livello di autonomia disponibile. In merito al primo obiettivo, la prima considerazione da fare è inerente alla quantità di dati prodotti i quali permettono di affermare che, sicuramente, si è aggiunto un piccolo tassello utile alla conoscenza della quotidianità dei bambini. Si tenga conto, inoltre, che, grazie alla metodologia di lavoro adottata, che ha riconosciuto ai bambini il ruolo di protagonisti principali, le informazioni rese disponibili rappresentano la vita reale, e non quella immaginata dagli adulti, dei bambini di Campobasso.
In merito al secondo obiettivo, la verifica della presenza e dei livelli di autonomia posseduti dai bambini, si può affermare che il percorso seguito ha prodotto dei buoni risultati. Le modalità di costruzione dell’indicatore autonomia e l’analisi effettuata attraverso un modello di regressione, infatti, hanno permesso di tracciare un possibile profilo di autonomia nella popolazione studiata. Contrariamente a quanto affermato in letteratura, il sesso maschile incide negativamente sul livello di autonomia posseduto. Una spiegazione alla base di tale risultato potrebbe essere rintracciata negli aspetti presi in considerazione nella costruzione dell’indicatore: la variabile utilizzata, infatti, è il frutto della combinazione di elementi diversificati connessi non soltanto con la libertà di movimento (della quale i bambini beneficiano in misura maggiore) ma anche con aspetti più attinenti la sfera decisionale e delle responsabilità (nei quali è dimostrata la superiorità delle bambine). In riferimento alla condizione di non occupazione della madre, una delle altre variabili con una forte significatività ed un effetto negativo sull’autonomia, sorge un dilemma in merito a quanto affermato da Hillman (1990) e riportato nel capitolo introduttivo. Sono le mamme non occupate che “producono” figli non autonomi oppure sono i figli non autonomi a “produrre” la non occupazione delle madri? Un'altra variabile
interessante ai fini del discorso è il numero e l’età di fratelli/sorelle: le motivazioni all’origine della maggiore autonomia del figlio “mediano”, con fratelli/sorelle più grandi e fratelli/sorelle più piccoli, potrebbero essere ravvisate nel fatto che egli, proprio in quanto “centrale” massimizza, sommandoli, gli aspetti positivi sia dell’essere un figlio più grande sia dell’essere un figlio più piccolo. Egli, infatti, può usufruire di riflesso dei privilegi (o di parte di essi) concessi al figlio/a più grande in ragione dell’età e, contestualmente, può evitare le maggiori limitazioni destinate al figlio più piccolo. Una nota particolare merita la relazione esistente tra la percezione del pericolo derivante da cattivi incontri (lo stranger danger) e la scarsa autonomia. Quest’ultima, pur rappresentando un risultato non sorprendente, in linea con quanto emerso anche in precedenti indagini, meraviglia che abbia rilievo in un contesto urbano quale quello della città di Campobasso caratterizzato da dimensioni ridotte, sia strutturalmente sia demograficamente, e da livelli di criminalità di strada (aggressioni, rapine, scippi, ecc.) molto contenuti rispetto ad altre città. Tale evidenza spinge a mostrare preoccupazione, sulla scia di quanto affermato da Tonucci (2005), verso la crescente spersonalizzazione, individualizzazione e separazione che caratterizza la città contemporanea nella quale sembra non esserci più posto per il senso di comunità46 e di appartenenza.
In riferimento al terzo obiettivo, individuazione di modalità di uso degli spazi in relazione ai livelli di autonomia, può tornare utile un piccolo riepilogo di quanto emerso nella descrizione della permanenza nelle varie tipologie di luoghi. Il 90% circa delle ore di una giornata i bambini lo trascorrono esclusivamente in tre tipologie di spazi: la propria abitazione, la scuola, o un mezzo di spostamento. Il restante 7,4%, in genere corrispondente, nella collocazione oraria, alle ore di metà pomeriggio, è speso in luoghi definibili, comunque, domestici (le abitazioni di altre persone quali nonni, altri parenti, amici, ecc. e gli spazi all’aperto connessi alla casa propria o altrui) o “istituzionali” (le strutture nelle quali si frequentano i corsi formativi extrascolastici). I bambini, dunque, trascorrono soltanto il 2,6% delle 24h (corrispondente a circa 36’) in luoghi non domestici né istituzionali. È confermata la
46 A tal proposito Jacobs (1961, 43) afferma: “la prima cosa da capire è che l’ordine pubblico nelle
strade e sui marciapiedi della città non è mantenuto principalmente dalla polizia, per quanto questa possa essere necessaria: esso è mantenuto soprattutto da una complessa e quasi inconscia rete di controlli spontanei e di norme accettate e fatte osservare dagli abitanti stessi”.
domestication dell’infanzia di cui parlavano James et al. (1998)? Alla luce di quanto
appena affermato, dall’analisi dei luoghi frequentati in relazione all’autonomia si evidenzia che i bambini che ne posseggono meno sono anche quelli che trascorrono meno tempo negli spazi pubblici aperti e che spendono più del doppio del tempo rispetto ai loro coetanei in luoghi formativi extrascolastici: come dire i più istituzionalizzati tra gli istituzionalizzati.
Concludendo, il lavoro effettuato, in considerazione dell’argomento trattato e della metodologia utilizzata, presenta una molteplicità di spunti di riflessione e invita ad eseguire ulteriori approfondimenti per i quali dimostra essere una buona base di partenza.