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R EPERTORIO PROSOPOGRAFICO DELLE FAMIGLIE FEUDALI

I L R EGNO DI S ARDEGNA E C ORSICA ALL ’ ASCESA AL TRONO DI G IOVANNI

5. R EPERTORIO PROSOPOGRAFICO DELLE FAMIGLIE FEUDALI

5, Repertorio prosopografico delle famiglie feudali.

381 ACA, Canc. reg. 3398, ff. 175-175v.

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Gli atti parlamentari costituiscono una preziosa banca dati per lo studio della società sarda e consentono di intrecciare le notizie da qui ricavate con quelle relative a documentazione di altra natura. Alla luce di ciò, abbiamo utilizzato i pochi dati offerti dal mancato Parlamento integrandoli con quelli più numerosi presenti nella cospicua documentazione dei registri di Cancelleria, a loro volta confortati dai dati già editi, per avere un quadro d’insieme più dettagliato sulle famiglie che a vario titolo contribuirono a supportare il re nelle sue attività istituzionali383. A questo proposito A.M. Oliva e O. Schena, lamentando le profonde lacune più volte sottolineate nello studio del tessuto sociale quattrocentesco, hanno ricordato come in passato si sono privilegiati studi di tipo araldico-genealogico o storico-politico, mentre non si è dato spazio a una storia sociale e culturale della nobiltà sarda, ad eccezione di alcuni preziosi lavori prodotti negli anni ’80, quali Anatra, Floris, Serra, a causa anche dell’innegabile limite rappresentato dalle fonti, carenti ma anche poco studiate relative al XV secolo384.

§ 5.1 Gli Angulò

Sebbene non si abbiano notizie sulle origini della famiglia e sul periodo del suo insediamento nell’isola, dobbiamo supporre che Lope de Angulò fosse il personaggio più importante di questa famiglia e di rilievo nel Regno di Sardegna e Corsica durante la

collaborarono a vario titolo con Giovanni sia nella conduzione del governo sia nei momenti di necessità. Di alcune famiglie, invece, i cui membri ricevettero la lettera di convocazione del braccio militare, sono state fornite notizie nel corso del capitolo, per motivi di esposizione e impostazione. L’apparato prosopografico è stato compendiato, in nota, dalle fonti edite e inedite.

383 Ricordiamo le parole di Schena a proposito delle fonti parlamentari: «Nello

scarno panorama delle fonti sarde basso medievali, così povere di documentazione privata e notarile -essenziali per la ricostruzione del tessuto sociale- la documentazione parlamentare del XV secolo costituisce certamente un punto di partenza, per tentare di comporre un organigramma dettagliato di quanti hanno ricoperto incarichi nell’apparato dello Stato», SCHENA, Vicende della famiglia

Carròs cit.

384 Le autrici hanno rimarcato anche l’importanza dell’iniziativa editoriale

degli Acta Curiarum, edizione critica degli atti dei Parlamenti del Regno sardo per la conoscenza della storia della nobiltà sarda, cfr. A.M. OLIVA-O.SCHENA, Il

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metà del XV secolo. Godeva della dignità militare concessa a lui e ai suoi successori dal monarca nell’atto d’infeudazione solenne di Villa di Chiesa in suo favore, nel quale atto viene declamato con il termine miles. L’atto di investitura della città regia, datato Barcellona 16 giugno 1460 e avvenuto di fronte a diversi testimoni, quali Giovanni Comes, Guiglielmo d’Erill e Bernardo Requesens, recitava: «concedimus donacione pura et irrevocabile iuxta morem Ytaliae a Lope de Angulo cum castro eiusdem et cum iuribus, dominis, saltibus, terminis et proprietatibus ipsius et cum hominibus et feminis in eadem civitate et eius terminis et Appendiciis habitantibus et habitaturis…»385. Dieci giorni dopo, l’infeudazione fu resa nota agli altri nobili e alti dignitari dell’isola, tra cui Salvatore d’Arborea, Francesco Navarro, il visconte di Sanluri, il conte di Quirra, Andri de Moncada, il marchese di Oristano, la famiglia Gessa nella persona di Elia, il visconte Ugolino Gessa e il fratello Giovanni, Giuliano Atzeni, Salvatore Scorcom, Giovanni Scorcom, Paolo Massa, Giovanni Corbello, e a tutti gli ufficiali, consiglieri, giurati e probiuomini della città di Villa di Chiesa386. Il 3 agosto 1460 il re ordinò al Lope di recarsi a Villa di Chiesa con il suo procuratore per impossessarsi integralmente e concretamente del suo feudo e di predisporsi a ricevere l’omaggio di vassallaggio e di fedeltà da parte degli abitanti di detta città387.

§ 5.2 I Bertran

Questa famiglia, cagliaritana di adozione ma catalana d’origine, si trasferì nell’isola nel corso del XV secolo per esercitare l’attività commerciale. Divenne presto tra i principali protagonisti della vita finanziaria e mercantile della città poiché si trovò al centro di una fitta rete di operazioni di compravendita di feudi ricavandone molti utili388. Giovanni Bertran,

Regno di Sardegna tra Spagna e Italia nel Quattrocento cit., p. 119.

385 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 15v-18. 386 Ibidem, ff. 22v-23v.

387 Ibidem, ff. 60-60v. 388 F

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l’esponente più rappresentativo della casata, molto vicino al re Alfonso e piuttosto influente, ebbe da Giovanni l’incarico di pensor statere sive pensi regalis, assegnatogli nel rispetto delle ultime volontà del fratello, il quale il 20 maggio 1458 alla vigilia della sua morte decretò perentoriamente l’assegnazione della carica al suo fedele389. Giovanni era perfettamente consapevole di poter contare all’occorrenza sulle sue ricche finanze, tanto che riscattò di lì a poco l’incarico quando il 9 agosto 1460, per «acorrer a nostres necessitat», il re ordinò urgentemente al procuratore regio Francesco Navarro di concedere una lettera di cambio al potente mercante in cambio di duemila e cento lliures callereses, con la promessa di una rapida restituzione per il successivo mese di dicembre390. Il 9 maggio 1461, Giovanni Bertrand acquisì anche la carica di custode e castellano delle incontrade di Marmilla e Monreale391.

§ 5.3 I Besalú

Era una casata feudale catalana trasferitasi nell’isola nel XV secolo, imparentata con un’altra illustre famiglia di ugual origine, quella dei Cardona. Pere fu l’esponente più illustre che alla fine del 1454 acquistò i feudi di Monreale e Marmilla392. Già senescalco di Sicilia, fu nominato sia viceré sia procuratore reale del Regno di Sardegna e Corsica da Alfonso il Magnanimo, e ricoprì anche l’importante carica di segretario e conservatore del patrimonio regio, della quale forse abusò per tutelare i propri interessi e dare il via alla scalata per l’ampliamento dei territori393. Proprio a causa dei continui eccessi, Giovanni il 17

pp. 548-549.

389 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 11v-12. 390 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 63v-64v. 391 Ibidem, ff. 99-100.

392 F

LORIS-SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 193; FLORIS, Feudi e feudatari cit., pp. 549-550.

393 G. S

ERRELI, La politica territoriale dei Carròs: il caso della Marmilla nel XV

secolo, in L’espansione mediterranea della Corona d’Aragona e della Corona di Spagna. Imprese e fortune dei Carròs nel Valenzano e in Sardegna (secoli XIV- XVIII). I Seminario di Studi (Villasor-Mandas, 20-21 aprile 2007), c.d.s.

Durante il suo governo designò Sassari quale luogo di riunione del Parlamento da lui convocato; concesse agli abitanti dell’Ogliastra un’amnistia a seguito della

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aprile 1459 emanò una disposizione nella quale lo multò ed estromise dai suoi possedimenti della baronia di Marmilla e Monreale ordinando la restituzione alla curia regia dei suddetti territori, che il re intendeva riannettere all’interno dell’amministrazione dello Stato sia per ovvie ragioni strategiche sia per le risorse che forniva394; il 10 agosto 1460 Giovanni ordinava al viceré Nicolò Carròs di prendersi cura in luogo del Besalú de «lo comtat de Marmilla e la baronia de Monreal e los lochs encontrades de aquells ensemps ab qualsevol rendes e bens mobles e inmobles del dit mossen Besalú…» insieme al castello di Marmilla che furono confiscati al Besalú395, dando luogo a un contenzioso che i Carròs tentarono di volgere a proprio vantaggio riuscendovi nel 1477 grazie a un’azione militare a opera di Dalmazio Carròs che incluse alla Contea di Quirra il territorio del Monreale e Marmilla396. Pere ricevette la lettera di convocazione del braccio militare per la celebrazione del

sollevazione di questi contro gli ufficiali preposti alla riscossione delle tasse; incentivò la pesca del corallo nel mare di Alghero e la produzione mineraria nell’Iglesiente; procedette all’emanazione di salvacondotti per i commercianti di Sassari e Alghero, al fine di incrementare lo scambio di prodotti all’interno del regno; proibì il porto d’armi ingiustificato e, talvolta, sollevò dall’incaricò gli ufficiali regi rei dai aver commesso abusi e frodi, cfr. CASULA, Di.Sto.Sa. cit., voce ‘Besalú (Bisuldunum), Pietro Giacomo de’, p. 187.

394 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 133-134v. Nel processo di riorganizzazione feudale

dei territori appena conquistati dal Regno di Sardegna e Corsica all’indomani dalla battaglia di Sanluri, l’antica ‘curatoria’ arborense di Marmilla venne in un primo momento mantenuta dalla Corona e incamerata nel patrimonio regio, ad eccezione di alcuni villaggi concessi alla famiglia Dedoni, malgrado questo territorio suscitasse le brame dei esponenti importanti come i Carròs, il marchese di Oristano Leonardo Cubello e il governatore del Capo di Cagliari e Gallura Luigi de Pontós per le risorse che prometteva di produrre e per i redditi che sarebbero derivati agli eventuali feudatari. Ebbe la meglio in questa prima fase il marchese di Oristano, al quale Alfonso il Magnanimo concesse in feudo iuxta morem Italiae, cioè senza diritto di alienazione e trasmissibile solo per linea maschile: la baronia di Monreale, le ‘ville’ di Las Plassas e Barumini, mentre la terza parte della Marmilla venne concessa al nobile catalano Guglielmo de Moncada, viceré di Valenza. Ritornati in possesso del patrimonio regio nel 1454, i feudi di Marmilla e Monreale furono acquistati da Simone Roig, consigliere di Cagliari e luogotenente del viceré, che li rivendette al Besalú nel dicembre dello stesso anno, CASULA, Di.Sto.Sa. cit., voce ‘Besalú (Bisuldunum), Pietro Giacomo de’, p. 187.

395 ACA, Canc. reg. 3397, ff. 64v-65.

396 Solo le ‘ville’ di Las Plassas, Barumini e Villanovafranca rimasero a Pere de

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Parlamento generale del 1461397.

§ 5.4 I Carcassona

Le notizie concernenti questa stirpe, stanziatasi a Alghero ma di origine ebrea, risalgono al XV secolo, ma si sa che i primi esponenti approdarono all’isola già dalla seconda metà del secolo precedente per svolgere attività di tipo commerciale e di prestiti monetari398. Quella dei Carcassona era una famiglia piuttosto possidente, proprietaria di un consistente patrimonio e ingenti mezzi finanziari. Grazie al legame che alcuni membri instaurarono con i catalano-aragonesi, gli esponenti di questa famiglia cominciarono ad assurgere anche a posizioni istituzionali di prestigio, espandendo la loro fortuna a Castel di Cagliari399. Giovanni confermò l’8 luglio del 1460 i privilegi emanati dai suoi predecessori a questa famiglia e successivamente, il 12 luglio del 1467, assegnò la regia patente di trombettiere maggiore a favore di un membro non meglio precisato400.

397 ACA, Canc. reg. 3398, ff. 168-170.

398 Gli ebrei arrivarono in grandi quantità nella città di Alghero dopo il 1354,

quando la città passò nelle mani dei catalano-aragonesi, divenendo una delle più importanti comunità ebraiche dell’isola dopo Castel di Cagliari. Gli ebrei furono attratti non solo dagli sbocchi commerciali che offriva la città del corallo, con la sua posizione strategica e il suo porto al centro del Mediterraneo occidentale, ma anche dai privilegi e dalle esenzioni emanati dal monarca Pietro il Cerimonioso per incentivare il ripopolamento di elementi iberici in terra sarda. Sull’argomento si è scritto tanto, in particolare si rimanda a A. BOSCOLO, Gli ebrei in Sardegna durante la dominazione aragonese da

Alfonso III a Ferdinando il Cattolico, in Fernando el Católico e Italia, Atti del V

Congreso de Historia de Aragón (Zaragoza, 4-11 ottobre 1952), 3 voll., III, Zaragoza 1954, pp. 9-17; G. OLLA REPETTO, Ebrei, Sardi e Aragonesi nella Sardegna tardo

medievale, in «Orientalia Kalaritana. Quaderni dell’Istituto di Studi africani

orientali» 3, (1998), pp. 233-246; C. TASCA, Gli ebrei in Sardegna nel XIV

secolo, Roma 1992; C. TASCA, La natura degli insediamenti ebraici nella Sardegna

basso medievale: la Juharia del Castello di Cagliari, in «Orientalia Kalaritana.

Quaderni dell’Istituto di Studi africani orientali» 3, (1998), pp. 247-264, e agli apparati bibliografici contenuti.

399 L

ODDO CANEPA, Origen del cavallerato cit., p. 300; FLORIS-SERRA, Storia della

nobiltà cit., p. 206. Un tal Zare Carcassona fece un importante credito alla

casa reale nel 1469, cfr. G. SORGIA. Una famiglia di ebrei in Sardegna: I

Carcassona. in «Studi Sardi» 17, 1962, pp. 288-289. Dopo il 1492, con

l’emanazione dell’editto di espulsione degli ebrei dai territori appartenenti alla Corona d’Aragona voluto dai re Cattolici, i Carcassona si convertirono per mantenere intatto il patrimonio di famiglia e la posizione conquistata nel Regno di Sardegna e Corsica nel corso dei decenni.

400 ACA, Canc. reg. 3396, ff. 122v-123v. Nel documento non viene menzionato il

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Ma non sempre i rapporti fra il re e i Carcassona furono idilliaci. In un memoriale redatto a Tortosa il 4 agosto 1466 Giovanni, impegnato a sedare i ribelli catalani, ordinò che si indagasse su presunte frodi e sull’attività di usura operata dall’ebreo Maymo de Carcassona e da sua sorella ai danni di una donna cristiana. In tale occasione il sovrano chiese che fosse fatta chiarezza e che in caso di colpevolezza i due ebrei fossero condannati secondo giustizia401.

§ 5.5 I Cardona

Questa famiglia feudale di origini catalane si dimostrò, insieme alla famiglia dei Carròs, fedele allettata dei sovrani durante le lunghe fasi della conquista del 1323. Furono tra i pochi feudatari a risiedere assiduamente nel regno sardo e, grazie alla tendenza filo monarchica, ebbero importanti ruoli istituzionali e investimenti feudali402. Anche Giovanni proseguì sulla linea dei suoi predecessori con l’elargizione ai Cardona di incentivi feudali; il 13 gennaio 1460 infeudò, infatti, morem Italiae le ‘ville’ di Santa Lucia e Albana «site in Campitano, cum suis iuribus et pertinenciis et aliis omnibus…» a Pietro de Cardona, mercante di Cagliari, a cui chiese il giramento e l’omaggio di fedeltà403.

§ 5.6 I Centelles

Il 4 agosto 1458 Giovanni rinnovò a Francesco Gilaberto de Centelles, già camerario di Sicilia, la castellania dei castelli di Sassari e Castellaragonese, ordinandogli di provvedere al mantenimento, alle spese e al pagamento dei salari stabiliti e spettanti agli uomini addetti alla custodia con il salario

401 ACA, Canc. reg., 3399, ff. 150-152v. 402 F

LORIS-SERRA, Storia della nobiltà cit., pp. 207-208; FLORIS, Feudi e feudatari cit., p. 558.

403 ACA, Canc. reg. 3396, ff. 101-102. Di questo personaggio non si sa nulla. Fu

probabilmente imparentato con Eleonora de Cardona, andata in sposa nel 1451 a Antonio Cubello e morta, senza eredi, nel 1455, si veda CASULA, Di.Sto.Sa. cit., voce ‘Cardona, Eleonora de’, p. 324.

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stabilito e loro spettante404.

I Centelles erano originari del Regno di Valenza e si trasferirono i primi anni del XV secolo nel regno sardo per prestare aiuto a Martino il Giovane nella sua spedizione a Sanluri. Francesco Gilabert, uomo politico di rilievo, era il feudatario più potente del Capo di Logudoro e prese parte alle guerre italiane di Alfonso il Magnanimo, che gli concesse in feudo, in segno di gratitudine, l’incontrada di Ampurias e il titolo onorifico di conte di Oliva405.

Giovanni lo annovera tra i più fedeli magnati e milites che prestarono giuramento di fedeltà al re nel 29 novembre 1458406. Diede il più importante contributo al frazionamento delle giurisdizioni liberandosi per motivi finanziari di una buona parte delle ‘ville’ in origine annesse alla baronia di Osilo e, seppure per breve tempo, della stessa baronia nelle mani fidate dei Cano, senza, peraltro, perdere la preminenza territoriale, incentrata sulle incontrade di Anglona e Monteacuto e sui castelli di Osilo e Doria407. Fu protagonista di una delle più estenuanti e feroci insorgenze di vassalli, che probabilmente rimpiangevano i vecchi signori genovesi Doria. Il 24 novembre 1458, Giovanni, avendo saputo che alcuni sudditi della Baronia di Monteacuto e di Anglona avrebbero «fetes certes conjuracions, comocions e inobedientes contra los procuradors e officials del spectable magnífich e amat conseller nostre don Francesch Gilabert de Centelles, comte de Oliva, camarlench del Regne de Sicília, senyor de la dita encontrada…» con l’intenzione di ridursi all’obbedienza regia, li ammonì severamente e ordinò loro che, se avessero perseverato nel loro atteggiamento violento «reportaren contigue castich e punició

404 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 9-10v; reg. 3396, ff. 97v-98v; ASC, AAR, BD14, f.

14v. Molti furono i provvedimenti presi in favore delle ristrutturazioni dei castelli sardi o della manutenzione, si veda Ivi, cap. 3, § 3.3.

405 F

LORIS-SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 216; AA.VV. Genealogie medievali di

Sardegna, a cura di L.L. BROOK-F.C. CASULA-M.M. COSTA-A.M. OLIVA-R. PAVONI-M. TANGHERONI, Sassari 1984, Tav. XXXIII, p. 396.

406 ACA, CDR, Papeles varios, n. 3. 407 A

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per manera que sera castich a vosaltres e a altres exemple»408. Informò, inoltre, i veguers, i consiglieri e probiuomini di Castel di Cagliari e quelli di Alghero, il potestà, i consiglieri di Sassari e di Bosa che «no és intenció nostra tollerar tals insults inobedients e rebellions ne acceptar vassals alguns del dit comte com de altre qualsevol baró de aqueix ne altres regnes nostres qui per semblants e tant indignes e inonestes vies se vullen reduir a la dita nostra Corona real»409. Comunicò i fatti al viceré del Regno di Sardegna e Corsica dell’epoca, Giovanni de Flos, ordinandogli che «vullats donar orde que los dits vassals, als quals nós sobre açó scrivim, se recuesquen a la fidelitat e obediència del dit comte, stant a tota ordenació de aquells e de sos procuradors e officials e que li respongue de les rendes e emoluments que ans de les dites inobedienties e comocions…»410.

In seguito a questa sollecitazione tra il 4 e il 6 dicembre 1458 il sovrano rese noto al marchese di Oristano e conte di Goceano, Antonio d’Arborea, lo stato belligerante in cui versava buona parte del Logudoro e, in virtù della fedeltà dimostrata dal conte di Oliva e dai suoi predecessori nei confronti del fratello e del padre, gli chiese di aiutarlo affinché i vassalli si fossero convertiti all’obbedienza del conte. Inviò, inoltre, nel Regno di Sardegna e Corsica per sedare i focolai di guerriglia il consigliere Giovanni Torrellas411.

Vennero inoltrate ad altri feudatari e uomini di fiducia del re, quali Salvatore d’Arborea, fratello del marchese, Giacomo

408 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 57v. 409 Ibidem, ff. 60-61.

410 Ibidem, ff. 61-62.

411 Si suppone che sia uno dei capostipiti della famiglia di Santander che mise

radici nell’isola durante la seconda metà del secolo accumulando numerose ricchezze con l’esercizio della medicina. Floris individua un certo Ausias capostipite della famiglia in Sardegna trapiantato a partire dal 1494, quando divenne signore di Capoterra, cfr. FLORIS, Feudi e feudatari cit., p. 339; FLORIS- SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 625. Peraltro, era già presente nel Regno sardo il ‘domicello’ Francesco Torrellas, uno degli uomini del conte d’Oliva, che ricevette, in seguito alle suppliche ricevute da alcuni familiari e soprattutto dal conte stesso, la sicurezza di tutela e protezione «en nostra bona fe e paraula real» dalle accuse e denunce ingiuste che gli furono attribuite sulla morte di un cittadino sassarese di nome Antonello de Cony, cfr. ACA, Canc. reg. 3395, ff. 67-68v.

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d’Aragall, luogotenente del governatore del capo di Cagliari e Gallura, Angelo Marongio, capitano della città di Sassari, il conte di Quirra, l’arcivescovo di Sassari, il visconte di Sanluri, Giovanni de Sena, il fratello Pietro de Sena, Antonio Gambella, Serafino de Muntanyans, a Mariano Roig e a Raimondo Çatrilla alcune lettere con l’istanza di recare sostegno economico e materiale al Centelles per la sollevazione scoppiata all’interno dei territori di sua giurisdizione412.

Il 24 dicembre, Giovanni rese noto in via ufficiale ai fedeli jurats e probiuomini della baronia di Anglona e di Monteacuto, all’arcivescovo di Sassari, al vescovo di Bisarcio, alla contessa di Quirra, Violante Carròs, ad Antonio d’Arborea marchese di Oristano, al procuratore regio Francesco Navarro, a Salvatore d’Arborea, al visconte di Sanluri Antonio de Sena, a Pietro de Sena, a Giovanni de Sena, a Giacomo d’Aragall, luogotenente del governatore del Regno di Sardegna e Corsica nel capo di Cagliari e Gallura, a Serafino Muntanyans, a Ramon Çatrillas, a Antonio Gambella, a Angelo de Marongio, agli eredi di Ferreras, a Simone Roig, ai veguers e ai consiglieri regi della villa di Alghero, al podestà, ai consiglieri e ai probiuomini delle città di Castel di Cagliari e di Sassari, di aver dato precise istruzioni a Joan Peyro, luogotenente del protonotario del re, sui provvedimenti e ordini da prendere, affinché riconducesse i ribelli della suddetta baronia «que·ns són stades molestes» alla giusta obbedienza del conte e dei suoi ufficiali, applicando se necessario le giuste punizioni contro coloro che si fossero rifiutati di assoggettarsi413. Rimasta disattesa la via diplomatica, nel marzo dell’anno successivo il sovrano autorizzò il conte di Oliva, che si trovava in quel frangente al suo cospetto, di partire con una galera che sarebbe stata rifornita di pane e vettovaglie nell’isola dal procuratore regio Francesco Navarro, per sedare le ribellioni414. Ma la galera venne bloccata e

412 Ibidem, ff. 62v-65v.

413 Ibidem, ff. 109-110v; reg. 3396, ff. 31-32. 414 ACA, Canc. reg. 3395, ff. 114v-115.

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sequestrata all’altezza del porto di Calou da Miguel Biu e il 28