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Gli elementi-tipo della separazione

Capitolo I- Dal “too big to fail” alla“likehood to fail” Dalla liquidazione alla risoluzione I Fondi d

5. Gli elementi-tipo della separazione

L’analisi sinora effettuata delle varie figure di patrimoni, che il legislatore in maniera atecnica e imprecisa qualifica talvolta come “autonomi”, talaltra come “separati”, altre ancora come “destinati”, ci consente, al di là del nomen iuris utilizzato, di individuare gli elementi “sintomatici” in presenza dei quali si può asserire la sussistenza di un fenomeno separativo. È d’uopo preliminarmente avvertire che l’individuazione di questi elementi deve intendersi come flessibile, nel senso che la loro intensità può variare da caso a caso, con la conseguenza che ben potranno darsi casi in cui ci si trovi dinanzi a un patrimonio che presenti sì tali elementi tipici, ma che questi assumano una configurazione che è diversa da quella che caratterizza altre figure di patrimoni separati. Detto altrimenti, l’assenza di una disciplina generale sulla separazione patrimoniale comporta che gli elementi-tipo che si individuano si configurino come elementi elastici, che variano- di caso in caso- sia i contorni che l’ intensità.

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È evidente che il primo elemento che risalta è quello della limitazione della responsabilità patrimoniale, con conseguente deroga, come visto, al principio dell’indivisibilità del patrimonio ex art. 2740 C.c. Come correttamente notato 251, il fatto che tale limitazione assuma diverse graduazioni e configurazioni nell’ambito delle varie figure non è elemento tale da “spezzare l’unità sistematica” del genus “separazione patrimoniale”. La limitazione della responsabilità può, come visto, essere unilaterale o bilaterale; ma ciò che invariabilmente sussiste è l’impressione di una certa destinazione a una specifica massa patrimoniale che viene a “separarsi” dal restante patrimonio di un soggetto e la quale cessa dunque di assolvere alla funzione di garanzia generale ex art. 2740 C.c. per essere riservata a garanzia dei creditori- “particolari” (o, se si preferisce, riservatari)- il cui titolo si fondi su obbligazioni contratte in stretta correlazione con la destinazione conferita al patrimonio separato. Ed invero questa limitazione- sebbene in diverse forme- si rinviene nelle figure analizzate. Il fondo patrimoniale (cfr. par. 4) ex art. 170 C.c. non risponde –salve le eccezioni viste- se non per le obbligazioni contratte per il raggiungimento dello scopo (i.e. il soddisfacimento di bisogni della famiglia); così sui patrimoni destinati a uno specifico affare ex artt. 2447-bis e sgg. C.c. (cfr. par. 4.1)

i creditori generali della S.p.a. non potranno far valere nessun diritto; lo stesso accade per i finanziamenti destinati di cui all’art. 2447-decies C.c. (cfr. par. 4.1.1.), nella misura in cui sui proventi dell’affare non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali; lo stesso dicasi per gli atti di destinazione di cui all’art. 2645-ter C.c. (cfr. par. 4.2), posto che i beni destinati possono essere oggetto di esecuzione solo e unicamente con riferimento a debiti che siano stati contratti per il raggiungimento dello scopo di destinazione. Non dissimile è la situazione della cartolarizzazione dei crediti (cfr. par. 4.3), ove, come visto, i crediti oggetto di cartolarizzazione (il “patrimonio separato”) possono essere aggrediti unicamente dai soggetti portatori dei titoli; così come i fondi pensione (cfr. par. 4.4) non possono essere aggrediti da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro e i fondi comuni d’investimento (cfr. par. 4.5) non sono aggredibili dai creditori della Sgr o da

251 BIANCA M.,“Vincoli di destinazione e patrimoni separati” cit., pag. 178. L’autrice individua nella “divaricazione sostanziale tra destinazione del patrimonio e limitazione della responsabilità” un fondamentale discrimen contenutistico tra il patrimonio di destinazione e quello separato, rilevando ulteriormente che, mentre la destinazione ex se può incidere sui poteri di disposizione di soggetti diversi rispetto al titolare, la formula della separazione presuppone “uno stesso titolare del patrimonio generale e della massa patrimoniale separata”. BIANCA M,op.cit., pagg. 189 e sgg.

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quelli dei singoli partecipanti 252. Così, infine, nei casi dei contratti di rete in cui vi sia un fondo patrimoniale comune (cfr. par. 4.6) i creditori delle imprese partecipanti alla rete, in forza del rinvio all’art. 2614 C.c. in materia di consorzi, non potranno far valere i loro diritti sul fondo medesimo. È dunque evidente che la limitazione della responsabilità, nei termini precisati, è il vero e proprio leitmotiv della separazione, costituendo il fulcro dei fenomeni separativi.

Un altro elemento ricorrente, che può dunque ben assurgere a indice sintomatico della separazione, è quello della indisponibilità del patrimonio separato. Questo carattere impone però una precisazione: indisponibilità non significa inalienabilità, potendosi avere ipotesi in cui i beni del patrimonio separato sono-seppur a certe condizioni - alienabili 253. Ciò induce dunque a trattare il profilo dell’indisponibilità in maniera decisamente cauta, non procedendo ad assolutizzazioni dello stesso che non troverebbero un riscontro nelle realtà legislative. Per riprendere una distinzione tradizionale è dunque conveniente operare un distinguo tra “gestioni conservative” in cui l’indisponibilità assume il carattere- più “estremo”- dell’inalienabilità, avendo queste gestioni lo scopo di preservare il patrimonio separato e “gestioni dinamiche”, più proprie delle attività d’investimento le quali ontologicamente rifuggono dall’idea di “conservazione”: in questi ultimi casi, non essendo evidentemente possibile imporre un vincolo di inalienabilità, vengono però posti dei presidi a tutela della destinazione data ai beni 254. Non importa qui scendere nel dettaglio; ciò che importa è che sia chiaro che quello che si è convenuto di chiamare “indisponibilità” può assumere diverse forme nei diversi casi. Ciò in cui però questo elemento certamente si concreta è una chiara limitazione al potere di disposizione dei beni oggetto di separazione: una limitazione a quel pieno potere di godere e disporre dei beni tipico della proprietà. L’impressione della destinazione e la riserva del patrimonio separato ai creditori particolari richiedono delle deroghe – più o meno penetranti - ai tipici poteri di disposizione: il tutto è funzionale al mantenimento della destinazione e della garanzia dei creditori riservatari. Ciò si rinviene in tutte le ipotesi analizzate, ove più o meno intensamente sono previste

252 È fatta salva, in quest’ultimo caso, la possibilità di aggredire le singole quote di partecipazione; ciò che però non inficia la limitazione di responsabilità di cui i fondi comuni di investimento sono depositari.

253 Cfr. sul punto BIANCA M.,op. cit., pag. 198.

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limitazioni al potere di disporre dei beni oggetto di separazione (senza ritornarci, e rinviando all’analisi delle singole figure, si pensi, a titolo di esempio, al fondo patrimoniale dove l’alienazione, l’ipoteca, la dazione in pegno o la sottoposizione a vincolo dei beni del fondo sono precluse se non vi sia il consenso di entrambi i coniugi e, in caso di figli minori, l’autorizzazione del giudice; o ai fondi comuni di investimento, con riferimento ai quali si prevedono “limiti all’utilizzo dei beni detenuti dalla Sgr 255” tra cui, anzitutto, il divieto di utilizzare i beni di pertinenza del fondo nell’interesse della Sgr o di terzi 256).

Il terzo carattere comune riguarda l’amministrazione. Anche questo elemento può assumere forme e intensità variabili, ma ciò che è innegabile è la presenza di “specifiche regole di amministrazione dei beni separati 257 ”. L’apposizione di regole inerenti all’amministrazione è evidentemente funzionale

alla non distrazione dei beni dalla loro destinazione e, dunque, al mantenimento della loro separazione: basti pensare, senza pretesa di esaustività, al caso dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, ove vengono imposti alla società specifici obblighi nell’ambito dell’amministrazione degli stessi (l’obbligo di menzione del vincolo di destinazione ex art. 2447- quinquies, comma 4; l’obbligo di cui all’art. 2447-septies di indicare distintamente nello stato patrimoniale del bilancio della società i beni del patrimonio destinato; o, ancora, l’obbligo di redigere, per ogni patrimonio destinato, un rendiconto separato). Si pensi, ancora, al caso del fondo patrimoniale, in cui l’art. 168, comma 3, rinvia, in materia di amministrazione, alle previsioni in materia di comunione.

È dunque evidente che gli elementi sintomatici della separazione patrimoniale- sebbene, come ampiamente rilevato, si manifestino diversamente e con varia intensità nelle diverse ipotesi- sono la limitazione della responsabilità, l’indisponibilità dei beni oggetto di separazione e l’apposizione di regole sull’amministrazione.

Sembra asseribile che, nonostante l’indubbia rilevanza di tutti gli indici della separazione, quello della limitazione della responsabilità assuma un rilievo preminente, sostanziandosi in ciò la vera e propria deroga al regime ordinario di responsabilità di cui all’art. 2740 C.c., tipico effetto del

255 Vedi sul punto PETRONZIO C.,“I patrimoni distinti nel diritto del mercato finanziario”, in “I contratti del mercato finanziario” cit.

256 Cfr. art. 36, comma 4, TUF. 257 BIANCA M., op. cit., pag. 204.

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fenomeno separativo: la sottrazione del patrimonio separato all’esecuzione dei creditori generali e, conseguentemente, la riserva dell’azione esecutiva su di esso ai soli creditori il cui titolo trovi fondamento nella specifica destinazione impressa al patrimonio.