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l'eccesso del lusso e della molezza ha indeboliti talmente gli spiriti che la maggior parte degli uomini, immerse in un letargo e per effetto

Nel documento Opere (pagine 107-111)

di una certa stupidità, ha sofferto sul trono i tiranni ed ha quasi con

piacere accettate le catene infami di schiavitù sotto delle quali geme

tutt'ora; ecco la gran contradizione.

104 MEDITAZIONI SULLA FELICITA

quindi alcune nazioni l'adottarono, altre vi si avvicinarono; perciò o fu abolito, o dominuissi il dispotismo e la tirannia. Da quel punto sino al dì d'oggi gli avantaggi de' paesi liberi sono andati sempre crescendo in Europa e i principi sono nell'alternativa, o di vedersi come tributami delle nazioni libere, o di abolire ogni schiavitù nella loro nazione. Tale è il moto che in questo secolo ha l'Europa. C o n fondamento prevede il saggio che la libertà delle nazioni sia per dilatarsi. Quando ciò sia fatto, rinascerà l'antico vigore degli animi, l'antica guerra di nazione, e non di principi, e per quest'annello in giro passeranno verisimilmente per sempre le nazioni europee, come le stagioni dell'anno sulla terra. In vista di ciò, potiamo giudicare del grado di stima che meritano le scienze e prenderne quella porzione che giovi alla nostra felicità. Da alcuni anni a questa parte s'è risvegliata in Europa la disputa se siano più i beni o i mali di questa vita, cioè se l'uomo, indipendentemente dalla religione, debba vivere oppure uccidersi. Ognuno è buon giudice delle proprie sensazioni e i pochi (54) su[i]cidii che si contano sembra che debbano decidere della questione. L'errore sta nel computare la speranza fra i mali, quand'ella è uno dei principali beni; le sensazioni aggradevoli, che per essa ci vengono, non sono perciò meno reali, perché il principio riseda nella immaginazione.

N o n è possibile definire qual sia il carattere d'un uomo che universal-mente riesca in ogni società : non v'è uomo, per insensato che sia, che in

qual-54. Cotesta ragione mi piace, perché mi sembra più conforme alla bontà del-l'ottimo nostro creatore e sarebbe deci-siva in favor della maggior somma dei piaceri sopra quella dei dolori, se si potesse dimostrare che l'amore alla pro-pria vita cagioni un piacere capace di fare un soddisfacente contrappeso ad un

gran numero di dolori ed un amore di tal natura che meriti che in grazia del medesimo da noi si soffra pazientemente tutto ciò che si può soffrire, piuttosto che perdere un tale amore, non sia un affetto sregolato ed irragionevole, come sembra che se ne possa dubitare.

54. La proposizione dell'autor delle Meditazioni, che qui piace all'autor delle Note, dico il vero, n o n m i soddisfa, n o n già per le fri-vole obiezioni che ha confusamente adunate nella nota, derivanti tutte dall'errore nei principii già disopra chiarito, ma perché il fatto n o n mi sembra che basti : per decidere la questione, mentre la m a g g i o r parte degli uomini ha il freno o della religione, o delle leggi civili, che si o p p o n g o n o al suicidio, restano solo alcuni cattivi filosofi, i quali tengono che sia, n o n solo lecito, m a anche utile in certi casi il suicidio (proposizione che, anche filosoficamente parlando, si p u ò dimostrare erronea) ; di questi filosofi n o n tutti si trovano in quelle dolorose circo-stanze, nelle quali secondo l'atrabilare senso loro è utile il suicidio; di questi pochissimi forse ad alcuno tremarebbe la m a n o nel colpirsi. O n d e i pochi suicidii che si contano p r o v a n o bensì che v i saranno sempre pochi suicidii, ma n o n m i sembra che debbano decidere della questione.

RISPOSTA D'UN AMICO PIEMONTESE 105

che ceto non possa ottenere la stima; n o n v ' è merito, per luminoso che sia, che in qualche ceto n o n possa essere disprezzato. È però vero che v ' è un carattere che più comunemente deve condurre a viver bene in ogni secolo e presso qualunque nazione e credo ch'egli consista in un felice temperamento di forza e di dolcezza d'animo, cosicché, né l'una degeneri in asprezza, né l'altra renda lo spirito debole e molle. Allora l ' u o m o resta egualmente distante dall'inurbanità come da quella servile compiacenza che lo dispone ad essere un mero strumento di chi ardisce di adoperarlo.

Fralle nazioni selvage tutto è robusto e forte. Fralle nazioni corrotte si vedono espresse su tutt'i volti la compiacenza ed il sorriso. Fralle nazioni illuminate si legge in fronte agli uomini il sentimento della loro sicurezza e l'amore per la osservanza delle leggi.

Il saggio giudica col suo giudizio; ha un carattere che è suo; conforma talvolta alla comune opinione le sue maniere esterne, non però mai i suoi sentimenti; ricerca in tutto di giungere ai primi elementi delle idee per pre-servarsi dall'errore e, fra tutte le verità possibili, sente che la più importante e dimostrata di tutte pel u o m o è che deve cercare (55) la propria F E L I C I T À .

55. L'Autore in questo pensa e dice benissimo. L'unica cosa che l'uomo deve desiderare e cercare incessantemente e con tutte le sue forze si è la propria feli-cità, cioè tutto il possibile bene di cui è capace la sua natura; perché l'uomo è nato per essere la più felice creatura che sia mai sortita dalle mani del divino creatore d'ogni bene. Il desiderio che tutti abbiamo pella propria felicità, ed anche l'avversione che sentiamo contro tutto quello che può distruggere e defor-mare il nostro corpo ed il nostro spirito, sono la prova più forte e la più sovrana-mente sensibile ch'io m'abbia della pro-pria esistenza, di quella d'un essere infi-nitamente perfetto e della realità di tutte le cose create. Ogni nostro moto ed ogni nostro pensiero ad altro non sono diretti che, od all'acquisto, od alla con-servazione di quelle cose che giudichiamo ci possano render felici, o per evitar le contrarie; e fra tutte le verità possibili convengo ancor io coll'Autore che questa

sia la più importante e la più dimostrata; e sono tanto persuaso di questa faccenda che però mi sembra incomprensibile come mai l'Autore nostro, che decanta simile verità, abbia voluto scrivere, come ha effettivamente scritto, tante cose che possono cagionargli (che non glie ne desi-dero) le più funeste disavventure. Perché, quantunque sia vero che non abbiamo una giusta idea ed intieramente adequata di quelle imperfezioni del nostro corpo e del nostro spirito, che ci rendono rispet-tivamente felici od infelici, né quali siano le cagioni efficienti della nostra vera feli-cità o della nostra assoluta miseria. Tanto è vero che non basta essere illuminati per esser buoni e felici. Ad ogni modo, non si può dubitare che nel libro, che abbiamo fin qui notato, non vi si trovino parec-chie proposizioni e moltissime espressioni che potrebbero apportare al loro Autore i più amari e crudeli disgusti, ed assai più di quello ch'ho rilevato colla maggiore sincerità in queste mie tenuissime note.

55. Quest'approvazione mi ha piaciuto assai, e tanto più che le

minaccie che sono in fine sono per deffinirle il ragghio d'asino che

in ciel non giunga.

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III.

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