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I L R EGNO DI S ARDEGNA E C ORSICA ‘ CAPUT ET SUSTENTATIO CORONAE ARAGONUM’

I L R EGNO DI S ARDEGNA E C ORSICA ALL ’ ASCESA AL TRONO DI G IOVANNI

3. I L R EGNO DI S ARDEGNA E C ORSICA ‘ CAPUT ET SUSTENTATIO CORONAE ARAGONUM’

§ 3.1 La politica economica di Giovanni II nel Regno di Sardegna e Corsica

Come già sottolineato, nel corso del XV secolo il Mediterraneo occidentale svolgeva un ruolo fondamentale di base d’appoggio delle rotte marittime, congiunzione di ogni estremità del mondo conosciuto – dal Mar Nero, alla Manica, fino al Levante – e punto più frequentato dalle potenze internazionali che svolgevano attività economiche e commerciali301.

In questo contesto, nonostante la situazione generale del Regno di Sardegna e Corsica fosse ancora piuttosto precaria e problematica durante i primi decenni del XV secolo, già verso gli anni Quaranta l’economia e il volume dei traffici commerciali registrò una lieve crescita. Negli anni 1458-1461 si assiste a un ulteriore sviluppo dei principali poli d’attrazione commerciali sardi, Castel di Cagliari e Alghero. Il ruolo di Cagliari era

300 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 164v-165. 301 D. A

BULAFIA, L’economia mercantile del Mediterraneo occidentale: commercio

locale e commercio internazionale nell’età di Alfonso il Magnanimo, in La Corona d'Aragona ai tempi di Alfonso il Magnanimo. I modelli politico-istituzionali, la circolazione degli uomini, delle idee, delle merci. Gli influssi sulla società e sul costume. Atti dei XVI Congresso Internazionale di storia della Corona d’Aragona

(Celebrazioni Alfonsine), 2 voll., II, a cura di G. D'Agostino, G. Buffardi (Napoli- Caserta-Ischia, 18-24 settembre 1997), Napoli 2000, pp. 1023-1046.

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cresciuto di importanza grazie al rilancio della politica mediterranea della Corona d'Aragona proposto da Alfonso il Magnanimo302.

Pur non esercitando un ruolo di primo piano negli scambi mediterranei, dalla documentazione edita si evince chiaramente che nel capoluogo sardo esistevano un traffico commerciale e un'attività di scambio vivaci, che facevano del porto cagliaritano un luogo di contrattazioni e di iniziative imprenditoriali da non sottovalutare. Il volume degli affari era aumentato notevolmente mano a mano che si concretizzava il progetto del Magnanimo di creare una sorta di Commononwealth dei territori appartenenti alla Corona d'Aragona. In questo contesto anche il Regno di Sardegna e Corsica, con lo sfruttamento delle sue peculiari caratteristiche geografiche e con la disponibilità di materie quali il corallo303, le pelli, la lana304, il formaggio, i cereali305, il sale306, i

302 Per studiare e comprendere questo complesso mondo nei suoi aspetti del

commercio e della navigazione, Del Treppo è il punto di partenza obbligato, almeno per le linee generali mediterranee, fino a imbatterci, nel particolare, a studi regionali e settoriali, grazie ai quali si possono, invece, cogliere aspetti inediti e stimolanti, cfr. ad esempio, ZEDDA, La Sardegna nel ‘400 cit., p. 1353.

303 Il corallo sardo, in particolare, risulta in quel tempo piuttosto pregiato e

richiesto e i ricchi banchi, che si estendevano dalla costa oristanese fino all’isola dell’Asinara, sono molto frequentati da piccole e grandi flottiglie di varia provenienza. Queste trasformano Alghero in un municipio popolato esclusivamente da catalani e l’unico centro di raccolta del corallo pescato nel mare di Sardegna e nelle bocche di Bonifacio. Il porto del nord dell’isola rimarrà sempre una base stagionale per i pescatori, un centro di raccolta del pescato, una piazza di contrattazione e di smistamento della merce corallina, cfr. F. MANCONI, La pesca e il commercio del corallo nei paesi della Corona

d’Aragona al tempo di Alfonso il Magnanimo, in La Corona d'Aragona ai tempi di Alfonso il Magnanimo. I modelli politico-istituzionali, la circolazione degli uomini, delle idee, delle merci. Gli influssi sulla società e sul costume. Atti dei

XVI Congresso Internazionale di storia della Corona d’Aragona (Celebrazioni Alfonsine), 2 voll., II, a cura di G. D'Agostino, G. Buffardi (Napoli-Caserta-Ischia, 18-24 settembre 1997), Napoli 2000, p. 1134; ID., L’Alguer, un puerto catalán cit., p. 434.

304 Continuava a essere anche per il XV secolo la materia prima dell’industria

tessile catalana, cfr. C. MANCA, La lana in Sardegna cenni sulla produzione e sulla

distribuzione nei secoli XIII-XVIII, in Atti della Prima Settimana di Studio: la lana come materia prima. I fenomeni della sua produzione e circolazione nei secoli XIII- XVIII, Firenze, pp. 169-176.

305 M. T

ANGHERONI, Aspetti del commercio dei cereali nei paesi della Corona

d’Aragona, 1, La Sardegna, Pisa 1981.

306 In riferimento a questo prodotto i catalano-aragonesi diedero vita a

un’azienda di stato in grado di provvedere alla produzione e alla commercializzazione secondo criteri capitalistici, cfr. C. MANCA, Aspetti

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prodotti vitivinicoli307 aveva molto da guadagnare dalla nuova politica commerciale iberica308.

Il 29 novembre 1458, Giovanni concesse licenza e facoltà al Marchese di Finari, Giovanni dal Carreto o ai suoi ufficiali, di estrarre liberamente o di far estrarre dal Regno di Sardegna e Corsica 4.000 rasieri di frumento e di prendere 25 equini o cavalli309.

In seguito da Saragozza, il 22 ottobre 1458, il sovrano emanò una prammatica sanzione, nella quale si confermava la libertà di estrarre frumento, orzo e altri prodotti a vantaggio della curia regia: «licentie extrahendi ab ipso Sardinie Regno frumentum, ordeum et aliarum rerum prohabitarum, concedi indistinte solerent, in quibusquidem extractionibus procurator regius in dicto Regno vel eius locumtenens, ad quem id spectabat pro regie Curie…»310.

Ancora, nella già citata ambasciata dell’8 gennaio 1459 il terzo Trastamara ordinò a tutti gli ufficiali e sudditi del Regno di Sardegna e Corsica che per ogni prodotto o animale, soprattutto cavalli, esportati dall’isola per scopi commerciali verso qualsiasi altro luogo, ad eccezione delle isole e dei territori appartenenti alla Corona d’Aragona, venisse richiesto il pagamento del diritto spettante, senza tener conto di eventuali esenzioni concesse in passato dai suoi predecessori311.

Il 27 marzo 1459 dalla residenza di Valenza, Giovanni decretò che nessun ufficiale di Corte potesse costringere né

dell’espansione economica catalano-aragonese nel Mediterraneo occidentale. Il commercio internazionale del sale, in Economia e Storia 16, Milano 1965, pp. 201-217.

307 P.F. S

IMBULA, Produzione, consumo e commercio di vino nel basso medioevo, in

La vite e il vino. Storia e Diritto, Atti del convegno internazionale di studi,

Alghero 28-31 ottobre 1998, a cura di M. DA PASSANO-A. MATTONE-F. MELE-P. F. SIMBULA, Roma 2000, pp. 399-437.

308 Z

EDDA, La Sardegna nel ‘400 cit., pp. 1353-1354. Sui traffici commerciali e i

circuiti internazionali, nei quali il Regno di Sardegna e Corsica era inserito, si veda, inoltre, M. TANGHERONI, Commercio e navigazione nel medioevo, Roma 1996;

C. ZEDDA, La piazza commerciale di Cagliari tra Barcellona e Napoli nel XV secolo attraverso la lettura degli atti notarili dell'Archivio storico dei protocolli di Barcellona e dell'Archivio di Stato di Cagliari, in «Estudis Historics i

Documents dels Arxius de Protocols» XV, (1997), pp. 77-92.

309 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 54v-55. 310 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 171v-172.

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forzare nessun vassallo né barone o magnate o erede del Regno a vendere agli ufficiali regi o ai loro luogotenenti frumento, grano o altre cose né ordinare di dar loro mercanzie di proprietà senza pagarle. Ancora, i detti ufficiali non avrebbero potuto comprare alcuna merce, senza aver prima concordato il prezzo con il procuratore di detto regno o con il suo luogotenente312. Dello stesso periodo è un’altra Prammatica sanzione, nella quale si vieta agli ufficiali regi di obbligare con la loro autorità i vassalli della Corona e i vassalli dei feudatari locali a prestare gratuiti servizi e a vendere loro le derrate e le merci di qualunque specie e a trasportarle da un luogo all’altro dell’isola313.

§ 3.2 Il Maestro razionale

Tra le disposizioni di carattere finanziario ed economico, Giovanni II ribadì la necessità di un attento controllo delle entrate annuali della Corte regia, stabilendo l’obbligo da parte degli ufficiali di presentare periodicamente un rendiconto delle loro attività. Il sovrano sottolineava l’importanza di introdurre una normativa che presupponesse una corretta e ordinata gestione della cosa pubblica, ricordando che l’assenza di riscontro di tale contabilità aveva in passato creato gravi irregolarità.

A tale proposito, il 12 dicembre 1458 Giovanni informò i consiglieri e probiuomini della città di Sassari che Nicolò Doria, un tempo signore di Monteleone e Castellaragonese, aveva dato in prestito quattromila lliures e altre quantità alla suddetta città mai restituite, malgrado gli insistenti richiami di Alfonso. Il re stabilì, quindi, la restituzione della somma alla Corte per sopperire alle sue necessità314.

Per ristabilire questo ordine, il sovrano ritenne opportuno

311 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 91-91v. P

UTZULU, Carte reali cit., doc. 186, p. 77.

312 ACA, Canc. reg. 3396, ff. 26v-27v. 313 P. T

OLA, Codex Diplomaticus Sardinie (CDS), Sassari 1984, (ed.anastatica) tomo

II, doc. XXXVI, p. 73.

314 ACA, Canc. reg. 3396, ff. 173v. Sollecita tale istanza ancora l’11 dicembre

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introdurre nel Regno di Sardegna e Corsica una figura che verificasse la gestione contabile sull’attività degli ufficiali regi che amministravano il denaro pubblico. Il 1° dicembre 1458 Giovanni nominò Raimondo Carriga315, verso il quale espresse totale e piena fiducia nominandolo curritor seu mediator publicus degli ufficiali regi, in qualità, cioè, i supervisore degli affari che riguardavano sia il Regno di Sardegna e Corsica che gli altri regni appartenenti alla Corona d’Aragona316.

Ancora, durante la più volte citata ambasciata algherese dell’8 gennaio 1459, Giovanni confermò tutti i provvedimenti fatti dal suo predecessore in materia di tutela del patrimonio regio e ordinò di far osservare perentoriamente tutte le disposizioni di carattere ordinario e straordinario «pro conservatione iurium Curie nostre in Regno Sardinie, quascumque provisiones seu rescripta retro principium laudabilis recordacionis predecessorum nostrorum, per que dispositum seu constitutum fuit…», e ne emanò degli altri317. In particolare, fece riferimento a una «Pragmatica sancitone seu lege circa reformationem Regni nostri Sardinie quod retro principium laudabilis recordacionis predecessorum nostrorum…», nella quale Giovanni vietava a qualunque persona di occupare possedimenti ed evadere il fisco e sanzionava che venisse spogliata totalmente di tutti i suoi beni, qualora fosse stato trovato in flagrante. Ordinò, inoltre, a tutti gli ufficiali regi di far osservare e rispettare tale pragmatica sanzione sia nelle principali città del Regno sia anche nelle ‘ville’, terre, baronie e parti di entrambi i Capi318.

Contemporaneamente il monarca introdusse la carica del maestro razionale, con competenze economiche e finanziarie,

315 Appartenne a una famiglia trapiantata a Sassari dal secolo XIV. Sin dagli

anni ’30 del secolo successivo i Carriga ottennero il cavalierato, titolo nobiliare di cavaliere, e il riconoscimento della generosità per meriti militari. Raimondo fu presumibilmente parente del notaio pubblico Pietro, scriba della governazione generale, segretario del viceré del Parlamento Pérez ed estensore dei verbali di quell’Assemblea, cfr. FLORIS-SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 208; OLIVA, Il consiglio regio cit., p. 223.

316 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 92-92v.

317 Ibidem, ff. 108v-109; reg. 3396, ff. 18v-19. 318 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 115.

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nominando ad vitam Giovanni Guerau, notaio cagliaritano, sul quale riversava totale fiducia per i grandi meriti dimostrati in precedenza e per i servizi fino ad allora prestati alla Corona319.

Giovanni riteneva una grave lacuna la mancanza di questo ufficio nel Regno di Sardegna e Corsica, che rimaneva l’unico tra i regni appartenenti alla Corona d’Aragona ad esserne privo320. La funzione fondamentale di istituire tale carica rispondeva alle pressanti necessità di vigilare sui diritti della Corona spesso violati dagli ufficiali, che esercitavano incarichi patrimoniali e che, quindi, avevano a che fare con il denaro della Corte. Spesso gli ufficiali non assolvevano onestamente i propri compiti e non presentavano come richiesto la documentazione attestante l’operato svolto. Compito di Giovanni Guerau era quello di amministrare la contabilità del regno, ricevere in maniera esaustiva e periodica i resoconti delle funzioni degli ufficiali regi ed esaminarli in modo che le cifre fossero esatte. A conclusione del controllo, il maestro razionale chiudeva il bilancio rilasciando un certificato firmato e accompagnato da una lettera sigillata, che venivano spediti a Corte. In caso di non riscontro doveva effettuare un’indagine più approfondita e accurata e procedere all’inquisizione e alla sanzione della pena contro coloro che sarebbero risultati morosi, nel rispetto del suo potere istruttorio e giudiziario321.

Il 20 novembre 1459, il sovrano chiese al maestro razionale e al procuratore reale di informarlo periodicamente sulla realtà economica del regno, che continuava a essere una fonte preziosa di finanziamenti sotto forma di risorse naturali e di aiuti militari322.

In un memoriale del 3 luglio 1460, Giovanni informò il

319 Sulla figura di Guerau si veda lo studio di M.B. U

RBAN, Joan Guerau, maestro

razionale del Regno di Sardegna e Corsica (1459-1474), in «Medioevo. Saggi e

rassegne» 21, (1997), pp. 146-197; OLIVA-SCHENA, Il Regno di Sardegna tra Spagna e

Italia nel Quattrocento cit., p. 131.

320 Ci fu un solo precedente di questa carica istituzionale nel Regno di Sardegna

e Corsica costituito dalla nomina di Bernat Des Coll per volontà di Pietro il

Cerimonioso, URBAN, Joan Guerau cit., p. 150.

321 U

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maestro razionale della nomina del nuovo viceré del Regno, Nicolò Carroz, che aveva il compito di tenerlo informato su quanto deliberava in materia finanziaria. Ugualmente fece con il procuratore reale che avrebbe dovuto riferire di tutte le regalie spettanti alla Corte regia. Perciò il re consigliò al Guerau di annotarsi periodicamente le informazioni avute dai due ufficiali, così come era solito operare il maestro razionale di Catalogna323.

In un altro memoriale, non datato, si evincono interessanti spunti per ricostruire i principali adempimenti cui il maestro razionale era tenuto a svolgere nel Regno di Sardegna e Corsica: per prima cosa doveva verificare l’ammontare dei debiti contratti dalle città regie o dagli ufficiali nei confronti della Corte regia e recuperare la somma spettante; doveva provvedere affinché le entrate delle merci o degli animali esportati rispondessero a reale prezzo di vendita; doveva ricevere dal viceré il resoconto relativo ai salari degli ufficiali regi324. Il viceré, a sua volta, teneva informato il re sull’operato del maestro razionale, il quale aveva avuto dalla regia Corte il compito «sots certa pena, de dirigir e advocar lo patrimoni real» senza trascurare gli altri suoi compiti; perciò il re ordinò che «servesca lo dit offici en la forma que li és stat comes per lo dit visrey…»325.

Nelle relazioni periodiche che era tenuto a presentare al re, il maestro razionale spesso si lamentava delle problematiche esistenti sia a Castel di Cagliari sia a Alghero a causa dell’assenza del veguer, la cui inoperosità talvolta non garantiva un resoconto corretto del patrimonio regio326.

Una delle esigenze più urgenti per il re era quella di garantire la sicurezza dell’archivio, istituito da Alfonso il Benigno nel 1332 e dichiarato segreto. L’istituto, sottoposto al

322 ACA, Canc. reg. 3397, f. 84v.

323 ACA, Canc. reg. 3396, ff. 120v-122.

324 Nei registri di cancelleria il re ribadisce in più occasioni l’ordine di

osservare le pragmatiche relative ai pagamenti dei salari agli ufficiali al fine di stabilire l’uniformità dei salari stessi e per evitare eventuali vessazioni e ingiurie, cfr. ACA, Canc. reg. 3396, ff. 110-113.

325 ACA, Canc. reg. 3398, ff. 18-18v. 326 Ibidem, ff. 19-23.

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diretto controllo del maestro razionale, era memoria e strumento fondamentale del governo catalano-aragonese e più volte era stato oggetto di manomissioni, che rischiavano di compromettere la sua funzione precipua di conservazione della documentazione comprovante i diritti regi. Già Alfonso il Magnanimo aveva tentato invano di porre rimedio alla dispersione delle carte; ma solo Giovanni capì il pericolo concreto e intervenne da Lerida il 26 novembre 1460, confermando il provvedimento del fratello, secondo il quale nessun abitante di Castel di Cagliari poteva avere accesso nell’archivio senza il permesso del maestro razionale: «fuit ordinatum quo in archivio nostri magisteri rationalis Regni Sardinie quod nonnulla habitatoris Civitatis et Castri Calleri non possit entrare absque licencia magisteri rationalis»327.

I meriti di Giovanni Guerau erano indiscutibili e molte erano le attestazioni di stima per il suo operato sempre retto e preciso tanto che il re l’8 dicembre del 1461 gli offrì l’incarico di reggere anche l’ufficio dell’assessorato del viceré328.

§ 3.3 Il sistema difensivo

Una delle principali incombenze di Giovanni II era quella di tutelare le città, soprattutto quelle costiere situate nel nord dell’isola, da eventuali minacce provenienti dall’esterno. Così per garantire una difesa sicura, Giovanni dispose in un memoriale emanato il 28 marzo 1459 che la custodia delle porte delle città di Castel di Cagliari e Sassari fossero commissionate dal procuratore del regno o dal suo luogotenente a persone di loro fiducia. Decretò, inoltre, che qualsiasi prodotto, ‘roba’ o mercanzia

327 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 85v-86. U

RBAN, Joan Guerau cit., p. 161.

328 ACA, Canc. reg. 3398, ff. 10-10v. La carriera di Guerau fu lunga; la sua

morte, avvenuta nel 1474, segnò contestualmente anche l’abolizione dell’ufficio. Le ragioni che avevano spinto il sovrano ad abrogare tale istituto si spiegano con la situazione di pace scaturita dal periodo di grande difficoltà, determinato dallo stato di belligeranza che aveva investito il Principato di Catalogna sin dagli inizi del suo regno. L’abolizione della carica di maestro razionale ebbe una motivazione anche politica, il re desiderava frenare qualsiasi tentativo di rivendicazione autonomistica e mantenere un saldo controllo centrale della direzione dei regni della Corona, cfr. URBAN, Joan

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entrasse nella città sassarese, per via terrestre o marittima, da qualunque porta, venisse accompagnato da una delle suddette guardie nella dogana della città e lì inventariato dal credenziere e maggiore di porto preposti, per evitare eventuali disordini329.

Un’altra costante preoccupazione che a Giovanni premeva risolvere, una volta divenuto re del Regno di Sardegna e Corsica, era quella di tenere sotto controllo la minaccia turca. Ricorre spesso nei provvedimenti del terzo Trastamara il pensiero riguardante le incursioni musulmane sempre più insistenti nei paesi mediterranei dopo la caduta di Costantinopoli. Nell’ambito della riorganizzazione politico-amministrativa Giovanni provvide al riassestamento del sistema fortificato, fortemente deteriorato a causa della disattenzione che si prestava già da qualche decennio al castelliere sardo, dopo che l’isola era stata conquistata nel 1409 dalle armi catalano-aragonesi e, perciò, la situazione appariva sotto controllo330. Il sovrano dispose che fossero rinforzate le mura e le artiglierie e che fossero garantiti costantemente la relativa manutenzione e il restauro. Provvide, inoltre, alla nuova nomina dei castellani: a Darore, il 10 marzo 1460, nominò Simone Solines a capo dell’ufficio di custode e castellano della torre del Porto Torres per i successivi 3 anni331. Tornato a Saragozza, il 12 marzo 1461, Giovanni informò i consiglieri della città di Sassari dell’avvenuta assegnazione a Giovanni de Puig della carica di castellano, custode e guardiano della torre di Porto Torres332. Il 5 gennaio 1459 confermò, invece, la nomina fatta da parte del fratello Alfonso a favore di Pietro de Ledesina, falconiere maggiore, a capo dell’ufficio della castellania del castello di Bosa333, cui rinuncerà il 15 febbraio

329 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 120-121v.

330 In realtà, nel nord del Regno, nella fattispecie a Alghero e Sassari, vi

erano state avvisaglie anche dopo la battaglia di Sanluri. Solamente il maniero di Monreale aveva cessato agli occhi dei conquistatori la sua ragion d’essere e fu destinato a un lento e inesorabile declino, cfr. SERRELI, La politica

territoriale cit.

331 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 13-14. 332 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 96v-97v. 333 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 93v-94v.

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1459, sostituito nell’incarico da Pietro Nieto334.

Il 28 agosto 1459 Giovanni, avendo ricevuto dal luogotenente del protonotario Giovanni Peyro il memoriale riguardante tutte le informazioni sulle rendite e i diritti regi sul Regno sardo e sulle necessità da sbrigare, informò che tra le altre cose contenute nel detto memoriale vi era anche il riferimento alle castellanie regie della città di Sassari e di Castellaragonese, custodite dal conte di Oliva. Rispose, quindi, al detto capitolo ordinando di pagare a Francesco Gilabert de Centelles, conte d’Oliva, o ai vicecastellani che «en nom de aquell tenen e guarden los dits castell o son procurador…» gli stipendi arretrati dei custodi delle castellanie. Stabilì anche le somme che si dovevano versare sin dall’epoca del sovrano Alfonso e ordinò che i salari o stipendi dei detti castelli fossero pagati nella forma da lui stabilita e in maniera prioritaria, come deciso nelle pragmatiche sanzioni dei re suoi predecessori. Terminò con una raccomandazione: «…no ignorau quant sia necessari que los nostres castells en aqueix Regne sien ben guardats, lo que passarla perill no essen bé pagat lo son o stipendi de aquells…»335. Proseguendo nelle disposizioni in materia di tutela del Regno sardo, da Saragozza, il 26 febbraio 1461, in seguito alle istanze avanzate dal conte di Oliva, «alcayde seu castellani dicti castri», Giovanni ordinò al procuratore regio o al suo luogotenente e al viceré di provvedere ad aumentare le guardie nel castello e nel borgo di Castellaragonese a causa della guerra di mare336. Ancora, il 24 aprile del 1461, il re nominò Pietro Nieto custode del castello di Serravalle di Bosa, informandosi della situazione dei salari per i capitani e gli altri ufficiali che