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Il caso “Enotria Aziende Vitivinicole”

Introduzione

L’ultimo capitolo di questo lavoro è dedicato allo studio di un caso aziendale. La scelta, in questi casi, ritengo opportuno che debba cadere su un’azienda che possa rappresentare non dico l’intero comparto, che come abbiamo visto è troppo frammentato ed eterogeneo ma che, per lo meno, possa essere un punto di riferimento nella zona o nella regione d’appartenenza. L’idea è quindi quella di individuare una zona particolarmente vocata alla produzione di vino, e da qui scegliere un’azienda che nel corso degli anni si sia distinta per serietà, spirito imprenditoriale e capacità di rinnovarsi. La scelta dunque non a caso è ricaduta su “Enotria Aziende Vitivinicole”, situata nella zona di Cirò, la più famosa DOC della regione Calabria.

Dopo una rapida descrizione della storia della vitivinicoltura nel cirotano, della zona di produzione e della storia dell’azienda, l’analisi sarà incentrata sulla struttura e sulle attività dell’intera filiera, che come vedremo va dalla coltivazione della vite alla raccolta delle uve, dalla trasformazione di queste in vino e alla commercializzazione del vino in bottiglia.

Quindi analizzeremo i punti di forza e di debolezza dell’azienda e verrà proposta una strategia di sviluppo affinché l’azienda sia più competitiva sul mercato sia nazionale che estero.

1 Vitivinicoltura nel Cirotano: cenni storici

60

La Calabria ebbe dai Fenici il primo impulso alla coltura della vite ed al commercio del vino; nell’VIII secolo a. C. i Greci, nuovi colonizzatori delle stesse zone, trovarono a Punta Alice un terreno molto propizio, intensificarono la coltura della vite, introducendo anche nuove varietà. La razionale coltura della vite e la progredita tecnica vinicola contribuirono ad alimentare fiorenti commerci di esportazione attraverso Sibari, porto di notevole importanza nel periodo della Magna Grecia, al quale i luoghi di produzione si dice fossero collegati con enodotti, tubi di terracotta che partendo dalle colline circostanti la zona di Sibari, arrivavano direttamente ai punti di imbarco facilitando in questo modo tutte le operazioni di trasporto. I primi coloni greci sbarcati sulle coste calabresi rimasero talmente impressionati dalla fertilità di questa terra ricca di vigneti che la chiamarono “Enotria” e cioè “terra dove si coltiva la vite alta da terra”. Lo stesso antico nome della Calabria venne poi esteso a tutta l’Italia. Grande era anche il valore che gli antichi greci attribuivano ai vigneti calabresi: risulta infatti dalle tavole di Eraclea che un appezzamento di terra coltivata a vite valeva circa sei volte un campo coltivato a cereali. I contadini ellenici portarono con loro tecniche nuove di vinificazione e nuovi vigneti da impiantare: sono infatti di probabile origine greca alcuni tipi di vite ancora presenti sia sul suolo calabrese che anche in altre parti d’Italia e cioè il gaglioppo, il greco bianco e il mantonico, tanto per citarne solo alcuni. Alcune città assunsero un ruolo di primo piano nello sviluppo della coltivazione della vite: Sibari e Crotone si distinsero in maniera particolare dando origine alla produzione del “Krimisa” antenato dell’attuale Cirò. Fra l’altro Cremissa era anche il nome della colonia greca, sede di un imponente tempio dedicato a Dioniso (Bacco per i romani), situata più o meno dove oggi c’è Cirò Marina.

Con l’avvento della dominazione romana l’importanza della vitivinicoltura non diminuì, tanto che, oltre al porto di Sibari, furono costruiti altri porti che incrementarono verso l’Oriente i traffici vinicoli alimentati da altri vini, a quell’epoca famosi e prodotti in Calabria, come il “Cosentia”, il “Tempsa”, il “Regium” e il “Siberis”.

Nel Medioevo i vini della Calabria furono ben noti come produzione complementare a quella dell’Italia del Nord; nel 1200 erano apprezzati sulle mense reali e, finalmente, nel

60 Fonte: A. Capoano, I luoghi di Aleo, Antologia dei percorsi storico-culturali di Cirò e Cirò Marina; Laruffa Editore, 2005.

1400 i vini calabresi ebbero il permesso di circolare per mare e per terra, facendo concorrenza ai vini del Nord.

Pare che il vino di Cirò, parecchi secoli prima dell’era volgare, ai tempi della Magna Grecia, venisse offerto agli atleti che ritornavano vittoriosi dalle Olimpiadi; successivamente tale vino venne denominato “Cirò” ed ancora oggi conserva questa denominazione.

Nell’annuario vinicolo d’Italia (IV volume) dell’Unione Italiana Vini, sin dalle prime edizioni, all’inserto per la Calabria (I vini calabresi), testualmente si legge : “ Il più celebre dei vini calabresi è il Cirò, che può essere considerato come la più antica bevanda alcolica esistente nel mondo. Sembra, infatti, che discenda dallo stesso ceppo del vitigno con cui si preparava, al tempo della civiltà greca, il prezioso vino di Cremissa, offerto in dono agli atleti quando ritornavano vittoriosi dalle Olimpiadi ”. Quindi il Cremissa era il “vino ufficiale delle Olimpiadi” e probabilmente è stato il primo esempio di sponsor secondo l’attuale definizione. Lo stesso Milone di Crotone, vincitore di ben sei olimpiadi, pare fosse un grande estimatore di questo vino. La tradizione è stata riportata in auge, anche e soprattutto per rilanciare l’immagine del Cirò che si era andata un po’ offuscando negli ultimi tempi, alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 dove tutti gli atleti partecipanti hanno avuto la possibilità di gustare il Cirò come vino ufficiale. Spesso la decadenza di un popolo porta con sé la conseguente degli usi e costumi del popolo stesso. A questa ferrea regola non si è sottratto il vino calabrese; infatti con la decadenza della Magna Grecia la coltivazione della vite subì un notevole tracollo e perse tutta l’importanza che aveva raggiunto. Probabilmente, però, la fase di maggiore crisi, che allo stato attuale potremmo definire brillantemente superata, la viticoltura calabrese la subì nell’Ottocento quando l’arrivo della filossera causò la decimazione dei vigneti e la quasi scomparsa delle coltivazioni. In questi ultimi anni il Cirò, soprattutto nella tipologia Rosso, sta riacquistando la sua antica grandezza anche per merito di numerose aziende che hanno saputo rinnovarsi, pur non rinnegando la tradizione, sia per quanto riguarda i vitigni veri e propri che per le tecniche di vinificazione.

Il vino “Cirò”, riconosciuto vino a Denominazione di Origine Controllata con D.P.R. del 2 aprile 1969, pubblicato in “Gazzetta Ufficiale” n. 139 del 4 giugno 1969, comprende ben tre vini: un rosso, un rosato ed un bianco. In base al disciplinare di produzione si è dovuto delimitare topograficamente la zona di produzione del “Cirò”,

che comprende tutto il territorio dei comuni di Cirò e Cirò Marina e in parte il territorio dei comuni di Melissa e Crucoli.

La superficie coltivata a vigneto dell’intera zona di Cirò è di ha 3.000, con una produzione media complessiva di 345.000 quintali.

I dati riguardanti la resa in vino e la produzione sono quelli medi della zona, ma il disciplinare di produzione, all’art. 4, detta testualmente: “… la resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini “ Cirò ” rosso o rosato non deve essere superiore a 115 quintali per ha di vigneto in coltura specializzata ”.

Tra tutti i vini calabresi l’unico che fino ad ora è riuscito ad ottenere la DOC è il Cirò. Le caratteristiche del vino Cirò sono dovute a fattori territoriali e climatici. Le viti crescono su un tipo di terreno argilloso che mantiene costanti le sue caratteristiche grazie alla piovosità, limitata a pochi giorni della stagione invernale, alternata a lunghi periodi di siccità estiva. Il clima, che contribuisce a diversificare il Cirò dagli altri vini meridionali e non, è determinato dalla particolare ubicazione della zona che si protende nel mar Ionio con Punta Alice e riceve, tramite le vallate dei suoi maggiori corsi d’acqua, un particolare condizionamento a causa delle correnti di aria marina che lo percorrono.

Dal 1969, in coincidenza con la DOC, i produttori del vino Cirò hanno avuto i primi rapporti commerciali con la Francia e la Svizzera, quindi, nel 1970-71, con la Germania ed altri Paesi del M.E.C.

Nel 1972 le cantine sociali hanno avuto rapporti con la Russia, l’America del Nord, l’America latina e il Canada.

Di recente il vino Cirò è approdato anche in Australia.

La quantità esportata, comunque, resta sempre una minima parte della produzione. In media, su 350.000 ettolitri di vino, 100.000 ettolitri vanno all’estero.

Il più richiesto è il Cirò rosso e rosato.

1.1 Il Settore Vitivinicolo Calabrese

La Calabria è una regione relativamente poco significativa dal punto di vista vinicolo: rappresenta poco meno del 2% delle superfici vitate italiane e circa l’1% del vino prodotto in Italia. Inoltre, la sua produzione di vini DOC e DOCG è pari soltanto al 10% della produzione totale, contro la media italiana del 26% (dati 2005). I 12620 ettari vitati sono concentrati in provincia di Cosenza e Crotone (37% e 29% rispettivamente),

anche se in realtà potremmo dire che la vera provincia vitata è quella di Crotone, che ha una penetrazione sulla superficie regionale di circa il 2%, contro meno dell’1% per tutte le altre province.

Grafico 4.1

In base al rapporto sul valore aggiunto dell’economia, il settore del vino rappresenta lo 0.16% dell’economia locale, contro lo 0.40% a livello italiano.

Tabella 4.1: Calabria - Dati riassuntivi 2005-06

Periodo Calabria Italia %

Sup. Totale 2005 12620 718869 1,80% In Produzione 2005 12340 683507 1,80% Variazione 2000-05 - 0,40% - 0,30% Vino (hl/1000) 2006 484 49631 1,00% Resa (q/ha) 2006 67 105 VQPRD % 2005 10% 26%

L’andamento della superficie vitata e’ piuttosto simile a quello italiano. L’andamento tra le province e’ invece piuttosto diverso, con un calo piuttosto accentuato della provincia con maggiore vigneto (Cosenza - 4% in 5 anni), e invece la stabilita’ di Reggio Calabria, Catanzaro ma anche di Crotone (- 0.4% in 5 anni). Vibo Valentia non fa testo per la scarsa superficie del vigneto, ma vale la pena di notare come la superficie vitata sia calata del 12% nel corso degli ultimi 5 anni. Le rese mostrano invece una tendenza più interessante e, sotto certi punti di vista, migliori rispetto alla media nazionale. Da ormai 4 anni a questa parte le rese della Calabria stanno nell’ordine dei 70q/ha, contro la media nazionale di 90-110. A livello provinciale si nota come Reggio Calabria sia su rese molto limitate, così come Crotone. Sono queste le due aree probabilmente più interessanti in prospettiva futura, dove la viticoltura non sembra

essere affetta nè da abbandono (superfici stabili) e neppure da corsa alle produzioni elevate. Concludiamo con la tabella riassuntiva della regione con gli ultimi dati sulla vendemmia, che sono stati nel 2006 piuttosto scarsi: stiamo circa il 16% al di sotto della media produttiva quinquennale, contro una stabilità a livello nazionale (+1% per il Sud Italia). Tra le province, Crotone emerge di nuovo come la provincia più virtuosa con un - 12% nella produzione vinicola.

Tabella 4.2: Calabria - Dati Descrittivi 2005-06

Descrizione Area Uva Vino Resa Vino

Medio Vino Misura ha q/1000 hl/1000 q/ha hl/1000 2006 Periodo 2005 2006 2006 2006 2000-06 vs. media Cosenza 4 532 311 178 69 214 - 17% Catanzaro 1 251 92 64 73 79 - 19% Reggio Calabria 2 379 134 83 56 98 - 15% Crotone 3 666 240 135 65 153 - 12% Vibo Valentia 512 49 23 95 29 - 20% CALABRIA 12 340 825 484 67 573 - 16% ITALIA 683 507 72 100 49 631 105 49 772 0% Nord 234 200 29 141 20 555 124 20 798 - 1% Centro 116 265 11 095 7 488 95 7 589 - 1% Sud 333 042 31 864 21 588 96 21 385 1%

Si tratta di una regione, nella quale, la coltivazione della vite e la produzione del vino hanno una tradizione molto antica, caratterizzata non solo dall’approvvigionamento dei mercati locali, ma anche dalla partecipazione al commercio nazionale e internazionale. Non bisogna dimenticare che il mercato del vino ha sperimentato, negli ultimi trenta anni, per effetto dell’azione combinata della domanda, della distribuzione e di nuovi attori nell’arena competitiva, un mutamento strutturale che, visto nel suo complesso, si è trasformato da business di natura fortemente agricola guidato dall’offerta a settore dell’industria alimentare caratterizzato da intensi scambi internazionali e alti livelli di

competizione e professionalità61. In questo nuovo contesto competitivo i fattori di successo chiave appaiono non più limitati all’eccellenza nella produzione e alla capacità di controllare i costi di produzione; di importanza strategica risulta infatti la capacità di comprendere un mercato sempre più complesso e dinamico e di trasformare questa comprensione in strategie e piani operativi. In sostanza, anche le imprese del settore vitivinicolo sono chiamate, come le imprese che operano in tutti i mercati ad alta competizione, a sviluppare il proprio vantaggio competitivo sulla base di una stretta relazione con i clienti diretti ed indiretti. Le imprese che operano nel settore vitivinicolo devono quindi impostare il loro comportamento secondo il paradigma che gli studi di marketing degli anni ’90 hanno definito come market orientation o orientamento al mercato. Il settore vitivinicolo di questa regione ha sperimentato negli ultimi quindici anni un’importante evoluzione; a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, infatti, numerose aziende esistenti hanno iniziato a orientare la loro offerta verso i segmenti più alti del mercato e nuove imprese sono nate con questo tipo di mercato di riferimento.

61 Fonte: Rabobank, Wine is business. Rabobank International, Food & Agribusiness

2 Profilo dell’azienda

2.1 La storia

Il Cirò ha una tradizione enologica millenaria, tanto da essere ritenuto, da alcuni studiosi, il vino più antico del mondo. Gli autori classici, difatti, narrano che i migliori vini prodotti in questo territorio fossero offerti ai vincitori delle antiche olimpiadi greche e che Milone di Crotone, l'atleta più famoso dell'antichità, fosse solito includere nella propria dieta generose sorsate di “Krimisa”, antenato del Cirò rosso dei nostri giorni. In epoca romana il commercio del vino ebbe un enorme sviluppo e lo testimoniano le numerose anfore sigillate con tappi recanti il marchio di fabbrica. L’amore per la vite e il vino restò immutato per tutto il Medio Evo, fino ai giorni nostri. Nell’antica Magna Grecia, Cremissa, l’odierna Cirò, era conosciuta per la coltura della vite, praticata sin dai tempi remoti della colonizzazione greca da quel laborioso popolo che erano gli Enotri. I vini che si producevano in questa soleggiata pianura erano talmente rinomati per il loro sapore, per la brillantezza del loro colore e per il loro caratteristico aroma da essere offerti agli atleti vincitori di giochi olimpici. Il vino di Cirò fu famoso anche all’epoca romana e per tutto il Medio Evo, ricorrendo spesso nelle citazioni di storiografi e scrittori che intendevano così caratterizzare queste fertili terre. Sulla scia di questa tradizione, che si perde negli albori della preistoria, ancora oggi a Cirò la vite resta la coltura caratteristica e specializzata, la vocazione naturale di questa terra e il vino rappresenta la sua principale fonte economica.

Agli inizi dello scorso secolo e, fino al 1960, il prodotto vino si vendeva solo sfuso, contenuto in botti, ed era destinato esclusivamente ad un mercato locale, quindi ad un consumo interno; solo qualche partita di vino sempre sfuso, condizionata in serbatoi ferroviari, veniva acquistata da operatori vinicoli settentrionali, soprattutto per le ottime qualità organolettiche, che molto probabilmente tagliavano con le loro produzioni. L’attività vitivinicola dava profitto quasi esclusivamente agli operatori della fase commerciale: cantinieri, sensali e spedizionieri; pertanto i viticoltori calabresi cominciarono ad accarezzare l’idea di dar vita alle cantine sociali. Difatti dopo il 1960 nascono le prime cantine sociali in Calabria, finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno e successivamente nascono altre strutture cooperative per iniziativa dell’Opera

Valorizzazione Sila, che all’epoca aveva lo scopo di valorizzare i prodotti dell’agricoltura.

“La prima cantina sociale che possiamo considerare azienda pilota nel settore della cooperazione è stata costituita a Cirò Marina, Enotria Aziende Vitivinicole, per iniziativa di un gruppo di viticoltori locali, trattasi di viticoltori di antica tradizione, tutti conduttori di vigneti a bacca rossa e a bacca bianca. L’iniziativa di associarsi di questi viticoltori è stata veramente una idea valida al fine di poter fare massa critica e disporre di un potenziale produttivo per dialogare su un mercato globalizzato, abbastanza aggressivo e straordinariamente organizzato” - questo è quanto afferma l’Amministratore Unico di Enotria Aziende Vitivinicole, il rag. Gaetano Cianciaruso. Continua il rag. Cianciaruso: “…le strutture furono le prime ad attivare l’imbottigliamento del vino Cirò da immettere sul mercato non solo locale, regionale, ma anche nazionale”. Con l’inizio della commercializzazione in maniera diffusa si incominciò a studiare forme di marketing, anche se in maniera abbastanza limitata, imitando il commercio del Centro e Nord Italia che già detenevano una buona presenza sui mercati europei ed oltre oceano. Insieme alle strutture cooperative degli anni ’70, si sviluppò la nascita di strutture singole, con lo scopo di trasformare direttamente il prodotto vino realizzando quel valore aggiunto che in tempi precedenti realizzavano gli imbottigliatori del Centro e Nord Italia, i quali compravano il vino prodotto nel comprensorio cirotano allo stato sfuso. A partire dagli anni ’70, inizia la commercializzazione del Cirò in contenitori di vetro di varie capacità: 250 g, 750 g, 1,5 litri.

Da un raffronto con la realtà di partenza (1960), per quanto riguarda l’assetto societario, si constata come l’associazionismo cooperativo, soprattutto quello creato dall’ente pubblico, non ha dato i risultati sperati – sostiene il rag. Cianciaruso – sia per l’impreparazione e la mancanza di interesse da parte dei preposti alla gestione, ma soprattutto per mancanza di spirito culturale dei vitivinicoltori di gestire in forma associata i problemi pertinenti alla filiera vitivinicola; eppure il supporto finanziario per la creazione delle strutture cooperative stesse e per i diversi costi di gestione non sono mai mancate da parte dello Stato e successivamente dalla Regione.

Oggi nel comprensorio esistono cantine di trasformazione singole ed associate sotto forma di società semplici o società di capitale di rilevante importanza, i cui prodotti sono presenti oltre che in ambito nazionale anche sui mercati europei ed oltre oceano. Lo sviluppo e l’ammodernamento delle strutture, operanti nella zona di produzione,

dispongono di tecnologie che sono all’avanguardia, con uffici di marketing ben qualificati in grado di percepire tutti i segnali che provengono da un mercato sempre più globalizzato, dove la concorrenza diventa sempre più aggressiva e dove le nuove realtà emergenti (Cile, Australia, Sud Africa,…) rappresentano una concorrenza da non sottovalutare.

Dal solidale impegno da parte di un gruppo di produttori agricoli, cultori del buon vino e delle antiche ed autentiche tradizioni viticole della zona, da circa mezzo secolo, sono nate le Cantine Enotria. Da secoli, per tradizione, i titolari della cantina “Enotria” eccellono nella coltura dei vigneti e nella sapiente arte della vinificazione ed invecchiamento del vino. Oltre 150 ettari di vigneti ubicati nella zona classica dei Cirò Doc, assicurano alle Cantine Enotria il meglio della produzione viticola di tutto il comprensorio a Doc. Inoltre, la scelta scrupolosa delle uve tipiche, la perfetta vinificazione, il lungo invecchiamento in botti di rovere, fanno dei vini prodotti ed imbottigliati il meglio della produzione enologica di Cirò. Il marchio di garanzia del prodotto è costituito da un bollino su cui è raffigurato un atleta greco, per ricordare che il vino di Krimisa (oggi Cirò), nei tempi della Magna Grecia veniva offerto, come più volte detto, in dono agli atleti che ritornavano vittoriosi dai giochi olimpici. Il riconoscimento del proprio sistema di qualità da parte di CERTIQUALITY/Milano secondo le norme UNI EN ISO 9002, che l’Enotria ha ottenuto per prima nel settore vitivinicolo in Calabria, la rendono una azienda a livello europeo. La cantina Enotria è fiera ed orgogliosa di aver rilanciato il Cirò sulla rete dei grandi mercati nazionali ed esteri.

2.2 Localizzazione e struttura

L’azienda ha sede nel Comune di Cirò Marina, sulla Strada Statale Ionica 106.

La prossimità alla Città di Crotone offre degli indubbi vantaggi in termini di sfruttamento dei trasporti marittimi e aerei che facilitano la raggiungibilità dei mercati internazionali.

Gli stabilimenti per la trasformazione, imbottigliamento e stoccaggio delle materie prime e gli uffici amministrativi si sviluppano su una superficie di circa 12.000 mq, l’enorme complesso aziendale per modernità di attrezzature e funzionalità, rappresenta una delle maggiori aziende vitivinicole della Calabria a “ciclo completo”.

Le attrezzature (produttive, di conservazione, di maturazione ed affinamento, ecc.) sono ai più elevati livelli della tecnologia. La potenzialità produttiva è di diverse centinaia di migliaia di bottiglie.

La Cantina Enotria raggruppa le più antiche aziende viticole del comprensorio Cirò Doc. Oltre 150 ettari di vigneti a coltura specializzata, ubicati nel cuore della zona classica del Cirò Doc, garantiscono, annualmente, uve pregiate prodotte da vitigni autoctoni “Gaglioppo” e “Greco bianco”.

Il vitigno Gaglioppo assicura annualmente consistenti grappoli di uve a bacca rossa, mentre il Greco bianco grappoli a bacca bianca; accuratamente selezionate e vendemmiate quando la calda estate di Calabria si stempera nella dolcezza del primo

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