2. Il manifesto de la créolité
2.3. Une dynamique constante
Il capitolo intitolato “una dinamica costante” chiude l‟Éloge de la créolité almeno nella versione letta dagli autori durante il Festival caraibico della Seine-Saint-Denis (22 maggio 1988), mentre nell‟edizione data alle stampe l‟anno seguente viene aggiunta una breve Appendice sui rapporti fra “creolità e politica”. Qui si sottolinea la speranza di un primo possibile raggruppamento nell‟ambito dell‟arcipelago caraibico (Haiti, Martinica, Santa Lucia, repubblica Dominicana, Guyana e Guadalupa) sulla via di una confederazione caraibica, considerato l‟unico strumento valido per lottare contro i vari blocchi (ricordiamo che il manifesto viene pubblicato nel 1989). Non vengono date linee programmatiche né si incoraggia un concreto impegno politico (si parla di “speranza” appunto) e gli autori affermano di non riconoscersi in maniera totale in nessuna delle ideologie dominanti. Dicono comunque di opporsi senz‟ombra di dubbio al processo di integrazione senza consultazione popolare dei popoli dei dipartimenti francesi d‟America nell‟ambito della Comunità europea poiché, ribadiscono, la loro prima solidarietà è innanzitutto con i “fratelli” delle isole confinanti e secondariamente con le nazioni dell‟America del Sud. Sostengono quindi di prediligere un sistema di tipo multipartitico, multi sindacale e multi confessionale che garantisca la libertà di pensare, scrivere e viaggiare e, concludono: “tutte le libertà sono buone, purché non intralcino lo sviluppo della nostra società”451
.
Nelle pagine di “una dinamica costante” l‟accento è invece posto ancora una volta sui contenuti della letteratura creola e sulle caratteristiche dell‟umanità che questa può rappresentare. Si conferma altresì quel rapporto con le istanze del postmodernismo - anticipato dalla scelta degli autori di rifarsi al concetto di “Diverso” di Victor Segalen - che Shireen K. Lewis ha spiegato in questi termini:
Like Glissant, Creolists are participatig in contemporary theoretical discourses, particularly that of postmodernism. The shift here from Négritude to Créolité parallels the move from modernism to postmodernism. Négritude was a constitutive part of modernism; therefore its modernist concern with alienation (otherness) is now shifted to Créolité‟s postmodernist focus on decentering (difference). […]
[Their] ideas about identity (plural fragmented), history (anti-linear, anti- teleological) and language (multilingualism, nonhierarchization) demonstrate a move away from the center […] toward privileging of margins or peripheries, where “the local, the regional, the nontotalizing are reasserted,” are characteristic of postmodernist thought452.
Ecco dunque che Bernabé Chamoiseu e Confiant aprono questa sezione denunciando di netto il “pensiero ossessivo dell‟Universale”, l‟allineamento mascherato ai valori occidentali: pensare oggi il mondo, l‟identità di un uomo, il principio di un popolo o di una cultura, con i criteri di valutazione del diciottesimo o del diciannovesimo secolo sarebbe riduttivo, scrivono.
In letteratura, come nella vita l‟obiettivo deve piuttosto essere quello di “approfondire la creolità nella piena consapevolezza del mondo” e - attraverso l‟Arte – entrare in relazione “col mondo per esprimere i soggetti di questo mondo”. Si tratta dal loro punto di vista di un processo di integrazione
delle differenze che permetterà alla creolità di preservarsi - pur modificandosi ed arricchendosi - e
che eviterà così il ritorno all‟ordine totalitario, alla tentazione dell‟Uno e del definitivo, tipici del pensiero occidentale. Essere creoli significa essere aperti e complessi, preservare una complessità culturale originale attraverso una “dinamica costante” di scambio, alla ricerca di possibilità nuove, di domande inedite. “La Creolità ci libera dal mondo antico”, scrivono perché è una cultura che rinuncia alla dominazione, che non saccheggia ma scambia, che si mette in relazione e rispetta453.
Gli autori affermano di voler pensare il mondo – che secondo loro si muove verso uno stato diffuso di creolità - come “un‟armonia polifonica: razionale/irrazionale, compiuta/complessa, unita/diffratta…”. È il Tutto-mondo di cui ha scritto Glissant, che non rappresenta l‟aggregazione né la diluzione dell‟uno nel tutto, ma consiste in un‟unione trasversale che mantiene viva la molteplicità:
J‟appelle Tout-Monde notre univers tel qu‟il change et perdure en échangeant et, en même temps, la vision que nous en avons. La totalité-monde dans sa diversité physique et dans les représentations qu‟elle nous inspire : que nous ne saurions
452 S. K. Lewis, op. cit., p. 71; 99. Lewis in queste righe cita Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism: History, Theory, Fiction. New York 1988, p. 58. Corsivo aggiunto.
Spiega Mellino che “la négritude di Césaire rappresenta anche una sua traduzione delle concezioni artistiche, politiche e culturali diffuse da altri due movimenti piuttosto attivi nello scenario parigino dell‟epoca: il modernismo e il surrealismo. […] Per modernisti e surrealisti, la riconsiderazione delle pratiche culturali ed estetiche africane faceva parte non solo di una più generale ribellione della “vita” stessa (dell‟umanità, dell‟immediatezza) contro il dominio della “forma” (della reificazione o cosificazione dei rapporti), ma anche del loro attacco radicale alle convenzioni sociali, culturali ed estetiche europee; a una “morale borghese e utilitaristica”… in breve, per molti modernisti e surrealisti europei il confronto con l‟Africa stava a significare la necessità di una “rinascita culturale”. M. Mellino, op. cit., p. 20-21.
plus chanter, dire, ni travailler à souffrance à partir de notre seul lieu, sans plonger à l‟imaginaire de cette totalité454
.
Il Tout-monde, la cui totalità è un divenire, si costituisce dell‟insieme delle differenze del mondo poste in relazione fra loro. Scrive Chamoiseau:
Le Tout-Monde nous offre ceci de très palpable: une vision concomitante, quasi instantanée, emmêlée, chaotique, de tous les paysages possibles. Il n‟y a plus d‟altérité totale, en voyage ce qui nous étonne ce ne sont pas les paysages (on les reconnaît), mais l‟infinie richesse des gens et des personnes, donc de nos relations à elles. [...]
L‟idée du Tout-Monde serait une manière de « réfléchir le monde en tant qu‟il est inséparable de nos solitudes individuelles et collectives ». Cette totalité vivrait en nous de ses infimes détails455.
L‟attenzione posta da Chamoiseau e dai creolisti sulle singole individualità vuole essere ancora una volta una presa di distanza dal pensiero unico e Universale – “la totalità diventa facilmente totalitaria quando si rifiuta di considerare i soggetti”456 – e un invito ad una partecipazione attiva degli artisti in primis alle opportunità offerte dalla cultura creola. La creolità, dicono è “un‟eccitazione permanente di desiderio conviviale, l‟armonizzazione cosciente delle diversità preservate (la Diversalité)”457.
Considerandola quale prefigurazione dell‟umanità futura, gli autori concludono il manifesto definendo la creolità come il “mondo diffratto ma ricomposto” e rivelano così un‟ulteriore affinità con gli articoli di Walcott. In particolare viene in mente il brano del discorso tenuto alla cerimonia per il premio Nobel - posto in epigrafe nel precedente capitolo – nel quale parla dell‟arte antillana come di un “restauro di storie frantumate, di cocci di lessico in un arcipelago che diventa sinonimo di pezzi staccati dal continente originario”458
. Inoltre per Walcott come per i creolisti, questa realtà “diffratta ma ricomposta” equivale nel processo creativo a quel bisogno di rottura/accettazione del passato necessario per la costruzione e la condivisione del nuovo presente.
454 É. Glissant, Traité du Tout-monde, Paris 1997.
A testimonianza della centralità assoluta di alcune tematiche all‟interno delle sue opere, Glissant ha pubblicato nel 1993 il romanzo Tout-monde, seguito dal Traité du Tout-monde (1997) e dalla creazione a Parigi di un Institut du Tout-monde (2006). Quest‟ultimo, insieme alla casa editrice a esso collegata, si propone, tra l‟altro, di far progredire la conoscenza dei processi di creolizzazione e di contribuire a diffondere la straordinaria diversità degli immaginari dei popoli. Sito web: www.tout-monde.com.
455 P. Chamoiseau, op. cit., 2013, p. 91-92; 97.
456 É. Glissant in J Bernabé, P. Chamoiseau, R. Confiant, op. cit., p. 111.
457 Ibid., p. 123. L‟espressione “excitation permanente” ricorda l’esultanza (“a force of exultation”) di cui più di una
volta parla Walcott nel riferirsi alla nascita della nuova cultura caraibica. Si veda D. Walcott, “Le Antille: frammenti di memoria epica”, op. cit., p. 94.