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Mesocestoides spp. è il genere dominante. La prevalenza trovata in questo studio, 92.5%, è nettamente più elevata di quelle pubblicate in letteratura in altri studi in Italia (Toscana: 45.4% Magi et al. 2009; 37% Capelli et al. 2003. Nord Italia: 27.7% Di Cerbo et al. 2008; 4.9% Manfredi et al. 2003; 7.1-21.5% Iori et al 1990. Sardegna: 60% Leoni et al.1986). I rettili, gli anfibi, gli uccelli e i piccoli mammiferi sono ospiti intermedi noti. Tutti questi vertebrati costituiscono prede potenziali della volpe. L'elevata prevalenza riscontrata fa ipotizzare una componente predatoria importante nella dieta delle volpi esaminate. L'intensità media dell'infestione è 44.2, in accordo con quanto riportato da Guberti e Poglayen 1991 (44.18), maggiore rispetto a Capelli et al. 2003 (24.6 in provincia di Pisa), Di Cerbo et al. 2008b (23.28). Mesocestoides spp. può infestare il cane, anche se le segnalazioni sono rare; da segnalare inoltre un caso umano, riportato in letteratura, occorso in un bambino in America (Gleason et al. 1973, citato da Willingham et al. 1996).

Uncinaria stenocephala è una delle specie elmintiche di più frequente riscontro nella volpe rossa in tutta Europa (vedi Cap. 4). Le prevalenze pubblicate nei diversi studi epidemiologici variano ampiamente (Vervaeke et al. 2005 e referenze incluse). La prevalenza di 72.5%, riscontrata nelle volpi esaminate si allinea ai risultati di Poli et al. 1994, in provincia di Pisa (75.8%) e di Capelli et al. 2003 in provincia di Vicenza (74%). Sono state segnalate prevalenze ancora più elevate: 91.76% (Leoni et al. 1986, Sardegna). La trasmissione del parassita è legata alla contaminazione ambientale da parte delle uova (vedi Cap. 5). L'utilizzo della defecazione da parte delle volpi come segnale per la marcatura territoriale può favorire la dispersione delle uova nell'ambiente e costituire una fonte di contagio diretto per gli ospiti recettivi, tra cui il cane. Per quanto riguarda U. stenocephala, è stata dimostrata sperimentalmente la possibilità che questo elminta causi lesioni cutanee nell’uomo, ma non sono riportate infezioni naturali (Taylor et al. 2007).

La prevalenza di Toxascaris leonina riscontrata è del 40%, assai più elevata rispetto alla maggior parte dei dati riportati in letteratura (5.4% Magi et al. 2009; 1% Capelli et al. 2003; 1,6% Iori et al. 1990). Le segnalazioni di T. leonina in popolazioni di Vulpes vulpes in Italia sono decisamente meno frequenti rispetto a quelle di Toxocara canis (vedi Cap. 3). E' stato ipotizzato che la trasmissione di T. leonina sia legata all'ingestione di un ospite paratenico (piccoli mammiferi, uccelli, invertebrati) (Reperant et al. 2007). L'elevata prevalenza riscontrata potrebbe quindi essere dovuta alla presenza di tali componenti nella dieta delle volpi esaminate. Tale ipotesi è supportata anche dall'elevata prevalenza di Mesocestoides spp., cestode tipicamente legato ad una dieta di tipo predatorio.

Per i tre parassiti più comuni si sono confrontati i valori di prevalenza e del carico parassitario rispetto all'areale e al sesso. Si sono riscontrate differenze significative per Mesocestoides spp. e U. stenocephala rispetto agli areali (Tab 2, Tab 3 Cap. 8), dovute probabilmente a differenze ambientali e climatiche che influenzano sia il ciclo parassitario che l'alimentazione delle volpi. Tuttavia per meglio spiegare tali differenze sarebbero necessari studi ecologici più approfonditi. Non è invece risultata alcuna differenza significativa relativa al sesso. Questo non sorprende, perché la presenza dei nematodi e dei cestodi intestinali è determinata soprattutto dalle abitudini alimentari della volpe e dalla capacità della specie parassitaria di consolidarsi (Richards et al. 1995; Vervaeke et al. 2005 e referenze incluse). Altri studi in letteratura confermano l'assenza di differenze tra i sessi nella dieta e conseguentemente nell'esposizione all'infezione (Vervaeke et al. 2005).

Toxocara canis, così come U. stenocephala, è uno dei nematodi più frequentemente riscontrati nell'elmintofauna della volpe rossa in Europa (vedi Cap. 4). La prevalenza in questo studio è del 22.5%. In Italia le prevalenze si aggirano attorno o superano il 50% (Di Cerbo et al. 2008a, Di Cerbo et al. 2008b, Capelli et al. 2003; Manfredi et al. 2003; Stancampiano et al. 1998; Guberti e Poglayen 1991; Iori et al. 1990). Raramente vengono segnalati valori di prevalenza molto più bassi (3% Leoni et al. 1986).

Gli ascaridi, in primis Toxocara canis, come già detto, possono essere responsabili di una patologia umana denominata sindrome da larva migrans viscerale (LMV) ed oculare (LMO), particolarmente gravi in età pediatrica (vedi Cap. 5). Le volpi potrebbero svolgere un ruolo significativo nella trasmissione di questa parassitosi (Richards et al. 1993), anche in considerazione del fatto che esse non ricevono regolari trattamenti antiparassitari a differenza della maggior parte dei cani di proprietà; svariate indagini dimostrano come questi canidi selvatici possano rappresentare una fonte di contagio per gli animali domestici e per l'uomo. (Brochier et al. 2007 e referenze incluse). Le volpi, avvicinandosi ai centri abitati o vivendo al loro interno, possono contaminare

direttamente l'ambiente e determinare così delle fonti di rischio, soprattutto nei giardini e nei parchi abitualmente frequentati dal pubblico; ci sono segnalazioni di volpi che, spinte dalla naturale curiosità, si aggirano sui giochi stessi abitualmente usati dai bambini. Alcuni studi riportano prevalenze di T. canis in volpi cittadine decisamente elevate (fino al 71%, Deplazes et al. 2004). Non va inoltre dimenticata l'importanza veterinaria dell' ascaridiosi.

La prevalenza di Trichuris vulpis è del 22.5%. I valori riportati nelle varie pubblicazioni sono piuttosto variabili: 0.4% e 0.16% in Trentino (Di Cerbo et al. 2008); 5.88% in Sardegna (Leoni et al. 1986); 12.2% in provincia di Trento (Manfredi et al. 2003); 18.1% in Piemonte, 28.6% in Veneto, 48.3% in Trentino (Iori et al. 1990). L'intensità media di 2 parassiti/ospite è paragonabile ai valori riportati in letteratura, generalmente compresi tra 1 e 2 (1 Di Cerbo et al. 2008; 1.5 Capelli et al. 2003; 1.6 Stancampiano et al. 1998). La positività per T. vulpis, osservata all'esame coprologico, è nettamente inferiore a quella ottenuta con l'esame necroscopico. Infatti delle 9 volpi positive con SCT solo 5 sono risultate positive all'esame delle feci. Ciò lascia ipotizzare che affidandosi esclusivamente ad una diagnosi coprologica, la trichurosi potrebbe risultare sottostimata, il che potrebbe rivestire anche importanza clinica, in particolare per il cane. Si presume che, senza il riscontro dell'esame necroscopico, non sia semplice stimare la reale prevalenza di questo parassita, anche in ragione del fatto che le uova di T. vulpis non sono sempre facilmente distinguibili da quelle di Capillaria spp..

Cestodi appartenenti alla Famiglia Dilepididae sono stati qui riscontrati con una prevalenza del 17.5%. Prevalenze più basse del 4% sono state segnalate in Italia per D. caninum, il dilepidide più frequentemente segnalato nella volpe (Guberti e Poglayen, 1991; Capelli et al., 2003). Un valore molto elevato è invece stato trovato da Magi et al. 2009, in Toscana (57.3%). D. caninum è considerata una specie tipica del cane e la sua presenza nelle popolazioni di volpe è indice di contatto tra i due canidi. Viene considerata una zoonosi, anche se i casi segnalati sono pochi (Vervaeke et al. 2005).

I cestodi del genere Taenia trovati non sono ancora stati identificati con indagini morfologiche. Alcuni dei campioni esaminati con la PCR sono stati sottoposti a sequenziamento, rivelando la presenza di Taenia pisiformis. L'ospite intermedio di questo cestode sono i lagomorfi. La sua presenza potrebbe quindi avvalorare l'ipotesi di una certa componente predatoria nella dieta delle volpi oggetto di studio, così come suggerito dall'elevata prevalenza di Mesocestoides spp. e di T. leonina.

Interessante è il riscontro di tre specie di nematodi intestinali che vengono segnalate molto di rado in Italia (e in Europa): Pterygodermatites affinis, Aonchotheca putorii e Molineus legerae.

Pterygodermatites affinis (P=10%) è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 1990 da Iori e Leto, in Lombardia, Veneto e Trentino; in seguito da Stancampiano et al. 1998; Capelli et al. 2003; Manfredi et al. 2003 e Di Cerbo et al. 2008, sempre in regioni italiane nord-orientali. In questo caso tutte le volpi positive provenivano dalla provincia di Cuneo, rivelando pertanto la presenza di questo parassita in una zona in cui non era stato precedentemente riportato. E' un nematode tipico dei carnivori (canidi, felidi, mustelidi, viverridi), con ciclo indiretto, che tuttavia non è ancora stato completamente chiarito (Anderson 1992).

Aonchotheca putorii (P=10%) è stata segnalata per la prima volta in Italia da Iori et al. nel 1990 in volpi provenienti dal Trentino e dal Lazio, con una prevalenza rispettivamente del 3.4% e del 1.1%. In seguito è stata riscontrata nuovamente in Trentino da Manfredi et al. 2003 (17.1%) e da Di Cerbo et al. 2008b in provincia di Trento (0.5%) e in Val d'Aosta (2.6%). Le prevalenze riportate negli studi italiani sono abbastanza variabili, mentre quelle riportate in indagini europee non superano il 6% ( 1.2% Segovia et al. 2004; 5.3% Shimalov et al. 2003; 2.3% Ballek et al. 1992a).

La prima segnalazione di Molineus legerae in Italia è recente (Manfredi et al. 2003, provincia di Trento). Questo nematode era stato precedentemente segnalato nelle volpi in Belgio e in Francia (Durette-Desset e Pesson 1987) e la sua presenza non è da ritenere eccezionale, in quanto il genere è tipicamente associato ai carnivori (Manfredi et al. 2003). La prevalenza qui riportata (2.5%) non si allontana molto da quelle segnalate in Italia, in generale piuttosto basse (5.8% Di Cerbo et al. 2008a, Trentino e Veneto; 2.95% Di Cerbo et al. 2008b, Trentino, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta; 9.8% Manfredi et al. 2003). Interessante è notare la distribuzione geografica, finora limitata ai distretti più orientali; il ritrovamento di M. legerae anche in volpi provenienti dall'Italia nord-occidentale lascia supporre, così come per P. affinis, che la distribuzione dei parassiti possa essere estesa a tutto l'arco alpino.

E' stato isolato un solo trematode, che a causa delle cattive condizioni di conservazione non è stato possibile identificare. L'eccezionalità del ritrovamento sembra confermare la relativa rarità dei trematodi intestinali nelle volpi in Italia (Di Cerbo et al. 2008a; Manfredi et al. 2003).

Nessun individuo adulto di Echinococcus multilocularis è stato evidenziato alla necroscopia e la sua assenza è stata confermata dalle indagini molecolari; considerando tuttavia la bassa prevalenza di questo parassita nelle zone non endemiche il numero di soggetti esaminati è troppo basso per poter escludere con certezza la presenza del parassita.

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