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ecce: è un’esclamazione dell’autore che ha valore deittico, perché Pascoli

III 16 Interea baculo nixus se limine:

38. ecce: è un’esclamazione dell’autore che ha valore deittico, perché Pascoli

presenta con un primo piano e un campo lungo un’immagine che rappresenta la fusione tra i versi di Virgilio, dettati nel retrobottega, e quello che accade sulla scena della rappresentazione. Varo, sfinito dalle traversie della guerra, con le immagini delle stragi negli occhi, rintronato dai corni di guerra, è in una condizione psicologica instabile. Quasi a salvarlo, escono dalla taberna i suoni dei campi, suoni ai quali egli è ormai disabituato e che gli evocano immagini di pace. L’idea della capacità evocatrice e taumaturgica della poesia è rafforzata da pendet, che esprime con efficacia l’energia delle impressioni visive e auditive che si sviluppano nella mente di Varo e sub accentua questo aspetto quasi di dipendenza. Nei Carmina trova posto anche il fenomeno opposto, anche se in relazione a suoni e immagini fisiche e non letterarie. Giugurta, nel poemetto omonimo, vuole evadere con la mente dal carcere, e diviene inscius tappandosi occhi e orecchi: Obstruit ipse oculos, avidos vetat ipse videre, / ut se posse putet, velit modo: comprimit aures / inscius et tacita surdas avertit ab umbra. (Iug. 33-35) Per la posizione di videt et audit cf. supra nt. ad v. 34 caede recentes.

39. quassantes... cadentes: cf. Verg. georg. 1,70-7655. È notevole, nel verso dei Sosii, la disposizione chiastica dei membri, con i sostantivi al centro del verso, come pure il gioco onomatopeico tramite la ripetizione di /qua/ (QUAssantes siliQUAs et aQUAs). La ripetizione potrebbe riprodurre lo scroscio d’acqua e dei legumi, tuttavia è difficile non pensare alle numerose onomatopee con /QUA/ usate da Pascoli, in italiano e latino, per imitare il verso delle rane, e che hanno come nobile modello Ov. met. 6,376: quamvis sint sub aqua, sub aqua maledicere tentant56. Se così fosse – le rane non sono nominate, ma l’acqua sì, e al v. 61 si parla di rubetae – bisognerebbe aggiungere questa occorrenza alle molte indicate da Traina.

tum... cadentes (vv. 33-39): questi versi costituiscono la prima parte della sezione

dedicata a Varo, densa di significato e costruita con un’attenzione particolare per le corrispondenze. Resta da osservare, dopo quello che è stato detto, che il contenuto di questa sezione sarà rielaborato e ampliato da Pascoli in un altro poemetto, Cent., inviato ad Amsterdam nel 1901. I rapporti tra le due sezioni di testo sono notevoli:

Sos. fratr. 33-39:

Tum qui perstrictasa lituis et cornibus auresb et sentiret adhuc oculosc a caeded recentes, quem mare, quem bellum modo dimisisset anhelum exesus sibi longarum languore viarume

nunc animi novusf ignoto sub carmine pendet, [ecce boves et prata videt desuetush, et audit quassantes siliquas et aquas de rupe cadentes.]g

Cent. 13-38 :

Namque senex de more domum tum forte redibat1, iam satis in campis ultro citroque vagatus. Volverat ille animo reptans stipendia secum quadragena, duces, regiones, vulnera, torques, et quae prima rudes tuba perstrinxisseta in armis auresb tironi. Prospectu paverat idem

ruris inassuetosh oculosc animumque prioremf,

55

Verg. georg. 1,70-76: Alternis idem tonsas cessare novalis / et segnem patiere situ durescere campum; /aut ibi flava seres mutato sidere farra, / unde prius laetum siliqua quassante legumen / aut tenuis fetus viciae tristisque lupini / sustuleris fragilis calamos silvamque sonantem.

56

Conv., Ate, 21: «Qua qua, cantava, è l’acqua» e L’ultimo viaggio, XIV, 25: «qual di querule querule ranelle»; N. Poem., Pietole, XIII,16-17: «e quatte quatte nelle placide acque / strepono or qua, le vecchie rane, or là». I precedenti esempi sono tratti da Traina 2006, 210-212, che annota: «le rane gracidano nei Carmina non meno che nelle poesie italiane», e ricorda Cent. 91: coepit quandoque querit ranunculus e 176: mittunt longinquae ranae quandoque querelas. Le onomatopee, secondo Traina, «non sono una mimesi fonica pura e semplice, bensì un’interpretazione verbale del suono... È il suono che ascende alla parola, una metafora fonica».

[hic segetes, illic silvam miratus et amnem, mox in aquaque anates et supra tecta columbas. Dein in quincuncem directas ordine vites, ut si quas legio depugnatura cohortes

pandisset virides: at aves, non signa canebant: dein late corvis nigrescere viderat arvum, quippe ubi fumaret caedesd et pugna sileret: non oculos hominum, quaerebant semina corvi: qui moniti vigilum subito clangore duorume omnes vasa cito sua collegere volantes.]g Post animi vagusf e densa defringere saepe haud veritus baculum sibi, se deprendit, ut olim difficili saxis atque herbis vite minantem. Denique contendit putrem subrepere vicum2 iam vergente die, placidisque quiescere castris centurio: caligis via vici dura sonabat: atque illum a trivio pueri videre tribules inque illum subito dextra laevaque coorti,

«Dic aquilas, dic arma» fremunt, «dic bella cruoremque».

Perstringo: Sos. fratr. 33: perstrictas ‘a’; Cent. 17: perstrinxisset. In entrambi i casi si parla del suono degli strumenti a fiato che indicano il momento dell’assalto (litui in Sos. fratr., tuba in Cent.), suono che ferisce le orecchie (aures ‘b’: Sos. fratr. 33, Cent. 19). Nella descrizione delle sensazioni provate da Varo in battaglia, non manca l’indicazione visiva degli occhi (oculos: Sos. fratr. 34, Cent. 19), che dopo aver visto le stragi della guerra (caedes ‘d’: Sos. fratr. 34, Cent. 26), finalmente godono di paesaggi georgici, simbolo di pace. A questa pace Varo e il centurione non sono più abituati (desuetus ‘h’ Sos. fratr. 38, inassuetos, in iunctura con oculos, Cent. 19.) Tutta la descrizione del paesaggio dei Sosii, delimitata da parentesi quadre e segnata con l’apice ‘g’, si trova ampliata nei vv. 20-29 di Cent. La iunctura animi novus è stata esaminata supra, nt. ad v. 37 (nunc animi novus), con il cenno all’ipotesi di Traina che considera la creazione pascoliana frutto dell’elaborazione del catulliano vagus animi, attraverso la mediazione di Cent. 30: animi vagus. L’unico punto debole dell’ipotesi sarebbe la cronologia, poiché Cent. fu inviato ad Amsterdam due anni dopo i Sosii. Su questo punto sono d’aiuto le lettere.

Giovanni a Maria il 27 novembre 1898:

«Ora imposto e vado a casa, nel mio studio bellissimo, a pecudare. Col 1° del mese, sosierò, col quindici veteraneggerò»57.

Si nota che la composizione di Sosii e Pec. (inviato ad Amsterdam in quell’anno) è contemporanea a quella di Cent.: il «veteraneggerò» di Pascoli allude al titolo originario che doveva avere il poemetto58. Questo chiarimento, oltre a sostenere l’ipotesi di Traina su animi vagus, conferma i rapporti testuali che stiamo esaminando. Pascoli, insomma, alla fine del 1898 doveva avere sulla scrivania gli scartafacci di Pec., Sosii e Cent. (in un secondo momento comparirà anche Canis). Per animi novus non basta il confronto con animi vagus, poiché qualche verso più in alto compare animumque priorem (Cent. 19). Novus va letto in contrapposizione a prior e indica una nuova condizione di serenità, dovuta all’ascolto dei versi delle Georgiche, condizione che, tuttavia, non è stabile: il ricordo della sofferenza tormenta per l’intera composizione i due protagonisti (molto efficace volverat animo di Cent. 15). Varo sente ancora nei timpani il cupo suono dei litui, ha negli occhi l’ombra del sangue; il centurione ripensa agli anni trascorsi sotto le armi, e nei filari dei vigneti rivede le schiere di soldati, il ramoscello che ha in mano gli sembra il bastone del comando. Il soccorso, per entrambi, viene dalla natura: il centurione, ogni giorno cammina per i campi, prima di tornare a casa; Varo sente provenire dalla bottega i versi di Virgilio. Il centurione gode della natura, Varo della sua imitazione. Restano da chiarire ancora due espressioni di Cent. segnate nel confronto testuale con gli apici numerici, perché non si riferiscono al testo di Sos. fratr. preso in esame, bensì a versi precedenti. Redibat (‘1’, v. 13) descrive il ritorno a casa placido e consueto del centurione. In Sos. fratr. si racconta un reditus, quello di Varo. Ancora, al v. 33: contendit putrem subrepere vicum ‘2’, narra il ritorno a casa del centurione, e ricorda da vicino il maluit... reptare di Varo per tecta domorum muto pulla situ (vv.

57

Vicinelli 1961, 601.

58

Il titolo era Veteranus Ulubrice, cf. f.LXXIII-3-34 (si tratta di un programma di lavoro per luglio, agosto, settembre, ottobre del 1900):

27-29). Infine, in Cent. c’è anche un’eco sonora dei Sos. fratr., con la clausola clangore duorum (Cent. 28, ‘e’), che ricorda languore viarum di Sos. fratr. 36.