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È del gennaio 2015 la notizia che il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Poletti ha convenuto di istituire di concerto con regioni e Anci un tavolo tecnico sul tema delle misure nazionali di contrasto alla povertà che porti alla esplicitazione delle modalità di estensione del Sostegno all’inclusione attiva (Sia) e alla defini- zione, entro giugno 2016, di un più comples- sivo Piano nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. In questo contesto, tra le priorità del Piano dovrebbe trovare spazio uno specifico approfondimento di discussione e messa a fuoco delle più efficaci misure per il contrasto della povertà e dell’esclusione sociale che colpisce i bambini e le loro famiglie. È un tavolo di cui c’è indubbiamente un bi- sogno estremo in considerazione dei dati che illustreremo di seguito e di alcuni elementi di fondo e di alcune evidenze attuali che caratte- rizzano il nostro Paese nello scenario europeo:

• la persistente crisi economica – nonostante l’uscita dalla fase recessiva – fa sentire an- cora i suoi effetti in termini di stagnazione del mercato del lavoro, di bassa occupazione complessiva, e femminile in particolare, que- stioni centrali per il contrasto della povertà delle famiglie con figli minorenni;

• la riduzione delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia è sensibile solo ai trasferimenti previdenziali, che per loro natura interessano marginalmente le famiglie con figli minorenni. Gli altri trasferimenti sociali invece comportano una diminuzione assai ridotta del fenomeno. I dati a disposi- zione indicano che le persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia risultano

nel 2013 al di sopra della media UE prima dei trasferimenti sociali – 45,2% contro 44,4% degli UE27 –, includendo i trasferimenti previdenziali scendono al di sotto di tale media – 24,6% contro 25,9% degli UE27 –, per tornare a superare la media europea se includiamo gli altri trasferimenti sociali – 19,1% contro 16,6% degli UE27. In sostanza le politiche in atto tutelano maggiormente le fasce d’età anziane, mentre manca un’ade- guata politica di contrasto alla povertà per le famiglie con minorenni;

• il peggioramento delle condizioni di vita dei bambini in tempo di crisi non era un de- stino inevitabile, l’endemica incapacità nel nostro Paese di ridurre il rischio di povertà dei bambini e delle loro famiglie interroga le scelte politiche operate e impone un loro ripensamento. In tal senso una recentissima report card dell’Unicef1 evidenzia che nei 41

Paesi economicamente più avanzati dal 2008 – anno di inizio della crisi finanziaria – al 2012 sono entrati in stato di povertà 6,6 milioni di minori, con un saldo di 2,6 milioni rispetto ai 4 milioni che nel corrispondente periodo ne sono usciti – tenuto conto che il numero complessivo dei poveri in minore età ammontano a 76,5 milioni. Se il saldo è negativo va rimarcato che in 18 dei 41 Paesi presi in considerazione la povertà minorile è diminuita, a testimoniare che alcuni Paesi sono riusciti con le proprie politiche a pro- teggere questa fascia d’età.

Per massimizzare le chance di incidere su un fenomeno complesso come la povertà minorile è necessario assumere un approccio che ponga

1 Unicef, Figli della recessione:

l’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei Paesi ricchi,

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MORETTI | POVERTÀ MINORILE ED ESCLUSIONE SOCIALE IN ITALIA: ALCUNI DATI DI UN FENOMENO IN PREOCCUPANTE CRESCITA

cic

l’accento sulla multidimensionalità che la ca- ratterizza, anche in considerazione del fatto che essa può determinare una catena di svantaggi sociali a livello individuale che si esplicano in vari campi nel presente come nelle future con- dizioni di vita dei soggetti – alto abbandono scolastico, limitato accesso agli studi superiori e al mercato del lavoro, minor retribuzione lavorativa, maggiori rischi di salute e, più in generale, una bassa qualità della vita. In questa sede, nel limitato spazio di questo articolo, ci limiteremo all’analisi di alcuni dei principali dati derivanti dalle rilevazione Istat sui consumi e Eurostat sui redditi, segnalando al contempo che negli ultimi anni risulta sempre più ampio e articolato il ventaglio informativo a disposi- zione sulle condizioni di povertà ed esclusione sociale.

Nel 2013 l’indagine sui consumi degli italiani rileva che in Italia 1 milione 434mila minori sono poveri assoluti2, erano 1 milione 58mila nel

2012 – per un incremento percentuale del 35%. Ciò significa che nel breve volgere di un anno più di 370mila nuovi bambini sono arrivati a sperimentare questa condizione di vita estrema

nel nostro Paese. Come ovvio, è una condi- zione che risulta spalmata sul territorio, con prevalenza nelle aree urbane, ma per rendere l’idea della portata di questo evento basti dire che corrisponde al sorgere nel giro di un anno di una grande città, come ad esempio Firenze, popolata di soli bambini e ragazzi in povertà assoluta.

Più in generale la povertà assoluta riguarda in Italia 2 milioni e 28mila famiglie – il 7,9% delle famiglie residenti – e tocca complessivamente 6 milioni e 20mila individui – il 9,9% dell’in- tera popolazione residente. Nell’ultimo anno la povertà assoluta aumenta significativamente tra le famiglie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quattro (dall’8,3 all’11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%), peggiora nelle coppie con figli – dal 5,9 al 7,5% se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9% se sono due e dal 16,2 al 21,3% se i figli sono tre o più – e se i figli sono minorenni il peggioramento è ancor più evidente – dal 7,1% al 10,2% con un figlio minore, dal 10% al 13,4% con due figli minorenni, dal 17,1% al 21,3% con tre o più figli minorenni.

2 La povertà assoluta è una misura che si basa sulla definizione di un paniere di beni e servizi e rappresenta i prodotti e servizi considerati essenziali per una famiglia al fine di evitare condizioni estreme di emarginazione sociale (bisogni di base).

3 La povertà relativa si misura in relazione alla linea di povertà relativa delle famiglie italiane – definita per convenzione in riferimento a una famiglia composta di due componenti che prende in considerazione sia la variazione dei prezzi al consumo che la spesa per consumi in termini reali – e restituisce la quota di famiglie o individui che ha consumi pro capite equivalenti a meno della metà del consumo medio pro capite nazionale, ovvero si trova al di sotto di detta linea di povertà.

Figura 1 - La povertà ASSOLUTA nelle famiglie in complesso e in quelle con almeno un figlio minorenne - Anni 2009-2013 (Istat)

0 2 4

5,7

Famiglie con almeno un minore Famiglie nel complesso 5,2 6,1 8,9 12,2 7,9 4,6 5,2 6,8 4,7 6 8 10 12 14 2009 2010 2011 2012 2013 Nel corso degli anni dunque essa raggiunge

valori costantemente più alti tra le famiglie con almeno un figlio minorenne rispetto a quanto accade nel complesso delle famiglie, a testi- moniare quanto i bambini siano i soggetti più vulnerabili a questa condizione di vita. I dati del 2012 raccontano inoltre che la povertà as-

soluta tocca l’8,8% delle famiglie con bambini piccoli di 0-5 anni, il 10,5% delle famiglie con figli preadolescenti di 6-14 anni e il 9,5% delle famiglie con figli adolescenti di 15-17 anni. Sul fronte complementare della povertà relati-

va3, le dinamiche in atto confermano alcuni dei

STATISTICHE E INDAGINI

peggiora la condizione delle famiglie numerose con quattro – dal 18,1 al 21,7% – e cinque o più componenti – dal 30,2 al 34,6% –, delle famiglie con figli al crescere del numero di figli – dal 17,4% al 20,4% con due figli, dal 29,8%

al 32,9% con tre o più – e fattore di rischio aggiuntivo risulta la presenza di figli minorenni – dal 15,7% al 16,2% con un figlio minore, dal 20,1% al 23,1% con due figli minori, dal 28,5% al 34,3% con tre o più figli minori.

4 Persone che vivono in famiglie con reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano del Paese, restano esclusi i fitti imputati.

5 Persone che vivono in famiglie con almeno quattro dei seguenti nove sintomi di disagio: i) non poter sostenere spese impreviste, ii) non potersi permettere una settimana di ferie, iii) avere arretrati per il mutuo, l’affitto, le bollette o per altri debiti; iv) non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni; v) non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione e non potersi permettere: vi) lavatrice vii) tv a colori viii) telefono ix) automobile.

6Persone che vivono in famiglie i cui componenti di età 18-59 lavorano meno di un quinto del loro tempo.

Figura 2 - La povertà RELATIVA nelle famiglie in complesso e in quelle con almeno un figlio minorenne – Anni 2009-2013 (Istat)

Si conferma, dunque, quanto già rilevato per la povertà assoluta, ovvero l’estrema fragilità dei nuclei familiari con figli minorenni. I dati al 2012 evidenziano infine che il rischio cresce quanto più i figli sono piccoli: il 21,1% delle famiglie con bambini piccoli di 0-5 anni, il 19,6% delle famiglie con figli preadolescenti di 6-14 anni e il 17,7% delle famiglie con figli adolescenti di 15-17 anni.

Se dai consumi passiamo ad analizzare quanto ci restituisce l’indagine Eu Silc sui redditi e le condizioni di vita – sulla base della quale l’U- nione Europea calcola gli indicatori ufficiali per la definizione e il monitoraggio degli obiettivi di politica sociale, nel contesto della strategia Europa 2020 – emerge che nel 2013 il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio pover- tà o esclusione sociale – era il 29,9% nel 2012 –, intesa come misura combinata del rischio di povertà4, della grave deprivazione materiale5 e

della bassa intensità lavorativa6, ovvero l’inci-

denza di popolazione residente che sperimenta almeno una di queste tre condizioni.

Anche su questo terreno le condizioni di mas- simo rischio si ravvisano al crescere nel nu- cleo familiare di figli minorenni. Sebbene in

diminuzione tra il 2012 e il 2013, nel corso di quest’ultimo anno il rischio di povertà o esclu- sione sociale riguarda il 26,8% delle famiglie con un minorenne, il 30,8% delle famiglie con due minorenni e il 45,4% delle famiglie con tre o più minorenni.

Sia che si guardi ai consumi o ai