Uno degli elementi principali della riforma è da individuarsi nell’aver ridefinito il quadro civilistico degli enti del Terzo settore, superando, non senza criticità, l’insieme frammentato di tutte le norme giuridiche esistenti. Ciò non esclude tutte le possibili insufficienze o incongruenze della riforma in esame dal momento che sono riscontrabili alcuni punti deboli che gli studiosi non hanno mancato di evidenziare. Prima di guardare nel dettaglio l’articolo 4 del decreto legislativo n. 117, in cui vi è un’elencazione di tutti gli ETS, è opportuno sottolineare i requisiti necessari per essere qualificati come ETS:
Forma giuridica: solo associazione o fondazione, non società. Attività svolta: rientrante all’interno di quelle ammesse
dall’articolo 5 del d.lgs. 117.
Finalità perseguite: civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Iscrizione al RUNTS (ad eccezione delle imprese sociali per
31 L’articolo 4 del D.lgs. n.117 dispone “ Sono enti del Terzo settore le
organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di 30 mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.
Gli ETS individuati dalla norma del Codice sono allora: 1. Organizzazioni di volontariato
2. Associazione di promozione sociale 3. Enti filantropici
4. Imprese sociali, incluse le cooperative sociali 5. Reti associative
6. Società di mutuo soccorso
7. Altri enti del Terzo settore che comprendono associazioni riconosciute e non riconosciute e fondazioni non classificate nelle precedenti categorie, nonché” gli altri enti di carattere privato diversi dalle società”.
Il Codice prevede, in molti casi, disposizioni di carattere generale che, in quanto tali, sono applicabili a tutti gli ETS e previsioni “caratterizzanti” gli specifici profili giuridici contenuti nel Codice. Caso particolare è rappresentato dall’impresa sociale, come novellata dal d.lgs. 112/2017, qualifica che l’ETS può acquisire soddisfatte determinate condizioni e a cui è collegato, a differenza di quanto
32 avveniva con la precedente normativa (d.lgs. 155/2006), un apposito regime fiscale, incentivi alla capitalizzazione e la possibilità di redistribuire, a differenza del divieto assoluto che sussisteva prima della riforma, parte degli utili.
A bene vedere ci troviamo di fronte ad un insieme eterogeneo di soggetti che vengono fatti coesistere anche se di diversa tipologia e finalità istitutive, realtà che nel corso di questi anni hanno operato in settori differenti e con modalità diverse le une dalle altre. Non a caso il legislatore ha pensato di ammettere anche gli enti di carattere privato diversi dalle società purché operino perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e realizzando attività che richiamano quelle proprie delle associazioni di volontaria e delle fondazioni (azione volontaria e erogazione gratuita di denaro), società di mutuo soccorso (mutualità), imprese sociali (produzione o scambio di beni e servizi).
La riforma si inserisce in un contesto sociale consolidato dove esistono diverse realtà che nel corso di questi anni sono state sostenute e hanno operato grazie alle rispettive discipline speciali. Intervenire i questo settore può far sorgere il dubbio che il legislatore non abbia tenuto in debita considerazione le profondo differenze esistenti tra i vari operatori ma solo le caratteristiche comuni più evidenti.
Il Codice, in quanto tale, dovrebbe essere idoneo da solo a fornirci tutto il materiale giuridico - normativo esistente relativo a tutti gli ETS. In realtà non è così.
Infatti, diverse sono le disposizioni del Codice che fanno un rinvio diretto ad altre fonti normative esterne allo stesso e deputate a disciplinare in parte, quando non completamente, determinate materie. Basti pensare al rimando fatto dall’articolo 40 al decreto legislativo n.112/2017 contenente l’intera disciplina dell’impresa
33 sociale o a quello di riforma dell’istituto del 5X1000. Inoltre per quanto riguarda le cooperative sociali è previsto che, pur divenendo imprese sociali di diritto, continueranno ad essere regolate secondo la propria disciplina68 così come le società di mutuo soccorso. Arriviamo di conseguenza ad avere un sistema non omogeneo, non sistematico e tantomeno esaustivo, in contrasto con i principi ispiratori della legge di riforma.
L’articolo 3 del D.lgs. n.117 individua, infatti, le norme applicabili agli ETS: “Le disposizioni del presente Codice si applicano, ove non
derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare. Per quanto non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione. Salvo quanto previsto dal Capo II del Titolo VIII, le disposizioni del presente Codice non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153”.
In prima battuta il nostro interprete dovrà andare a ricercare, al di fuori del CTS, se esiste una normativa speciale applicabile all’istituto; successivamente dovrà valutare se è compatibile l’applicazione delle norme generali del CTS (art.1-16); infine troverà sempre, come “veste base”, le norme del Codice civile.
Tornando alla individuazione degli ETS, è opportuno sottolineare come nonostante l’iscrizione al RUNTS sia imprescindibile per l’acquisizione dello status di ente del T.s., questa tuttavia non abbia affatto carattere costitutivo.
Infatti, ben potranno esistere degli enti che pur operando nello stesso campo degli ETS decideranno di non iscriversi e di rimanere al di fuori del T.s. e ai quali, di conseguenza, non saranno applicate le nuove disposizioni emanate. Uno degli effetti della mancata
34 iscrizione sarà, ad esempio, l’impossibilità per l’ente di operare in convenzione con la Pubblica Amministrazione.
Una volta acquisita la qualifica ogni ente esistente o di nuova costituzione entra quindi a far parte a pieno titolo del vasto mondo del T.s. godendo, di fatto, di benefici maggiori o minori rispetto a quelli prima posseduti sulla base della propria normativa.
1.6 – ATTIVITA’ ESERCITABILI: ATTIVITA’ D’INTERESSE GENERALE E ALTRE ATTIVITA’
L’attività svolta dagli ETS individuati dal Codice, in via esclusiva o principale, dovrà rientrare tra quelle qualificate come attività di interesse generale ed elencate all’art. 5 del Codice. La loro realizzazione è improntata al “… perseguimento, senza scopo di
lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale …”.
L’elencazione di 26 tipologie di attività è tassativa, nel senso che solo le attività elencate costituiscono attività d’interesse generale ai fini del Codice. La lista comprende tutte le attività che già storicamente gli ETS svolgono ed include attività che possiamo definire nuove in cui gli ETS possono avere un ruolo fondamentale per la promozione dell’interesse generale come, ad esempio, la riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata. Tale elencazione, se pur disomogenea in termini di classificazioni, è caratterizzata da categorie generali, da categorie più specifiche e da attività con specifici riferimenti normativi, con la conseguenza che potrebbe rendere difficoltoso circoscrivere il reale ambito di azione degli enti.
Tale ampliamento consente di allargare i confini del Terzo settore “classico” inserendovi all’interno soggetti con finalità e percorsi diversi da quelli canonici quali operatori che si occupano di
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criminalità organizzata”, “cura di procedure di adozione internazionale”, “alloggio sociale”: realtà esistenti che trovano
ufficialmente una loro collocazione.
Nonostante lo sforzo di individuazione, l’elenco non è tuttavia concepito come completo. È prevista la possibilità di aggiornarlo tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, (di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) dopo aver preventivamente acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti le quali dovranno esprimersi sul merito entro trenta giorni dalla trasmissione.
Inoltre potrà verificarsi l’eventualità di una revoca della qualifica di ETS attraverso un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con cui si esclude, dal novero delle attività, proprio quella appartenente ad uno specifico ente, il quale si troverà a perdere la qualifica per atto ministeriale.
Un’eventualità da tenere in considerazione e che solleva dubbi di legittimità. Al seguente articolo 6, si ammette la possibilità di esercitare attività diverse da quelle d’interesse generale, “a
condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale”.
Per valutare se effettivamente ci sarà il rispetto di tale clausola viene adottato come parametro di riferimento il rapporto tra le risorse destinate allo svolgimento di opere di carattere secondario e quelle impiegate nelle attività di interesse generale.
L’esclusione del perseguimento dello scopo di lucro è sancita dall’articolo 8. Gli eventuali ricavi che l’ente può realizzare devono essere impiegati per la realizzazione delle attività statutarie “... e'
vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli
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organi sociali ...”. La necessità che i fondi degli ETS siano impiegati
solo ed esclusivamente per il perseguimento degli scopi statutari è un dato consolidato da qualche tempo. Di normativa in normativa è sempre stata confermata l’impossibilità per i vari operatori di utilizzare o distribuire i fondi per ragioni diverse da quelle istitutive o per trarne personale godimento.
Nonostante ciò, agli ETS viene in parte imposta l’assunzione di una struttura a carattere societario, almeno per quelli che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma d’impresa commerciale.
Infatti, in vari punti del CTS, si prevede che agli enti del T.s. possano essere applicate alcune disposizioni proprie dello statuto dell’impresa commerciale in particolare quelle riguardanti gli aspetti contabili. Basti menzionare l’obbligo, ex articolo 11, comma 2°, di registrazione al registro delle imprese e quello ex articolo 13, comma 4°, di tenuta delle scritture contabili di cui all’articolo 2214 del Codice civile. La struttura interna ricalca quella prevista per un’impresa : nomina e revoca dei componenti degli organi associativi, approvazione del bilancio di esercizio, deliberazione sulla responsabilità dei componenti degli organi associativi, deliberazione sull’ esclusione degli associati, deliberazione sulle modifiche statutarie, presenza di un organo amministrativo obbligatorio, istituzione di un organo di controllo.
Ai componenti dell’Organo di controllo sono applicate due disposizioni civilistiche proprie del Collegio sindacale: l’art. 2397 C.c., secondo comma, che impone la scelta di almeno un membro (quando l’organo sia collegiale) dagli albi professionali individuati con decreto del Ministro della Giustizia, o tra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche; l’altra disposizione richiamata è l’articolo 2399 C.c., concernente le cause di
37 ineleggibilità e di decadenza dei sindaci, in cui potranno incorrere i singoli componenti.
Anche attraverso questa statuizione si rafforza la vicinanza degli ETS alle imprese, prevedendo, di fronte alla presenza delle condizioni richieste, l’istituzione di un organo di controllo professionale a tutti gli effetti, precedentemente non contemplato se non per espressa decisione delle parti ed eventualmente composto dai soci stessi e non da esterni all’associazione.
L’obbligo della revisione legale dei conti (salvo quanto previsto dall’art. 30, comma 6) svolta da parte di un professionista o di una società, è stato introdotto dall’articolo 31, per quelle associazioni e fondazioni che superino per due esercizi consecutivi i limiti individuati nell’articolo.