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I PERSONAGGI DEGLI ENTREMESES NELLA SOCIETÀ

4.6 El mundo del hampa

Come succede in ogni società, anche la Spagna dei Secoli d’Oro si pose come campo d’attività proficuo per una classe sociale marginale che viene convenzionalmente chiamata mundo del hampa o germanía, come ci chiariscono gli studi di Moreno-Mazzoli e di Alonso Hernández che prenderemo a riferimento per questa parte. La rovina dell’agricoltura, la moltitudine di migranti, la

58 crescita economica e urbanistica delle città, le trasformazioni sociali ed etiche, infatti, comportarono allo stesso tempo lo sviluppo di un contingente di vagabondi, mendicanti, zingari, musici ambulanti (questi frequentissimi negli entremeses e presenti in tutti quelli di Cervantes col compito di chiudere l’operetta con canzoni ironicamente allegre), ma anche e ancor peggio, di ladri, trafficanti, banditi, malfattori e ogni sorta di delinquenti. Questa realtà venne riccamente trattata in letteratura e, talvolta, resa in caricatura, sempre mantenendo il principio aristotelico secondo cui lo storico si differenzia dal poeta per dire uno quello che succedeva realmente e l’altro quello che sarebbe potuto succedere per verosimiglianza e necessità, cioè ricalcando piuttosto fedelmente quella che era l’effettiva società:

Más allá del propósito artístico de sus creadores, el entorno histórico y social que asoma en estas obras, tanto en la prosa como en la poesía, corre paralelo a situaciones jurídicas, económicas y sociales prevalentes en la sociedad donde se las dio a luz66.

Questi tipi marginali appartenevano a differenti strati sociali e si potevano incontrare in tutte le città spagnole più importanti soprattutto del meridione, nelle strade e nei quartieri malfamati di Sevilla, Malaga, Granada, Cordova, Cadice, Cartagena, Alicante e Valencia; avevano un codice di onore e una struttura interna, per cui si poteva entrare a farne parte solo se si era già stati condannati o arrestati o puniti pubblicamente secondo il codice

66 Moreno-Mazzoli, E. (2000): «Mundo del hampa y su tratamiento en la literatura del Siglo de Oro». Actas del XIII Congreso de la Asociación

Internacional de Hispanistas, Madrid 6-11 de julio de 1998 / coord. por

59 penale e le giurisdizioni dell’epoca; si servivano di complici e aiutanti, spesso specialisti nel rubare e nell’uso del pugnale, oppure di spie, alcahuetas e ragazzini furfanti, oppure addirittura di chierici e rappresentanti della giustizia corrotti, come gli alguaciles, largamente ricompensati; agivano per conto proprio o per conto altrui: solitamente la clientela, ricca e di rango sociale elevato, richiedeva certi servizi, che fossero omicidi o allarmanti avvertimenti, per entrare in possesso dell’eredità prima del previsto, per vendicare offese d’onore, per eliminare i rivali in amore, per combinare incontri e far cadere ai propri piedi un innamorato; il centro operativo comune erano i bordelli, luogo in cui si riunivano i più infimi strati della società presieduti da prostitute e alcahuetas che conoscevano molto bene l’arte del raggiro e le proprie vittime; si contraddistinguevano, inoltre, per valersi di un gergo particolare, el lenguaje de germanía, con espressioni miste tra arcaismi e prestiti da altre lingue, che vedremo nello specifico nel prossimo capitolo.

Una categoria facente parte di questa realtà è quella dei ladri e dei relativi aiutanti, che però Cervantes non utilizza come personaggi degli Entremeses. Conviene, comunque, riferirne i tratti primari per fare un quadro chiaro di questa parte della società.

Del gruppo degli emarginati, questi delinquenti sono i più ordinati in quanto a specializzazioni. In base al luogo in cui effettuano le rapine, distinguiamo quelli urbani (lobos de garo), quelli campestri (lobos de verdón) e quelli di chiesa (juaneros). In riferimento a ciò che rubano, troviamo i ladri di ratas o cicatero, cioè i borseggiatori; il cachuchero, ladro di gioielli e oro; il capeador o redero, ladro di tele e vestiti che arrivava pure a spogliare completamente una persona; i ladri di animali, furto molto comune all’epoca, si chiamavano cuatrero, lobatón,

60 gruñidor o gomarrero rispettivamente per le ruberie di cavalli, pecore, maiali e galline. Altri appellativi tipici e metaforici erano lagarto per indicare quello che cambiava spesso abito per non farsi riconoscere, e murciélago per riferirsi a quello che usciva di notte; l’onomastica tratta dal mondo animale e vegetale è un tratto tipico, come capiremo meglio con i soprannomi dei prossimi personaggi.

4.6.1 Alcahuetas

Tra i soggetti del mondo hampesco che intervengono negli Entremeses, uno l’abbiamo già accennato con la figura di Ortigosa nel ruolo di alcahueta nell’entremés del viejo celoso: nel momento in cui si insinua in casa della coppia di coniugi con la scusa di vendere un guadamecí, confondendo il marito e aiutando l’amante nascosto a entrare, torna alla mente la scena dell’alcahueta per antonomasia, la Celestina di Fernando de Rojas, che con la stessa scusa di vendere un hilado, si avvicina a Melibea per convincerla a cadere tra le braccia di Calisto.

La parte di intermediaria amorosa in una situazione complicata è l’aspetto più sviluppato nella trattazione letteraria di questo personaggio, unito all’abilità e alla scaltrezza nel modo di agire e parlare, ma Cervantes nel complesso delle sue opere non ha delineato effettivamente un personaggio preciso e simile all’alcahueta tradizionale, che aveva, in realtà, numerose altre occupazioni.

Alonso Hernández, nel suo studio sui “tipos marginales”67, pone l’alcahueta sia in un primo paragrafo a sé stante, sia in un

67 Alonso Hernández, J. L. (1996): «Tipos marginales de la Edad Media al Barroco en España». Cuadernos del CEMYR, núm. 4, p. 54.

61 paragrafo successivo dedicato ai mendicanti, ricordandoci che uno dei primi nomi per indicare questo personaggio era trotaconventos, cioè colei che, povera, viveva di carità pubblica e prestava servizi di convento in convento sotto le spoglie di fervente religiosa redenta e mistica. Inoltre condivideva le attività, appunto, con un altro genere di mendicante, il cieco. Questo, infatti, oltre a essere accompagnato a un lazarillo68 (come ci

ricorda la storia del Lazarillo de Tormes), era solito recitare orazioni e formule scongiuranti, curare malattie, aiutare le partorienti, assistere ad aborti, riconciliare due amanti, ecc., occupazioni tipiche anche dell’alcahueta che, in più, gestiva bordelli e prostitute, “restaurava” la verginità, conosceva le erbe con cui creava pozioni e unguenti, collaborava con ruffiani ma attuava sempre per proprio interesse e profitto personale, caratteristiche che sostanzialmente la differenziano dalla presunta alcahueta Ortigosa che, nel testo, non dimostra di avere secondi fini o attività se non quello di aiutare Lorenza.

4.6.2 Prostitutas

Le prostitute sono un’altra categoria da includere nel mundo del hampa. Si distinguono con quasi trecento appellativi diversi, come specifica il già citato Alonso Hernández69, in base alle relazioni di dipendenza che intraprendono con i rufianes, ai luoghi in cui svolgono la loro attività, ai fini economici che ne traevano o, addirittura, in base al modo di vestire. La prima macro-distinzione può essere fatta tra prostitute «que van por libre» e prostitute di

68 Diccionario de Autoridades, RAE, Gredos, Madrid, vol. 2, p. 372,

s.v.:“lazarillo: el muchacho que guía y dirige el ciego. Llámase también Lázaro,

y se tomó el nombre del célebre Lazarillo de Tormes”. 69 Alonso Hernández, J. L.: «Tipos marginales». Cit., p. 43.

62 postribolo. Quest’ultime non appaiono negli ocho entremeses, ma conviene comunque caratterizzarle: sono principalmente donne di mestiere, chiuse in una casa posta lontana dalle città a cui si accedeva tramite una sola porta controllata da un guardiano, e che venivano appellate con termini tipo “tributaria” o “censuaria” se versavano parte del guadagno al proprio ruffiano, “mujercilla” se avevano una rendita piuttosto bassa e una clientela fatta di ragazzini, “luminaria” quelle belle e luminose che si facevano intravedere dalla porta, “sellenca” quelle che stavano sedute e canticchiavano per attirare i clienti (anche per questo chiamate cisne), “ramera” quelle che contrassegnavano la portano con un mazzolino di fiori, ecc. Questi sono solo alcuni dei molteplici nomi attribuiti loro, ma possiamo specificare che, indicando per la maggior parte il grado di professionalità e di lucro, sono tratti dal linguaggio tecnico della germanía.

Le prostitute “libere”, invece, ricevevano molti più appellativi giocosi che ne distinguevano le caratteristiche: quelle la cui clientela era formata da soldati venivano chiamate “moza de soldado”, “piquera”, “cortesana”; da uomini di chiesa, “devota”, “mula del diablo”; quelle dipendenti da un marito consenziente, “mujer de condición al uso”; quelle protette da una alcahueta, con cui stringevano una finta relazione di stampo familiare, si chiamavano vicendevolmente tía, madrina o prima; c’erano poi le desempeñadas, quelle che non dipendevano da nessuno, o quelle di bassa categoria con numerosissimi appellativi insultanti e degradanti (abadejo, gusarapa, badea, apretada, borrachera, zorra, ecc.), e anche le donne dai facili costumi che talvolta non si prostituivano in modo professionale (la rabicaliente, la cendolilla, le saltabardales, …), e, infine, le più comuni busconas, quelle che si guadagnavano la vita cercando clienti da una parte all’altra per le strade (per questo chiamate trotonas, andorreras, aventureras,

63 o cantoneras se stavano appostate su un angolo, o tapadas quando uscivano di notte coperte da un mantello), avide soltanto di guadagno (la pedidora, demandadora, tomajona, niña mendicante, …). In queste possiamo riconoscere Cristina e Brígida dell’entremés del vizcaíno fingido, nel dialogo in cui discutono delle nuove giurisdizioni sulle prostitute da cui trapela la loro condizione: abituate a salire sulle auto dei vari clienti come delle vere cortigiane a mostrare la loro vanagloria, ora sono costrette ad andare a viso scoperto per le strade come delle busconas callejeras:

¡Ay, Cristina! ¡No me digas eso! ¡Qué linda cosa era ir sentada en la popa de un coche, llenándola de parte a parte, dando rostro a quien y como y cuando queria! Y en Dios y en mi ánima te digo, que cuando alguna vez me le prestaban, y me vía sentada en él con aquella autoridad, que me desvanecía tanto, que creía bien y verdaderamente que era mujer principal, y que más de cuatro señoras de título pudieran ser mis criadas70.

La Pizpita, la Repulida e la Mostrenca, invece, dai nomi già molto eloquenti ed espressivi (significano, rispettivamente, “uccellino”, “ripulita” e “proprietà non riscossa”) sono prostitute di più basso livello che cercano la dipendenza e la protezione di un ruffiano, in questo caso Trampagos, rimasto vedovo della sua tributaria Pericona (una maricona al contrario, dice Molho71). In un alterco di termini e insulti tratti dalla germanía, le donne

70 Cervantes, M.: Entremeses. Ed. cit., pp. 206-207.

64 cercano ognuna di far valere il loro infimo status finché alla fine, dopo la scelta, non si rivolgono in modo critico e sarcastico anche verso il precedente desiderato protettore, a sottolineare il loro vero unico avido interesse.

4.6.3 Rufianes

I rufianes rappresentano il nucleo centrale di questo mondo. Si caratterizzano per far parte di una congrega di malviventi in cui si parla un linguaggio speciale comprensibile solo a quelli del mestiere, che serviva per svolgere le attività criminali senza incorrere in problemi con la giustizia; si vestivano con un abbigliamento che è diventato topico: una specie di armatura fatta da una cotta di maglia e un farsetto di cuoio per difendersi da eventuali colpi, un largo cappello calato sugli occhi per occultare lo sguardo, portavano dei grandi baffi e tenevano la mano pronta sulla spada attaccata alla cintura; a differenza degli altri delinquenti e valentones, si distinguevano, come possiamo già aver compreso, per avere delle prostitute a proprio seguito che lavoravano per loro.

La carriera di questi personaggi passava per varie fasi ed era ben strutturata e gerarchizzata: da piccoli assumevano il nome di chulo, chulamo o chulillo e servivano come aiutanti, come corrieri tra le prostitute e il ruffiano o come compagnia e guardia per le putas quando non erano in servizio. Crescendo, diventavano jorgolín e iniziavano ad accompagnare i rufianes nelle loro scorrerie facendo da palo, poi verso i quindici anni imparavano a usare il coltello e a rubare, cambiando il nome in mandil o trainel; dopo questa fase, si specializzavano sempre di più nell’arte del

65 raggiro, dei furti e nell’uso della spada, fino al culmine della loro carriera per cui riceveranno l’appellativo di rufián.

Molho ci chiarisce che la figura del ruffiano è tipica del genere entremesil; come già sappiamo, Cervantes ci costruisce intorno tutto un intermezzo riportando le stesse caratteristiche di cui abbiamo appena parlato: ne El rufián viudo, infatti, il rufián Trampagos (“el de la trampa”) è circondato dal servetto Vademécum (“ven conmigo”), probabilmente nella fase di jorgolín o di mandil dato che lo accompagna portandogli le tipiche spade e lo scudo; appaiono, poi, altri due rufianes che lavorano per lui, Chiquiznaque e Juan Carlos, e le tre prostitute di cui abbiamo trattato poco fa, che gli si rivolgono con appellativi e termini propri del lenguaje de germanía.

La trama è conosciuta, basta solo ribadire nuovamente il principale interesse di questi “tipi” che si dimostra con il lamento del rufián rivolto non alle sofferenze d’amore per la morte della sua donna, ma piuttosto perché da questa ricavava il suo profitto. La situazione è presto ristabilita: lo stato di vedovanza, infatti, non è concepito per un rufián dato che può disporre di tutte le putas della città, per cui l’iniziale tristezza viene subito rimpiazzata con la presentazione delle tre pretendenti prostitute a cui segue un immediato matrimonio sancito dal felice intervento di Escarramán, il famoso rey hampesco, liberato da una prigionia e pronto a festeggiare e a farsi festeggiare con musiche e canti dai gitani e dagli altri rufianes, al suono del ritornello “¡Viva, viva Escarramán!”. Il ballo finale racchiude il senso d’allegria sia di questo intermezzo, che del genere, che dei personaggi del mondo della hampa in sé per sé, come se si ponesse allo stesso tempo un omaggio al rinnovamento della vita e della letteratura.

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Capitolo 5

LA LINGUA DEGLI ENTREMESES CERVANTINI

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