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L’ ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO

8. L A SENTENZA DELLE S EZIONI U NITE N 13533/2001.

8.6 L’ ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO

La tendenza semplificatrice e omogeneizzante della sentenza in commento trova ulteriore conferma nelle conclusioni cui essa perviene sulla questione del riparto dell’onere probatorio nell’ipotesi in cui il convenuto, cui si contesti di non aver adempiuto, eccepisca l’altrui inadempimento, avvalendosi di quello strumento di tutela che è l’exceptio inadimpleti contractus.

Le Sezioni Unite statuiscono che il convenuto eccipiente può limitarsi alla mera allegazione dell’altrui inadempimento, spettando alla parte attrice dimostrare di avere già adempiuto ovvero che la sua prestazione non è ancora esigibile.

Così statuendo, la sentenza si allinea all’orientamento nettamente prevalente in dottrina e in giurisprudenza: molte sono infatti le pronunce che affermano tale principio, sia nell’ipotesi in cui l’attore abbia agito per ottenere l’esecuzione della prestazione, sia in quella in cui abbia chiesto la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno146. Ma, in passato, non era difficile trovare sentenze nelle quali, in senso diametralmente opposto, si affermava che deve essere il convenuto eccipiente a provare l’inadempimento dell’attore, a prescindere dal fatto che l’azione sia diretta alla risoluzione del contratto ovvero all’adempimento147. Anzi, si doveva prendere anche atto di un terzo orientamento che, molto più sottilmente, distingueva a seconda che l’azione giudiziale fosse volta all’adempimento o alla risoluzione ed assumeva che, nel primo caso, incomberebbe sull’attore, una volta sollevata dal

probatoria connessa alla contestazione della esattezza dell’adempimento, con conseguente vanificazione delle esigenze di effettiva tutela del credito.

146

Cfr., tra le tante, Cass. 23 maggio 2001, n. 7027, in Foro It., 2001, I, c. 2504, con nota di PARDOLESI; Cass. 29 maggio 1998, n. 5306, in Giur. it., 1999, p. 1841.

147

Cfr. Cass. 16 dicembre 1981, n. 6670, in Vita Not., 1982, p. 734; Cass. 28 aprile 1975, n. 1661, in

convenuto l’eccezione di inadempimento, provare di aver adempiuto, poiché il proprio adempimento rappresenta il fatto costitutivo dell’azione; nel secondo, invece, incombendo già sull’attore la prova dell’inadempimento del convenuto, lo stesso non potrebbe essere gravato anche dall’onere di provare il proprio adempimento, con la conseguenza di scaricare sul convenuto la dimostrazione dell’inadempimento dell’attore148.

La soluzione adottata dalla Sezioni Unite appare pienamente in linea con l’indirizzo già espresso dalle stesse Sezioni Unite in tema di onere probatorio nelle azioni di adempimento, risarcitoria e di risoluzione contrattuale: in ogni caso, fatta solo salva l’ipotesi delle obbligazioni negative, l’inadempimento non risulta mai essere fatto costitutivo per chi lo invoca, gravando invece sulla controparte l’onere di provare il fatto positivo del proprio adempimento.

La medesima regola, quindi, ma a ruoli invertiti, ponendosi il convenuto, con l’eccezione di inadempimento, nella posizione probatoria più favorevole che è di regola propria dell’attore. Adducendo l’altrui inadempimento, infatti, il convenuto non fa altro che tutelare il proprio diritto di credito derivante dal contratto; per il richiamato principio di persistenza del diritto, egli non sarà tenuto a provare anche l’attualità dello stesso e quindi il mancato avverarsi di cause estintive del diritto, quali l’adempimento del suo debitore.

Ciò risulterà altresì conforme al principio di vicinanza della prova, nella misura in cui si esonera il convenuto dalle difficoltà di provare un fatto negativo riferibile alla sfera d’azione del suo debitore.

Analoghe considerazioni hanno indotto la giurisprudenza a distinguere dalla vera e propria eccezione di inadempimento la c.d. exceptio non rite adimpleti

contractus.

Così, se il convenuto eccepisce non l’integrale inadempimento delle proprie obbligazioni, ma l’inesattezza dell’avvenuto adempimento, spetterà al medesimo dimostrare la differenza tra ciò che è stato prestato e ciò che era dovuto, non potendosi far gravare sull’attore, che ha l’onere di dimostrare il proprio adempimento, anche la prova di aver adempiuto esattamente149.

148

Pret. Torino 20 febbraio 1995, Foro It., 1995, I, p. 2615, con nota di ZAMPETTI. 149

Cfr. Cass. 10 febbraio 2000, n. 1457, in Mass. Giust. civ., 2000, p. 287; Cass. 11 novembre 1996, n. 9825, in Mass. Giust. civ., 1996, p. 1497.

Ponendosi nuovamente in conflitto con l’opinione prevalente, le Sezioni Unite non accolgono tale differenziazione e, richiamandosi alle esigenze di omogeneità del regime probatorio, estendono anche all’ipotesi di eccezione di inesatto adempimento il principio di sufficienza dell’allegazione dell’inesattezza150. Così facendo, però, si espongono alle critiche già espresse di eccessiva generalizzazione. A ciò si aggiunga che la soluzione criticata ha l’effetto di rendere molto difficoltoso, in talune fattispecie, l’assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’attore, in netto contrasto con il principio di riferibilità, accolto dalle stesse Sezioni Unite.

È vero, però, che non è possibile liquidare l’orientamento delle Sezioni Unite in materia di inesatto adempimento come una semplice svista dovuta alla frettolosità dei giudici. A dare conferma di ciò è la semplice constatazione che, sul piano operativo, la previsione di un onere probatorio differenziato per l’exceptio inadimpleti

contractus e per l’exceptio non rite adimpleti contractus non sarebbe priva di

controindicazioni: per sollevare l’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. basterebbe al debitore allegare il fatto dell’inadempimento (incombendo sul creditore l’onere di fornire la prova contraria), per l’exceptio non rite adimpleti contractus, al contrario, sarebbe necessario che lo stesso fornisca la prova dell’inesattezza dell’adempimento. Al debitore che intenda usare le pieghe del sistema per sottrarsi alle proprie obbligazioni, resterebbe ancora la possibilità di sollevare, subordinando l’una all’altra, tanto l’eccezione di inesatto adempimento, quanto l’eccezione di mancato adempimento. La prima e immediata conseguenza sarebbe quella di costringere, di fatto, l’attore ad esibire in giudizio l’evidenza di aver completamente e correttamente adempiuto; e questo non solo al fine di scongiurare l’eccezione sollevata in subordine dal debitore, ma anche per evitare di incappare nelle maglie di un’erronea determinazione degli esatti confini fra le due fattispecie del mancato ed inesatto adempimento151.

150

La sentenza si esprime in termini generali, ma è chiara nell’estendere tali considerazioni a tutte le fattispecie ipotizzabili, ivi compresa quella di cui all’art. 1460 c.c.

151

È la conclusione cui perviene LAGHEZZA, Inadempimenti ed onere della prova: le sezioni unite e la